Gay & Bisex
IL FIGLIO DELL’IMPRENDITORE SI…CULO
di Foro_Romano
13.02.2019 |
13.333 |
3
"Le mie grandi mani e l’uccello, neri come il carbone, contrastavano con il biancore della sua carne, morbida e vellutata, e tutto questo mi ha intostato..."
(Racconto n. 100)Mi chiamo Francesco, o meglio, questo è il nome che mi sono dato qui in Italia, o meglio qui in Sicilia. Si, perché io sono nero (molto nero) e sono venuto qui dieci anni fa dal mio paese africano, la Repubblica Democratica del Congo. Ho 41 anni, sono alto un metro e 95, spalle larghe, torace largo, muscoloso, peloso (cosa rara tra noi africani) e cazzo grosso (cosa normale tra noi).
E’ stato questo mio aspetto massiccio e la facilità con la quale ho imparato a parlare italiano che mi hanno aiutato a trovare presto un lavoro. Mi ha preso una ditta che opera nell’edilizia e, da manovale e poi muratore, ora sono diventato capo cantiere e non mi posso lamentare economicamente.
Il mio datore di lavoro è un brav’uomo di 48 anni, meridionale (mai quanto me) e buon lavoratore. Ha moglie (piuttosto insignificante) e due figli: un maschio e una femmina più piccola. Il maschietto mi è sempre piaciuto, così allegro ed estroverso. L’ho visto crescere e devo dire che, recentemente, lo trovo sempre più attraente. Da poco ha compiuto i 18 anni ed è un adolescente veramente carino. Piccolo di statura (come i suoi genitori), mi arriva al petto, magro, biondo e con una carnagione veramente chiara, praticamente lunare. Dicono che dipende da antenati Normanni. Dunque, tutto l’opposto di me.
Da qualche tempo lo vedevo con occhi diversi. Non vorrei dirlo, ma mi attizzava non poco. Sarà stata forse la mancanza di una donna, ma me lo sarei scopato volentieri. Per scopare dovevo andare a prostitute e non è che mi piaceva molto. Mi costavano troppo. Non sono mai riuscito a tenermi una donna per molto tempo. Sarà perché sono troppo focoso e loro si sentono come stuprate ogni volta (quanto sono difficili) o sarà perché prediligo il culo ma loro non vogliono mai per le dimensioni del mio cazzo, che mette loro paura averlo dietro.
Mi è sembrato che anche lui avesse una certa attrazione nei miei confronti. Mentre prima si divertiva a saltarmi sulle ginocchia, adesso era come se mi stuzzicasse in continuazione. Si veste con pantaloncini strettissimi e sembrava facesse di tutto per farsi ammirare il piccolo culetto. Era sempre con pantaloni a vita bassa e si chinava spesso dandomi le spalle, così da mostrare l’inizio dello spacco. Si strusciava ‘casualmente’ con una mano o col sedere stesso contro la mia patta. Io non ho mai avuto avventure omosessuali, ma certe volte mi faceva eccitare così tanto che lo avrei preso e me lo sarei inchiappettato lì su due piedi. Ma è il figlio del padrone ed ho preferito trattenermi. Però non me la raccontava giusta. Per me era finocchio.
Il fatto che vi racconto è successo poco tempo fa. Il ragazzo voleva essere indipendente ed ha preteso che il padre gli regalasse un villino per vivere da solo. I soldi non gli mancano e così il padre lo ha accontentato dandogli un casaletto in campagna che aveva appena finito di restaurare. Mancavano solo alcune rifiniture ed ha mandato me per decidere il da farsi. Siamo in estate, col sole che non dà tregua, quindi quel giorno avevo addosso solo un paio di pantaloni leggeri e una maglietta bianca.
Arrivato lì, Matteo (così si chiama il figlio) mi ha accolto all’ombra del portichetto. Indossava solo un paio di pantaloncini estremamente corti e stretti, e nient’altro. Appena l’ho visto, il sangue mi ribolliva e il cazzo mi si intostava. “Sarà il caldo” ho pensato. Siamo entrati in casa, dove c’era una temperatura gradevole a causa dei condizionatori d’aria discreti. Mi ha offerto da bere una bibita fresca e ci siamo seduti in salotto per parlare. Per tutto il tempo non faceva altro che lanciare occhiate alla mia patta dei pantaloni. Forse si era accorto della mia eccitazione e io non sapevo come nasconderla. La cosa è finita lì e sono venuto via.
