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Una troia nel convento dei frati minori-6-End


di LuogoCaldo
17.01.2025    |    6.845    |    12 8.5
"Il torace era nudo e villoso e il cazzo di dimensioni notevoli puntava direttamente contro lo sfintere..."
Corremmo a perdifiato attraverso i cunicoli del labirinto.
Al nostro passaggio uno degli scaffali oscillò e una pila di libri crollò con un tonfo fragoroso.
“Chi c’è lì?” Gridò Isidoro con la voce carica di minaccia.
Terrorizzati ci guardammo negli occhi e rimanemmo immobili senza respirare.
Poi udimmo il rumore della porta della biblioteca che veniva chiusa: la serratura scattò, sigillando la via verso le scale.
Eravamo stati intrappolati.
“Dobbiamo trovare un'altra uscita”. Sussurrai.
Teodosio sembra sul punto di scoppiare in lacrime.
“Seguimi!” Dissi, afferrandogli il polso e trascinandolo nella direzione opposta a quella dalla quale eravamo venuti.
Dopo una serie tentativi, quando tutto pareva perduto, ritrovai la via segnata dai grani del rosario di Gaspare e, usciti dal labirinto, ci riparammo nella sala lettura.
Il locale era buio ma, in fondo alla fila dei leggii, brillava la luce di una postazione accesa.
La nostra corsa si fermò bruscamente.

Sul tavolo illuminato padre Arturo era chino in avanti. Aveva lo sguardo rapito in un’espressione scomposta di piacere e il respiro affannoso che riempiva il silenzio.
Dietro di lui, qualcuno lo possedeva con veemenza alternando movimenti lenti e precisi a spinte più veloci, in una scena di passione senza vergogna.
Il giovane prete gemeva sommessamente, accusando ogni rinculo, e la sua voce echeggiava tra gli scaffali vuoti.
“Sfondami”. Esclamava. “Me lo stai facendo sentire fino a dentro alla pancia”.
Trattenni il fiato, trascinando Teodosio sotto una delle postazioni.
“Non farti vedere”. Dissi. “Abbassati”
Lui però sembrava rapito dallo spettacolo.
“Non ci credo”. Mormorò. “È padre Moulivan. Ho sempre pensato che il mandingo non fosse buono a mantenere l’astinenza! Ma così?”
“Lascia perdere”. Lo interruppi. “Dobbiamo cercare un’uscita”.
“Cristo santo, guada come cosa sta succedendo”. Disse mentre si toccava il cazzo tra le cosce. “Deve avere una minchia pure più grossa della mia”.

“Spostati ” Una voce familiare si levò alle spalle del nero. “Ora tocca a me”.
“Continuate! Sborratemi in culo”. Pregò Arturo.
Un’altra figura emerse dall’ombra.
“Accomodati”. Rispose Moulivan estraendo l’uccello dal sedere del confratello e facendo posto all’interlocutore. “Io glie lo metto in bocca”.
Lanciai uno sguardo pieno di stupore nella direzione della scena che si stava svolgendo in fondo alla stanza.
Don Gaetano si era avvicinato sovrastando Arturo piegato sul leggio.
Il torace era nudo e villoso e il cazzo di dimensioni notevoli puntava direttamente contro lo sfintere.
“Ti è mancato?” Chiese con voce roca mentre si sistemava dietro di lui.
“Da morire”. Rispose l’altro levando gli occhi al cielo e lasciando che un rivolo di saliva colasse sopra al leggio.
“Quindi anche loro”. Mormorò Teodosio. “Ora capisco perché Isidoro voleva così tanto che Mulivan si unisse al convento. Diceva che avrebbe aiutato Gaetano ad allontanare il demonio, ma non immaginavo che si riferisse a questo”.
“Dobbiamo andare”. Lo interruppi irrequieto. “Se ci trova qui …”
Lui mi zittì con un gesto.
“Aspetta”. Disse. “Non possiamo perdere tempo, ma …”. La sua voce esitò ma il tessuto dei calzoni tradiva un chiaro stato di eccitazione.
“Ti sembra questo il momento?” Obiettai, cercando di riportarlo alla realtà.
“Solo un attimo”. Sussurrò spingendomi con fermezza verso di sé.
Capii che oppormi avrebbe solo allungato i tempi così mi lasciai guidare, lo aiutai a liberare l’erezione e ingoiai il cazzo fino alle palle.
Il monaco mi serrò la testa con entrambe le mani e, muovendola sulla lunghezza dell' erezione, dettò il ritmo della succhiata.

