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Gay & Bisex

Boy Scout - 7


di Marcus95
28.11.2021    |    9.022    |    9 9.8
"Ci sistemammo per la giornata ed andammo al rifugio..."
Capitolo 7: Oscurità & Ombre

Uscimmo dall’ambulatorio e poi dal rifugio con la netta sensazione che Tommaso ci stesse aspettando. Invece ci sbagliavamo. Tommaso non si vedeva da nessuna parte. Ci avviammo con calma verso il campo e quando vidi la nostra tenda intravidi una figura che si agitava contro Lorenzo. Era Tommaso la figura che si agitava. Non lo stava picchiando ma stavano parlando animatamente. Ci avvicinammo e Tommaso ci vide. Mi squadrò, sbuffò e sparì tra gli alberi di corsa. Mi avvicinai a Lorenzo che aveva un faccia addolorata.

«Mi spiace per tutto questo» dissi cercando di scusarmi per tutto quello che era successo.

«Tranquillo Luca. Ho delle ipotesi su quanto sta accadendo, ma non ne ho la certezza» disse lui guardando Federico.

«È tutta colpa mia. Ci ha beccati in doccia e…»

«Mi ha raccontato. Ora portiamo Federico in tenda e tra qualche minuto tu lo cerchi nel bosco.»

«Cosa!?» chiesi io perplesso. Nel bosco insieme a lui che era fuori di testa? Quella era una pazzia.

«Se vuole parlar con qualcuno, quello sei tu» disse velocemente.

«E se non vuole parlare con me?» chiesi.

«Tu vai e ritorni qui» rispose e mi aiutò a portare Federico nella tenda. Misi vicino al mio zaino l’occorrente che mi aveva dato Andrea per una qualsiasi evenienza.

Uscii dalla tenda e vidi che la cena era pronta. Tutta la Pattuglia mangiò, tutti tranne Tommaso che era ancora nei boschi.

Quando finimmo la cena, presi la gavetta di Tommaso e mi inoltrai nei boschi. Federico cercò di fermarmi, ma non lo ascoltai. Entrai nel bosco fitto. Era buio, ma per fortuna avevo una piccola torcia che portavo sempre con me. La estrassi dai pantaloni, l’accesi ma non c’era anima viva intorno a me. Sembrava di stare in un film dell’orrore. Un luogo macabro di notte. Gironzolai tra gli alberi, chiamai il suo nome ma nessuna risposta.

Decisi di andare verso una pietra che avevo visto il primo giorno in quel posto. Mi orientai e arrivai nelle vicinanze, ma non riuscivo a vederla. Sentii un ramo spezzarsi dietro di me e mi spaventai girandomi di colpo. Seduto sulla pietra c’era Tommaso con i suoi occhi neri che mi guardavano.

«Spegni quell’affare, mi accechi» disse Tommaso freddo.

«Scusa» dissi e mi avvicinai a lui. Mi sedetti davanti a lui e gli porsi la cena.

«Gentile, ma puoi anche sloggiare.»

«Capisco che mi odi ma…» cercai di dire, ma mi interruppe.

«Io non ti odio, ti detesto, mi fai schifo» disse guardandomi in faccia tutto il tempo.

«Non ho fatto nulla di così grave» provai a scusarmi. Alla fine era vero, non avevo fatto nulla di così tanto grave da meritarmi quella sceneggiata.

«Sparisci, non ti faccio un pompino. Però Federico sicuramente sì.»

«Non mi ha fatto un pom…»

«Tu sì però. Per chi cazzo mi hai preso? Credi che non sappia come cazzo gode un ragazzo?» disse talmente serio da mettermi paura.

«Hai ragione, ma era solo per gioco, io voglio te, tu sei il mo guardiano, non lui.»

«Vattene» disse senza guardarmi.

«Torni per la notte?» chiesi sperando di dormire vicino al suo corpo caldo.

«Vattene» ripeté.

Lo guardai e me ne andai piangendo. Tutto era finito, tutto era cambiato. Tommaso non mi avrebbe mai più guardato. Io lo volevo ancora, perché alla fine avevo preso una decisione.

Io avevo scelto lui.

Tommaso era la mia scelta, e non l’avrei mai cambiata. Federico era il mio migliore amico, ma Tommaso doveva diventare il mio ragazzo, il mio uomo, il mio fidanzato. Ma tutto stava sfumando, tutto stava precipitando. Non avrei mai più avuto il suo odore sulla mia pelle, i suoi addominali scolpiti, i suoi pettorali possenti.

