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26. SPEDIZIONI EN-TRAV
di Janus
15.07.2023 |
235 |
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"Rientrata in macchina, riassunsi le mie sembianze maschili il tanto che bastava e mi diressi verso casa… beh, che dire? Quella zona mi aveva del tutto delusa..."
Qualche volta la voglia e la fantasia mi spinsero anche verso zone non usuali. Una di queste si trovava a circa 40 km dalla mia abitazione; non ricordo come feci ad individuarvi un potenziale “compagno di giochi”, fatto sta che riuscii ad entrare in contatto con lui e concordammo un incontro serale a casa sua. Giunto il giorno dell’appuntamento, procedetti a prepararmi adeguatamente come ormai mia abitudine: vari clisteri, doccia, depilazione, ecc.; poi indossai l’intimo femminile (calze velate, reggicalze, perizoma e reggiseno) e preparai il resto dell’abbigliamento da donna, parrucca e scarpe comprese, da mettere in una borsa per indossarlo in macchina una volta raggiunta la zona del maschione che avrei incontrato. Per il viaggio naturalmente indossai abiti maschili, in modo da non rischiare situazioni imbarazzanti in caso fossi dovuta scendere dall’auto per un qualsiasi motivo. Calcolato il tempo di percorrenza, mi misi in macchina e via, vogliosa di cazzo e piena di speranza. Dopo circa mezz’ora raggiunsi i pressi dell’abitazione di quell’uomo, una zona con numerose villette monofamiliari, illuminata da numerosi lampioni. Trovata una piccola zona d’ombra parcheggiai, controllai sommariamente i dintorni senza vedere nessuno in giro, poi misi mano alla borsa degli accessori femminili e preparai le cose da indossare. Prima di procedere con la preparazione pensai bene di mandare un sms di conferma al tizio da incontrare; dopo un minuto o due mi arrivò la sua risposta… avevo il cuore in gola: era la prima volta che arrivavo a casa di qualcuno en-femme! Comunque, con pochi gesti mi sbarazzai delle scarpe e degli abiti maschili, che spinsi sotto i sedili, poi indossai un abitino corto femminile e sopra di esso un copri spalle. Misi al collo ed ai polsi della bigiotteria, quindi ai lobi degli orecchini, infine una parrucca lunga acquistata di recente in un negozietto gestito da donne africane e probabilmente destinato alle esigenze delle prostitute e dei transessuali. Mi passai sulle labbra un filo di rossetto, indossai le scarpe da donna e scesi dall’auto con la borsetta del necessario per l’incontro (ossia profilattici, lubrificante, ecc.). Mi accorsi che faceva un po’ freddo, per cui indossai anche una sorta di impermeabile unisex scuro che avevo portato con me, e mi avviai a passo svelto verso l’abitazione di quell’uomo, sperando di non incrociare nessuno nel pur breve tragitto illuminato. Arrivata alla porta, bussai timidamente ed attesi… qualche istante dopo, la porta venne aperta ed il padrone di casa, restando dietro di essa, mi invitò ad entrare. Appena varcata la soglia lui richiuse la porta dietro di me ed io mi ritrovai in un salotto che evidentemente fungeva anche da ingresso. Mi girai verso di lui e gli sorrisi, mentre ci guardavamo reciprocamente… era un ometto di mezza età dai capelli neri, un po’ più basso di me, dal fisico abbastanza asciutto. Mi invitò a sedermi sul divano, cosa che feci dopo aver tolto l’impermeabile, nel modo più femminile possibile, a ginocchia unite e schiena dritta per mettere più in evidenza il culo mentre lui continuava a scrutarmi. Mi offrì qualcosa da bere e scambiammo qualche battuta di circostanza; tuttavia non percepii in lui alcuna parvenza di desiderio, e la cosa mi preoccupò ai limiti dell’imbarazzo. Visto che lui non prendeva iniziative, ad un certo punto mi stancai di aspettare e gli feci apertamente “Scommetto che hai un bellissimo uccello… me lo faresti vedere?”; l’ometto accennò un mezzo sorriso ed aprì la patta dei pantaloni… chissà, forse voleva proprio che fosse