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I VICINI FROCI


di Foro_Romano
21.08.2015    |    34.359    |    3 9.0
"Quando la porta si aprì rimase a bocca aperta perché, da vicino, era ancora più bono..."
Nel condominio era andata ad abitare una coppia gay che faceva discutere tutti. "Ma vi pare possibile una cosa del genere?", "E' inconcepibile!", "Qui abitano dei bambini", "E' uno schifo!" si sentiva dire in giro. La coppia in questione non faceva alcun mistero sulla natura del loro rapporto. "Vanno in giro nudi per casa - disse una dirimpettaia - Io posso vederli da casa mia!". Cominciarono persino a girare per raccogliere firme affinché fossero allontanati. Come se stessero in un palazzo di Manhattan.
Il giovane Stefano abitava nella scala accanto e li poteva vedere sul loro terrazzo dal suo, ambedue al primo piano. Erano un po' distanti ma avrebbe fatto carte false per abitare nella casa di quella donna che si lamentava delle loro nudità viste da vicino. Infatti erano due pezzi di boni che lui non se li sarebbe nemmeno sognati. E non lo davano a vedere. Non erano due checche macchietta tipiche dell'immaginazione popolare ma avevano atteggiamenti assolutamente maschili. Alti, palestrati, tutti e due biondi (però uno era in realtà decolorato). Era certo che fossero americani. Infatti erano identici ai fusti che poteva vedere sui giornaletti sconci che nascondeva tra i suoi libri e carte per non farli scoprire dalla madre. Vederli nudi! Magari! Macché, erano italiani, dicevano.
Le chiacchiere su di loro si sprecavano e nel condominio erano all'ordine del giorno ma loro o non sapevano o facevano finta di niente, anzi, forse lo facevano apposta a salutarsi con un tenero bacio in bocca la mattina, sulla porta di casa. Si perché uno andava al lavoro regolarmente per tornare nel pomeriggio dall'ufficio mentre l'altro rimaneva in casa a svolgere le faccende domestiche. Usciva solo per fare la spesa. In compenso avevano messo sul davanzale del loro terrazzo, pendente perso l'esterno, alla vista di tutti, un'enorme pianta fiorita comunemente chiamata "le chiacchiere delle suocere".
Mentre i coinquilini dello stabile erano chi più e chi meno agitati a causa loro, chi era scatenato contro e chi diceva di fregarsene e lasciarli fare, Stefano si rodeva dentro perché avrebbe voluto avvicinarli, parlarci e magari... ma no erano solo le solite fantasie da frocio "in nuce".
Ad un certo punto girò la voce che c'era crisi tra loro. Infatti, dopo che il "casalingo" aveva faticato tutto il giorno per pulire e cucinare, aspettava l'altro affacciato alla terrazza verso il cortile interno, dove sarebbe passato al rientro, ma, quando quello rientrava dal portone, lui gli chiedeva "Che fai? Vieni su?" quello rispondeva "Tra un po', adesso ho da fare" e si dirigeva ad un'altra scala dove, dicevano ancora le voci, aveva un'amante. Una donna!
Un giorno Stefano non ce la fece più a resistere e, con la scusa che gli piaceva la bellissima pianta esposta, suonò alla loro porta sapendo che dentro c'era solo il "casalingo". Quando la porta si aprì rimase a bocca aperta perché, da vicino, era ancora più bono. Oltre all'altezza ed ai muscoli prominenti, aveva due occhi come non ne aveva mai visti. Due bellissimi occhi azzurri iridati. Riuscì a comunque a spiccicare la sua scusa e quello, con un sorriso pieno di denti bianchissimi e perfetti, lo invitò ad entrare. Qui ci fu un'altra sorpresa per lui perché quello parlava si in italiano ma con un fortissimo accento pugliese.
Lo accompagnò in terrazza a fargli vedere da vicino la pianta in questione e poi lo invitò a bere qualcosa. La casa, benché piccola, era arredata con molto gusto. L'arredo del salotto era tutto in vimini e si apriva sulla terrazza carica di piante di cui molte fiorite. Era un paradiso di verde e colori che sembrava di stare in una villa di qualche paradiso tropicale. Il tutto aiutato dalla presenza di un pappagallo, appoggiato sul suo trespolo, che ogni tanto lanciava il suo urlo.
Il giovane accettò di sedersi a bere una bibita. Il bono gli si era seduto vicino e attaccò discorso. Stefano riusciva a parlare con fatica perché quella vicinanza lo confondeva. Quando quello allungò una mano sulla sua gamba stava quasi per sentirsi male e quando quello si avvicinò per un bacio a fior di labbra stava quasi per svenire.
"Sei molto carino, sai?", quello a lui! "Quanti anni hai?".
"Diciotto da poco".
"Sai che ne dimostri meno? Te ne avrei dati sedici".
"Si, lo so, me lo dicono tutti", si schernì abbassando la testa.
