Gay & Bisex
era il mio compleanno
di corsaro200
16.08.2024 |
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"Il primo a toccarmi il pisello fu un amico di mio padre, era il giorno del mio compleanno..."
Il primo a toccarmi il pisello fu un amico di mio padre, era il giorno del mio compleanno. Già prima di quest’incontro, avevo scoperto che ero attratto più dagli uomini che dalle donne. Sfogliando il catalogo di Postal Market o altri giornali cercavo uomini che si mostravano con indumenti intimi. Mio fratello, più grande di me, giocava a calcio e mi invitava ad andare con lui a vedere come giocava, ma il calcio non mi interessava. Un sabato accettai e ci andai. Portavo il suo borsone ed entrai con lui negli spogliatoi. Erano quasi tutti pronti per iniziare la partita che per me fu di una noia pazzesca. Alcuni dei suoi amici erano carini ma il bello fu quando finì la partita, tutti andarono negli spogliatoi e io insieme a loro.
Si stavano spogliando e io mi sedetti in mezzo a quei giovani. Tra questi vidi anche mio fratello nudo, senza le mutande. Dio che pisellone, stava andando a fare la doccia insieme agli altri. C’era chi l'aveva grande, piccolo, medio. Mamma tanti cazzi non avrei mai pensato di vederli tutti assieme. In un’unica stanza c’erano gli spogliatoi e le docce. Li guardavo mentre si lavavano in mezzo alle gambe o si asciugavano. Ci andai altre volte solo per curiosare e vedere i cazzi.
Però a me piacevano di più i maturi, non so perché, forse cercavo le attenzioni di un padre. Non che il mio fosse cattivo ma non c'era contatto, dialogo, i miei avevano mantenuto la mentalità del Sud.
A quei tempi vivevamo in Belgio. Quell’anno mio padre e io eravamo rimasti a casa, il resto della famiglia era andata in vacanza in Puglia. Era il mese di luglio, stavo a casa seduto sul divano. Mio padre non c’era e venne a trovarlo un suo amico, un bel uomo pelosetto. Ricordo faceva un caldo bestia, ero in pantaloncini e canotta, anche lui era vestito alla stessa maniera. Gli offrii da bere una birra fresca, con il ventilatore acceso, seduti sul divano, dentro casa faceva più fresco. Gli dissi che era il mio compleanno, lui si girò verso di me, mi diede un colpetto al petto, mi baciò tre volte sulle guance facendomi gli auguri e mi fece un po’ il solletico. Cominciai a ridere e lui mi disse.
- Ti piace?
E continuò a solleticarmi.
Poi aggiunse.
- Adesso che stai diventando grande cominceranno a crescere i peli in quel posto lì.
E indicò i genitali.
- E diventerai un bel maschietto.
Io risposi che avevo già dei peli e lui
- Non ci credo, così presto?
- Sì, è già da un pò che ho dei peli qui sotto.
- Davvero? Non ci credo, mi fai vedere?
- Mi vergogno.
- Dai, rimane tra noi due.
Allora glieli feci vedere, ma non il pisello, ci misi una mano sopra e lo spostai di lato. E lui mi disse
- Ora ti cresce anche il pisellino e se ci giochi uscirà una cosa liquida bianca e devi stare attento a dove va a finire.
Lo ascoltavo senza capire quello che diceva, lui se ne accorse e disse.
- Qualcuno ti avrà già detto queste cose?
- No, nessuno.
- Ma saprai come si fanno i figli?
- No, non lo so.
- Allora te lo spiego io.
- Saprai che i maschi hanno il pisello e le femmine la figa e per fare un figlio bisogna mettere uno nell’altra e per metterlo nella fica bisogna che il pisello sia duro.
- Duro?
- Sì, se non è duro non entra e non esce lo sperma, e per farlo diventare duro ci devi giocarci un pò.
Dalla mia reazione fu evidente a lui che non capivo, così mi disse.
