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QUELL'UOMO, D'ISTINTO


di Foro_Romano
27.09.2015    |    6.498    |    2 9.5
"Se avesse seguito l'istinto, gli si sarebbe buttato subito addosso, per quanto gli piaceva..."
Nel suo paese non succedeva mai nulla. Le serate erano di una noia mortale. Ogni sera tutti loro ragazzi si riunivano sulla piazza principale per scorrazzare e fare gare coi loro motorini, tanto lì, tra la chiesa ed il comune, chiuso a quell'ora, non davano fastidio a nessuno. E poi, al massimo a mezzanotte, tornavano tutti a casa. Di ragazze, nemmeno l'ombra. Quelle, dopo essersi andate ad infrattare in qualche campo coi fidanzati, dovevano rientrare presto, altrimenti sarebbero state considerate delle puttane. Quindi chi riusciva comunque a scaricare le tempeste ormonali dell'adolescenza e della gioventù erano solo i fidanzati e, in paese, erano veramente pochi. Tutti gli altri dovevano arrangiarsi da soli o... in compagnia (ma non si doveva venire a sapere).
Le uniche volte che c'era un po' di divertimento erano le feste. Potevano essere quelle canoniche di Natale, Pasqua e del santo patrono, come anche le sagre che ogni paese organizzava d'estate. In quelle occasioni si poteva andare nei paesi vicini e, quando la sagra era nel proprio paese, veniva tanta gente dalle contrade intorno.
Fu proprio una di queste volte che successe il fattaccio. Giorgio era uno di loro. Si era appena diplomato e avrebbe voluto subito trovare un lavoro, ma non se ne vedeva l'ombra. Pensava che presto sarebbe riuscito a convincere i genitori a mandarlo a vivere nel capoluogo, dove forse poteva avere maggiori possibilità di impiego. Già pregustava la libertà che avrebbe potuto avere. Avrebbe potuto fare quello che voleva e sarebbe potuto rientrare a casa anche tardi, senza che nessuno potesse rimproverarlo.
Era un bel ragazzo. Ben fatto, con un corpo scolpito non dalla palestra ma dalla natura, anche perché, quando poteva, andava ad aiutare il padre nei campi. Aveva una pelle rosea e liscia, con pochi peli, disposti perlopiù solo all'inguine ed alle ascelle. Il viso, poi, era di una dolcezza indescrivibile, quasi infantile. Sembrava un angelo.
Ma non era poi così santo come appariva e lui lo sapeva. Quante volte si era confessato col prevosto delle peccaminose seghe che si faceva a letto la sera prima di dormire. E quante volte aveva dovuto recitare le litanie per chiedere il perdono del Signore, così come gli veniva imposto. Quello che però non gli aveva confessato era a cosa pensava quando si tirava quelle seghe. Pensava sempre a uomini maturi, robusti, villosi. Di quelli dalla pelle indurita dal sole, dai muscoli prominenti torniti dai duri lavori nei campi. Ci aveva provato a pensare a qualche ragazzetta che lo aveva colpito ma, poi, alla resa dei conti, finiva sempre per sborrare solo all'idea di farsi sbattere da uno di quelli.
Però anche i suoi amici, quelli coi quali faceva qualche cosa di inconfessabile, non erano degli stinchi di santo, benché loro sognavano più spesso un bocchino fatto da una ragazza che da uno di loro.
Insomma, successe che durante la sagra del paese, Giorgio si accorse che c'era qualcuno che lo andava osservando ostinatamente. E non se n'era accorto solo lui, ma anche i suoi amici. Era un bel maschio, come quelli dei suoi sogni. Non l'aveva mai visto e non lo conoscevano nemmeno i suoi amici. Chissà da quale paese veniva. Certo che era vecchio! Avrà avuto addirittura 40-45 anni. Aveva la pelle abbronzata e due baffi grossi, due grandi mani e tanto pelo che gli usciva anche dal collo della camicia. Gli occhi, poi, erano così penetranti che, per tutta la sera, sembrava che gli dicessero "Vieni con me che ti farò godere come una femmina".
