Gay & Bisex
(51,4) Sesso sfrenato nei secoli bui
di remigiuslp
06.07.2024 |
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"Sinceramente non mi frega molto: come detto basta che me lo facciano diventare di legno..."
Questa è troppo ganza per non essere ri-vista e ri-pubblicata! In due parole, senza spoilerare troppo: vizi privati di nobili maiali e pubbliche virtù di popolani sottomessi.
L’ho trovata su un sito con sezione di racconti erotici e porno con i quali spesso mi arrapo come un satiro per tirarmi una bella raspona con verniciatura finale del tavolo. Vedere le candide ‘righe’ di panna mi manda in visibilio e spesso me le tiro su a linguate: slurp!
Uno dei motivi di dibattito più ricorrenti è se le storie siano vere o inventate. Sinceramente non mi frega molto: come detto basta che me lo facciano diventare di legno.
In ogni caso questa ve la riporto, però riletta e riscritta a mio personale gusto e punto di vista. Se l’autore - o meglio il discendente che l’ha resa pubblica dopo qualche secolo - dovesse incazzarsi perché non gli ho chiesto il permesso si faccia pure avanti: cancello tutto con scuse o alla peggio ci vediamo. Ho un sano ‘argomento’ da proporgli.
Il suddetto sta anche cercando aiuto per decifrare la sigla riportata davanti al nome suo e dei suoi antenati: ‘Insigne di I.P.S’. Non so voi ma io l’ho capita subito, appena letto il finale. Comunque la vediamo dopo, anche perché credo che i suoi interventi appariranno dopo il mio e solo sul profilo del nostro magnanimo ospite - tal ‘remigiuslp’ - ergo non nella vetrina.
La storia si svolge in quel periodo storico in cui i nobili opprimevano i loro sudditi con tasse di varia natura e spesso alla lettera: ‘in natura’.
Questa specifica è ambientata in una baronia - un feudo dove comandava un barone insomma -, nel complesso carina e serena ma con un principe che ogni tanto si faceva portare qualche verginella o tardona per scoparsela senza tanti riguardi.
La sera di un bel giorno, un cavaliere errante si ritrova in una locanda dove due famiglie stanno festeggiando le nozze del rispettivo primo figlio dell’oste e rispettiva contadinella illibata.
Stanno tutti gozzovigliando alla grande quando irrompono due sgherri del Barone che si portano via non la fresca fichettina né la locandiera bonazza come tutti si sarebbero aspettati bensì lo sposino, il rampollo quasi ventenne (lo si capisce dall’età del vino, anche se lo rivelerà più avanti).
Grande sgomento e sorpresa fra i rimasti, ovviamente. Inizia la gara per capire il motivo di quello strano rapimento (era gente semplice e ignara di come andavano le cose ‘a corte’, fra gli allora VIP).
Fra le fesserie dette a iosa, due tizi la sparano più grossa degli altri.
Il primo annuncia l’esistenza - detto in latinorum per darsi importanza - dello ‘ius primae noctis’, una panzana storica per cui un aristocratico avrebbe avuto allora diritto di far becco un marito la prima notte di matrimonio, fottendosi la sposa al suo posto.
Parentesi: a parte che a quei tempi, quei depravati di certo non avevano bisogno di appoggiarsi a norme o editti per pascolare fra le paludi del popolo e tirar su rane e ranocchi - ci intendiamo, vero? - e scaricare la propria libido, a seconda dei gusti, su imberbi giovanetti o qualche vergine. Ho scritto ‘qualche’ perché temo che già allora di imeni violati ce ne fossero spesso qua e là anche prima della salita all’altare. Oltre certamente a sederini maschili sfondati.
Torniamo al racconto sull’antica pergamena.
Il tizio vien zittito in fretta, considerato che il sequestrato non ha la bernarda (un altro buco sì ma non viene apparentemente preso in considerazione; gente semplice, appunto).
E qui interviene l’altro fenomeno a rivelare - per tramite del solito ‘spettegolezzo’ - che Baronessa e Barone scoperebbero fra loro solo per figliare mentre per sollazzarsi sul serio,nei loro giacigli ospiterebbero femminelle lei e maschietti lui: insomma, ‘na lesbica e un pederasta.