- Se vuoi ti insegno io.
- E come?
- Lasciami fare.
Senza che neanche gli avevo risposto, mise una mano dentro le mutande, prese in mano il mio pisello, cominciò a giocarci, a toccare le palle e disse.
- Queste due palline qui producono lo sperma che poi, giocandoci un po’, esce dal pisello.
Mentre mi toccava, il pisello era diventato duro e non più tanto piccolo da meritare il diminutivo. Mi abbassò i pantaloncini e iniziò ad andare su e giù piano, poi più veloce. Provavo una sensazione mai sentita prima, mi sentivo agitato, strano, non sapevo cosa mi stesse accadendo, mi lasciai andare, era tutto nuovo, il mio corpo tremava, dopo qualche minuto vidi che stava uscendo la cosa liquida. Pensai si fosse rotto qualcosa dentro. E lui
- Vedi sta uscendo, questo si chiama sperma, ora non sei più un ragazzo, ora sei un uomo. Stai attento però, se questa cosa qui finisce nella figa di una ragazza, sei nei guai. Tra qualche anno il tuo pisello diventerà un pisellone.
- Come. Crescerà ancora? E il tuo?
- No, oramai è cresciuto. Vedi ho peli sulle gambe, sul petto.
- E lì hai tanti peli?
- Sì.
- Fammeli vedere.
Si alzò in piedi e si abbassò le brache. Mamma mia, quanti peli che aveva e che pisello. Mi meravigliai nel vedere quel coso così diverso del mio. Poi sentimmo il motorino di mio padre che era arrivato a casa, lui tirò fuori un fazzoletto di stoffa e mi pulì.
Non avevo mai sborrato prima. Non sapevo di questa cosa, adesso i tempi sono cambiati, i ragazzi sono più svegli.
Quando mio padre entrò si salutarono e in sua presenza il suo amico mi diede qualche soldo per il compleanno, io dissi grazie, signore. Non l’ho mai chiamato con il suo nome, sempre signore, anche i miei fratelli e sorelle lo chiamavano così.
Vedendo il suo pisello, il primo che vedevo da tanto vicino, lo trovai strano, non aveva il prepuzio, era circonciso e lui mi spiegò tutto. Poi mi disse di non parlare con nessuno di questa cosa che avevamo fatto.
La sera stessa andai al piano di sopra nella mia camera, mio padre era fuori a parlare con i vicini e cominciai a giocare col mio pisello, su e giù, su e giù, sempre più veloce, come aveva fatto il signore con me e ad un certo punto uscì lo sperma, era la prima sega che mi facevo, mi pulii con le lenzuola.
Il signore era un bel uomo muscoloso peloso con un pò di pancetta e quasi calvo. Era, come i miei genitori, emigrato in Belgio dall’Italia.
I giorni passavano, il caldo si faceva sentire. Per alcuni giorni non si fece vedere. Io ci pensavo. Poi un giorno eccolo, arrivò in pantaloncini e canotta, io solo pantaloncini, mio padre era uscito con il motorino, non sapevo dove fosse andato e lui.
- Ciao come stai.
- Bene.
- Stai attento, non prendere tanto sole, già sei tutto rosso, questo non è orario per prendere il sole sdraiato sul lettino.
Avevamo un piazzale acconto alla casa dove mi ero sdraiato. Io gli dissi.
- Allora entriamo in casa, vuoi bere qualcosa?
- Non ho sete, e tuo padre?
- Boh! Non so, forse a fare la spesa.
Eravamo seduti sul divano e a un certo punto disse
- Hai giocato con il tuo pisello?
- Sì, ho giocato alcune volte, è bello vedere lo sperma che esce.
- Hai visto che se lo tocchi diventa duro? Lo vuoi fare di nuovo?