Ritornai alla tenda dove tutti mi aspettavano. Federico si fece avanti abbracciandomi.

«Lasciami!» dissi spostandomi. «Non toccarmi.» Le lacrime mi rigavano ancora il volto. «Non torna» dissi a Lorenzo che mi guardava dietro Federico.

Nessuno sapeva cosa fare. La Pattuglia si era rotta, spezzata a metà da una forza potentissima. Nessuno poteva o sapeva come rimediare a quel danno. Nessuno. Alcuni andarono in tenda e altri rimasero fuori. Io decisi di rimanere fuori a prendere un po’ d’aria.

***

Perché Luca stava ancora fuori dalla tenda? Si chiese Federico che era entrato. Luca stava cambiando. Era evidente che stravedeva per Tommaso. Molti se ne erano accorti. Il loro non era un legame tra guardiano e quello nuovo. Era un legame profondo. Anche Federico provava tale legame ma Luca non voleva saperne. Ora si erano anche divisi, per la prima volta da anni. Tutto a causa di Tommaso. Sempre lui in mezzo. Quel ragazzo era stato già un problema dal primo giorno che gli occhi di Luca si deposero sul suo corpo. Era un bel ragazzo, ma non era adatto a Luca. Federico lo era. Si sentiva adatto a Luca, ma non era gay. Quei giochi gli piacevano ma non avrebbe mai potuto sostenere un vero rapporto con un maschio. Anche se si stava parlando di Luca era fuori discussione un rapporto.

Luca rimaneva fuori. In quel momento era l’unico, ad eccezione di Tommaso, a non essere nella tenda.

***

Ero solo. Tutti erano nella tenda e io fuori, esattamente come Tommaso, la persona che avevo scelto di amare. La persona con cui volevo stare. Senza neanche rendermi conto erano passare due ore. Due ore fuori a pensare e ripensare. I pensieri si muovevano in massa nella mia testa, ma dovevo fare qualcosa, per me, per Tommaso, per la Pattuglia.

Guardai il bosco e mi ci immersi. Era buio. Non vedevo neanche i miei piedi che si addentravano. Avevo imparato la strada a memoria per arrivare al masso, quindi non accesi la torcia. Arrivai e sentii una persona che russava leggermente. Era Tommaso sicuro. Si era addormentato dietro alla pietra. Mi inginocchiai vicino al suo capo e misi una mano tra i suoi capelli. Erano morbidi. Il suo corpo emanava calore. I suoi addominali si sentivano sotto la camicia. Decisi che doveva sapere che ero venuto a trovarlo nel cuore della notte, così la sbottonai. Toccai la sua pelle liscia e dura. I suoi pettorali erano caldi e riuscivo a sentire il battito del suo suore. Aveva un ritmo regolare.

Mi avvicinai al suo volto e lo baciai. Le mie labbra sulle sue accesero parti nascoste della mia mente. Mi sentivo legato a lui. Volevo essere legato a lui. Lo volevo. Con la lingua delicatamente cercai di aprire le sue labbra, ma si schiusero solo leggermente. Assaporai il suo buon sapore. Lo adoravo. Mi staccai da lui e lo guardai mentre dormiva ancora profondamente. La sua pelle vicina alla mia risvegliò in me tutti i ricordi. Tutto quello che avevamo fatto insieme. Il ricordo più bello fu il bacio. Il suo bacio. Ero semi cosciente, ma me lo ricordavo. La più grande emozione della mia vita.

«Ti amo. Anche se tu non mi vuoi in questo momento» dissi a bassa voce e me ne andai. Lo lasciai da solo. Un corpo in un bosco. La persona che amavo, lasciata da sola, in balia di se stesso. Sola.

Arrivai alla tenda ed entrai dentro. Vidi il sacco a pelo di Tommaso. Vuoto ovviamente. Tutti mi guardarono. Senza dire una parola andai nel sacco a pelo di Tommaso e mi ci infilai. Mi spogliai interamente in modo da sentire solo il suo odore sulla mia pelle. Molto probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che potevo appropriarmi del suo odore. Mi sentivo al caldo e protetto, solo dal suo odore. Tommaso era fuori da solo nel bosco che dormiva. Per la prima notte non potevo avere il suo corpo vicino al mio durante la nottata. Mi distruggeva. Volevo correre nel bosco saltargli addosso e baciarlo fino al mattino. Dormire vicino a lui. Passare una vita intera con lui. Lui era diventato una parte di me.