Per evitare conseguenze più gravi, il giorno dopo ho mandato un altro operaio del cantiere a sistemare un battiscopa. Lavoro da poco, al massimo un’ora, ma dopo due ore l’operaio non era tornato, così mi sono deciso ad andare a vedere che era successo.
Arrivato al casale, vedo la macchina della ditta ma tutto era silenzioso, solo il frinire dei grilli. Guardo in casa da una finestra e rimango di stucco. Matteo era inginocchiato davanti all’operaio che stava in piedi, coi pantaloni a mezza gamba e col cazzo piantato in bocca al ragazzo che gli stava decisamente facendo un pompino. L’operaio gli teneva saldamente la testa dandogli il ritmo e gli occhi chiusi nell’estasi, fino a che ha buttato la testa all’indietro e si è piegato sulle gambe, tremando. Era evidente che lo stava riempiendo di sborra. Il giovane ha ingoiato tutto, gli ha ripulito la minchia con la lingua per sugare anche l’ultima goccia e si è leccato le labbra. L’uomo gli ha lasciato la testa e lo ha accarezzato tra i capelli.
Quasi contemporaneamente si sono girati tutti e due verso la finestra e mi hanno visto lì, con gli occhi sgranati e il cazzo che mi scoppiava nei pantaloni (quello non lo hanno visto, però). Mentre Matteo sprizzava felicità, l’altro era terrorizzato. Si è rimesso l’uccello nei pantaloni, è uscito, ha preso la macchina ed è fuggito senza salutare.
Il ragazzo ha avuto la sfrontatezza di affacciarsi alla finestra e di invitarmi dentro, come se non fosse successo niente. E io, come imbambolato, che ho fatto? Sono entrato e non sapevo che dire.
“Ciao Francesco, volevi dirmi qualcosa?”.
“Ma… ma… tu…”
“Io cosa? Se sono gay? Si, lo sono. Ti dispiace?”.
“Se lo sapesse tuo padre…”
“Lo sa. Gliel’ho detto ai miei appena sono diventato maggiorenne”.
“E come l’hanno presa?”.
“Beh, è stato difficile per loro accettarlo. Sai come è la mentalità del sud: meglio un morto in casa che un figlio frocio. Però, alla fine, si sono arresi, purché non si sapesse in giro”.
“E tu, per non farlo sapere in giro sei andato a fare un p… un…”.
“Pompino, volevi dire?”.
“Si, quello, ad un operaio del cantiere di tuo padre?”.
“Beh, secondo me, invece, dovrebbero saperlo tutti”.
“Ma non ti vergogni?”.
“Ti dispiace forse che non l’ho fatto a te?”.
“Che dici?”.
“Si vede che non ti è stato indifferente”, indicandomi il bozzo e la macchiolina di umido che si erano formati sul davanti dei miei pantaloni. “Si può sempre rimediare”. Si è avvicinato e me lo ha afferrato saldamente. “Mmmmm, com’è grosso!”.
Ero rimasto di sasso e non mi sono difeso. Tranquillamente, si è inginocchiato davanti a me e lentamente mi ha slacciato le braghe, guardandomi fisso da sotto. Ero incapace di qualsiasi reazione. Avrei dovuto respingerlo ma sentivo che, dentro di me, lo desideravo ardentemente e l’ho lasciato fare.
“Wow, che cazzo! L’avevo capito che ce l’hai grosso ma fino a questo punto!” ha esclamato quando la minchia è schizzata fuori. L’ha afferrata con le due mani per poterla circondare tutta, ha aperto il più possibile la bocca e si è risucchiato la cappella lappandomela con la linguetta. Non mi sono potuto trattenere:
“Ohhh… porc…” e gli ho messo una mano in testa. Con gli occhi chiusi, faceva il possibile per ingoiarne il più possibile, scendendo con le labbra lungo l’asta, e sempre muovendoci sopra la lingua. “Ahhh…Ohhh… Tr…oiahhh”. Stavo per esplodere subito ma sono riuscito a trattenermi e gli ho sottratto la mazza. Quello che fino ad allora avevo represso è venuto fuori e gli ho detto tutto.
