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Il prete di campagna - 7


di LuogoCaldo
18.12.2024    |    6.286    |    9 9.7
"Un calore improvviso mi incendiò l’inguine e mi sentii in colpa perché ero consapevole che, da un momento all’altro, i genitori del ragazzo avrebbero potuto..."
Non immaginavo che un giorno mi sarei trovato così vicino al demonio.
Nel vano buio dietro alla cucina della sua abitazione lo stringevo a me raccogliendo nel palmo della mano il calore del suo respiro. Era esile e profumato e sulla pelle riuscivo ancora a sentire l’odore maturo del professore.
“Che ci fa qui padre?” Biascicò.
Oltre le serrande della porta battente i genitori del piccolo trafficavano con le stoviglie.

“Mettiti seduto Ettore”. Disse la madre. “Preparo un tè e non ci alziamo fino a che non abbiamo deciso cosa fare”.
“Santo Iddio, Cinzia”. Rispose l’uomo. “Abbiamo deciso cosa fare già quindici anni fa. Cosa ti sta succedendo adesso?”
L’uomo sedeva sul tavolo proprio di fronte a noi.
“Sono uguali. Due gocce d’acqua”. Aveva detto Cinzia durante la confessione e aveva ragione.
Proprio come Biagio l’uomo era alto e imponente e, nonostante la non più giovane età, si sarebbe potuto dire che era ancora piacente.
“Avevamo deciso male, allora!” Sbottò Cinzia. “Per me questa situazione non è sostenibile. Pensavo che mi sarei abituata e invece. Ho paura che Flavio…”
“Ma che cazzo?” Sussurrò il ragazzo.
Scostò la mia mano dalla bocca e si voltò a guardarmi.

Ancora una volta me lo ritrovavo tra le braccia.
Non riuscivo a dimenticare la scena alla quale avevo assistito pochi minuti prima. Il piccolo corpo sovrastato dalla mole del professore.
Il desiderio che provavo era fisico e violento.
Un calore improvviso mi incendiò l’inguine e mi sentii in colpa perché ero consapevole che, da un momento all’altro, i genitori del ragazzo avrebbero potuto rivelare un segreto potenzialmente distruttivo per più di una vita.
Biagio, il compagno di banco di Flavio, era in realtà suo fratello e solo io sapevo che i due avevano intrecciato una storia sessuale. E forse anche sentimentale!
“Senti” Esordii serio. “Devo dirti una cosa prima che tu ne venga a conoscenza in un altro modo”.

“Andiamocene via”. Disse Cinzia appoggiando la tazza sopra al tavolo. “Ci spostiamo in città. Flavio è ancora piccolo, si farà nuovi amici. Per lui sarà divertente. Lasciamoci alle spalle questo paese e i suoi segreti”.
La voce era rotta dal pianto.
Ettore la guardò incredulo. “Ascolta”. Esordì mentre la tirava verso di sé e la metteva seduta sulle sue gambe. “Ti ho già detto che non c’è alcun pericolo. Lei non dirà nulla a nessuno. Non le conviene. Il marito neppure lo sa, pensa che sia suo! Perché stai facendo così?”.
La donna si lamentava mentre Ettore la stringeva e le accarezzava le gambe attraverso la gonna di lana.

“Non sto capendo nulla”. Disse il ragazzo. “Di cosa stanno parlando, padre? Perché mia madre vuole lasciare il paese? Che cosa devo sapere?”.
Nel buio dello stanzino i suoi occhi brillavano come quelli di un felino e il corpo era caldo e affusolato.
Tenni ferme le mani sopra ai suoi fianchi e avvicinai le labbra il più vicino possibile al suo viso.
Quanto desideravo strappagli le vesti e possederlo dentro a quel bugigattolo!
“È una cosa che è accaduta molti anni fa”. Gli soffiai nell’orecchio. “ Papà ha avuto un’altra relazione, ragazzo. È per questo che tua madre è così stravolta … Cioè, in realtà non solo per questo!”

