Gay & Bisex
Il cugino canoista - Parte 2
di LuogoCaldo
11.10.2022 |
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"È che io sono così: appena mi sfiorano reagisco..."
“Ho combinato un casino enorme e non so come uscirne, Flavio …” Mio cugino Gabriele iniziò a singhiozzare rumorosamente.Avvicinai la sedia e lo abbracciai.
Avvertii un forte odore di maschio misto al profumo degli umori di Esther.
“Ho messo incinta una …” Sussurrò. “La mia vita è finita”.
“Ma che dici?”
Dovevo fare attenzione.
Gabriele non sapeva che lo avevo seguito fino al casolare e che ero al corrente di quello che gli era capitato.
“Si è rotto il preservativo Flavio … Si rompe sempre perché io ho questo problema che spingo troppo forte …”
L’immagine del suo grosso bacino che si abbatteva contro la fica della ragazza mi tornò prepotentemente alla mente.
“Eh, va bene ... Ma non è detto che lei sia rimasta incinta … No? E poi quando è successo? Quanto tempo è passato …?”
Cercai di farlo ragionare.
“Poco … Un mese”.
“Come un mese?”
“Si un mese. Ma comunque si rompe sempre. Pure oggi … Non sono proprio capace … Mentre lo facciamo va anche bene ma poi, quando succede questa cosa … Le ragazze non vogliono più vedermi ... Non trovo nessuna che mi insegna a fare più piano …”.
“Ma di cosa stai parlando?” Insistetti sgomento. “Può capitare che un preservativo si rompa … Non è la fine del mondo … Con chi ti è successo?”
Evidentemente non stava parlando di Esther.
“Claudia. Te la ricordi?”
“Si”. Risposi distrattamente “Quella che abita nella casa di fronte? L’amica di tua madre?”
“Eh …”
Capii. “Cristo, Gabriele! Ha quasi cinquant’anni …!”.
“Lo so, lo so …”.
“E si veste come una baldracca!”.
“Lo so … Ma è capitato … Una volta sola …”
“Ma quando?” Chiesi turbato. “E lei come sa che è rimasta incinta?” Incalzai. “Non mi stai facendo capire niente … Vuoi parlare o no?”
Lui si asciugò le lacrime, fece il gesto di ricomporsi e, faticosamente, iniziò a raccontare.
Il fattaccio era accaduto un mese prima.
Gli zii e la vicina di casa avevano organizzato una piccola escursione sui monti.
Qualche ora di trekking e una bella grigliata al rifugio.
Claudia era una donna appariscente.
Bassa e magra.
I capelli tinti di un rosso commerciale e gli occhi e le labbra sempre molto truccati.
“Sembra una poco di buono”. Diceva spesso la zia. “Ma è una brava ragazza. È rimasta sola. È stata sfortunata e, di conseguenza, è molto, molto fragile. Non dobbiamo lasciarla sola …”.
La donna era piena di vita e, come molte ragazze troppo cresciute, aveva un debole per la carne fresca, che ricercava sovente con lo scopo di sentirsi ancora giovane e desiderata.
“Ci siamo incamminati all’alba”. Disse Gabriele. “Lo sai. Mamma e papà hanno il passo svelto. Si arrampicano come scoiattoli anche senza bastoni”.
Annuii.
“È così che, dopo poco, io e Claudia siamo rimasti indietro in mezzo al bosco.
Ti giuro Flavio : io non ho fatto nulla. Era lei che mi si avvicinava.
Mi pregava di aiutarla a scavalcare le rocce, di sollevarla ad ogni risalita, di posarle le mani sul sedere perché non cadesse”.
“Facciamoci un selfie”. Mi chiedeva ogni tanto. E mi si buttava addosso.
“Ricordo che quella contiguità mi fece uno strano effetto.
Indossavo un paio di pantaloncini da ciclista molto attillati e non riuscii a mascherare l’erezione che il calore del suo corpo mi aveva provocato”.
“Beh, insomma!”. Disse lei. “Vedo che ancora qualche turbamento lo suscito”.
“Ma ti assicuro, Flavio”. Proseguì Gabriele guardandomi serio. “Non ero eccitato per lei. È che io sono così: appena mi sfiorano reagisco. Anche adesso che mi stai accarezzando la coscia … Lo so che non lo fai con malizia … Ma il mio cazzo si sveglia come se fosse dotato di vita propria. Non lo governo”.
Notai infatti che, tra le gambe, il suo pacco s’era fatto gonfio.
Lui cercava goffamente di portarselo sul lato sinistro ma non faceva che rendere ancor più evidente la lunghezza della proboscide.
Mi sentivo in imbarazzo ma, allo stesso tempo, non avevo alcuna intenzione di interrompere il contatto e, forse per il tenore del racconto o forse per la confessione inaspettata, m’era salita in testa una gran voglia di abbassargli i calzoni e ingoiargli la mazza.
“Deve ancora avere il sapore dello sperma e della fica di Esther”. Pensai.