“Cucciolo, tu mi piaci da matti. E’ troppo tempo che me lo tengo dentro. Se avessi saputo… Sarei potuto essere stato il primo, invece chissà quanti cazzi ti sei fatto! Chissà da quanti uomini ti sei fatto sbattere!...”. Mi interruppe.
“No, no. Anche tu piaci a me. Da sempre, credo. Sin da quando, da bambino, mi tenevi sulle ginocchia. Allora non sapevo perché ma già ti volevo e, quando ho capito la mia natura, ho deciso che la mia verginità l’avrei data a te. Ho spompinato tanti uomini, è vero, ma il culo non l’ho mai dato a nessuno. Tu devi essere il primo”.
“Io!? Perché io!? Io, no… non posso… io…”
“Non mi dire così, mi fai soffrire. Perché tu no?”
“Ma… perché ti conosco fin da piccolo… perché sei il figlio del mio principale… perché potresti essere mio figlio… e poi perché…”
“Perché ce l’hai grosso?”, mi anticipò.
“Già e potrei farti male”.
“Tu mi DEVI far male. Lo voglio io. Tu sei il mio maschio ideale e voglio essere tuo. Il tuo cazzo stupendo deve essere per me. Tu mi devi rompere il culo senza sentirti in colpa. Sono io che lo voglio… io…” e se l’è rimesso in bocca con foga doppia, inzuppandolo di saliva.
Mi sono sentito avvampare il cervello. Sentivo di non avere più barriere che mi frenavano. Mi sono sdraiato a terra e lui con me, l’ho girato e gli ho tirato via i pantaloncini con elastico. Il retro dei minuscoli slip bianchi gli era entrato nello spacco e separava le due splendide melette bianche coperte da una leggera e impalpabile lanugine bionda. Il cazzo mi scoppiava. Mi sono liberato anche io di pantaloni e mutande. Mi sono sistemato con quella meravigliosa vista davanti e gli ho calato anche gli slippini. Che meraviglia! Il buco nero faceva capolino tra quelle due rotondità come per dire “Prendimi”.
Ho sputato sulla rosellina e lentamente gli ho infilato dentro l’indice. L’avrei stuprato volentieri ma non volevo fargli male, così ci sono andato piano. Altro sputo ed anche il medio ha affiancato l’altro dito. Li ho roteati un po’ in quello spazio ristretto. Troppo grossi per lui. Resisteva però, gemendo di dolore e piacere nell’attesa di qualcosa di ancora più grosso. Altro sputo ed un altro sulla mano per aggiungere saliva alla mia mazza rigida, dura e grossa come fosse una sbarra d’acciaio. Ho cercato di non fargliela vedere, per paura che rimanesse scioccato e si rifiutasse. Lo desideravo, lo volevo, dovevo essere io a sverginarlo, come voleva lui. Ho puntato.
“Ti prego, fai piano” ha piagnucolato.
“Si, stai tranquillo” ho detto, continuando a trattenere la mia natura che suggeriva di affondare senza pietà in quella tenera carne che mi si offriva. Ci sono volute cinque spinte sempre più forti perché l’ano cedesse e facesse passare l’enorme e viscida cappella. Si è sentito un rumore come se si fosse effettivamente rotto il muscolo. Ha gridato dal dolore (non poteva non farlo) ma si è subito pentito per paura che mi fermassi.
“Continua, ti prego, sfondami”.
“Lo vuoi tutto, lurida cagna bianca?”. E’ stato al gioco:
“Siii, spaccami, sfondami, sporco negro”.
