Gay & Bisex
Il biondo ciclista
di Grey-Heron
17.06.2024 |
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"Sento le sue labbra circondare il mio cazzo duro e scappellato e sento che lo ingoia tutto succhiandolo voracemente, coprendolo di saliva..."
In una calda giornata estiva, mi trovo immerso nella folta pineta, dove l'aria è pervasa dal profumo intenso e balsamico dei pini. Essi si ergono semplici ma solidi, i loro rami fruscianti al vento creano un'armonia naturale che accompagna il canto incessante dei grilli e delle cicale. Il sole filtra tra le chiome, proiettando giochi di luce e ombre sul terreno coperto di aghi caduti, morbido e scricchiolante sotto i piedi.Attraverso la pineta si snoda un sentiero, ideale per una passeggiata a piedi o in bicicletta. Cammino in costume e infradito, assaporando la frescura del bosco e il silenzio interrotto solo dai suoni della natura mentre un picchio lontano batte ritmicamente il suo becco contro il legno.
Oltre la pineta, superate le alte dune di sabbia, si apre la spiaggia quasi deserta, baciata dal sole e lambita dalle onde del mare. Questo tratto di spiaggia è molto distante dal parcheggio del villaggio e chi viene fin qui sa bene di volerlo fare per motivi ben precisi. La solitudine in totale nudità oppure la possibilità di incontri proibiti.
La sabbia calda sotto i piedi nudi, i colori vividi del mare e del cielo si fondono in un perfetto quadro estivo. È un angolo di paradiso questa spiaggia dove ci si può togliere il costume e stare completamente nudi, nuotare nudi, scambiare occhiate di intesa con altre persone nude e realizzare qualche approccio che di solito porta a defilarsi tra le dune oppure nella accogliente pineta per consumare eccitante e appagante sesso furtivo. Il fruscio delle onde e il canto dei grilli sembrano voler raccontare una storia d’estate senza tempo.
All'improvviso, in lontananza, scorgo una figura che si avvicina. È una bicicletta, che avanza verso di me lungo il sentiero. Il ciclista pedala velocemente, i suoi movimenti fluidi e potenti. Il fruscio delle ruote sulla terra battuta si mescola con il suono naturale del bosco.
Mentre la bicicletta si avvicina, noto i dettagli: il telaio è leggermente impolverato, segno di lunghe esplorazioni nella natura; una borraccia agganciata al telaio brilla alla luce del sole che filtra tra gli alberi. Il ciclista solleva una mano in un gesto amichevole, un sorriso sereno sul volto. Sembra essere giovane, forse trentenne, indossa una canotta e pantaloncini ma ciò che spicca di lui è la muscolatura ben tornita da atleta e i capelli. Biondi e molto lunghi, quasi alle spalle e che gli svolazzano liberi. Il mio tipo. Sarebbe perfetto per una buona dose di sesso. Mi passa accanto e mi supera. Mi giro mentre sfreccia via e vedo che pure lui si gira, ci osserviamo per pochi secondi e scompare oltre una curva del sentiero.
Inizio a fantasticare quanto sarebbe bello averlo nudo accanto a me, sentire la sua pelle, accarezzare i suoi muscoli, scoprire ciò che nasconde il suo pacco, giocare con le dita tra i suoi biondi e lunghi capelli. Con una punta di rammarico penso che anche questa è una occasione perduta. E torno al mio telo sulla spiaggia fino quasi al tramonto per poi riprendere la via del ritorno.
Il parcheggio alla periferia della pineta è un grande spazio sterrato. Tra le macchine parcheggiate, una station wagon attira la mia attenzione. È parcheggiata all'ombra di un grande pino, il suo baule aperto. All'interno, posso vedere una varietà di oggetti: zaino, una coperta, scarpe da trekking polverose e alcune bottiglie d'acqua. E lui, il biondo che sta caricando la sua bici sul baule della macchina. A torso nudo, sudato, sembra un Dio greco, o meglio, un vichingo.