- Per me va bene
Mi mise la mano dentro le mutande, aveva la mano magica, con le dita giocava con la mia cappella tutto intorno, che bello, mi eccitai subito, poi su e giù, con l'altra mano mi abbassò i pantaloncini e si mise a giocare con le mie palle continuando a farmi la sega. Avevo gli occhi chiusi per il piacere e poi sborrai. Mi disse di andare nel bagno prima che arrivasse mio padre, dopo di ché uscimmo fuori ad aspettarlo. Facemmo questa cosa alcune volte nei mesi estivi.
Durante l'anno non ci vedemmo tanto, alcune volte veniva a prendersi un caffè in famiglia.
Arrivò di nuovo l’estate. Finita la scuola, due mesi di vacanza. Io però non ero tanto libero, mia mamma era sempre in casa. Una mia sorella si doveva sposare e lei era tutta presa nei preparatevi per il matrimonio.
Il signore non abitava lontano da noi. La moglie e i figli lavoravano, lui aveva qualcosa con il lavoro e spesso non ci andava. Dissi a mamma che andavo a trovare un amico. Ma non era vero, andai da lui sperando di trovarlo in casa. Arrivato lì, lo trovai in giardino a torso nudo, era tutto sudato. Era uno spettacolo in pantaloncini quasi uno short. Ero attratto, mi piaceva l’uomo maturo.
Mi vide e:
- Ciao che sorpresa. Come va?
- Bene grazie.
- Dai entra in casa. Vuoi bere qualcosa?
- No grazie.
- Allora vado a fare una doccia veloce, sono troppo sudato.
- Ok
Dopo dieci minuti fu di ritorno, sempre in pantaloncini e torso nudo. Prendemmo posto sul divano vicini, vicini. Iniziò con il chiedermi
- Allora come vanno le seghe?
- Bene lo faccio spesso.
- Vedo che stanno crescendo i peli dei baffi, vedo pure peli sulle gambe, stai diventando un bel ragazzo. Chissà se il pisello è cresciuto.
- Credo di sì. Lo vuoi vedere?
- Sì, ma rimane un segreto tra noi due.
Iniziò a toccarmi, mi abbassò i pantaloncini e si meravigliò per quanto mi fosse cresciuto il cazzo e mi toccava anche le palle. Che meraviglia, era molto bello, continuava a giocare con il mio pisello. Poi disse.
- Sai, c'è un’altra cosa che si fa con il pisello.
- Cioè?
- Si può prenderlo in bocca.
- Davvero?
- Sì, se vuoi posso farlo.
- Ok va bene
E si avvicinò al mio pisello, cominciò ad annusarlo e disse
- Quello che faccio adesso si chiama pompino.
Aprì la bocca e piano, piano ve lo fece entrare. Il cazzo subito mi si ingrossò, andava con la lingua attorno alla cappella, di nuovo tutto in bocca, su e giù con la testa. Poi iniziò a leccarmi le palle, non lo sopportavo tanto, mi faceva il solletico, così continuò con il pompino, dio quanto era bello, le sue mani toccavano il mio corpo. Il ritmo era più veloce, ad un tratto allontanò la bocca e continuò con la mano fino a che esplosi una quantità di sborra.
Rimasi perplesso.
Dopo il pompino iniziò a baciarmi sul collo e piano, piano sulle labbra e disse
- Sai come si bacia con la lingua?
- No. Non l’ho mai fatto.
Allora poggiò le sue labbra sulle mie e con la sua lingua cercò la mia, un bacio passionale. Mi piaceva baciare così, mentre le mani toccavano il mio corpo.
Passavano i giorni e quando potevo andavo da lui, sempre lo stesso, pompino e baci. In uno di questi incontri eravamo seduti come al solido sul divano. Ad un certo punto gli chiesi perché facevamo queste cose, lui mi disse che, quando ero un bambino aveva notato in me cose che faceva anche lui alla stessa età, mi aveva visto che giocavo con le bambole e aveva pensavo che forse sarei diventato frocio, come lui.