“Ho paura, Ettore, ho paura che tu ci possa lasciare … Lei è più bella, è più giovane, e alla fine anche voi avete …”
“Ma che dici!” Sbottò l’uomo. “Sempre e solo te ho voluto, io!”
E prese a baciarla sulle guance raccogliendo le sue lacrime con la lingua.
“Io ho perso il senno per te”. Sussurrò appena.
“Dai che fai”. Disse lei. “Ti sembra questo il momento?”
“Per me è sempre il momento”.

“Ma che sta succedendo?” Chiese il piccolo avvicinando il volto alla serranda.
L’uomo cingeva la donna tra le braccia e trafficava con la mano sotto la gonna di lei.
“Ma che cazzo!” Sbottò Flavio.
“Ettore ti prego no”. Diceva Cinzia, ma aveva già spalancato le gambe e stava lasciando che il marito le ghermisse un seno.
“Tu lo sai che nessuna mi ha mai fatto perdere la testa così”. Insistette lui.
“Eppure la voglia di farci un figlio t’è venuta”. Replicò lei provocatoria.
Riuscii distintamente a sentire il ragazzino che deglutiva per la sorpresa.
“Che porco di merda”. Disse. “Che storia è questa, padre. Lei lo sapeva? Questo vuol dire che io… Che io ho un fratello da qualche parte!”.
Lo guardai senza rispondere. “Si figliolo”. Avrei voluto rispondere. “E purtroppo c’è anche di più”.
“Dobbiamo uscire di qui”. Esclamai perentorio. “Prima che …”.
“No, padre! Aspetti. Mi faccia sentire”.

“Mi ci hai mandato tu, puttana”. Tuonò Ettore.
E, in un moto di rabbia, prese la donna per i capelli e la dispose china in avanti col volto schiacciato contro la superficie del tavolo della cucina.
“Te lo ricordi che non mi volevi più? Eh? Te ne sei andata a fare la troia con quell’altro”.
E mentre parlava, premendole la mano sulla guancia, si sbottonò i calzoni e ne estrasse il sesso completamente eretto.
La somiglianza con Biagio era impressionante anche nel tratto di prevaricazione: l’uomo sapeva essere dolce e dominante proprio come suo figlio. Piantò le cosce dietro al sedere alla moglie, le sollevò la gonna e, dopo averle scostato le mutande, le appoggiò il glande sopra alle labbra.
“E tu non hai perso tempo”. Insistette lei.
“Ti faceva bagnare così pure quell’altro, puttana?” Rispose il toro e, dopo avere affondato la minchia dentro di lei, prese a scoparla continuando a bloccarle il viso.
La donna aveva gli occhi rivolti all’indietro per il piacere e inarcava la schiena per sentire meglio l’ingombro dei coglioni del marito.
Un rivolo scomposto di saliva le scivolò da un lato della bocca.

“Che porco”. Disse nuovamente Flavio.
Guardava la furia del padre abbattersi contro il corpo esile della moglie ed era come conquistato da quella manifestazione di virilità improvvisa.
“Allora, vacca ”. Domandava l’uomo. “Te lo faceva sentire così o no?”
“Ha un cazzo gigantesco …” Commentò il ragazzo.
L’atmosfera era invasa dalle urla di Cinzia e, dentro al vano, il nostro respiro s’era fatto pesante.
Il mio uccello era teso come l’acciaio e la vicinanza inopportuna del demonio mi rendeva impossibile controllarmi.
Arretrai il bacino onde evitare che l’ erezione aderisse al sedere del piccolo.

Ettore estrasse il sesso dalla figa della moglie, la voltò verso di sé e la dispose a cosce larghe sopra al tavolo.
“Non puoi risolvere tutto così” Disse lei stravolta dal piacere.
Ma lui le strappò i bottoni della camicia e, ghermendole i grossi seni tra le mani, prese nuovamente a chiavarla con violenza.
“Così come?” Sbottò senza fermarsi. “Te ne sei andata a fare la troia in giro, sei tornata e t’ho pure ripresa”. Urlò. “Che cazzo vuoi ancora? Che cosa non riesci a perdonarmi? Che ti ho lasciata fare quello che hai voluto? Ma che problema hai, cagna?”
E, carico di rabbia, le assestò una sberla in pieno viso.
La donna, per tutta risposta, allargò le cosce per sentirselo più in fondo dentro di sé.

