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Lui & Lei

Il chioschetto del parco


di Animaerrante
31.01.2025    |    4.121    |    11 9.8
"Il contatto fisico sortisce il suo effetto colorando di rosso le sue guance, mentre si gira aggiustandosi il contenuto degli slip che non avevo volutamente..."
La giornata lavorativa sta volgendo al termine mentre quegli ultimi raggi di sole che filtrano dalla finestra mi trasmettono un senso di inquietudine. Il vicino di casa non c’è, maledette vacanze! Ripiego, a malincuore, su una corsetta all’aria aperta.
Mi cambio, indosso il reggiseno sportivo, non tanto per il bisogno di reggere chissà che cosa, ma più per non essere nuda sotto alla maglietta trasparente. Pantaloncini abbastanza corti ma non troppo aderenti, in modo da lasciare le cosce libere di muoversi come piace a loro.
Mi mancano giusto gli slip sportivi. Accidenti! Non ho nessuna intenzione di andare a correre con il perizoma che mi si infila ovunque, ma non ho nemmeno voglia di salire al piano superiore per andarli a recuperare. Non ci penso due volte e mi infilo solo i pantaloncini.
L’aria è calda e mi rimane giusto un’oretta prima che cali il buio.
La scelta di non mettere nulla sotto i pantaloncini torna viva nella mia mente mentre un leggero venticello mi si intrufola proprio lì. Non c’è nessuno in giro, tranne qualche auto che sta rientrando a casa.
Dopo il solito riscaldamento mi rintano al parco a fare qualche esercizio, sfruttando l’area attrezzata di Calisthenics, anche se io e il Calisthenics siamo agli antipodi.
Dopo un primo giro mi viene sete e decido di andare verso la fontanella. Prima di aprire il rubinetto, noto che il chioschetto lì di fianco è stato preso d’assalto dai vandali che ne hanno divelto la porta sia del bar che del bagno, hanno rotto tutto quello che potevano rompere e l’hanno riempito di scritte. Mi sale la rabbia, ma la curiosità mi spinge a sbirciare meglio all’interno. Un’altra ventata là sotto mi accende la voglia: è proprio un bel posticino lontano da occhi indiscreti e in un punto strategico dove si può tenere d’occhio l’unico ingresso del parco.
Forse è meglio tornare a quello che stavo facendo…Mi rinfresco un po’, acquietando solo la mia sete di acqua.
Poi parto in successione utilizzando l’area attrezzata per la parte superiore, una panchina che dista circa 20m per gli esercizi alle gambe, finendo poi con un giro del parco di corsa.
Al secondo giro noto che non sono più sola: c’è qualcuno che sta utilizzando l’area attrezzata, ma son troppo presa a terminare quello che avevo iniziato per dedicargli la giusta attenzione. Una volta finito il giro, invece di andare dalla persona sconosciuta e continuare il mio tran-tran, opto per gli esercizi alla panchina. Preferisco stare a distanza a studiare la situazione.
Lui guarda nella mia direzione, mette la musica a palla e inizia con gli esercizi.
Sembra giovane, molto giovane, ma non è la prima volta che lo vedo.
Non capisco bene per quale dei tanti motivi la mia temperatura sta arrivando alle stelle, ragion per cui mi libero in fretta della maglietta e proseguo anche io con il mio programma.
Esagero volutamente con gli squat e lo stretching delle gambe dirigendo il mio fondoschiena nella sua direzione.
Altro giro di corsa, questa volta però son più concentrata su chi ha invaso il mio spazio fitness.
Indossa una maglietta smanicata aderente nera della Under Armour e dei pantaloncini da basket con il caratteristico toro della Chicago Bulls. Potrei disegnare a uno a uno quei muscoli che sembrano volergli strappare la maglietta, ma per fortuna un sasso sul mio sentiero mi distoglie dalle mie fantasie e devo impegnare tutte le mie forze per non volare in terra.
Lui mi sorride, io vedo già attuata la violazione dell’articolo 609 del codice penale.
Giro terminato, torno alla mia panchina.
Il cellulare vibra, distogliendo per un attimo la mia attenzione; niente di interessante è solo una mail di pubblicità.