Con l'età aveva pensato che gli sarebbe passa, aveva incontrato la moglie, si erano sposati e fatto dei figli. Invece non era andata così e aveva vissuto la sua vita di merda, disse proprio così, sempre a pensare a un uomo. Aveva avuto qualche incontro quando andava dai genitori in vacanze a Gallipoli, spesso andando al mare cercava di allontanarsi dalla famiglia per cercare svago con altri uomini in mezzo alla pineta o tra le dune. Sua moglie non gli fece mai un pompino e lui non le leccava la fica, ci aveva provato ma era stato orribile. In conclusione, mi disse.
- Con te ci ho provato e ti è piaciuto, tu sei frocio come me. Non ti sposare, non fare l’errore che ho fatto io.
Dopo si mise a piangere. Lo accarezzai, gli toccai il petto villoso, i capezzoli e scesi più giù, aprii la patta, gli calai giù i pantaloncini, presi in mano il suo cazzo e cominciai a fare su e giù, ma lui mi allontanò la mano, si aggiustò le brache e disse.
- Meglio di no.
Poi arrivò la fine dell’estate e ripresi la scuola.
Parecchi giorni dopo, una sera a cena mio padre, rivolgendosi più a mia madre che a noi, disse.
- Alla fine, il mio amico è partito, è ritornato in Italia. Mi ha detto che ci vuole provare.
Prima ancora che qualcuno dicesse qualcosa, parlai io.
- Chi papà, il signore?
- Sì lui. Non ho mai capito perché avete continuato a chiamarlo signore, pur conoscendo bene il suo nome.
Nessuno di noi rispose, immaginatevi io, pensavo solo a quello che avevo perso con la sua partenza.
Col passare gli anni, ero diventato un bel maschio e le ragazze mi correvano dietro ma a me non interessavano.
Consumavo il cazzo a furia di farmi le seghe e quello in risposta era cresciuto, ora potevo reggere il confronto con quello di mio fratello maggiore che avevo visto negli spogliatoi, alle partite di calcio.
Una domenica di inizio estate ero sdraiato al sole davanti casa a torso nudo e short e mi sentii dire.
- Sempre lo stesso tu. Lo sai che non è orario di prendere il sole.
Scattai come una molla.
- Vedi che sei tutto rosso?
- Ma non è il sole
Gli risposi.
L’emozione mi aveva fatto diventare di fuoco.
- Come stai? E i tuoi? Tuo padre?
- Sono da mia sorella. Ci ha invitato a pranzo e tra poco vado anche io.
Quando sei arrivato.
- Ieri. Desideravo vederti e sono venuto subito. Come sei cambiato. Sei anche più peloso di me. Sei un vero maschio. Chi sa quante ragazze impazziscono per te.
- Anche se è vero, non mi interessano. È un altro il genere che mi piace, intendo far tesoro del tuo avvertimento.
- E con le lezioni di sesso sei andato avanti?
- Senza maestro?
Sono regredito al solo uso della mano.
Entrammo in casa per rimediare. Iniziammo subito con un ripasso, baci di lingua, sega e pompino. Non me ne stetti fermo e glielo presi in mano anche io. Questa volta mi lasciò fare. Allora ci sdraiammo sul pavimento e feci il mio primo sessantanove. Lui era vorace riusciva a farsi entrare in bocca tutto il mio cazzo che era cresciuto tanto, ci si strozzava, gli vennero le lacrime agli occhi, eppure continuava a tenerlo tutto in bocca, sicuramente gli entrava in gola, forse all’esofago. Quando non ero incantato a guardare la sua voracità, quasi volesse ingoiarselo tutto, tenevo il suo pisello in bocca, andavo su e giù con la testa e, non avendo lui il prepuzio, non mi soffermavo tanto sulla cappella. Quando capii che stavo per sborrare, provai ad allontanarlo, ma lui mi strinse forte a sé impedendomi di tirarlo fuori e gli schizzai in gola una serie di fiotti di sborro. Quando il mio cazzo uscì dalla sua bocca era pulito, pulito, non ne fu sprecato neanche una goccia. Il tempo era volato, dovevo sbrigarmi per arrivare da mia sorella in temo per il pranzo per non subirmi qualche predica, ma prima di salutarci gli chiesi.