L’ho afferrato saldamente per i snelli fianchi. Le mie grandi mani e l’uccello, neri come il carbone, contrastavano con il biancore della sua carne, morbida e vellutata, e tutto questo mi ha intostato ancora di più la minchia. L’ho infilato con decisione, piano ma senza fermarmi, centimetro dopo centimetro, tutto fino in fondo (o come sembrava). Il buco del culetto e il budello si sono dovuti allargare per adattarsi alle dimensioni del cazzo. Mi sentivo immerso nel suo calore. Ero tutto dentro di lui, corpo e mente.
Si è lamentato un po’ per il dolore ma aveva tanta di quella voglia dentro che mi incitava. “Ahhh, mi hai sverginato, mi hai tutto sfondato. Finalmente! Sono rotto, rottoooo sfondatooo”.
“Ti sbagli”. Ho dato una spinta potentissima.
“Aaaahhhhh…” e l’urlo gli si è strozzato in gola.
“Ecco, adesso si che sei sfondata, puttana di una vacca”.
A quel punto il culetto ha ceduto definitivamente e non ha fatto più alcuna resistenza e io l’ho montato senza alcuna pietà, senza fermarmi un secondo, nemmeno quando l’ho rivoltato su un fianco, gli ho girato la testa e gli ho ficcato la lingua in bocca quanto più potevo. Gridava, si contorceva, non riusciva a spiccicare parola ma si teneva su la gamba con un braccio per offrirsi il più possibile a me, mentre lo coprivo di insulti da bordello. L’ho girato ancora e, senza uscire il cazzo, gli ho messo le gambe sulle mie spalle e l’ho fottuto da davanti, orgoglioso della mia virilità nel vedere il suo bel viso stravolto dal dolore e dalla libidine. Mi sono abbassato più volte a baciarlo con passione ed a togliergli l’aria proprio quando avrebbe avuto bisogno di respirare a pieni polmoni. Sempre a fotterlo senza sosta.
L’avrò scopato per almeno mezz’ora. Ha urlato quando è venuto sulla sua pancia. I suoi corposi schizzi gli sono arrivati in faccia, tra i capelli, poi sul mento, sulla gola, sul petto, affievolendosi piano piano. Io ho continuato a scavarlo con forza, scuotendolo come un pupazzo. Mi ha guardato con riconoscenza.
“Ahhh. Riempimi. Sborrami dentro. Fammi sentire la tua sborra dentro di me”.
Non aveva bisogno di chiedermelo. Volevo che fosse completamente mio. “Ecco, frocio schifoso… lurida zoccola… sei solo un buco rotto… Eccoti quello che vuoi… tutto… tuttoooo…”. Ho dato le ultime spinte, ho urlato come un gorilla e gli sono esploso dentro abbracciandolo forte, tenendolo per le spalle, il cazzo piantato in lui fino alla radice, tremante e svuotato fino all’ultima goccia.
Quando sono uscito lentamente da quel foro prima piccolo ma ormai ridotto ad una voragine spanata, mi sono reso conto di quello che avevo fatto. Il mio cazzo, molle ma ancora piuttosto barzotto era lordo di umori, merda e sangue. Lui era un corpicino immobile, con gli occhi chiusi. Ho avuto paura per lui ma ha riaperto gli occhi e mi ha sorriso.
“Grazie”, mi ha detto, mentre un rivolo di sbroda giallognolo-rossastra gli fuorusciva dal culo. Ma di che? Lo avevo sventrato e mi diceva pure grazie? “Era proprio così che sognavo di essere sverginato: da te e in questo modo. Grazie”. L’ho messa sullo scherzo.
“Allora, ho soddisfatto i desideri del mio padroncino? Sono sempre pronto a soddisfarti ogni volta che vorrai, cuccioletto. Però credo che passerà un po’ di tempo prima che potrai riusare il buco”.
“Eh, si, fa male!”.
“Per come te l’ho ridotto, in futuro potrai prendere tutti i calibri che vuoi”.
“Si, ho capito, non ti preoccupare. Mi hai scopato e non sono innamorato di te ma del tuo cazzo. Anzi, amo ancora di più tutti i cazzi. Ne voglio altri, tanti, tanti, tantiii”.
“Ne avrai. Nessuno potrà dirti di no, cagnetta bianca”.
“In ditta ci sono tanti operai che mi piacciono. Pensi che ci staranno?”.
