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La Notte sono io.


di Membro VIP di Annunci69.it travperte
30.03.2025    |    2.806    |    13 9.6
"Mi tolgo il cappotto con lentezza..."
Milano non dorme mai del tutto. C’è sempre una finestra accesa, una bocca che bisbiglia, un corpo che aspetta. Io cammino sotto le luci aranciate dei lampioni come una predatrice lenta, sicura, affamata. Tacchi alti, calze sottili, e un vestito nero che lascia poco all’immaginazione. Il freddo di marzo mi pizzica la pelle, ma io lo ignoro. Sono calda dentro. Ardente, come sempre prima di una nuova esperienza.

Avevo ricevuto il messaggio poche ore prima.
“Attico 9. Via Mozart. Hanno sentito parlare di te. Ti aspettano.”

Chi siano “loro” non era specificato. Ma non importa. Quando sei come me, non cerchi nomi, non vuoi biografie. Vuoi solo corpi. Reazioni. Sudore.

Arrivo davanti al palazzo. Elegante, vetri oscurati, portone in ferro battuto. Suono il citofono. Nessuna voce. Solo un clic secco che apre il cancello.
L’ascensore è lento. Le pareti a specchio riflettono la mia immagine: labbra piene, occhi truccati, il neo sul seno sinistro come un segreto in bella vista. Sorrido a me stessa.
“Sei pronta, Katia?”
Lo sono sempre.

La porta dell’attico è socchiusa. Entro. La musica è morbida, jazz sfumato. L’aria è spessa di fumo e whisky. Luci basse, velluto ovunque. E loro.

Quattro uomini. Tutti diversi, tutti affascinanti a modo loro. Il primo — alto, barba curata, mani eleganti da pianista. Il secondo — moro, fisico scolpito, un tatuaggio sul collo. Il terzo — biondo, occhi chiari e sguardo famelico. Il quarto — più maturo, capelli sale e pepe, vestito impeccabile, ma le pupille dilatate come un adolescente in calore.

Mi squadrano in silenzio. Nessuno dice nulla. Ma sento tutto.

Mi tolgo il cappotto con lentezza. Le loro mani si stringono appena, i respiri si fanno più profondi. Sotto, solo il vestito corto, le autoreggenti, e il mio corpo pronto a vivere.

Il primo ad avvicinarsi è il biondo. Mi sfiora il mento con due dita, poi mi gira lentamente. Una mano scivola sul fianco, poi sulle natiche. Mi tira leggermente a sé.
— “Avevano ragione. Sei… diversa.”
— “Lo sono.”
E sorrido, mentre il moro arriva alle mie spalle. Le sue mani grandi mi massaggiano le spalle, poi giù, fino al punto in cui il vestito incontra la pelle nuda.

Il tempo non esiste più. Solo pelle e tensione. Solo anticipazione.

Mi fanno sedere su una poltrona in pelle scura. Uno alla volta si avvicinano. Mi guardano. Mi toccano. Il più maturo mi versa un bicchiere di bourbon, che bevo senza staccare lo sguardo dal suo. Il calore dell’alcol si unisce a quello crescente tra le gambe.

Poi cominciano. Lenti, rispettosi ma decisi. Le mani si moltiplicano. Qualcuno mi sfila le scarpe, un altro mi bacia le caviglie. La mia testa cade all’indietro, le labbra semiaperte. Le mani nei miei capelli si stringono appena. Mi piace. Troppo.

Il moro mi prende per il mento, mi fa alzare.
— “In piedi, voglio vederti.”
Mi alzo. Lascio che il vestito cada. Rimango in lingerie. Loro mi osservano come un’opera d’arte appena svelata. Il maturo si avvicina, mi sfiora la clavicola con le labbra, poi morde piano.
Sussulto. Non mi trattengo. Non voglio trattenermi.

Mi guidano al centro della stanza. I divani disposti in cerchio. Mi fanno sedere su uno di loro. Sento il biondo dietro di me, le sue mani sulle cosce.
Mi piego in avanti, offrendomi. Non so chi tocchi cosa. So solo che voglio di più.

I respiri si mischiano. Le voci si abbassano. Una sinfonia di sospiri e gemiti trattenuti. Qualcuno si inginocchia davanti a me. Il suo sguardo mi inchioda.
— “Posso?”
— “Fallo.”
E lo fa. Con lentezza. Con sapienza. Con rispetto. E con fame.

Le mie mani si stringono ai braccioli. Il mio respiro si fa corto. Mi muovo. Li sento tutti attorno a me. Ognuno parte del mio piacere. Ognuno in attesa del proprio turno.

A turno mi spogliano completamente. Restano solo le calze. Sanno che mi piace così. La nudità non mi imbarazza. È la mia arma.

Il biondo mi solleva. Mi adagia sul tappeto spesso. I cuscini sotto la schiena. Le luci calde sopra di me. I loro volti sopra di me. La mia pelle brucia. Ma non basta.

Li voglio tutti.

Mi muovo come in un rituale antico. Un corpo che danza, che si piega, che accoglie. Le mani si intrecciano alle mie. Le bocche si confondono. I corpi si avvicinano.
Uno entra. Lento. Deciso.
Poi un altro. Dietro. Diverso.
Mi inarcano. Mi possiedono.
Ma io resto al centro. Sono io che li guido. Io che offro. Io che prendo.

Ogni uomo prende una parte di me. Ma io prendo tutto di loro.

Le ore scorrono senza tempo. Tra un bicchiere e un bacio. Tra una carezza e un grido soffocato. Sudore. Pelle. Pelle ovunque.

Verso le tre del mattino siamo distesi, sfiniti, mescolati. I miei capelli sparsi su un petto. Una mano ancora tra le mie gambe. Le gambe intrecciate a quelle del moro. Il maturo mi osserva con occhi pieni. Non di possesso, ma di rispetto.

— “Chi sei davvero?” mi chiede piano.
— “Una fantasia che cammina.”

Mi alzo. Nuda, libera, viva. Vado in bagno. Mi guardo allo specchio. Le labbra arrossate, i segni sulla pelle, gli occhi brillanti.
Questa sono io. Katia.
La donna che non chiede il permesso.
Che ama l’odore del maschio, la tensione, il potere che nasce nel silenzio.

Quando esco, stanno già dormendo. Come dopo una tempesta.

Mi vesto lentamente. Senza fretta. Nessun addio. Nessuna promessa.
Solo la certezza che domani avranno di nuovo voglia di me.

Chiudo la porta alle mie spalle. Il vento della notte mi accarezza. Cammino per Milano come una dea sazia.
I fari di un taxi si accendono davanti a me. Salgo. Il tassista mi guarda dallo specchietto. Sorride.

— “Bella serata, signorina?”
— “Indimenticabile.”

E mentre la città ancora sussurra sotto il cielo, io mi lascio andare contro il finestrino freddo.
Perché la notte… sono io.

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