Feci risalire le dita verso il centro delle cosce, districando i peli radi che incontravo sul percorso, e fui quasi sul punto di chinarmi quando Gabriele riprese a raccontare.
“Da quel momento il comportamento di Claudia cambiò”. Mi disse.
“La camminata divenne ancora più lenta e rimanemmo così indietro che non riuscivamo più a vedere la mamma e il papà.
Poi, a un certo punto, nel bel mezzo di una radura, dinanzi al tronco secolare di un albero morto, lei mi disse che le faceva male la caviglia e che avrebbe voluto fermarsi.
Avevo capito che c’era qualcosa di strano perché non ebbe difficoltà a scavalcare il ceppo e ad appoggiarsi supina sull’altro lato, dove nessuno avrebbe potuto vederci.
Si tolse la scarpa e mi chiese di massaggiarle il piede”
“Che male …” Mi diceva poco convinta.
“E, mentre facevo quello che mi aveva domandato, lasciò scivolare il calcagno proprio accanto alla mia erezione, che, nel frattempo, era divenuta incontenibile”.
“Ma non puoi stare così”. Mi disse seria. “Sei un ragazzo, è normale che la vicinanza di una donna ti faccia quest’effetto … Lascia che ti aiuti”.
E in un attimo me la ritrovai nuda, in ginocchio tra le cosce, che mi aspirava l’uccello come un’idrovora.
Fino a quel momento non avevo mai ricevuto un pompino Flavio.
Pensavo che la fica fosse la massima aspirazione che un uomo poteva avere.
E invece la sua bocca mi fece cambiare idea.
Benchè il mio cazzo fosse eccessivamente largo per l’apertura delle sue labbra, la donna si impegnò moltissimo.
Mi insalivava la cappella e scendeva giù fin quasi all’attaccatura dei coglioni, risucchiando come se volesse eliminare tutta l’aria.
Le sue mucose aderivano come una guaina attorno alla mazza.
Ma quello che mi fece impazzire Flavio …”
Gabriele si interruppe lasciandomi col fiato sospeso.
“Non so se posso dirtelo cazzo!”. E sbuffando si strattonò la nerchia che ormai era completamente tesa sotto al tessuto elastico dei calzoni.
“Avanti non ti puoi fermare così …” Lo incitai. “ Non mi hai ancora detto cosa è successo”.
Mentre parlavo mi accorsi che avevo la bocca piena di saliva e che stavo letteralmente sbavando dinanzi alla confessione di quel maiale.
Avvertii la stessa sensazione che avevo provato sotto la finestra del rudere e sentii con chiarezza che lo sfintere stava pulsando, aprendosi e richiudendosi come una ventosa.
Continuavo a far scorrere i polpastrelli sulle cosce di mio cugino, forzandomi di non concedere altra pelle al palmo delle mani, per la paura che, se l’avessi fatto, non sarei più riuscito a controllarmi e gli avrei ghermito il pacco senza ritegno
“Ok va bene”. Disse lui. “Però è un segreto … Mi vergogno troppo …”
“Parla!”. Sbottai esasperato. “Parla …”
“Quello che mi fece impazzire è che, a un certo punto, Claudia mi sollevò le gambe e me le fece intrecciare dietro alla sua nuca.
Solo la vista di quella donna minuta schiacciata tra le mie cosce enormi mi fece diventare matto.
Quando poi lei cominciò anche a leccarmi i coglioni persi il senno”.
“Hai due palle enormi”. Mi diceva. “Provo a mettermele in bocca ma non ci riesco … Guarda …”
Ed effettivamente non era capace di infilarsi in gola più di uno scroto alla volta.
Iniziai a mugolare come un porco, Flavio, ma cercavo ancora di silenziarmi per la paura che la mamma e il papà potessero sentirci.
Fino a che Claudia non scese sotto i coglioni.
Fece scivolare le labbra all’altezza del perineo e, senza che riuscissi ad accorgermene … Ti giuro Flavio, non l’avevo capito … Altrimenti l’avrei fermata … L’avrei fermata … Credimi”.
Annuii fingendo comprensione.
Il cazzo mi stava scoppiando nelle mutande.
Sapevo benissimo quello che stava per dirmi.
Il ricordo delle sue natiche che sobbalzavano per il rinculo dei colpi alla passera di Esther mi provocò un calore improvviso.
“Ha cominciato a leccarmi il buco”. Disse tutto d’un fiato.
“Ci ha messo proprio la lingua dentro e poi, a un certo punto, ha stretto le labbra e ha aspirato le mucose, come se volesse farmi un succhiotto”.
“Che buon sapore che hai …” Continuava a dirmi. “Sei veramente uno stallone … Ti voglio mungere fino a che non scoppi …”
Non ce la feci più Flavio.
Decisi di dominarla con il chiaro proposito di farla squirtare.
“Voglio la fica”. Dissi all’improvviso. “Subito”.
Lei sollevò il capo e mi guardò con la malizia di chi ha raggiunto l’obiettivo.
“Ma non hai neppure diciotto anni …”.
Sapevo benissimo che stava fingendo. Voleva esser fottuta.