I nostri sguardi si incrociano più volte. Non riesco a capire se sia interessato ad una conoscenza oppure se sono io che sto sognando ad occhi aperti. Inizio ad armeggiare attorno alla mia vettura per perdere tempo e capire se devo fare qualche ulteriore passo oppure no.
Non lontano da lì, una fontana spilla acqua fresca e limpida. L'acqua scorre costantemente, il suo gorgoglio rilassante si mescola con i suoni del tardo pomeriggio. Un paio di ciclisti si sono fermati per riempire le loro borracce, godendo di un momento di ristoro. La fontana è circondata da pietre muschiose, e un piccolo rigagnolo si forma alla base, serpeggiando oltre la strada verso la pineta.
Il biondo si dirige alla fontana per lavare via il sudore dal torace, dalle braccia e dal viso. Una bellezza osservarlo. Infine si ripulisce le gambe e i piedi, si rimette le infradito e si avvia alla sua vettura. Sale, mi lancia un ultimo sguardo, mette in moto, fa manovra e parte.
Una sensazione di amarezza mi pervade e mi do del coglione. Potevo rivolgergli la parola invece e attaccare discorso? Anche se non sembra, sono timido, molto timido e nella vita ho buttato via parecchie occasioni. E questa è una.
Con una velocità a me sconosciuta decido di salire in macchina e inseguirlo. Non so che succederà. Si accorgerà che lo sto inseguendo? E se si ferma e poi scendiamo? E mi prende a insulti? Il cuore mi batte forte, non so se per eccitazione o per timore.
Il tardo pomeriggio estivo stende un calore dorato sulla lunga strada comunale, serpeggiante tra campi di grano dorato e rigogliose distese di erba medica. Due vetture sfrecciano veloci, una dietro l'altra, come se partecipassero a un'invisibile gara. Lo sto inseguendo. Le ombre si allungano, giocando con la luce del sole basso e l'orizzonte è dominato dal profilo azzurro delle montagne, che si stagliano in lontananza contro il cielo limpido. Non lontano, una vecchia torre di mattoni si erge solitaria, testimone silenziosa del tempo passato.
La sua vettura rallenta per vedere se lo sorpasso e lui si accorge che lo sto inseguendo. Al prossimo sentiero di campagna disponibile che qui in zona chiamiamo carraia, il biondo, gira, lo imbocca e si ferma. E pure io mi fermo dietro di lui. Scende, si appoggia alla sua vettura, mi osserva mentre scendo dalla mia macchina e sorride.
“Ciao” mi dice.
Mi avvicino, ci guardiamo negli occhi, sorridiamo e una espressione di complicità ci pervade i volti.
“Perché, non mi hai avvicinato alla fontana? Aspettavo che lo facessi” mi dice. Gli rispondo onestamente che a volte sono piuttosto timido e imbranato. Sorride e a mia volta gli chiedo perché non si fosse fermato in pineta. Mi risponde che non era sicuro fossi interessato e poi…”andavo veloce”.
Iniziamo a conversare e ci diciamo che sarebbe bello fare sesso insieme. Decidiamo di portare le macchine altrove, parcheggiarne una e continuare insieme con una macchina in cerca di un posto tranquillo. Ormai eravamo al tramonto.
Lasciata la sua vettura in un parcheggio in paese, ci dirigiamo con la mia verso le campagne. Prendiamo una strada sterrata attraverso i campi. Poi ci fermiamo con l’intenzione di saltarci addosso quando ci accorgiamo che dietro di noi si era avvicinato un contadino molto curioso in bicicletta. Motivo sufficiente per risalire in macchina e continuare per un’altra strada sterrata più remota.
Io guido con la sinistra e con la destra gli accarezzo la coscia sinistra ravanando tra le gambe facendogli venire il cazzo duro. E lui fa lo stesso con me. Il tettuccio della mia macchina è aperto e la brezza della prima sera entra fresca.
“Hai un bel cazzo duro” gli dico. “Pure tu” mi risponde mentre si abbassa i pantaloncini mettendo in mostra un bel cazzo grosso alla base, scappellato ma con la cappella appuntita.