Nella tenda il silenzio prese il posto di un rumore che nella testa era infernale. Nonostante mancasse un componente della Pattuglia, quei schifosi pezzi di merda dei miei compagni si stavano masturbando. Che oltraggio, che disonore.

«Non starete facendo sul serio vero?» chiesi duro.

Tutti si voltarono verso di me. Loro non sapevano cosa rispondere. «Dobbiamo» disse Federico.

Un muro mi crollò addosso. Dobbiamo? Non aveva il minimo senso. Ero incazzato e frustato come non mai. Tommaso era da solo e nessuno aveva fatto un cazzo per farlo ragionare. Io almeno ci avevo provato. Sarei rimasto con lui tutta la notte.

Il momentaneo silenzio nella tenda cessò. Nuovamente quel rumore infernale si impossessò della mia testa. Tutto era diventato oscuro. Quella tenda era il simbolo della perversione che non guardava in faccia nessuno. Un simbolo maledetto che creava confusione, rotture e paura. Il rumore cresceva sempre di più. Proveniva da tutte le parti possibili. Sentivo sussurri, gente che urlava, gente eccitata. Un rumore così assordante che spegnerlo sarebbe stato impossibile. Solo io lo sentivo però. Il panico si impossessò del mio corpo. Non riuscivo più a respirare.

Tommaso. Solo a lui riuscivo a pensare. Solo alla persona che amavo.

Il rumore si fece troppo insostenibile, così nel cuore della notte, in una tenda che era un labirinto urlai a squarciagola e l’oscurità mi oltrepassò.


***GIOVEDÌ***


Tommaso si svegliò molto presto. Era ancora incazzato per gli avvenimenti del giorno prima. Si mise a sedere dolorante. Dormire per terra vicino ad un masso non era una cosa piacevole se ne rendeva conto. Si stropicciò gli occhi e si guardò attorno. Una leggera brezza correva tra gli alberi e gli solleticava i capezzoli. Solo allora si rese conto di avere la camicia sbottonata. Chi era stato? Qualcuno durante la notte doveva averlo trovato e toccato. Che pensiero ripugnante.

Un lampo squarciò la sua mente. Solo Luca poteva sapere di quel posto. Luca e Federico a dirla tutta. Quel primo giorno che erano andati a prendere la legna avevano accennato ad un masso molto bello all’interno della foresta. Doveva essere per forza quello. Chi dei due era stato lì? Non presentava delle lesioni evidenti e nessun muscolo gli faceva male. Escluse quindi Federico dall’elenco. Non poteva essere vero. Era stato Luca. Luca era andato di notte a trovarlo. Luca aveva toccato il suo corpo e per fargli capire che era stato lì gli aveva slacciato la camicia. Tutto tornava, tutto andava per il verso giusto.

Guardò il suo cellulare e vide che mancavano ancora quindici minuti prima della sveglia. Doveva trovare il modo di entrare in tenda senza che nessuno lo vedesse. Anzi meglio: senza che Luca lo vedesse. Lo avrebbe controllato da lontano. Era più che sicuro che dopo quello che aveva fatto durante la notte sarebbe andarlo a trovare al mattino. Magari anche per chiedere scusa, ma Tommaso non ne aveva voglia.

Dentro di sé c’erano due forze contrapposte: una voleva andare da Luca e chiedere scusa, l’altra voleva dimenticarlo per sempre.

***

La mattina era bella, il sole baciò la tenda. Io mi svegliai con le lacrime che mi rigavano le guance. Mi accorsi d’aver pianto per tutta la notte. Ero distrutto. Non sapevo cosa fare.

Tommaso, oh Tommaso. Quanto volevo averlo tra le mie braccia e poterlo stringere, sentire il suo odore. Tommaso non era ritornato, era rimasto nel bosco. Uscii dalla tenda andando nel bosco a cercarlo.

Gli altri mi guardarono ma non dissero nulla. Sapevano che ero irato con tutti loro per la loro schifosa perversione. Un nostro compagno era in difficoltà e loro pensavano solo al sesso. Mi facevano schifo, sopratutto Federico. Per la prima volta il nostro rapporto si ruppe. Molto probabilmente definitivamente perché mi aveva fatto perdere la persona che amavo, la persona che avevo scelto. Lui doveva essere mio, io dovevo essere suo. Solo Tommaso doveva avermi.

Nel bosco corsi fino alla pietra e quando arrivai non c’era il suo corpo. Almeno si era svegliato. Mi guardai attorno ma non vidi anima viva. Ero solo, nello stesso punto in cui lo era Tommaso. Tutto solo. Cercai lì attorno ma nulla. Era sparito nel nulla. Speravo solo che fosse ritornato alla tenda, oppure al rifugio.