Nel caos della festa, ogni volta che si girava, si ritrovava i suoi occhi addosso. Gli amici più intimi gli suggerivano di avvicinarlo, di parlarci e, nel caso, di andare con lui. Almeno avrebbe avuto la fortuna di svuotarsi le palle una volta per tutte.
Giorgio era titubante. Non era mai stato con nessuno, né maschio e né femmina, figuriamoci con un "vecchio" come quello. Lui, pure sempre così aperto a nuove conoscenze, si sentiva bloccato. Se avesse seguito l'istinto, gli si sarebbe buttato subito addosso, per quanto gli piaceva. Invece, forse proprio per questo, cercò di evitarlo il più possibile e si buttò nella mischia della piazza, a ballare e gridare.
Ad un certo punto, non ce la fece più. Era stanchissimo. Appena vide che si stava liberando un posto su una panchina, ci si tuffò sopra, lasciandosi andare come una marionetta abbandonata dal manovratore e chiuse gli occhi, con la musica che gli ronzava intorno. Dopo qualche minuto sentì una mano che gli sfiorava la gamba. Guardò. Era quell'uomo che gli si era seduto vicino.
"Ciao" gli fece quello "sai che sei proprio bello?".
Visto da vicino era ancora più affascinante. Non era bello, no, ma era così virile che ebbe su di lui una forte attrazione.
"Ciao..." rispose titubante "grazie" e abbassò il viso. Sicuramente era diventato rosso, ancora di più di quanto non lo fosse già per le follie ludiche.
"Io mi chiamo Fausto, e tu?" (Che bella voce profonda!)
"Giorgio".
"Giorgio, sei proprio bello. Mi hai fatto venire una voglia pazzesca di..."
"Di?" con gli occhi sgranati tra lo stupito ed il desiderio.
"Di... fare l'amore con te. Si... ecco... vorrei..."
"Davvero?!" Non poteva crederci. Forse era un'allucinazione. Forse aveva bevuto troppo ed era preda ai fumi dell'alcool. Inconsciamente fece trasparire la felicità che provava, dando più coraggio all'uomo.
"Si, ho voglia di averti, di prenderti, di possederti, insomma di farti mio. Non dirmi di no".
La sua testa si mosse a dire "no" ma ripeté "Davvero?! Ecco... io... io..."
"Lo hai mai fatto?" e la sua testa continuò a dire un "no" di incredulità.
"Vedrai, se vieni con me, a casa mia, ti farò provare cosa vuol dire godere veramente. Senti come me lo hai fatto diventare duro" e gli prese la mano per appoggiarsela sul suo pacco. Un attimo, tanto da non farsene accorgere da nessuno ma quanto bastava per fargli sentire l'intensità della sua erezione.
"Vieni" continuò "...e ti romperò il culo e ti fotterò come una vacca. Sono sicuro che è quello che desideri. Te lo leggo negli occhi. Dai, vieni".
Era vero, era proprio quello che desiderava da tempo. Non poteva più nasconderlo né a lui e né a sé stesso. "Va bene, però devo tornare prima che la festa finisca, altrimenti non saprei come giustificarmi a casa".
"Non ti preoccupare. Ti riporterò qui per tempo".
"Ok, si, va bene" ma la sua preoccupazione era piuttosto per il suo culetto. Come sarebbe andata? Sarebbe stato molto doloroso? Ma lo voleva. Lo voleva. Eccome se lo voleva.
Si alzarono dalla panchina. Lui si guardò intorno per vedere se c'era qualcuno dei suoi amici e incontrò da lontano lo sguardo proprio del suo migliore amico che gli sorrideva e lo invitava ad andare, a non perdere tempo.
Raggiunsero la macchina dell'uomo. Durante tutto il tragitto non si dissero nulla, solo quello gli mise la mano sulla coscia e lo guardò sorridendo. Dio, cosa stava per fare? Ma quanto gli piaceva quello sconosciuto!