Quello gliela tirò su per il mento. "Meglio così" e riavvicinò la bocca ma, questa volta, per dargli un bacio vero, di quelli con la lingua in bocca.
Stefano non l'aveva mai fatto. Ad un uomo, poi! Eppure gli venne naturale rispondere allo stesso modo e le due lingue si intrecciarono vorticosamente e si scambiarono le rispettive salive, i loro sapori.
L'uomo gli fu addosso, toccandolo dappertutto. Il ragazzo non sapeva che fare, come muoversi. Essere baciato da un maschio così gli faceva credere di vivere un sogno. Mosse le mani che andarono a posarsi sulle cosce di quello e poco dopo (ma come poteva averlo pensato) sul grosso pacco che aveva tra le gambe. Un sospiro di piacere fu la risposta che ricevette direttamente in bocca e lui tastò con più energia.
"Ti piace?" gli disse premendogli la mano sopra per farglielo sentire meglio. La accompagnò per tutta la lunghezza della mazza, che andava sempre più aumentando.
Gli occhi dissero tutto. Quello si alzò e gli si mise davanti. "Vuoi assaggiarlo?". Senza aspettare risposta, si aprì i pantaloni e li calò assieme alle mutande fino a metà coscia e spuntò fuori un enorme cazzo profumato di maschio e di sesso. Quell'afrore di uomo maturo gli era sconosciuto ma non fu che la prima di altre scoperte di quel giorno. Infatti, quel giorno, avrebbe scoperto cosa vuol dire fare l'amore.
L'uomo lo fece alzare, lo condusse in camera da letto e cominciò a spogliarlo. Lui proseguì da solo, con lentezza, un po' imbranato, mentre l'altro si spogliava completamente e si sdraiava così, completamente nudo, sull'ampio letto e cominciò a massaggiarselo.
Anche lui salì sul letto e gli si avvicinò per guardarlo da vicino. "E' la prima volta, vero? Ti si legge in faccia. Stai tranquillo. Se ti piace e ne hai voglia sarà tutto più facile. Lasciati andare al desiderio".
Lui lo fece. Si inginocchiò a fianco e cominciò ad accarezzare quel corpo fantastico. Saliva e scendeva con la mano sul torace, quasi a levigarlo, ma non aveva il coraggio di andare più giù, dove ormai l'attendeva una verga al massimo della tensione, con tutte le vene in evidenza. Il maschio gli prese la mano e l'appoggiò sopra. Gliela fece toccare e l'accompagnò per un po' in un saliscendi che continuò da solo.
"Prendilo in bocca. Ti piacerà". Non se lo fece ripetere. Quanto era buono! Era anche bagnato da un po' di precum. E con la bocca continuò quello che aveva fatto con la mano.
"Muovi la lingua. Succhia... succhia. Siiii... Leccami i coglioni, adesso" e lui eseguiva puntualmente.
"Siiii... Ritorna al cazzo... Dai, succhia, prendilo tutto, fino in fondo... Siii, cosiii, bravo... Prendine più che puoi - e lui si smascellava per accontentarlo - Cosiii, cosiii, siiiii... uhhhh... ahhh che bravo... sei un sugamichia nato... continua... ancora... siiiii..."
La foja aveva preso il sopravvento. Ormai era scatenato. Pompava e si infilava quella nerchia enorme fin giù nella gola per un po' e poi tornare a galla a riprendere fiato, più e più volte. La saliva gli usciva copiosa ad ungere quell'attrezzo meraviglioso, la vera fonte del piacere.
"L'hai mai preso nel sedere?". Sospese per un attimo quel piacevole lavoro, lo guardò un attimo in silenzio. Pensò che non doveva essere facile prendersi dentro quel grosso palo, che sarebbe stato doloroso. "No", rispose titubante.
Quasi a leggergli il pensiero, "Vedrai, non sarà molto doloroso. All'inizio un po' ma, se lo desideri veramente, superato quel primo momento, tutto sarà più facile". Acconsentì.
Lo fece mettere a pecorina sul pavimento. Gli aprì le chiappette e ci sprofondò la faccia, allungando la lingua per umettagli il buco. "Mmmmmm, che buon profumo di carne giovane", pensò il maschio.
Anche quell'intrusione nelle sue parti più intime fu una cosa nuova. Gemette. La lingua, poi, che gli vellicava l'orifizio era sublime. Glielo bagnava, ne alleggeriva la tensione muscolare, tanto che alla fine era lì che boccheggiava aprendosi e chiudendosi come a chiedere di essere soddisfatto. Fu prima un dito bagnato a farsi strada, fu facile, non sentì nulla di doloroso. Dopo un po' seguì un secondo dito. Questa volta sentiva chiaramente il fastidio di un'intrusione, ma dolore no, non ce n'era.
Per paura che un terzo dito potesse fargli dire di smettere, l'uomo decise di passare subito all'azione. Si tirò su, prese da un cassetto un tubetto di crema e tornò in ginocchio dietro a Stefano. Riprese a girargli fuori e dentro due dita, questa volta per mettergli la crema untuosa, di cui ricoprì anche il suo membro duro come il marmo.