- Come mai sei qui?
- Lo saprai più tardi. Mi vieni a trovare?
- Ti va bene dopo le diciotto? Fino a quell’ora lavoro.
- Ok. Non dire a tuo padre che sono tornato, voglio fargli una sorpresa.
La sera stessa si presentò a casa, i miei, specialmente mio padre, fu felice di rivederlo.
- Che sorpresa, Roberto, non pensavo più di rivederti. Come mai sei tornato?
- Amico mio, sono venuto per vendere la casa. Finora ci ha abitato mio figlio, ora lui è stato trasferito, la casa non serve a nessuno. Mi fermerò giusto il tempo necessario.
- Non ci vedremo più allora?
- E chi lo può dire, voi non pensate proprio di ritornare in Italia?
- I miei figli sono tutti qui con le famiglie. Ho solo questo figlio da sistemare, ma pare proprio che non ne voglia sapere di sposarsi.
Mia madre, sapendolo solo lo invitò a cena. Avevo paura si potesse vedere la mia emozione nel vederlo seduto a tavola con noi, pensando a quello che avevamo fatto.
Il giorno seguente, come promesso, dopo il lavoro andai da lui. Eravamo soli e mi portò nella camera da letto, ci sdraiammo sul letto e facemmo un bel sessantanove, poi staccò la bocca dal mio pisello, mi fece girare e cominciò a baciarmi e leccarmi tra le chiappa. Sentii una sensazione indicibile, non riuscii a resistere e mi sottrassi. Lui si scusò e mi chiese di farlo io a lui. Il suo odore era forte e inebriante, la peluria era abbondante. Cominciai a insalivare e girare la lingua intorno al suo buco che, inizialmente serrato, cominciò a dilatarsi. Cercai di produrre tanta saliva e ci giocai anche con un dito, lui mugolava per il piacere, disse di stare al settimo cielo, per me era bellissimo mi sentivo potente, il mio pisello era duro come la pietra. Lo vidi inarcare la schiena e dirmi quasi con un sussurro di metterglielo. Allora gli appoggiai il pisello contro il buco del culo, cercavo di entrare ma non era facile. Allora mi passò un tubetto e mi disse di usarlo, vaselina per lubrificare. La spalmai intorno al buco e sul mio cazzo, piano piano trovai la strada e fui dentro. Non lo scopai brutalmente ma con un ritmo dolce, con passione. La scopata durò un bel po’, mi stavo abituando a dargli quei colpetti dentro fin a quando il mio respiro accelerò, stavo sversando il mio seme dolce dentro di lui. Crollai sulla sua schiena. Gli lasciai il pisello dentro fino a quando si ammosciò e uscì da solo.
Andai da lui tutte le sere dopo il lavoro e lo scopai in tutte le posizioni immaginabili. In un momento di relax, tra le poche parole che ci scambiavamo dopo aver scopato, mi disse che non gli piacevano gli addii.
Non chiesi mai se c’era un acquirente per la casa e una sera arrivato lì davanti la trovai chiusa, se ne era andato.
Quella sera stessa andai a comprare qualcosa da un venditore di vestiti che si diceva in giro fosse gay. Mi attardai a provarmi tanti pantaloni. All’orario di chiusura il negoziante, che durante le mie prove aveva ben valutato il mio pacco, intervenendo a sistemare bene i pantaloni, approfittato per fare qualche toccatina e mi disse
- Mi dispiace ma è ora di chiudere.
E io aprendo la tenda del camerino di prova, gli risposi.
- Chiudi, chiudi pure.
Avevo i pantaloni abbassati e il mio cazzo grosso e duro in mostra.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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