la “femmina” a prendere l’iniziativa? Tirò fuori dalle mutande l’uccello floscio, scappellandoselo con la mano… “Ma guarda!!” pensai, nascondendo per quanto possibile la mia sorpresa: riconobbi subito il suo cazzo: l’avevo visto in foto più e più volte, negli anni precedenti, in giornali di annunci sexy!! Comunque, nessun problema ovviamente! “Posso…?” gli feci, accennando a prenderglielo in mano; “Prego…” fece lui in risposta. Allora glielo presi con tre dita della mano (non era abbastanza grosso) e cominciai a segarlo lentamente, per stimolarne l’erezione; proseguii con la sega per qualche minuto, però senza ottenere nulla. “Posso prendertelo in bocca?” gli feci allora, muovendomi per inginocchiarmi vicino a lui e tirandomi sul il lembo del vestitino per mostrargli il culo. Ma lui mi fermò: “No… scusami, ma non ce la faccio… non mi viene voglia di te”. Io rimasi di ghiaccio alla sua confessione “Ma che razza di uomo è??” pensai tra me e me “Mi fa fare tutta questa strada e poi neppure gli si rizza!!”. Beh, il seguito è presto detto… cercai di sdrammatizzare, per diminuire il reciproco imbarazzo e scambiammo ancora due parole; unica nota positiva: mi diede il numero di telefono di un suo conoscente che lavorava nelle vicinanze, dicendomi “Prova con lui, vai sul sicuro… ce l’ha anche bello lungo, ed ha sempre voglia di culo”. La serata era ormai sfumata dal mio punto di vista, per cui mi rimisi addosso l’impermeabile e lasciai quella casa tornando alla mia macchina, dove mi rimisi nuovamente in sembianze maschili per poi riprendere la via di casa. Il giorno dopo volli provare a contattare il tizio di cui avevo avuto il numero di telefono, e gli inviai un sms di presentazione. Mi arrivò la risposta dopo diversi minuti, e dal contenuto sembrava promettere bene… proposi un incontro, e lo sconosciuto mi diede appuntamento per la sera dopo alcuni giorni. Pazientai quindi, che altro potevo fare? Arrivato il giorno stabilito, appena tornata dal lavoro mi diedi alla consueta preparazione, più o meno come avevo fatto col il “moscio” di qualche giorno prima. Appena compiuti i preparativi necessari mi misi in macchina, e via verso la stessa zona… con la speranza, stavolta, di prendere un bel cazzone. Lo sconosciuto che dovevo incontrare mi aveva dato appuntamento presso l’officina in cui lavorava; per quanto avevo capito, l’impresa era di sua proprietà per cui, dopo la chiusura, si tratteneva in ufficio per chiudere i conti della giornata. Si trattava di un grosso capannone industriale in periferia di una cittadina a pochi chilometri dalla zona di residenza del “moscio”; senza troppe difficoltà riuscii ad orientarmi con lo stradario e raggiunsi il piazzale che mi era stato indicato. In macchina completai la mia trasformazione in femmina e, appena pronta, mandai un sms di conferma al presunto padrone dell’officina. Lui mi invitò ad andare alla porticina di servizio, cosa che feci portando con me la borsetta col necessaire; in quell’occasione, invece dell’impermeabile, avevo indossato sopra il vestitino femminile un giaccone che, se mi piegavo appena in avanti, mi lasciava scoperto il culo. Arrivai alla porticina e bussai; lo sconosciuto mi aprì e mi fece entrare. Era effettivamente una grossa officina; dalla porticina di servizio si arrivava ad una scala a gradini metallici che portava ad una specie di soppalco. Il padrone del posto, un uomo di mezza età piuttosto in carne ed alto più o meno come me, mi accolse cordialmente e sorridendo mi lasciò andare avanti a lui… nel salire le scale si lasciò andare a commenti spinti e mi mise una mano tra le chiappe, con mugolii di apprezzamento “Ma che culo fantastico…” continuava a ripetere! Arrivati in cima alla scala, arrivammo a quello che era il suo ufficetto; dentro, a parte una scrivania sulla quale c’erano i resti di un frugale pasto, c’erano un vecchio divano ed una poltrona. Lui si scusò per il disordine e mi invitò ad accomodarmi sul divano, poi si sedette sulla poltrona e scambiammo qualche chiacchiera di circostanza. Poi mi fece “Dai, fammi vedere quanto sei carina…”, al che mi alzai, mi tolsi il giaccone e rimasi con l’abitino femminile e le autoreggenti a rete, sulle mie scarpine a tacco alto. Mi misi con la schiena verso di lui e sollevai il bordo del vestito, quindi sculettando da puttanella mi calai lentamente le mutandine a mezza coscia strappandogli un eccitato “Uuuuuhhhhh….!!”