Dall’altro lato della stanza la monta si fece più concitata.
“Avevi detto che eravate in due”. Disse Mulivan. “Ora per punizione te la faccio pagare”.
Le sue parole erano intrise di un'eccitazione rabbiosa.
“Gli faccio sanguinare il culo”. Lo fomentò Don Gaetano con voce era incredibilmente affaticata.
“Chissà da quanto si stava trattenendo”. Pensai eccitato.
Arturo gemeva sommessamente emettendo con suoni che oscillavano tra dolore e piacere.
“La prossima volta ce lo fottiamo insieme a Giordano”. Proseguì il negro. “Ieri notte l’ho provato in doccia …. Mmm, che culo che ha”.
“Immaginavo”. Rispose l’altro. “È proprio quella troia che mi ha fatto arrivare a questo punto”.
Provai a sollevarmi ma Teodosio si avvicinò uteriormente.
“Non pensare a loro”. Esclamò con la voce rotta per lo sforzo di trattenersi. “Sto per farti bere!”.

La tensione cresceva nella sala e un’energia densa sembrava saturarne ogni angolo.
Arturo iniziò a gridare come un animale e il mio amante, fremendo, non si trattenne dal commentare la scena alla quale stava assistendo.
“Succhiami più velocemente!” Mi ordinò. “Gaetano ha alzato una coscia sul leggio e gli ha piantato il piede in faccia. Così glie lo rompe! Cristo santo, dovresti guardarli”. Ma la mia testa era completamente bloccata tra le sue cosce.
Poi, d’un tratto Moulivan interruppe il ritmo dell’amplesso.
“Aspetta. Esci!”. Disse rivolto a Gaetano.
“No ti prego, continua”. Implorò Arturo.
Il rumore di una sberla in pieno volto lo zittì.
"Taci!"
“Il negro si sta sdraiando in terra”. Sussurrò Teodosio fuori di sé per l’eccitazione. “Madonna! Quello non è un cazzo è una torre”.
“Impalati qua sopra”. Disse il mandingo.
Arturo obbedì. “Aaaaah! Me lo sento nella pancia”.
“Bravo, così. Piegati sul mio petto”.
“Che volete fare?” Domandò il ragazzo allarmato.
“Lo ingroppo da dietro”. Intervenne Gaetano come se avesse voluto rispondergli.
“Eh? Cosa? No, per favore, no non entreranno mai ..”
“Sta zitto, frocio, ti tocca la doppia stanotte”.
Il giovane monaco strillava come se lo stessero trafiggendo. “Ahhhhh ….No! Ahhh”.
“Ci sono, ci sono … “. Mormorava Gaetano. “Cazzo quanto è stretto! Ecco, è entrato”.
"Aaaaaaaaah".
“Ti piace cagna, eh?”. Urlo Moulivan.
Teodosio, sopraffatto dal piacere, prese ad ansimare affannosamente.
“Madonna santa”. Ripeteva. “Che puttana, che puttana”.
E proprio quando fui sul punto di conficcargli le unghie nelle cosce perché mi lasciasse respirare lui tirò la mia testa verso di sé e, con un gemito soffocato, raggiunse l'apice del piacere e mi riempì la gola del suo seme caldo.

