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Gay & Bisex

Una troia nel convento dei frati minori - 1


di LuogoCaldo
06.01.2025    |    4.966    |    3 9.2
"Risposi provocando stupore nel mio interlocutore..."
La notte di Capodanno incontrai don Gaetano per la prima volta.
Era un omone alto e massiccio che, col suo viso rubicondo e sorridente ti metteva subito a tuo agio, ma, soprattutto, era un maschio imponente e autoritario, che con una voce profonda e il pelo villoso che spuntava sotto al collare e ai polsini della tunica, ti faceva bagnare il buco del culo e passare le notti insonni a fantasticare sulla sua minchia.
Ero scappato dalla tangenziale perché il mio protettore, dopo avermi incoraggiato ad agghindarmi come una troia e garantito sicurezza per mesi in cambio dei bei soldini che il mio culetto liscio gli faceva guadagnare, aveva deciso di punirmi per aver rifiutato di montare sulla macchina di due ragazzi africani visibilmente alterati.
A nulla erano valse le eccezioni relative allo stato ormai prolassato del mio sfintere e alla stanchezza estrema per aver passato la notte in strada accanto al barile infuocato e neppure l’offerta di succhiarglielo aveva avuto effetto: quel bastardo, dopo la fortuna che gli avevo fatto intascare, aveva preso a malmenarmi come si fa coi cani disobbedienti sicché m’ero trovato a correre in minigonna e tacchi alti mentre lui mi veniva appresso minacciandomi di morte.

Avventuratomi per le strade anguste e le chine scoscese del quartiere, nel tentativo estremo di seminare il magnaccia, trafelato e senza speranza, ero giunto dinanzi al convento dei frati minori della vallata.
Ricordo che colpii la porta con il batacchio e proprio quando, in fondo alla strada, mi parve d’udire lo scalpiccio del mio assassino, don Gaetano socchiuse l’uscio.
Il chiarore che filtrava attraverso la fessura m’accese come una luce del paradiso sicché, senza neppure attendere d’essere invitato, m’insinuai all’interno del convento e mi richiusi il battente alle spalle, ansimando per la paura.
Il Don mi guardava incredulo. “Chi sei tu, figliola?” Mi chiese incerto. “Come ti chiami?”.
“Giordano”. Risposi provocando stupore nel mio interlocutore. “Mi chiamo Giordano”.
Uno ad uno, dietro di lui, erano accorsi tutti i monaci del convento.
Tre di loro, i più anziani, vennero avanti, proprio accanto al Don, e lo circondarono, mentre gli altri, meno invadenti, si fermarono poco indietro.
Erano nove in tutto.
Dovevo averli buttati giù dal letto perché indossavano ancora i pigiami di lana leggera bianchi ed attillati sulle cosce e i calzini spessi ed ingialliti e s’erano fatti strada fino all’ingresso con le fiamme fatue delle candele che ora puntavano verso di me sopra piccole bugie d’ottone.
M’inginocchiai ai piedi del mio salvatore e, nonostante il terrore che pervadeva ogni parte del mio corpo, non potei non notare che il tessuto della veste, stropicciato dal peso di quel corpo possente, evidenziava le spalle larghe, il torace ampio e, proprio in mezzo alle gambe, una grossa conchiglia barzotta che non riuscivo a smettere di fissare.
“La prego padre, mi aiuti”. Piagnucolai mentre il bravo, fuori dal cortile, urlava che sarebbe venuto a prendermi: “Ti cercherò fino a quando non ti avrò annodato lo stomaco intorno al collo, troia!”