Flavio aveva incominciato a tremare, s’era staccato dalla saracinesca e, indietreggiando, s’era appoggiato alla mia figura.
M’aveva preso le mani e s’era portato le braccia attorno al corpo per chiedermi di abbracciarlo.
Ero in trappola.
La mia erezione aderiva completamente al suo fondoschiena.
“Padre …” Sussurrò con un filo di voce.

“Così mi fai venire” Disse Cinzia. “Scopami forte ti prego”.
“Rispondimi, puttana” Proseguì Ettore senza diminuire il ritmo degli affondi. “Che ti è preso? Avevamo un accordo! Non se ne doveva proprio più parlare o ricordo male? Cosa è cambiato?”
“Lo sai cosa è cambiato”. Disse lei prendendogli le mani e portandoseli sui seni. “Non era una cosa che avevamo messo in conto”.
“Cosa?” Tuonò lui spremendole i capezzoli e facendola urlare. “Che un ragazzo che non ha potuto neanche conoscere suo padre e che è stato cresciuto da un alcolizzato sarebbe venuto su con un disagio così evidente? Che sarebbe stato bocciato non una ma ben due volte? Ti rendi conto che ho rinunciato a mio figlio per te?”
“Cazzo”. Pensai. “Devo dirglielo altrimenti lo scoprirà così”.

Ma Flavio non aveva alcuna idea del segreto del quale Ettore e Cinzia stavano parlando.
“Monsignore”. Sussurrò. “Mi dispiace …”
“Non è colpa tua piccolo”. Risposi fremendo per quella vicinanza pericolosa. “Ascoltami, prima che i tuoi genitori …”
“No, padre, non per loro”. Disse.
Il mio cuore batteva come un tamburo.
Il demonio inarcò la schiena e avvicinò il fondoschiena alla mia rigidità.
“La prego, padre”. Mugolò fremendo e si abbassò i calzoni fino alle ginocchia.
Attraverso il tessuto dei pantaloni il mio uccello puntava direttamente in mezzo alle natiche del ragazzo.
Non riuscii a trattenermi, avevo solo voglia di buttarglielo nel culo.

“Solo Flavio è tuo figlio”. Urlò Cinzia. “Hai capito?”
E provò a scostarsi di dosso il marcantonio.
Ma l’uomo pretendeva ormai il suo orgasmo.
“Non meriti nulla di quello che ho fatto per te”. Disse montandola come un forsennato.
Avvertii la sborra che inondava i coglioni e affluiva inesorabilmente verso il glande.
Slacciai la cintola dei calzoni, abbassai la cerniera e ne estrassi l’erezione più potente che avessi mai sperimentato.
Il piccolo puntò i suoi occhi malvagi dentro ai miei.
“La prego, padre, dentro. Venga dentro. Non così, no! La prego!”.
Feci scorrere un paio di volte il prepuzio lungo l’asta e, quando le gambe mi cedettero per il piacere, smisi di controllarmi, m’appoggiai alla saracinesca per mantenere l’equilibrio e finalmente scaricai le palle proprio sopra ai glutei del ragazzo.
Provai subito vergogna per quello che avevo fatto.
Il piccolo, deluso, si passò la mano sulla rosetta, raccolse il mio seme e s’avvicinò il palmo alle labbra.
“È buonissima”. Sussurrò proprio quando Ettore, stremato dal lavoro nella figa della moglie, venne a sua volta.
“Anche lui è figlio mio”. Urlò in preda ad un piacere scomposto. “Ormai si sono incontrati e non possiamo continuare a fare finta di niente!” Disse ansimando mentre la donna si contorceva per gli spasmi. “Flavio ha il diritto di saperlo: sono fratelli, cristo santo! Biagio e Flavio sono fratelli”.
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