Arrivarono ad un casale sperduto nella campagna. Intorno solo il chiarore della luna sulla terra e sugli alberi anneriti dall'oscurità, il clamore delle cicale, il profumo di umido che affogava le narici, l'abbaiare di un cane in lontananza.
Sentì un po' di brividi. Sarà forse stata quell'umidità, o il sudore del ballo che aveva addosso e che andava raffreddandosi oppure la tensione per il passo che andava a compiere? Non lo sapeva. Gli sembrava solo che stava vivendo il sogno di sempre.
Appena entrati, l'uomo lo schiacciò contro il muro e lo baciò. Era più alto e grosso di lui e non avrebbe potuto allontanarlo. Ma poi perché? Rispose subito al bacio. Le lingue si intrecciarono forsennatamente ed a vincere era sempre quella dello sconosciuto, assetata della sua saliva.
Si staccò. "Voglio sentirti gemere; voglio darti piacere e voglio sentirti gridare il tuo piacere. Urla pure, non trattenerti, tanto qui non ci sentirà nessuno". E il ragazzo cominciò ad ansimare quando le grosse mani dell'uomo cominciarono a stringerlo dappertutto, a spogliarlo velocemente dei leggeri abiti estivi. Lo spogliò completamente, abbassandosi a togliergli anche le mutande, le scarpe ed i calzini. Risalì regalandogli una rapida e ruvida lappata ai testicoli ed alla verga in tiro. A quel punto gemette forte.
Fu poi lui a spogliare quel maschio da sogno ed anche lui si abbassò per togliere tutto e fu così che si trovò davanti agli occhi un cazzo fantastico. Grosso, lungo, duro, nodoso, ricoperto di vene violacee. Sotto, due grosse palle pendenti. Allungò la lingua e, con quella, le soppesò, le sollevò, guardando dal basso l'effetto che produceva. Lo sguardo che incrociò era quello di un predatore affamato pronto all'assalto.
Ma anche lui era affamato. Non si limitò ad una lappata ma si avventò a bocca aperta sulla cappella, muovendo la lingua attorno in tutte le direzioni. La pressione della mano sulla nuca lo incitò ad affondare quella verga nella bocca. Cercò, quindi, di prenderne il più possibile ad ogni affondo ma non ebbe molto tempo per i suoi tentativi. Approfittando del fatto che era stretto contro il muro, ad un certo punto l'uomo affondò completamente il cazzo nella sua gola, strozzandolo. Fu un attimo, perché lo estrasse subito per fargli riprendere fiato.
Il ragazzo fece qualche colpo di tosse ma questo non lo fermò, la voglia era tanta e tornò a riaprire le labbra per farselo affondare di nuovo. E ancora, ancora, ancora... finché riuscì a prenderlo tutto con una certa facilità.
Senza più controllo e senza rendersi troppo conto che quello che aveva sotto era un ragazzo alle prime armi. Il maschio continuò a fotterlo sempre più forte.
"Succhia... lecca... succhia... succhia... si... si... bravo... siiiii..."
Si sentiva il rumore del risucchio e dell'abbondante salivazione prodotta. Il ragazzo non cedeva, voleva provare tutto, voleva soddisfare quell'uomo ma anche la sua voglia fino ad allora repressa, voleva sentire il sapore di quello sperma, voleva sapere se era uguale al suo.
"Si... si... bravo... continua così..." come se l'altro fosse padrone di quello che stava facendo, stretto com'era contro il muro e con le grandi mani che gli facevano da cuscinetto e, contemporaneamente, gli davano il ritmo.
"Si... siii... siiiiii.... Ahhhhhhgggggg". Con la cappella appoggiata sulle sue labbra, l'uomo sparò una serie di schizzi densi e potenti dentro la sua bocca. Lui cercava di assaporarli mentre si ingozzava per mandarne giù il più possibile. Non riuscì completamente nell'intento. Una parte gli colò giù dai lati, sul mento, sul collo, sul petto.
Quando finì, istintivamente il ragazzo usò la lingua per ripulire il più possibile quel cazzo che non si ammosciò minimamente, tra gli ultimi scatti di piacere dell'uomo. Che buono!