A sbrogliare la matassa entra in gioco il ‘deus ex machina’, il nostro giovane sposo che prende in mano la situazione e prosegue in prima persona la narrazione.
Appena giunto al castello viene condotto (chi l’avrebbe mai detto?) nella stanza da letto del padrone-Barone.
Lo accoglie un servo il quale gli fa fare un bel bagno, oltre ad un approfondito lavaggio ‘intimo’. Lo sposino se ne lagna e non sembra capire.
Finisce nudo a culo in aria sul lettone e - coperto solo da un lenzuolone - ha tempo di ragionare un po’: il servitore è gentile, l’ambiente è caldo, il tessuto su di lui piacevole ma ha lo stesso una fifa boia addosso. Probabilmente perché, pur infarcito di buoni e candidi pensieri da baciapile, comincia a intuire cosa gli capiterà.
Infatti non tarda ad entrare qualcuno: è il Barone che scoperchia il malcapitato e gli si piazza sopra, nudo pure lui (ovviamente). Comincia subito a sparare cazzate di vario tenore cercando di ingraziarselo e il tipetto comincia a darsi una calmata. Molto probabilmente è la prima volta che qualcuno - dopo sua madre da piccolo - lo gratifica di qualche coccola. E qui, ragazzi, quando ne hai fame, van bene tutti, omaccioni compresi. Questo Barone poi era peloso come un orsetto…
Attacca quindi a leccargli prima un orecchio, poi sconfina un po’ ovunque, accompagnandosi con carezze e paroline, non ancora porche ma probabilmente in avvicinamento.
Insomma, il ragazzone sta lentamente abbandonandosi alla lussuria quando gli torna a galla il cervello il quale gli ricorda che loro due non sono sposati - a quei tempi sarebbe stato comunque assai difficile - e, peggio del peggio, hanno entrambi un pisellino fra le gambe. Potenza del prete domenicale che non perde occasione di terrorizzare ragazzini e minacciare le fiamme dell’Inferno per questi crimini.
Con la scusa di non potersi rifiutare si lascia fare, gambe comprese, anche quando il vecchio maiale arriva al suo vero obiettivo: il liscio e sodo fondoschiena. E qui, ragazzi miei, comincia la vera festa! Immerge la bocca fra le chiappe per ravanarvi un bel po’ a labbra spalancate e lingua a formichiere.
Il giovane, dopo un primo urlo, subito zittito dall’altro, si gode le danze sulla sua rosetta con la faccia pressata nel materasso.
Tanto è oramai in estasi che sul lato opposto gli si indurisce il cazzo.
A questo punto divaga per raccontarci che da implume marmocchio, con altri porcellini pari a lui, andava a spiare le donne intente al lavare al fiume, per godersi quel po’ di curve - e forse qualche capezzolo - che apparivano attraverso i vestiti bagnati.
Lasciatemelo spiegare: era il triste deserto del sesso di un tempo. Per sostenere le pippe non c’erano ancora le sfuocate foto in bianco e nero con donnette discinte, i cataloghi di vendite per corrispondenza con mutande e reggipetti, le riviste mezze a colori con fighe pelosissime inchiavardate da camionisti e camerieri, meno che meno i pornazzi da scaricare a suon di giga da Internet.
Confessa comunque che qualche sano segone se lo era tirato - in pubertà -, sfidando perdita della vista, terribili malattie e il rischio di finire per l’eternità in qualche girone di peccatori (che fosse poi tanto terribile?).
Ad un certo punto - finalmente - ammette che tutte queste sleccazzate e palpatone del Barone gli gustano, eccome!
Ma tutto ciò che è bello finisce in fretta.
Torna in scena il servetto che ha l’ingrato compito - ingrato perché non potrà poi approfittarne - non solo di ungere per bene l’infrachiappe e lo stretto buchetto ma anche di infilargli dentro un po’ di oggetti, probabilmente rudimentali cazzi finti di legno di dimensioni via via crescenti. Non ci vuole molto per capire quali siano i lubrichi disegni di quel zozzone del Barone.