***

Con lo stupore di tutti i presenti in tenda, Tommaso entrò. Si avvicinò al suo sacco pelo e lo sentì caldo. Sicuramente Luca aveva dormito lì. Solo quel pensiero lo faceva eccitare. Luca in un momento di dolore aveva dormito nel suo sacco a pelo solo per trovare conforto.

«Ben tornato» disse Lorenzo.

«Fate come se non ci fossi, me ne vado via subito» disse duro Tommaso senza neanche voltarsi a guardare gli altri.

Non voleva certo parlare con loro. Aveva poco tempo. Aveva visto Luca infilarsi nei boschi e ci avrebbe messo poco a capire che erano deserti e che molto probabilmente Tommaso sarebbe tornato alla tenda per prendere delle cose. Quindi quel poco tempo che aveva doveva utilizzarlo al meglio.

«Luca ti sta cercando lo sai?» disse Federico che si era alzato in piedi.

«Certo che lo so e non mi rompere il cazzo.»

«Ha sofferto per te questa notte» disse Federico facendo finta che gli altri non ci fossero.

«Senti ho detto che lo so e non voglio sapere altro. Quando lui ritornerà, io me ne sarò già andato» disse Tommaso prendendo le ultime cose.

«A te non importa nulla. Che razza di guardiano sei?»

Tommaso si alzò e mollò un ceffone a Federico facendolo cadere a terra. Riprese le sue cose e uscì dalla tenda senza dire una parola.

***

Corsi alla tenda, ma inciampai lungo la strada. Finii su un sasso nascosto con il ginocchio, così lo sbucciai. Con il sangue che mi colava giù per la gamba decisi di correre lo stesso. Arrivai alla tenda e vidi tutti fuori ad aspettarmi. Federico mi guardava ma non aveva il coraggio di farsi avanti.

Lorenzo vide la mia gamba insanguinata. «Cosa hai fatto?»

«Non sono morto. Stavo cercando Tommaso» dissi secco.

«Era qui. Lo abbiamo visto arrivare circa un minuto dopo che te n’eri andato.»

Cosa? Era tornato? Mi stava seguendo? Ecco la spiegazione. Troppo scaltro. Ha aspettato che io mi addentrassi nel bosco per avere la via libera. «Cosa ha fatto?» chiesi cercando di fare l’indifferente.

«Ha preso delle cose e se né andato senza neanche dire una parola» riposo Lorenzo amareggiato.

Ci sistemammo per la giornata ed andammo al rifugio. Non parlai con nessuno e stavo lontano dalla mia Pattuglia. Arrivati al rifugio andai nel posto dove doveva lavorava Tommaso. Speravo di trovarlo lì. Non gli avrei parlato, avevo paura, ma lo avrei fissato come lui aveva fatto con me quella stessa mattina.

Mi addentrai in una stanzetta dove c’era una piccola finestra e guardai fuori. Fuori vidi una persona di spalle. Alta, bella e muscolosa. Tommaso stava già preparando le attrezzature per la giornata. Era sano e salvo almeno. Si girò e prese delle altre attrezzature non accorgendosi che io ero lì, a solo qualche metro di distanza. Il lavoro attendeva anche me quindi decisi di andare via e lasciarlo alle sue faccende.

I sotterranei erano freddi come il mio umore. Aprii la porta dell’ambulatorio e salutai Andrea. Lui era contento, io distrutto. Mi sedetti e aspettai incarichi.

«È successo qualcosa questa notte?» chiese guardandomi in faccia. Aveva capito che tutto era andato a rotoli, ma non si era fatto male nessuno.

«Nessuna aggressione» dissi io.

«E quello?» chiese indicando la mia gamba. Era ancora insanguinata. Me ne ero dimenticato. Non mi faceva male, quindi non era un problema da risolvere.

«I massi sono cattivi da queste parti» dissi io, cercando di essere il più spiritoso possibile.

Andrea mi fece accomodare sul lettino e mi medicò la ferita. Mi piaceva sentire la sua mano sulla mia gamba. Mi ricordava Tommaso quando mi accarezzava, ma lui non era Tommaso, non era il mio tipo e non era gay.

Quando finì decisi di visionare dei documenti che dovevo poi mandare all’ospedale più vicino che si trovava a valle. Almeno quello mi distraeva da tutto il resto.
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