. Il tipo, che era sempre seduto sulla poltrona, mi tirò verso di sé mettendomi le mani ai fianchi e tuffò la sua faccia tra i miei glutei baciandomi il buchino a più non posso. Dopo qualche istante si alzò e si sedette sul divano a gambe aperte, tirando fuori dalla patta un discreto uccello: “Dai, prendimelo in bocca”, mi fece chiaramente eccitato; non me lo feci ripetere: mi inginocchiai tra le sue gambe e portai la bocca sul suo bastone di carne, impaziente di assaporarlo. Glielo presi con la mano e glielo scappellai delicatamente, per poi imboccarmelo avida… lo lasciai entrare completamente fino alla radice, con le mie labbra che toccavano il suo pube, poi comincia a leccare e succhiare andando lentamente su e giù con la testa. Non ci volle molto per rendere quel bell’uccello turgido, evidentemente il tizio aveva della voglia arretrata! Dopo qualche minuto fu lui stesso a fermarmi: “Se non smetti vengo subito…” mi fece, al che naturalmente mi fermai… anche perché lo volevo nel culo, essendo digiuna a un po’ e delusa dal precedente incontro. Mi alzai quindi, presi un profilattico dalla mia borsetta e gli proposi di incularmi, al che lui si mostrò ben felice. Mi tolsi del tutto le mutandine, poi presi il lubrificante e me ne passai un po’ sull’ano, infilandomi dentro un dito soltanto… il cazzo che stavo per prendere era sì piuttosto lungo, ma come circonferenza non era nulla di preoccupante! “Dove mi metto?” feci io con un dito in bocca ed un’aria da troietta; “Sul divano va benissimo, se a te piace” fece lui in risposta. E così feci: mi misi in ginocchio su quel vecchio divano, con il culo all’aria verso di lui, ed appoggiai le braccia e la testa sopra lo schienale. Lui intanto si era infilato il preservativo; appena pronto si portò dietro di me e mi allargò le natiche con le mani, come per ammirare il mio buchetto lubrificato; poi mi appoggiò la cappella sullo sfintere e cominciò a spingere. Io mi rilassai appena ed avvertii che il suo glande era già entrato, facendo strada senza alcuna difficoltà alla sua lunga asta. Lui continuò a spingere, fino a mettermelo tutto dentro: ce l’aveva davvero lungo, benché sottile, tanto da battermi in fondo al retto con una sensazione di leggero fastidio. Si fermò un istante, poi cominciò a montarmi… due, tre, forse quattro lunghi affondi, poi lo sentii irrigidirsi e gemere: aveva già sborrato!! Rimase qualche istante fermo, col cazzo tutto dentro di me, poi arretrò lentamente fino ad estrarlo; “Mi dispiace davvero” disse, “Avevo tanta voglia e non sono riuscito a trattenermi…”; “Tranquillo, almeno me lo hai dato in bocca e nel culo… sono lo stesso soddisfatta… e magari la prossima volta ci divertiremo più a lungo…” ribattei io per non farlo sentire a disagio. A quel punto, l’incontro per me era da considerarsi concluso: mi asciugai il lubrificante che mi colava dal buchino, mi rimisi le mutandine ed il giaccone e salutai il padrone dell’officina; lui mi ringraziò più volte e mi accompagnò giù dalle scale fino alla porticina di servizio, dove ci salutammo. Rientrata in macchina, riassunsi le mie sembianze maschili il tanto che bastava e mi diressi verso casa… beh, che dire? Quella zona mi aveva del tutto delusa la prima volta e ben poco soddisfatta la seconda… in effetti, non ci tornai più.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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