Avevo la bocca piena e, incerto su cosa fare, deglutii di scatto quando un boato fragoroso squarciò il silenzio, provenendo direttamente dall’ingresso della sala lettura.
Isidoro aveva lanciato una delle lanterne a olio contro la libreria, che prese fuoco all’istante.
La sua sagoma scura brillava sinistra tra le fiamme, stringendo saldamente la pergamena nella mano guantata.
“Tu, lurido traditore!” Disse, la voce bassa e tagliente, intrisa di disprezzo. Lanciai uno sguardo verso il fondo della sala: il trio degli amanti aveva interrotto ogni movimento, fissandolo terrorizzato.
“Che cosa?” Iniziò Don Gaetano, ma l’altro monaco lo interruppe brutalmente.
Le fiamme si stavano propagando voraci da uno scaffale all’altro.
“Sapevo che non potevo fidarmi di te!” Esclamò avvicinandosi con passo deciso. “Fin da quando eravamo bambini, hai sempre vissuto all’ombra delle mie decisioni, cercando di sovvertirle con la tua testardaggine! Ti avevo chiesto soltanto di aiutarmi a rendere questo convento un luogo sicuro, ma no! Lo hai trasformato in una dimora di peccato, incoraggiando la curiosità e la corruzione di questi sciocchi.”
La sua voce tuonò sopra il crepitio delle fiamme.
Uno degli scaffali crollò con un tonfo davanti all’uscita.
Teodosio, visibilmente scosso, si alzò di scatto, rivelando la nostra presenza. “Dobbiamo andarcene”. Disse. Il volto era pallido per il terrore. “Moriremo tutti.”
Ma Isidoro non gli prestò attenzione.
Con gli occhi fissi su Don Gaetano, proseguì con un fervore quasi fanatico. “Hai permesso a quell’effeminato di sedurti, e ho dovuto impiegare metodi estremi per liberarti dalla sua influenza! Ora guarda dove ci ha portato la tua debolezza: un segreto che potrebbe distruggere tutto ciò in cui crediamo.”
Don Gaetano, pallido e tremante, rimase in silenzio, incapace di rispondere.
Era nudo, inginocchiato davanti a quell’uomo che lo sovrastava come un giudice implacabile.
“Cosa c’è in quella pergamena?” Chiese con un filo di voce.
Poi, con tono più dolce, aggiunse: “Lo so di essere debole… Sono fatto di carne e sangue… Ma puoi ancora fidarti di me, Isidoro. Ho sempre riconosciuto la tua superiorità intellettuale, l’ho ammirata e, segretamente… Beh, lo sai, no?”
Isidoro lo fissò con un misto di fastidio e rabbia trattenuta.
Sullo sfondo, Mulivan e Arturo si stavano rivestendo in silenzio, evitando lo sguardo del monaco.
“Cosa dovrei sapere?” Chiese Isidoro, la voce sorniona ma carica di tensione.
Gaetano abbassò lo sguardo, come cercando le parole giuste. “Me ne sono innamorato”. Confessò teneramente. “Un amore platonico, certo. Un desiderio che non ho mai provato ad assecondare. Per rispetto a me stesso e, soprattutto, per rispetto a te.”
“Platonico?” Ringhiò il tedesco, interrompendolo. “Devo frustarti e pisciarti addosso per ottenere il tuo aiuto! Pensi che questo mi faccia piacere?”
Gaetano sembrò crollare sotto il peso di quelle parole.
Poi, con gli occhi scintillanti di malvagità, Isidoro gli allungò la pergamena.
“No padre no”. Provò a intervenire Teodosio. Ma l’uomo lo ignorò e strinse la reliquia tra le mani nude.
“Leggi tu stesso”. Disse Isidoro mentre si sfilava i guanti. “È la lettera di San Paolo ai Corinzi. Un catalogo dei peccati, per essere precisi. Una versione più antica di quella accettata dalla Chiesa. E indovina?”
La voce si alzò leggermente.
“Nell’elenco dei viziosi a cui è precluso il regno dei cieli non ci sono né i molli né i sodomiti… C’è speranza anche per te e per i tuo amici, a quanto pare!”
“Questo significa …” Iniziò Gaetano, ma l’altro lo interruppe.
“Questo significa che duemila anni di dottrina saranno essere cancellati se qualcuno di noi uscirà vivo da qui dentro”. Tuonò Isidoro.
“Non possiamo permetterlo. Io non posso permetterlo.”
Incredibilmente, Gaetano annuì, sopraffatto dalle emozioni.
Le lacrime iniziarono a scorrere silenziose lungo il suo volto. “Ti prego, Isidoro, perdonami”. Balbettò.
Il monaco lo guardò imperturbabile.
“Non devo essere io a perdonarti”. La voce era incredibilmente stanca. “Io non sono che uno strumento: faccio solo quello che deve essere fatto”.
Poi, con le dita tremanti, recuperò la pergamena avvelenata dalle mani dell’amico.