Raccontai brevemente le difficoltà nelle quali m’ero cacciato, le vicende che m’avevano portato in strada, l’incontro con il mio protettore, il successo compiaciuto delle mie prestazioni e la caduta in disgrazia.
Don Gaetano mi guardava impassibile e la sua ombra sovrastava il mio corpo esile e delicato.
“Ma quindi è un ragazzo?” Si chiedevano i preti sullo sfondo. Le voci arrivavano indistinte dietro al fuoco brillante dei ceri.
“Non avrà neppure venti anni!” Disse un monaco grosso e grasso. “Che esistenza sciupata. Ma perché s’è vestito in quel modo? Signore Iddio!”.
Aveva i capelli biondi e lucidi e gli occhi azzurri come il cielo. “Quella minigonna è una mutanda … Le calze, la parrucca! Cosa sta diventando il mondo là fuori!”.
“Però sembra proprio una femmina”. Commentò un altro con un severo accento tedesco.
Era un uomo di mezza età pallido e allampanato e stringeva una bibbia tra le mani. Aveva lunghi capelli rossi, legati dietro la nuca, e una miriade di efelidi intorno al naso. “Cioè …”. Precisò. “Se non ce l’avesse detto lui, io non avrei mai immaginato”.
“Che vuoi dire, Isidoro”. Lo pungolò il monaco che gli stava accanto. “Che te lo saresti fatto? Hai capito il nostro bibliotecario, eh-he!”
Era il più alto di tutti, camminava scalzo e, per il colore scuro della pelle, il naso schiacciato e le labbra gonfie e prominenti, immaginai che avesse origini africane.
“Non ti consento di parlare così ai tuoi fratelli, padre Moulivan!” Tuonò Don Gaetano.
“E voi, tutti quanti, statemi a sentire”. Aggiunse.
Le voci degli avventori si acquietarono immediatamente e presto cessarono come risucchiate dal silenzio.
I preti pendevano dalle sue labbra e anche io, nella speranza di ricevere il suo supporto, continuavo a fingere d’asciugarmi le lacrime che in realtà non avevo neppure versato.
“Questo ragazzo ha bisogno d’aiuto”. Disse con tono asciutto. “Avete sentito l’uomo là fuori? Probabilmente non è neppure il solo che lo sta cercando! Quella che il Signore ci sta chiedendo di risolvere, questa notte, è questione di vita o di morte. Dobbiamo ospitarlo!”
“Ospitarlo?” Rispose scandalizzato il monaco grosso e grasso che aveva parlato poco prima. Aveva una voce roca e profonda. “Ma padre …! Non è una donna, ma è come se lo fosse. Come possiamo ospitarlo in un convento? Secondo me è inappropriato”.
I confratelli si scambiarono sguardi reciproci carichi di significato e, inaspettatamente, ciascuno di essi iniziò a dire la sua.
“Lo penso anche io”. Esclamò Isidoro.
Parlava come un saggio e tutti i presenti gli prestavano grande attenzione. “Non possiamo permettere che il mondo ci contamini in questa maniera, signori. Sappiamo tutti che Satana sa assumere le sembianze più inaspettate pur di sottrare al Signore i suoi soldati. Forse è meglio che il ragazzo si trovi un’altra sistemazione”.
“Inappropriato?” Sbottò un monaco molto più giovane degli altri. “Un’altra sistemazione? Ma cosa dite, fratelli?”
Avrà avuto forse la mia età e, nonostante la bellezza straordinaria, confesso che a stento l’avevo notato nascosto com’era dietro il crocicchio dei padri più anziani. “Preferite forse lasciarlo in pasto a quell’assassino?”
“Ecco, appunto, l’assassino!” Intervenne uno dei vecchi. Aveva una barba lunga e bianca.
“E se quello torna e minaccia anche noi, eh?” Disse il secondo.
“Saremo tutti in pericolo”. Aggiunse il terzo. “Tu sei giovane, padre Arturo, ma noi … Chi ci proteggerà?”.
“Dovremo nasconderlo”. Rispose il ragazzo. “Potremo fargli indossare abiti da suora …. Pensateci, a chi verrebbe in mente? Stanno cercando una pu...”. E dopo averci riflettuto qualche secondo si corresse. “Stanno cercando una ragazza, non lo noteranno se vestirà i panni di una suora”.
“Ma che dici, Arturo? Che idea malata stai proponendo …”. Obiettò don Moulivan.
“E invece sì”. Disse l’ altro. “Secondo me può funzionare”.

I preti continuavano a pungolarsi e, siccome il cicalare non pareva avviarsi verso una conclusione, don Gaetano decise di tirare le somme di quel dibattito senza senso. “Allora facciamo così”. Disse. “Giordano, se vorrà, rimarrà qui per una settimana, nelle vesti di una suora di carità ospite del convento … Suor Giordana, appunto ... Ma tra esattamente sette giorni, dopo che avremo valutato come si sarà comportato e come il convento avrà risposto a questo elemento di novità, voteremo democraticamente se potrà restare o no”.
“Grazie, padre”. Risposi sforzandomi di singhiozzare.
L’epilogo di quell’avventura notturna destò, tra i preti, uno stupore concitato.
“Una settimana?”
“Allora resta?”
“Si, resta”.
Ma nessuno dei presenti osò contraddire il Don.
“È deciso!” Terminò dunque l’uomo e, rivolto al monaco grosso e grasso che s’era dimostrato così tanto ostile nei miei confronti aggiunse: “Padre Teodosio ti accompagnerà nella cella degli ospiti al secondo piano, quella in cui hanno alloggiato le sorelle la scorsa estate”.
Poi si voltò nella direzione degli altri e, facendosi largo tra la folla imboccò le scalinate che conducevano al piano superiore, incitando i confratelli a seguirlo: “Noi torniamocene a dormire, signori. Abbiamo tutti bisogno di riposo”.
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