Sto guidando nella deserta ma rigogliosa campagna senza case, senza segni di vita. Siamo soli io e il biondo. Complici.
Il biondo ciclista è veramente un bel maschio, parla e si comporta da maschio. Parliamo di svariati argomenti e ad un tratto gli dico che ho veramente desiderio di succhiargli l’uccello e che dovremmo fermarci.
“No” mi dice. “Facciamo un’altra cosa”. “Continua a guidare”. Vedo che si toglie del tutto i boxer da spiaggia e rimane in canotta. Poi si alza in piedi sul sedile portandosi fuori dal tettuccio aperto con il dorso e la testa. Punta il cazzo duro verso di me, verso il mio volto. “E ora succhiami” mi ordina. Ho il suo bel cazzone grosso alla base davanti alla mia faccia e non posso fare a meno di girare un poco la testa verso destra e infilarmi in gola tutto quel ben di Dio. Non è stato facile mantenere la guida della vettura, ovviamente rallentando e cercando di non uscire dalla carraia di campagna e succhiargli il cazzo. Ma è stata una vera libidine farlo mentre lui era mezzo fuori dal veicolo.
“Ora tocca a me” mi dice. Rientra in macchina si accomoda sul suo sedile e mi ordina di fermarmi da qualche parte. Arresto la vettura al margine di un fosso. Il sole è quasi tramontato, e i colori del cielo sfumano dal rosa al dorato.
Le rondini sfrecciano veloci sopra la testa. Intorno, i campi di grano ondeggiano dolcemente sotto la brezza serale, che passa tra i filari di vite e gli alberi da frutto.
Scendiamo e mi fa togliere i boxer da spiaggia. Abbiamo entrambi i cazzi duri. Mi fa appoggiare con la schiena e il culo sulla portiera posteriore di sinistra della macchina, mi fa allargare le gambe, lui si inginocchia davanti a me e inizia un favoloso pompino tra maschi. Sento le sue labbra circondare il mio cazzo duro e scappellato e sento che lo ingoia tutto succhiandolo voracemente, coprendolo di saliva. Mi sembra di impazzire. Gli afferro la testa di capelli lunghi e biondi e la tiro verso di me cacciandogli il cazzo giù fino in gola.
Si prodiga in una pompa straordinaria. Decido che ne voglio ancora del suo cazzo. Lo faccio alzare e lo metto al posto mio. Mi inginocchio davanti a lui e gli rendo esattamente tutto ciò che lui ha fatto a me. A bocca piena.
Decidiamo di farci una mega sborrata insieme. Facciamo cazzo contro cazzo, li sfreghiamo insieme per un po', ci abbracciamo e ci lecchiamo sotto la gola, cosa che piace ad entrambi e ci seghiamo con forza. Un rantolo accompagnato da un respiro affannoso di entrambi e terminiamo in una copiosa sborrata reciproca.
Ho parcheggiato la macchina accanto alla sua nei pressi di una famosa basilica dopo esserci ricomposti. C’è un ristorante-pizzeria nelle vicinanze. Decidiamo per una pizza in compagnia.
Seduti a tavola mentre si mangia una margherita fumante, allungo il piede tra le sue gambe e gli massaggio il cazzo. Lui ride e poi mi dice di lasciargli fare lo stesso. Sento il suo piede tra le mie gambe. Gli dico che è un porco e lui mi risponde che siamo in due.
Dopo la pizza, ci sediamo in macchina da lui per quattro chiacchiere e vedo che pure la sua macchina ha il tettuccio apribile. Scopriamo che abbiamo una cosa in comune. In autostrada ci piace aprire il tettuccio, rallentare sotto la cabina dei camion e adocchiare i camionisti e magari rimorchiarne qualcuno alla prossima stazione di servizio.
E’ arrivato il momento di salutarci. Mi dice che lui non ripete e che ogni sua avventura la ritiene unica. Ci stà. Ci salutiamo consapevoli che questo incontro rimarrà una bella memoria per entrambi. E’ accaduto 25 anni fa.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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