E qui inizia il divertimento dello sposino perché comincia a rendersi conto che prendersi roba varia nel burello, in direzione opposta a quella usuale, è motivo di grande sollazzo.
Allargato con cura e riguardo il canale, è il momento di mettersi in posizione per la scopata vera, con un tarello vero, alla missionaria, tanto per stare in tema.
Fra le ginocchia larghe in aria il Barone gli fa pure la sceneggiata di apparirgli come un sole all’alba fra le gambe, con il faccione incorniciato da capelli e barba da senzatetto. Così affascinato, il pivellino lo paragona alla scultura raffigurante un dio greco che sin da bambino andava a spiare vicino a casa, evidentemente arrapandosi senza rendersene conto. Dice lui; ma io comincio ad avere qualche dubbio.
Concedergli il culo è un attimo: l’augusta fava affonda nel villico tubetto e comincia a fare i comodi suoi, a tratti con calma, ad altri dandoci dentro. Il bello è che il nuovo rottinculo si lascia ciulare e se la gode alla grande!
Il Barone, furbo di tre cotte, ad un certo punto, con la scusa di farlo arrapare di più, si gira di schiena. Il puledro, stregato dal fisico non indifferente del Barone e da quel tronco di quercia, si infilza e comincia a cavalcare senza freni.
Diventa subito abilissimo in quel su e giù, senza perdersi un centimetro di nerchia e - in un delirio di onnipotenza - l’improvvisato fantino giunge a sentirsi lui il padrone: del Barone, del castello e pure del feudo.
‘Cala, Trinchetto!’, dicevano in un Carosello. Lo stallone è il Barone non tu, pischello: presto o tardi deve liberarsi del carico e, dopo aver ripreso il controllo assestando lui qualche deciso colpo di reni ed emettendo versi da maiale in calore, gli inonda la canna con la nobile broda rovente.
Non è finita, perché il serpentello del nuovo finocchietto è bello arzillo e il Barone ha ancora qualcosa in mente: se lo prende in bocca e comincia a spompinarlo finché il giovane non gli regala una sana bevuta.
Appena buttato giù tutto, il Barone termina con una storiella un po’ strana, secondo la quale l’ingoio sarebbe, tradotto in parole comprensibili, ‘diritto di prima sborra’, una sorta di rito per cui da quel momento il tipetto lo avrebbe dovuto riverire per tutta la vita mentre il vecchio e i suoi successori avrebbero protetto lui e tutta la sua famiglia in ‘secula et seculorum’
Tornato a casa nutrito e rivestito, il giovane afferma di non averlo mai più visto né di aver mai fatto sesso con maschi, cioè zero se-CUL-orum: sarà vero? Secondo me il neo frocetto, come spesso accade a chi prova il cazzo da giovane, anche dopo se ne è cavalcati parecchi ma per salvare l’onore racconta questa ultima frottola.
Assolutamente verosimile - al contrario - che il Barone si sia in seguito divertito parecchio con diversi altri sposini novelli.
Lascio a voi il giudizio su questa ‘avventura’ che mi pare assai strana anche se - effettivamente - nei tempi andati dovevano farsi venire qualche idea per giustificare le loro porcate.
Ultimissima osservazione: quello di prima - il ‘discendente pubblicatore’ intendo - avrà biblioteca di famiglia, magari tre lauree, avi come piovesse, fra cui un bis-bis-bisnonno che ha dato da bere il suo succo di palle ad un barone ma io - che tardo come sono ho preso solo la terza media - ho capito cosa significa ‘I.P.S’: Ius Prime Sperme (si legge così mi hanno detto). Detto in parole comprensibili: il primo golino tocca a me, prima di chiavare la sposina.
Ragazzi: oggi mi ha contattato decisamente furioso ma gli ho subito mandato la foto del mio trapano e alla fine ha proposto di vederci. Buon sangue non mente, anzi buon seme.
Prosit e figli …maschi.
Luglio 2024
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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