Gay & Bisex
il prete di campagna - 4
di LuogoCaldo
08.12.2024 |
5.004 |
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"Torse il collo verso l’amico per poi tornare a contemplare la scena..."
Non so dire cosa mi fosse preso e per quale ragione, invece di scappare, avessi deciso di rimanere in quella radura ma, ora che ci penso, posso solo concludere d’essere stato vittima di un incanto del demonio.Il professore era sul punto di possedere la giovane contralto che aveva offerto lo spettacolo osceno delle natiche spalancate.
“Avanti, porco! Lo so che ti faresti anche il culo dei tuoi allievi: fa finta che sia uno di loro e sfondamelo”.
Il ragazzone puntava con prepotenza l’uccello teso contro l’orifizio della fanciulla.
“Che ci fa qui a quest’ora, padre?”.
Dietro a un cumulo di foglie il ragazzo che avevo accolto in confessionale prima della messa di Natale mi fissava attonito.
La pelle diafana rifulgeva nelle tenebre e le labbra erano ancora più turgide di come le ricordassi.
Gli occhi verdi vagavano inquieti, passando dalla scena concitata degli amanti allo spettacolo discreto della figura seminuda che sfidava il gelo della notte esibendo un’erezione spudorata.
Il primo impulso fu quello di coprire le vergogne sicché sollevai i calzoni della tuta per nascondere la rigidità.
Il fanciullo parve dapprima indeciso ma poi, quando i suoni della copula si fecero più intensi, aggirò il fogliame e s’avvio nella mia direzione.
“Te lo rompo, puttana. Domani non devi camminare!” Federico Giusto sovrastava la corista con tutti i suoi due metri di stazza e s’accingeva a montarla, piantando le cosce gonfie attorno al sedere e affondando l’asta dura e spessa dentro la rosetta.
“Aaaaahi!” Provò ad obiettare la fanciulla. Ma lo stallone, per tutta risposta, spinse il cazzo più a fondo e, mentre con una mano le spremeva un seno, con l’altra le tappava la bocca, soffocando le urla dentro al palmo.
Con passo felpato il giovane venne accanto a me, dietro al tronco che ci riparava dalla vista del professore.
“Non dica una parola”. Sussurrò.
Sembrava spaventato, mi guardava con gli occhi sgranati come se volesse scusarsi.
Il mio uccello era talmente teso che la stoffa della tuta non riusciva a contenerlo.
“Che stavi facendo lì?” Provai a domandare.
“Cristo santo”. Urlava la corista. “ Hai un palo gigantesco. Mi stai rompendo. Si! Aaah! Si!” Ansimava. “Quanti te ne sei sfondati? Dimmelo, ti prego”.
“Ma che cazzo dici, maiala?” Chiese Federico Giusto.
Dal punto in cui ci trovavamo riuscivamo a vedere distintamente i coglioni del professore che sbattevano contro il culo della fanciulla.
“A scuola”. Incalzò lei affannata. “L’ho capito che ti riferivi a quello. Quanti te ne sei fatti?”.
Il ragazzo era galvanizzato. “Mmmh! Sei veramente una puttana”. Le disse e serrò le gambe muscolose più saldamente intorno ai fianchi afferrandole i seni con entrambe le mani e continuando a chiavarla con furia.
“Dimmelo-o-o-o-o-o-o”. Proseguiva lei riuscendo a stento a parlare per la potenza dei colpi.
Federico Giusto alzò gli occhi al cielo e li riversò all’indietro per il piacere mentre lei si voltava soddisfatta a contemplare il senno perduto di lui. “Quanti te ne sei scopati, eh? Dimmelo, ti prego,” insistette tra un gemito e l’altro.
“Padre, lei non può rimanere qui”. Bisbigliò distrattamemte il ragazzo.
Aveva lo sguardo fisso sul professore e ogni parte del suo corpo sembrava protesa nella direzione dell’amplesso che si stava consumando a pochi passi da noi.
Capii che doveva essere giunto in quel luogo proprio perché sapeva che avrebbe potuto assistere alla scena.
“Hai seguito il professore stanotte?” Domandai.
Non avevo idea di come comportarmi: l’eccitazione dentro di me non accennava a diminuire.
“In tanti me lo chiedono”. Tuonò Federico Giusto mentre continuava a dare l’assalto al sedere della donna.
“E tu?” Incalzò lei non paga della risposta. “Ne hai accontentato qualcuno?”
“Ora glie lo dice”. Pensai.
“Si, padre. Cioè … no! Non sono venuto per lui …”.
Lo guardai interrogativo.
“Allora?”. Incalzai. “Se non sei qui per il professore che cosa sei venuto a fare?”.
Il ragazzo arrossì con palese imbarazzo.
“Guardi, padre”. Prosegui lui. “Guardi cosa le sta facendo … Ha fatto questo anche con me e le assicuro che non è un piacere che si dimentica. Basta una volta sola e poi diventa necessario”. Sussurrò.