“Certo. Dimmi quali sono e parlerò con loro”.
Così è cominciata la vita da troia di Matteo. All’insaputa dei genitori si è fatto praticamente tutti gli operai della ditta, quelli da 25 ai 50 anni: polacchi, rumeni, ucraini, turchi, egiziani. Loro sono lontani dalle mogli, dalle fidanzate, e devono pur sfogarsi in qualche maniera. Io gli faccio da protettore. Vuole sempre che assista mentre quelli se lo scopano e che poi, alla fine, arrapato come non so ché, me lo faccia pure io, sciacquando nel suo buco già pieno di sperma. Potete immaginare quanta gliene sparo dentro io. Il mio cazzo è il suo preferito, dato che è il più grosso di tutti. Ormai lo chiamano tutti “la puttanella”. Cerco di difenderlo ma mi dicono “E’ un buco di fogna!” e, intanto, non vedono l’ora di usarlo a loro piacimento. Una volta gli hanno pure pisciato addosso. Sono cose che a me non piacciono e ho proibito loro di rifarlo. Trovo strano che con così pochi anni di vita un essere umano possa diventare così troia.
La settimana scorsa si è fatto sbattere da un rumeno di 40 anni e un marocchino di 35 insieme. Nel primo round se lo sono scopato a turno in bocca e in culo. Infilzato come un maialino allo spiedo, ogni tanto mi lanciava uno sguardo velato di libidine, tra un gemito e l’altro. Voleva vedere quanto mi eccitava la scena. Io, seduto, col cazzo in mano, me lo segavo lentamente ed ogni tanto lo dovevo lasciare per non venire. Loro gli sono venuti tutti e due nel sedere.
Dopo una breve pausa e col sapiente lavorio di bocca di Matteo, sono tornati tosti quanto prima e hanno ricominciato a fotterlo. Ad un certo punto il marocchino si è sdraiato e, tenendoselo dritto, ha invitato il giovane ad impalarsi da solo. Lui non ci ha pensato due volte e, afferrata la grossa e lunga mazza scura se l’è portata all’altezza del buco già notevolmente aperto e grondante sborra e ci si è lasciato andare sopra. Gli è entrata dentro di botto fino alle palle. Tutti e tre hanno emesso un lungo gemito di piacere all’unisono. Sollevatolo un po’, il marocchino l’ha afferrato ai fianchi ed ha cominciato a scoparlo di sotto in su a gran velocità.
“Ahhh, siii, che bellooo, siii”.
“Puttana, che figa slabbrata che c’hai”.
E’ bastato un minuto di quel trattamento che il ragazzo si è lasciato andare ad un orgasmo pauroso accasciandosi sul petto dell’uomo che ha rallentato la scopata. L’altro, il rumeno, è intervenuto.
“Adesso gliela slabbriamo ancora di più, ‘sta figa” e si è avvicinato. Da parecchio ero carico da esplodere. Ho capito subito le sue intenzioni e, anziché fermarlo, mi sono piazzato davanti alla testa della troietta e, a forza, gli ho ficcato in bocca la mia minchia nera, ma senza tenergliela, sapendo cosa sarebbe successo. Senza lasciargli il tempo di rendersi conto di quello che stava per accadere, l’uomo gli si è messo dietro, gli ha aperto ancora di più le chiappette e gli ha ficcato dentro anche il suo di cazzo, spaccandogli definitivamente il buco. I due grossi cazzi in culo glielo hanno scassato completamente.
Il ragazzo si è liberato immediatamente la bocca ed ha lanciato un urlo disumano, suscitando grandi grugniti di soddisfazione di tutti noi. Non ce l’ho fatta più. Gli ho preso la testa, gli ho tappato la bocca con la cappella ormai paonazza e mi sono subito scaricato i coglioni a grandi getti, facendogli inghiottire tutto. I due uomini hanno continuato a scoparselo in stereo ancora per un po’ per poi sborrargli dentro come matti, prima uno e poi l’altro, tanto per fargliele sentire bene separatamente mentre gli affogavano le budella nella sborra.