Dall’altra parte iniziano a provenire degli strani rumori, alzo gli occhi e lo sconosciuto si sta fisicamente massacrando con delle trazioni alla sbarra, non riuscendo a trattenersi dal fare quegli strani versi.
Questo è troppo, meglio andare a dargli una mano prima che esaurisca tutte le energie inutilmente.
Lui si stacca dalla sbarra, abbassa la musica e mi saluta con un semplice “Ciao”.
“Ciao” rispondo io.
Squadrandomi dalla testa ai piedi prosegue “Complimenti per il bel fisichino, si vede che ti alleni tanto”
Non può servirmela così su un piatto d’argento, è tutto troppo semplice.
Abbasso lo sguardo a terra altrimenti rischierei di saltargli addosso senza proferire alcuna parola.
Sospiro, faccio due passi indietro e urto qualcosa per terra.
Un paio di chiavi dell’auto finisce qualche centimetro più in là e il dilemma dell’età svanisce all’improvviso.
Sta iniziando a far buio e il mio lato da animale crepuscolare sta prendendo sempre più il sopravvento.
Parto all’attacco: “Diciamo che avrei bisogno di qualcuno che mi aiuti…”pausa…lo guardo dritto negli occhi cristallini per confermargli quelle parole che aveva appena udito e poi proseguo “…perché non mi mostri qualcosina tu?” e gli appoggio una mano sul petto scendendo verso il basso fino all’elastico dei pantaloncini che aggancio con l’indice e faccio schioccare.
Il contatto fisico sortisce il suo effetto colorando di rosso le sue guance, mentre si gira aggiustandosi il contenuto degli slip che non avevo volutamente nemmeno sfiorato.
“Vorrei appendermi lassù…” indicando una sbarra che sta poco sopra la mia testa “…ma non ci arrivo. Non è che mi daresti…” non ho fatto in tempo a finire la frase che sono già per aria con le sue mani sui fianchi.
In questa posizione il mio seno arriva giusto all’altezza dei suoi occhi e quei traditori dei miei capezzoli sono già turgidi e sull’attenti. Sono appesa, ma non riesco a sollevarmi. Lo guardo in maniera supplichevole quasi a dirgli di alzarmi un pochino, mentre noto che nei suoi pantaloni c’è anche altro sull’attenti. Lui appoggia le sue grandi mani sul mio fondoschiena e fa per spingermi.
Salto giù all’istante, quasi stizzita e mi siedo a terra tenendomi una coscia.
Lui non sa bene come comportarsi, ma poco dopo si scusa avvicinandosi preoccupato.
Poi aggiunge un timido: “Ti sei fatta male?”
Non voglio far la stronza e ho l’obiettivo sempre ben focalizzato in testa. “No, ho solo un fastidio all’adduttore, prova a sentire” e gli porgo la gamba.
Lui questa volta è titubante, si accovaccia e mi guarda mentre appoggia lentamente entrambi le mani sulla coscia.
I suoi pantaloncini oramai fanno fatica a nascondere l’erezione che ha in atto.
Faccio finta di nulla e gli prendo una mano accompagnandola con le parole “Inizia da qui…” e gli faccio toccare sopra il ginocchio, “…e finisce qui” percorrendo l’interno dei pantaloncini fino ad accarezzare le mie grandi labbra depilate e umide.
Immobile.
Continuo portandomi le sue dita, che avevano appena invaso la mia intimità, alla bocca per gustare i miei umori.
Colpo del knock out.
Non è più connesso, la sua testa è andata in tilt.
Mi alzo, lo prendo per mano, anche se sarebbe più semplice prenderlo per qualcosa d’altro, e lo trascino dentro al chioschetto, così da non rischiare di essere visti.
Gli abbasso i pantaloncini mentre lui si lascia fare. Il suo volatile si fionda fuori come se non vedesse l’ora di ergersi in tutto il suo splendore.
“Non male il ragazzino” penso tra me e me, mentre mi inginocchio a gustare il premio.
Ha un leggero profumo muschiato e nonostante tutta l’attività fatta, non c’è traccia di alcun sgradevole sapore. Con una mano aiuto la bocca a farlo impazzire e con l’altra mi accarezzo in mezzo alle gambe.
Sono fradicia, la voglia che ho addosso e la situazione che si è creata mi manda fuori di testa a tal punto che
sono impaziente di sentirlo dentro.