Le fiamme si levarono fino al soffitto con un boato infernale.
Moulivan ed Arturo si unirono a noi presso l’uscita, ma la porta era bloccata e il fuoco s’era propagato anche nel labirinto.
“Siamo finiti”. Esclamò Teodosio singhiozzando.
“Moriremo carbonizzati se non proviamo ad uscire”. Rispose il mandingo. Lo sguardo carico di terrore.
Poi, improvvisamente, arretrò di qualche passo per prendere la rincorsa.
“No, non farlo!”. Provai a dire, ma, per paura che la sua follia mi travolgesse, mi scostai, lo lasciai saltare attraverso la barriera del fuoco, e poco dopo le sue grida stavano già riempendo l’atmosfera mentre, dalla parte opposta della biblioteca lui si dimenava sul pavimento come una torcia umana.
Arturo crollò sulle ginocchia, giunse le mani e, con voce flebile, cominciò a pregare.

Isidoro ignorò la scena.
“Ora che il fuoco sta per purificarci dimostrami la tua devozione”. Disse rivolgendosi a Gaetano. “Ed io ti farò dono della verità recitando la parola del Signore”.
“È completamente pazzo”. Pensai e, con sguardo febbrile, passai in rassegna le pareti della sala per cercare una via di fuga.
C’erano solo libri.
Il monaco si abbassò la patta dei calzoni, ne estrasse un cazzo molle e pesante e lo avvicinò alla bocca del suo amante per essere compiaciuto.
Gaetano, rassegnato al rituale di morte, lo assecondò, spalancò le labbra e prese a leccargli l’uccello, mentre il suo assassino recitava a voce alta i versi maledetti.

“Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio?” Disse.
“E non v'ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, [..] né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio.
Or tali eravate già alcuni di voi; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù e mediante lo Spirito del nostro Dio”.

Il rumore di quelle parole appena sussurrate sembrò sovrastare, tra i due, il fragore dell’incendio.
“Padre nostro che sei nei cieli”. Mormorò Arturo piangendo.
Isidoro rimase immobile dinanzi a Gaetano che lo guardava con occhi carichi di meraviglia. Il grosso cazzo saldamente stretto tra le mani.
“Sono molto stanco”. Disse il monaco.
“Lo so”. Rispose il tedesco. “ Anch’io comincio a sentirmi debole. Come quando eravamo bambini e ci addormentavamo nello stesso letto dopo una giornata di giochi”.
Gaetano sorrise teneramente. “Vorrei tanto tornare indietro a quel tempo”.
“Ci stiamo tornando”. Rispose l’amico. “Ci stiamo tornando”
Intorno l’inferno sembrava affiorare dalle pareti della stanza con le sue fiamme guizzanti, i diavoli urlanti e le promesse di dannazione eterna.
“È la fine”. Pensai. “Poteva essere un nuovo inizio per il mondo intero e invece … È solo la mia fine”.
Così mi inginocchiai accanto ad Arturo e mi unii a lui nelle preghiere mentre il fuoco ingoiava, insieme a noi, la biblioteca e i suoi segreti.
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