E mentre pronunciava queste parole mi afferrò la mano, mi diede le spalle e mi tirò sul limitare del tronco, in una posizione che consentiva ad entrambi di sbirciare.
Non mi accorsi di quello che stava succedendo e ancora adesso non so dire se accadde per caso o se vi fu una regia, ma mi ritrovai con le natiche del ragazzo appoggiate direttamente contro l’erezione.
“Piace anche a lei, padre”. Constatò lui con un filo di voce.
“Una volta sola è capitato”. Confessò Federico Giusto al culmine dell’eccitazione. “Nel bagno della scuola. Una piccola troia me lo aveva fatto rizzare così tanto che ho dovuto sbatterlo contro il muro. Cristo santo, sei veramente una puttana comunque … Mmmh!”.
“Che porco!” Commentò Maria soddisfatta di avere estorto quella rivelazione. “E ti è piaciuto? Gli hai rotto il culo come lo stai rompendo a me? Aaaah …”.
“Glie l’ho riempito di sborra”. Mugolò lui accelerando il ritmo degli affondi. “È tornato in classe che ancora il seme gli colava lungo le cosce”.
Non riuscivo a muovermi.
Il sesso pulsava contro il sedere del ragazzo duro come acciaio.
Senza voltarsi, il piccolo mi prese le mani e, in silenzio, se le portò sui fianchi, iniziando a fregare le natiche contro la mia rigidità.
“Anche prima, nella sagrestia, me ne ero accorto, padre”. Sussurrò. “ Deve essere così difficile per lei. La solitudine, intendo … Non avere nessuno con cui condividere un momento di intimità, un bisogno …”.
La donna urlava senza ritegno. Il professore doveva essere vicino all’orgasmo.
"Allora non mi ero sbagliato". Pensai. "Aveva provato a sedurmi anche in chiesa ...".
Le dita s'insinuarono sotto all’elastico dei calzoni del piccolo demonio e il contatto con la pelle mi provocò una scarica elettrica.
Presi a mia volta a spingere l’asta dura contro i glutei, afferrai l’orlo dei calzoni col pensiero che quello che stavo facendo mi sarebbe costato l’inferno e fui sul punto di abbassarli quando un rumore vicino mi fece sobbalzare.
“Dove cazzo stai, coglione? Porca la pu…” Una voce maschile si librò nell’aria senza che riuscissi a individuarne l’origine.
Il ragazzo si voltò mentre, terrorizzato, tremava come una foglia.
Scostai le mani dai fianchi e lo guardai interrogativo. “Stai aspettando qualcuno?” Chiesi con voce più chiara di quanto volessi.
Gli amanti, presi dalla foga dell’amplesso, non avevano percepito la nostra concitazione.
“Cazzo, padre! La prego, si nasconda. Si nasconda, per favore!”.
L’agitazione del fanciullo mi colpì come un pugno nello stomaco.
“Ma cosa …?”
“La scongiuro, non c’è tempo per spiegare, si nasconda! Lo dirà a tutta la scuola: sarà una tragedia per entrambi”. Incalzò.
Le sue parole mi costrinsero a confrontarmi con la gravità di quello che stava per accadere.
Aveva ragione! Da quella situazione avevamo solo che da perdere. Sarebbe stata la fine della mia reputazione. Il capolinea della mia carriera!
Mi catapultai dietro il fogliame che poco prima aveva nascosto lui ai miei occhi e feci appena in tempo a rannicchiarmi che una figura alta, con un giubbetto di montone e un cappuccio sulla testa sbucò proprio accanto al piccolo demonio.
“Ma che cazzo combini, coglione! Ti aspettavo laggiù, dove sono le panchine”. Disse l’avventore mentre liberava le mani dai guanti di lana. “Pensavo che non saresti più venuto, me ne stavo andando”.
Il fanciullo si portò il dito vicino alle labbra per intimare di fare silenzio.
“Sborrami in culo. Aaah … Aaaah …”. Urlò la corista.
“Ma che diavolo … Chi è?” Sussurrò il nuovo arrivato e, incuriosito, s'abbassò il cappuccio sulle spalle e allungò il capo oltre il tronco per capire cosa stesse accadendo.
“Il professore … ?” Chiese stupito. “E chi è quella?”. Torse il collo verso l’amico per poi tornare a contemplare la scena. “Ma guarda come se la chiava, cristo santo! M’hai fatto venire qua per questo, puttana, vero … ?”.
Il fanciullo fissò il volto di Biagio Montuori in preda all’angoscia. “No, no … Cioè si, ma non è il caso. Ho sbagliato. Andiamo via da qui ti prego”. Provò a dire.
Ma quello non aveva nessuna intenzione di distogliere l’attenzione dalla copula rumorosa dei due amanti.
“Dove vuoi andare, troia?” Disse. “Vieni a vedere, la sta possedendo come una vacca”. E mentre parlava tirò il fanciullo verso di sé, gli spinse il volto contro la corteccia dell’albero e iniziò a trafficare con la cerniera dei jeans.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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