Appoggiò la cappella al buchino intatto. "Lo vuoi veramente?". Appena il ragazzo disse di si, senza il minimo dubbio, spinse lentamente. Passò il grosso glande, entrò anche tutto il resto, fino alle palle pendenti. Stefano tratteneva il fiato ma tutto fu facile, non sentì alcun dolore. Il giovane intestino era molto elastico.
"Tutto bene?", "Si", "Ce l'hai tutto dentro". "Possibile!? - pensò - Tutto quel grosso palo è nel mio culo!?". Anche se sentiva sulla pelle delle chiappe il pelo del maschio, andò a controllare con la mano. Era vero, era tutto dentro!
"Che bravo che sei stato - mentre cominciava a muovere il bacino - Si vede che ne avevi una gran voglia. Allora eccolo - e aumentò il ritmo dell'inculata - Eccolo, eccolo, eccolo - sempre più veloce - Prendilo tutto, tuttoooo". E giù a dar colpi sempre più duri, sempre più profondi.
"Ahhhhh", cominciò il ragazzino. "Shhh, non ti far sentire". Si morse il labbro inferiore ed emise solo mugolii di soddisfazione, mentre l'uomo spingeva senza sosta e grufolava dietro di lui.
"Ti piace il cazzo? Eh, di', ti piace?", "Siiii", "Dillo che ti piace", "Siii, mi piace, ancora, ancora", "Certo, piccolo, certo", e giù menava colpi. "Sei bravissimo anche a prenderlo in culo, sei una troia vera. Prendi, zoccola, prendi 'sto cazzo in culo. Godi, puttana. Tiè, tiè, ti sfondo, ti sfondoooo". Ormai gli stava regalando una monta selvaggia che gli stava spanando completamente il buco.
Dopo un bel po' di questo trattamento, il ragazzo se ne venne senza toccarsi. Questa volta non si stava facendo una sega, questa volta lo stavano aprendo con forza, come aveva sempre sognato. Quell'uomo era meraviglioso in tutti i sensi e lo aveva sverginato senza alcun dolore. Era l'uomo giusto per lui.
"Ahhhh, ahhhh, puttanella, sei mia... mia... ti sborro in culo... sborro... sborroooo". Si inarcò gettando la testa indietro, con la bocca aperta, col grido strozzato, per poi ricadere sulla schiena del ragazzino.
Poté sentire gli schizzi che lo invadevano, lo riempivano. Poté sentire lo sperma che scorreva fuori a bagnare le palle dell'uomo e scivolare sulle sue e lungo le sue cosce.
Fu il paradiso. Si sentiva finalmente realizzato. Ansimava e sentiva nell'orecchio l'ansimare dell'uomo. I due cuori battevano forte all'unisono, pian piano rallentando.
L'uomo si sfilò e si sdraiò accanto sfinito. Gli lanciò un sorriso. "Ti è piaciuto?", "Oh, si, è stato bellissimo", "Ti ho sverginato", "Lo sò", "Sono stato il tuo primo uomo. Mi ricorderai per sempre" disse quasi compiaciuto. "Adesso sei il MIO uomo" sottolineò il ragazzo, poi si pentì di quello che aveva detto, pensando che c'era comunque l'altro. Invece "Si, adesso sono il TUO uomo. Adesso non ho altri che te". "Ma...", "Quello? Ormai non c'è più niente tra noi, lui mi ha lasciato. Ma adesso ci sei tu", gli disse sorridendo. Stefano abbracciò per quel che poté il vasto torace, pieno di felicità.
E felice fu per tanto tempo ancora. Nessuno nel palazzo se ne accorse. Lui andava di soppiatto all'altra scala, dal suo amore, che gli insegnò tutto quello che doveva ancora imparare del sesso. Ne assaporò in bocca spesso anche lo sperma, gli leccava con gusto le ascelle sudate dopo che aveva fatto ginnastica. Ogni suo umore lo mandava in deliquio. In cambio fu scopato tanto, in tutte le posizioni. Ormai il suo buco sfondato aderiva con precisione a quel grosso cazzo. Quando non era dentro, sentiva un gran vuoto da riempire al più presto. Non ne poteva fare a meno.
Ma il brutto giorno arrivò. Il padre lo voleva accanto per passargli l'azienda agricola di famiglia, in Puglia, e dovette partire. La separazione fu molto dolorosa per tutti e due. Si promisero che un giorno si sarebbero uniti di nuovo ma quel giorno non venne più. Non si sà come ma, con grande meraviglia di tutto il condominio, girò voce che anche lui si era sposato. Con una donna! Non ne seppe più nulla.

(storia semivera)

Si tratta di un racconto di fantasia. Non fate mai l'amore senza il preservativo. Non rovinatevi la vita, godetevela.
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