Mi stacco un attimo per cercare in una delle tasche il preservativo che porto sempre con me e, contro ogni aspettativa, il ragazzino mi prende il volto e mi riconduce sul suo uccello. Sorrido, per quanto possa sorridere con la bocca piena. Qualcuno è tornato in sé e ora è consapevole dei propri mezzi.
Trovo quello che stavo cercando, con i denti lo libero dalla carta argentata e lo sistemo con cura srotolando fino in fondo. Mi alzo, mi giro dandogli la schiena chinandomi a 90° con le gambe leggermente aperte. Scosto lateralmente i pantaloncini e gli offro spudoratamente il mio fiore allargando per bene le grandi labbra e lasciandomi scappare un “Adesso scopami”. Lui si avvicina piano, si inginocchia portando la sua bocca proprio in quel punto, si pregusta il premio e infine con delicatezza mi penetra con la lingua, assaporandomi tutta.
Poi torna eretto, una mano sul mio gluteo sinistro mentre con l’altra si aiuta indirizzando la sua asta e penetrandomi fino in fondo. Un solo colpo ben deciso, contrastando la delicatezza di poco fa.
Bestemmio.
Vedo con la coda dell’occhio che sta alzando la sua mano destra, ma non faccio in tempo a connettere che, un attimo dopo, la sento atterrare sul mio fondoschiena dando vita a una sonora sculacciata. Apro la bocca per dirgli qualcosa, ma la mia mente è annebbiata. Forse semplicemente era il suo modo per punirmi per la bestemmia di poco fa.
Ora entrambi i miei glutei sono stritolati dalle sue mani a ritmo delle sue penetrazioni: più avanza e più stringe.
Sentirmi riempita in questo modo è quello che desidero di più in questo momento.
Appoggio le mani al muro che ho di fronte e inizio a dargli un po’ di ritmo; i miei glutei vengono colpiti dalle sue cosce dando vita a dei sonori applausi.
Fuori si sentono le macchine che continuano a passare mentre anche le sue rotondità mi sbattono sul campanellino ad ogni colpo, non lasciandomi totalmente indifferente.
Per tutto il tempo mi son dimenticata di tenere d’occhio l’ingresso e può essersi avvicinato chiunque, può non essere alla portata della vista, ma potrebbe essere subito fuori la porta del chiosco.
La situazione mi porta a far volare talmente tanto l’eccitazione che dopo pochi affondi le gambe iniziano visibilmente a tremare, portandomi in fretta a raggiungere l’apice del piacere che viene sancito da un sordo mugolio attutito dall’incavo del gomito.
A causa di un mio riflesso automatico cerco di allontanarlo spingendolo via con le mani da dietro al mio fondoschiena. Lui, da bravo soldatino, si ritrae un attimo, non ben convinto di quello che sarebbe giusto fare. Il mio cervello non ci mette molto ad appioppargli l’aggettivo “pivello”, fortuna vuole che in quel momento la lingua non è connessa.
Lo tranquillizzo spiegandogli che in questi momenti non deve rispettare il linguaggio del mio corpo e, se vuol fare le cose come si deve, gli conviene spingere sempre di più.
Riparte, più motivato di prima, da dove era stato interrotto.
Un altro sguardo furtivo verso il cancello d’ingresso prima di rendermi conto che questa volta non c’è verso di rallentarlo o ostacolarlo. Mi porta nuovamente all’apice del piacere ma ora non si ferma, sembra una macchina da guerra. Il mio fiore è in preda a spasmi incontrollati, non c’è via di uscita, sperando che i rumori molesti, che sto cercando inutilmente di trattenere, non destino l’attenzione di nessuno. Non faccio in tempo a terminare il mio pensiero che lui, dopo un ultimo violento e profondo colpo, esce velocemente, si mette sulle punte dei piedi liberando il suo volatile e, con un “Cr.sto”, mi inonda la schiena.
Fine dei giochi.
Pochi giorni dopo il chioschetto verrà anche incendiato, sarà un segno del destino.

Chi dovesse riconoscere il posto, vince una visita guidata in mia compagnia; se invece sei il protagonista, sappi che ho ancora le tue casse da ridarti perché evidentemente, nel trambusto di tutta la vicenda, te le sei dimenticate dove le avevi appoggiate. :)
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