“Subito ho detto!”
Fu una resistenza facile da vincere.
“Va bene”. Mi disse. Poi prese un profilattico dallo zaino e mi chiese di indossarlo.
“E lo hai messo?” Domandai continuando ad accarezzargli la coscia.
Stavo tremando per il desiderio.
Sentivo che avrei potuto tirargli il pesce fuori dai calzoni e cominciare a pomparmelo nella cucina della zia.
“Lo feci, Flavio … Lo feci … Mica sono stupido!”
Annuii.
“No, ti giuro … Il fatto è che ero veramente eccitato come un animale.
Me la misi a pecora, con le mani appoggiate al tronco e cominciai a cavalcarla da dietro.
Le diedi della troia e le spinsi tutto il cazzo tra le cosce.
Lei urlava, Flavio, e non pareva interessata al fatto che la mamma e il papà avrebbero potuto sentirci.
Per farla stare zitta allungai il piede sul suo viso, le pestai la guancia e le ordinai di leccarmi le dita.
Mi sentivo potente, cugino.
La stavo sottomettendo.
Spinsi talmente forte che sentii come un gorgoglio provenire dalla vagina.
Non pensai neppure per un istante che fosse accaduto qualcosa lì dentro.
Vidi che lei rigirava le pupille e che i suoi occhi diventavano bianchi per il piacere”.
“Basta, ti prego. Basta … Me l’hai rotta … Me l’hai rotta … Vieni, vieni …” Mi disse.
L’asta era macchiata di sangue misto agli umori chiari del suo orgasmo.
Invece di frenarmi quello spettacolo mi eccitò ancora di più.
Accellerai la monta e, schiacciandola contro l’erba con tutto il peso del mio corpo, me la trombai come una bestia fino a quando non riuscii più a tenere lo schizzo e le sborrai in mezzo alle cosce, ansimandole direttamente dentro l’orecchio.
Quando mi rialzai il preservativo era srotolato alla base dei coglioni e il cazzo striato non aveva ancora perso slancio.
“Guarda che t’ho combinato”. Commentai entusiasta.
Lei si voltò stravolta e mi sorrise.
“Che faccia da troia”. Pensai.
Mi fissava come se fossi una divinità.
Poi d’un tratto la situazione precipitò.
Claudia si accorse che il profilattico si era lacerato, balzò in piedi e, sentendosi colare il mio sperma tra le cosce, cominciò ad imprecare.
“Cazzo … Ma mi sei venuto dentro?” Domandò. “Cristo santo … coglione!!! Ma ti rendi conto? Ma come ti è venuto in mente di fare così forte …? Sei un imbecille … E adesso che faccio …?”
Gabriele sembrava profondamente scosso mentre raccontava il finale di quell’episodio.
“E cosa avete deciso di fare?” Gli chiesi.
“Non abbiamo deciso nulla”. Rispose abbattuto.
“La mamma e il papà hanno cominciato a chiamarci. Ci siamo rivestiti in fretta e abbiamo fatto finta di niente per tutta la giornata.
Non l’ho più rivista fino a ieri. Mi ha chiamato, mi ha detto che stava male, che aveva la nausea ogni mattina e che avrebbe fatto un test di gravidanza”.
Aggrottai le sopracciglia.
“E …?”
“E che ne so …”. Rispose lui.
“Quindi non è sicuro che è incinta …?”
“Si, penso di si … Ha detto che ha la nausea …”
Alzai gli occhi al cielo.
“Gabriele ma calmati! Ti stai fasciando la testa prima di rompertela. Poi lei non è neppure giovane … Magari è anche poco fertile …”.
“Dici …?” Quel commento sull’età di Claudia parve rassicurarlo, con tutta probabilità la donna era già entrata in menopausa.
“È proprio un idiota”. Pensai.
“Comunque un problema ce l’ho …”. Continuò lui senza smetterla di piangersi addosso. “Mi capita sempre … Anche poco fa è successo … Prima o poi qualcuna la metterò incinta davvero …”. Disse.
“Eh si …”. Annuii.
“Si chiama problema adesso?” Mi domandai. “Le fai squirtare come cagne …”
“Non so come fare, Flavio … Ho bisogno di praticare sennò combino un casino dietro l’altro …”
Lo guardai serio.
La mia mano era vicinissima al suo uccello e i pantaloncini sembravano sul punto di esplodere per la tensione della nerchia.
Deglutii rumorosamente e, infine, trovai il coraggio di parlare.
“Senti …”. Esordii. “Prima hai detto una cosa … Ma non so se eri serio …”
“Cosa?” Domandò lui.
“Hai detto che sei … sensibile! Che in sostanza per te un buco vale l’altro”.
Annuì.
Aveva lo sguardo ebete di chi si aspetta una rivelazione.
“Voglio farti una proposta”. Proseguii. “Però prendila solo come una possibilità … Se non ti sta bene amici come prima”.
“Si, certo, cugino … Io mi fido di te. Avanti … Non lasciarmi sulle spine. Che dovrei fare … ? Sono tutt’orecchi”.
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