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Lui & Lei

LA COLLEGA


di Grande_Bruno
11.02.2025    |    12    |    0 6.0
"Così ebbi l'idea di masturbarmi eiaculando nella sua tazza privata che usava per il tè ed il caffè..."
È domenica mattina di una giornata di pioggia e pigramente mi crogiolo tra le lenzuola ancora calde della notte. Tra veglia e sonno riapro lo scrigno della memoria e mi torna in mente il periodo della mia vita in cui, nel pieno della mia attività lavorativa ebbi una esperienza con una mia collega. Non vado molto fiero del mio comportamento di quel periodo, ma quella donna mi eccitava talmente, che il pensiero era ossessionato da lei. Il racconto, come sempre è ispirato ad una situazione realmente accaduta.

Nell’ufficio in cui lavoravo, c'era Letizia, una donna di 41 anni, sposata e madre, ma civettuola, che faceva impazzire tutti gli uomini ed i ragazzi del nostro Reparto. Quando non era in divisa, si vestiva in maniera provocante e sembrava lo facesse apposta ad eccitarci. Visto che i nostri uffici sono separati solo da pareti di legno e vetro, addirittura ero arrivato al punto di masturbarmi dietro la scrivania quando rimanevamo solo noi due nel tardo pomeriggio. Sborravo nel cestino mentre lei era seduta proprio dietro il vetro di fronte a me.

Quando discutevamo di lavoro o altre questioni generali, lei lanciava regolarmente un'occhiata al mio pacco e spesso non riuscivo a nascondere il gonfiore del mio cazzo che si espandeva verso il lato sinistro dei pantaloni. Un pomeriggio, dopo l'ennesima erezione, lei se ne andò per tornare a casa ed io rimasi con il cazzo pulsante. In ufficio, a quell'ora, c'ero solo io. Così ebbi l'idea di masturbarmi eiaculando nella sua tazza privata che usava per il tè ed il caffè. Poi, invece di lavarla, eliminai gli schizzi più pesanti, spalmai lo sperma rimanente all'interno e riposizionai la tazza nella posizione originale.

La mattina seguente andò a preparare la sua solita tazza di caffè e si fermò un minuto per augurarmi buongiorno e chiacchierare un po'. Guardarla mentre sorseggiava il suo tè col mio sperma disciolto mi fece immediatamente drizzare e lei, come sempre, se ne accorse, sorrise e andò nel suo ufficio. Questo vizietto continuò per un mese almeno due volte a settimana. Se potevo, sborravo anche sulla sua sedia. Occasionalmente, se trovavo nei cassetti una barretta di cioccolato finita per metà o delle caramelle, le scartavo e rincartavo con cura riservando a esse lo stesso perverso trattamento. In pratica, inseguivo la fantasia che lei inghiottisse il mio sperma.

All'inizio del mese successivo, un pomeriggio capitò ancora di essere gli ultimi due a dover chiudere le pratiche conti. Ci ritrovammo fianco a fianco davanti allo scaffale, quando lei allungò la mano e mi strinse il cazzo e le palle dicendo: «Amo mio marito, ma non posso più farlo solo con lui. È fissato col buio e la posizione del missionario, ma io... io ho bisogno di qualcosa di diverso!». Rimanemmo a lungo dopo l'orario di chiusura, sperimentando carezze e baci, tette in bocca e sesso orale. Seguirono discorsi sporchi e un bel pompino. Sembrava un sogno, ma era tutto vero.

Dopo aver raggiunto in fretta due grossi orgasmi, facendosi leccare la figa sdraiata sulla sua scrivania, mi stupii quando, subito dopo aver ricambiato il piacere con un pompino un po' maldestro (col marito non c'era abituata), mi chiese di infilarle una/due dita nel culo. Anche questa era un'esperienza che le mancava. Potevo sottrarmi a questo gravoso compito? Noooo! Anzi, dopo averle allargato il buco a forza di saliva e sditalinate, la girai a pancia sotto, diressi la punta del mio cazzo nuovamente duro nel suo culo e, centimetro dopo centimetro, la sodomizzai a lungo. A quel punto si accese come una ninfomane mancata e, gustando fino in fondo quell'insolita posizione, ha perso il controllo e ha iniziato a gridare a ogni successivo orgasmo. Sapevamo entrambi che tutto quel casino sarebbe stato sentito negli uffici del piano superiore e dovevamo anche ricomporci prima che, alle 17,30 precise, entrasse la donna delle pulizie.

Ma ormai eravamo in ballo e volevamo ballare. Bloccammo le porte di sicurezza con la chiave di emergenza e continuammo a scopare in modo indecente. Estrassi il cazzo ancora in tiro dal suo buco del culo e la girai di nuovo a pancia in su, proprio sui tabulati dei contribuenti a cui avremmo dovuto fare dei controlli entro la fine dell’anno. Letizia mi abbracciò con le gambe fin sulle spalle per inghiottire interamente il mio cazzo nella sua figa deliziosamente bagnata e folta. Malgrado fossi già venuto una prima volta col pompino, dovetti combattere per controllare il mio pompaggio in modo da non eiaculare troppo presto. Quella volta godette con strilli assurdi e io feci altrettanto. Mi sentivo come se stessi sparando tutto il seme accumulato in quei mesi di corteggiamento silenzioso. Finimmo appena in tempo per ricomporci e aprire la porta di sicurezza alla donna che stava suonando il citofono.

A Letizia non era mai stato permesso di esprimere liberamente la sua sessualità e ci siamo scopati una volta alla settimana in un orario in cui tutti erano andati via fino a quando non ebbe il trasferimento in un altro Reparto.

Forse adesso c’è qualche altro collega che la soddisfa. Non le ho mai confessato di aver sborrato tante volte nella sua tazza del caffè e sulla sedia. Ma sono stato felice di averle sborrato dentro la sua figa e nel suo culo.
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