Quando si sono ripresi dall’orgasmo, i due si sono rivestiti e sono andati via, complimentandosi l’un l’altro della loro prova di virilità, mentre io sono rimasto a far riprendere Matteo dallo shock provato. Il piccolo era tramortito tra le mie braccia, accasciato e quasi privo di vita. Gli ho accarezzato il viso coperto di lacrime, dandogli qualche schiaffetto per farlo riprendere. Ha aperto gli occhi e mi ha fatto un leggero sorriso. Nonostante quello che aveva subito, era felice e quasi orgoglioso di esserci riuscito, come se fosse stata una sua scelta.
“Come ti senti?”
“Bene, si, adesso sto meglio. Accidenti che dolore ma è stato meraviglioso, si, bellissimo” e, con una mano, è andato a tastarsi dietro. “Guarda un po’ se ci sono danni gravi”.
L’ho girato ed ho visto la voragine quasi più grande del sederino stesso che cercava pian piano di richiudersi. Tutta arrossata attorno ma non c’era sangue. Quel bel sederino bianco come il latte era veramente malmesso.
“Certo ci vorranno molti impacchi e parecchio tempo prima di poterlo riutilizzare. Fa male?” e l’ho toccato leggermente con un dito.
“Ahia! Si, si, fa male. Grazie Francesco. Con te vicino mi sento più sicuro e poi… se ce ne fosse bisogno…”
“Si, ok, ma oggi a quel bisogno non posso fare niente. Fortuna che almeno ti sono venuto in bocca”.
“Mmmmm che buona la tua sborra! La tua è la più buona di tutte e la più abbondante”.
“Bene perché per un po’ potrò solo dissetarti, quando invece vorrei…”
“Oh, scusa Francesco. Per qualche giorno non potrò farmi scopare da te né da nessun altro” e fece la faccina rattristata.
“Certo. Però, appena potrai, io sarò il primo ad usarti. Chiaro? E solo quando sarò esaurito potrai farlo con altri”.
“Ma tu non ti esaurisci mai” ed ha proteso la linguetta alla mia cappella moscia che, appena si è sentita a contatto con la sua saliva, ha ricominciato a tirare su la testa ed è stata subito fatta entrare nella sua dolce bocca, avvolta da quelle perfette labbra rosse da pompinaro.
“Cazzo! Ma non ti basta mai! Guarda come me lo stai facendo tornare duro”.
Ha sospeso un attimo. “Visto come risponde, direi che anche a lui non basta mai”.
“Cos’è questo lui? Chiamalo come devi chiamarlo, troia”.
“Mmmmff… cazzo… mmm, minchia… slurp, mmmm…”
“Ooohhh, siii, bravooo, cosiii… puttana succhiacazzi… Prendilo in gola, troiaaa” e, afferratagli la testa, gliel’ho infilato fino al pelo e l’ho scopato come fosse stata una figa, senza fermarmi nemmeno quando ho visto che stava per strozzarsi e, dalla bocca e dalle narici, fuoriusciva una quantità enorme di bianca saliva schiumosa. Lui, abbrancato alle mie cosce, non tentava di allontanarmi anzi, sembrava volermi trattenere.
L’ho pompato rabbiosamente, per punirlo di essersi ridotto in quello stato, fino a che gli ho sparato in bocca di nuovo una gran quantità di sperma che non ha potuto ingoiare ed è riuscito assieme alla schiuma, insozzandogli tutto il petto e scendendogli fino al pube. Se l’è spalmata addosso poi, con la mano completamente lorda di quel muco viscido, si è tirato una breve sega sborrando rapidamente. E’ stato evidente che ha sofferto anche un po’ perché, nell’orgasmo, ogni schizzo si ripercuoteva sul suo buco di culo slabbrato e dolorante.
Quando tutto è finito ha appoggiato la testa sulla mia pancia pelosa ed io gli ho accarezzato la guancia. Anche se è una grande troia, gli voglio sempre più bene, anche più che se fossi suo padre.
(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha lo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).
P.S. – Andate a leggere i precedenti racconti “Ruspante è meglio” 2 e 3, che non sono stati pubblicati.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.