Il desiderio che gli aveva saputo istillare quel cucciolo gli aveva fatto produrre una delle più grosse sborrate della sua vita, eppure il suo membro non era ancora soddisfatto appieno. Così, mentre quello si beava del sapore che gli aveva invaso la bocca, lo tirò su, lo sollevò tra le sue forti braccia e lo portò verso il grande letto, dove lo adagiò di traverso. Rimirò per qualche secondo quel corpicino nudo sotto di sé, pronto per essere sbranato. Se prima il suo cazzo era rimasto duro adesso divenne di marmo.
Il ragazzo ammirò quel corpo statuario e quel membro enorme che lo dominavano. Questa volta seguì immediatamente l'istinto, senza paura e senza porsi tante domante. Era quello che volevano entrambi. Aprì le gambe, le alzò piegandole verso di sé e mettendo in mostra la rosellina vergine, ma ancora per poco. Si offrì incoscientemente, pronto ad affrontare il dolore inevitabile della prima volta.
La bestia era ormai prossima alla monta e nessuno l'avrebbe potuta fermare. Ebbe solo la lucidità di sputarsi su una mano per inumidire la punta della sua lancia e poi gli fu sopra, trafiggendolo con un unico colpo ben assestato. E cominciò a sbatterselo con una foga animalesca. Non sentì neppure l'urlo lanciato dal povero ragazzo quando gli fu sfasciato il buco ma sentì solo quel flebile "Siiiiiii" che lo seguì.
"Aahhh... aaaahhhh... siiii... ancora... ancora... oohhh..." e le grida si trasformarono in guaiti, come quelli di una cagna in calore.
"Prendilo tutto... eccotelo tutto... ti sfondo... ti sfondo, puttana... siiii... siii... sei la mia puttana... la mia troia... prendilo... Ti è piaciuta la mia sborra, vero?... Adesso ti piace il mio cazzo, vero?... Ammettilo, troia... Ammettilo".
"Si... si... siiii... mi piaceee... sono la sua troiaaaa... sono sua... suaaaaahhh... tutta suaaa...."
Le grida, i gemiti, le volgarità uscirono dalle loro bocche senza freni andando a mescolarsi con i rumori di sciacquio che provenivano dal buco spanato, dal culo sfondato, col suono provocato dal corpo dell'uomo contro quelle tenere chiappette ad ogni affondo, con l'odore di sesso che aleggiava nell'aria.
Se la prima sborrata era sgorgata in breve tempo, adesso la cosa si fece molto più lunga. Per l'uomo ci volle molto più tempo prima di scaricarsi nuovamente i coglioni in quella voragine che aveva creato lui stesso ma la quantità non fu da meno. Le prime bordate gliele infilò in corpo e, quando ne fu pieno, sfilò la minchia e gli sparò le altre addosso, arrivando fino alla faccia ed ai capelli, ed andando a mescolarsi a quanto il ragazzo aveva prodotto senza toccarsi.
Adesso l'aria odorava di sperma fresco. L'uomo rimase in ginocchio sul letto ad osservare orgoglioso quanto aveva combinato. Il viso angelico del giovane era ora stravolto dall'estremo piacere mai provato prima. Si allungò al suo fianco, accarezzandolo con una dolcezza fino a quel momento impensabile. Si sorrisero. Con due dita raccolse lo sperma che aveva addosso e glielo mise nella piccola bocca pronta ad accoglierle e succhiarle come fossero ancora il suo cazzo. Un brivido lo percorse come epilogo dell'orgasmo provato. Si abbassò per un tenero ma profondo bacio di passione e si sdraiò supino, con un grosso sospiro.
Il ragazzo gli si accoccolò sotto l'ascella sudata, respirandone profondamente l'afrore. "Mi vorrai vedere ancora?" chiese con trepidazione.
"Certamente, tesoro! Adesso sei mio" e lo strinse a sé. Ne fu felice. Aveva fatto bene, questa volta a seguire il suo istinto naturale.

(Si tratta di un racconto di fantasia. Non fate mai l'amore senza il preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela)

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