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Gay & Bisex

Pallavolisti 01


di Membro VIP di Annunci69.it archer81
18.06.2017    |    29.436    |    6 9.3
"Nel tragitto verso casa non parlammo molto lasciando in sottofondo musica pop mentre vedevo sfrecciare davanti a me le luci della città fino a giungere a poche..."
L’estate del mio diciottesimo compleanno trascorse veloce e spensierata insieme ai miei amici dedicando la maggior parte del tempo e delle forze alla mia grande passione: la pallavolo.

Giocare mi rendeva felice e sereno ma quell’anno la voglia di presentarmi alla ripresa degli allenamenti in condizione ottimale era un motivo in più per giocare il più possibile ed approfittare di ogni occasione per allenarmi; a fine stagione, infatti, la società mi aveva comunicato che con la ripresa degli allenamenti sarei stato aggregato alla prima squadra.

Era per me un’occasione imperdibile per migliorarmi ulteriormente e per mettermi in mostra anche se ero consapevole che avrei fatto molto panchina.

A fine agosto mi presentai in palestra per iniziare ad allenarmi con i nuovi compagni, tutti sopra i 20 anni di età, che mi accolsero benevolmente in un ambiente goliardico che rendeva la fatica degli allenamenti più facilmente sopportabile.

Di certo il mio carattere un po’ timido ed introverso non rendeva agevole l’inserimento nel gruppo, limitandomi a sorridere alle battute dei compagni senza mai cercare di attirare l’attenzione.

In squadra tutti mi chiamavano il ragazzino a causa della mia giovane età nonostante fossi alto 193cm e non passassi di certo inosservato e l’allenatore mi affidò sotto l’egida protettiva del capitano e degli altri “senatori”.
Gli allenamenti si svolgevano la sera ed erano molto impegnativi anche se spesso durante l’applicazione degli schemi di gioco ero relegato al ruolo di raccattapalle od assistente dell’allenatore.

Era poi negli spogliatoi che esplodeva un clima cameratesco che portava tutti quanti a ridere e scherzare e a fare una caciara indefinita finché il custode della palestra, stanco per l’orario e gli schiamazzi, sollecitava tutti quanti a levarsi dalle scatole come diceva lui.

Stante la mia giovane età avevo appena iniziato a studiare per la patente e, sebbene come tutti i diciottenni smaniassi per avere il fatidico tesserino rosa della motorizzazione, non avevo ancora deciso quando avrei dato quantomeno l’esame di teoria a causa dell’ultimo anno di liceo e degli allenamenti che mi assorbivano completamente.

Pertanto finché le condizioni atmosferiche erano state clementi ero andato ad allenarmi col mio scooter mentre dal mese di Novembre avevo cominciato ad usare i mezzi pubblici con un aggravio non indifferente di tempo perso per arrivare in palestra e tornare a casa.

Il tempo che potevo perdere con i miei compagni nella goliardia dello spogliatoio si era notevolmente ridotto dovendo sempre stare attento all’orario del passaggio dell’autobus pena un’ulteriore attesa di circa un’ora.
Una sera poi mentre di corsa stavo cercando di raggiungere la pensilina della fermata, vidi passare davanti ai miei occhi l’autobus che incredibilmente era in anticipo di qualche minuto. Smisi di correre imprecando contro il mondo con la prospettiva di una lunga attesa.

Mi appoggiai al muro di una vecchia fabbrica dismessa e comincia a messaggiare con amici e cazzeggiare su internet cercando di ingannare la lunga attesa fino al passaggio dell’autobus successivo.
Passarono circa dieci minuti finché sentii chiamare a gran voce il mio nome da parte di qualcuno a bordo di una golf nera ferma dall’altra parte della strada.

Era Mirko, il capitano, che mi domandava cosa stessi facendo a quell’ora in quell’angolo dimenticato dal mondo. In realtà non aveva chiamato il mio nome ma aveva, come suo solito, usato l’epiteto ragazzino che un po’ mi infastidiva ma che a lui non so perché avevo interiormente consentito di utilizzarlo.

Mi avvicinai alla sua auto e dal finestrino abbassato gli raccontai la mia disavventura; appurato in che zona della città vivessi, pur essendo completamente fuori mano per lui, mi propose di darmi uno strappo fino a casa ed evitandomi un’attesa così lunga.

Buttai il borsone nel baule e mi fece salire sui sedili posteriori in quanto il lato passeggero era occupato da un altro compagno di squadra, Giacomo, con cui Mirko era molto amico.

Ripartì sgommando a gran carriera e, una volta immessosi su una delle strade a scorrimento veloce, mi annunciò che era troppo presto per tornare a casa e che saremmo andati a berci una birretta; a nulla valsero le mie obiezioni circa il fatto che il giorno dopo dovessi andare a scuola.

Mirko non volle sentire ragioni sentenziando che ero maggiorenne e che potevo anche non andare a scuola il giorno dopo e che dovevo smetterla di comportarmi da ragazzino.

Il capitano aveva questo carisma e nessuno da che io lo conoscessi era riuscito a dire di no alle sue proposte qualsiasi esse fossero.

Trascorremmo circa due ore in birreria e finii per essere abbastanza brillo quando uscimmo dal locale. Mi buttai stremato sul sedile posteriore in attesa di essere portato a casa ed ascoltando distrattamente i discorsi tra i due ragazzi sui sedili posteriori.

Giacomo, che forse aveva alzato un po’ troppo il gomito, insisteva cercando di convincere Mirko a passare da un viale della città noto per essere luogo di prostituzione di travestiti mentre il capitano sosteneva che non fosse il caso proprio quella sera.

Continuarono a battibeccare per diversi minuti finchè Mirko arrestò l’auto e fece scendere Giacomo essendo ormai giunti davanti a casa sua.

Scaricato l’amico si rivolse a me che sonnecchiavo di dietro e mi invitò a passare davanti dato che lui non era un taxi. Mi trascinai quindi sul sedile del passeggero rimanendo inebriato dal suo sorriso che quella sera, forse complice anche l’alcool, sembrava essere ancora più ammaliante del solito.

Nel tragitto verso casa non parlammo molto lasciando in sottofondo musica pop mentre vedevo sfrecciare davanti a me le luci della città fino a giungere a poche centinaia di metri da casa mia dove c’era un’area verde abbastanza grande adibita a parco.

Mirko fermo l’auto informandomi che aveva bisogno di pisciare e che pertanto dovevamo scendere ed entrare nel parco per espletare i bisogni fisiologici.

L’aria era abbastanza fresca e una leggera nebbiolina aleggiava nell’aria mentre ci addentravamo di pochi metri tra gli arbusti del parco; ci fermammo a pochi metri di distanza e cominciai a liberarmi anche io la vescica provando un intimo senso di piacere.

Finito di espletare le mie funzioni corporali, rimessomi il pene nelle mutande, mi girai per ritornare verso la macchina ma rimasi fermo sorpreso di fronte all’immagine che mi si palesava di fronte.

Mirko con i pantaloni ed i boxer calati a mezza gamba era girato verso di me e si accarezzava il cazzo duro e teso verso l’alto mentre mi guardava fisso negli occhi.

Deglutii rimanendo impietrito…
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