Gay & Bisex
Ritorno al noccioleto - Parte 6
di LuogoCaldo
05.12.2021 |
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"Mi sedetti sotto un albero, chiusi gli occhi e appoggiai la mano sul cazzo, sopra i calzoni..."
Che strana questa storia.Da più di un anno, ogni notte, facevo sogni incestuosi su zio Gaetano e quando l’incesto c’era stato non me ne ero neppure accorto.
Avevo avuto dentro di me il frutto dei suoi lombi.
Alfonso, il ragazzo che a scuola per primo aveva desiderato il mio corpo, era mio cugino.
Effettivamente padre e figlio si assomigliavano moltissimo.
L’altezza, la pelle bruna, le spalle enormi, le cosce muscolose.
Erano diversi i punti di contatto.
E, ora che ci facevo caso, i due maiali avevano la stessa carica sessuale, la stessa potenza delle reni, le stesse palle gonfie e lo stesso uccello largo e violento.
Quando salii in auto ero stordito e, allo stesso tempo, tremendamente eccitato.
Sentivo ancora il calore di Alfonso, la forza dei suoi colpi, lo spessore del cazzo che mi allargava il culo.
Avrei dovuto provare vergogna per quello che avevo fatto e invece, in cuor mio, riuscivo solo a rammaricarmi di essermi perso il finale.
Fare sesso, per me, significava sentire il cazzo del mio amante scoppiare dentro al mio sedere.
Quello – solo quello – era il momento in cui riuscivo davvero a provare piacere.
Dovevo avere la certezza di averlo soddisfatto.
Per un po' guidai senza una meta, accarezzandomi l’uccello duro.
S’era fatta notte fonda, le strade erano vuote.
Decisi di tronare al noccioleto dove sarei potuto stare un po' tranquillo e ripensare a quella lunga giornata.
Gli alberi sembravano sagome ritagliate dentro al disco della luna piena.
Il bosco era immerso in un silenzio profondo e solo il rumore dei miei passi disturbava la quiete di quel luogo.
Mi sedetti sotto un albero, chiusi gli occhi e appoggiai la mano sul cazzo, sopra i calzoni.
“Che ci fai qui?” Ebbi un sussulto.
Non riuscivo a capire da dove provenisse quella voce.
“Quassù coglione”. Era Alfonso. “Qua!”
Era seduto sul trattore, al posto del conducente. La nuca pesantemente abbandonata sul volante.
“Ehi” ritrassi immediatamente la mano “Che cosa ci fai TU qui?” risposi.
“Mi godo l’ultima notte” disse beffardo.
“In che senso?” replicai perplesso. Mi arrampicai anch’io sul veicolo e mi accomodai sul sedile del passeggero.
Alfonso fece ruotare la testa verso di me, senza neppure staccarla dal volante.
“Domani tutti sapranno Paolo” biascicò con voce rotta.
“Per me sarà la fine. A differenza tua io non ho una città dove scappare a settembre.
Rimarrò qui per sempre”.
Annuii. Capivo cosa voleva dire.
Mi resi conto che avevo sottovalutato quello che era accaduto negli ultimi giorni.
Il ragazzone che a scuola mi dava la caccia e che aveva finto di lasciarsi attrarre nelle situazioni più improbabili in realtà si era messo molto più in gioco di me.
Alfonso aveva molto da perdere e poco da guadagnare da quella storia.
Nel paese non c’era spazio per la gente come noi e io lo sapevo fin troppo bene.
Essere sé stessi, in quel posto, portava solo solitudine.
“Ehi” avrei voluto accarezzargli i capelli ma mi trattenni “domani non finirà proprio niente, zio Gaetano non racconterà niente”.
“E come fai a dirlo?” Mi guardò interrogativo.
“So quello che devo sapere. Fidati, nessuno dirà niente” risposi con un tono che non ammetteva repliche.
“Ok ..” Sembrava rassicurato.
“Senti” proseguii “Lo so che non sono fatti miei, ma … io penso che tu non dovresti vivere così … nessuno dovrebbe vivere così in realtà…”.
Lui mi guardò fisso negli occhi, abbozzò un sorriso triste e avvicinò il suo viso al mio.
“Dai no, non possiamo …” Provai a respingerlo poco convinto.
Probabilmente avrei dovuto fermarlo.
Avrei dovuto dirgli che non dovevamo, che eravamo cugini, che questo ora cambiava tutto tra di noi, ma non ci riuscii.
Lasciai che la sua lingua seguisse il percorso delle mie labbra e scivolasse nella mia bocca, mentre una mano mi abbassava i calzoni e si insinuava tra le gambe.
Le dita umide di saliva cercarono il buco del culo e lo accarezzarono a lungo.
Riuscivo a percepire tutta la sua eccitazione mentre la lingua spingeva sempre più in fondo alla gola.
Alfonso reclinò il mio sedile e prese posto tra le mie gambe.
Il suo cazzo durissimo era umido di liquido seminale.
Spalancai le cosce per accogliere quel maschio imponente e quando lo sentii scivolare dentro le serrai nuovamente intorno al suo bacino.
Il suo corpo pesante si dimenava sopra di me e le mie dita si stringevano attorno alle sue spalle enormi e scivolavano lungo la schiena muscolosa, fino alle natiche.
Sotto le mani sentivo i suoi glutei contrarsi e diventare duri ad ogni affondo.
Il piacere stava diventando sempre più intenso. Sapevo che stavo perdendo il controllo.
“Scopami” cominciai a gemere mentre la sua lingua mi leccava il collo e l’orecchio “Scopami. Fallo forte, ti prego.”.
Lui obbedì e prese a chiavarmi selvaggiamente contro il sedile per un tempo che non riuscii a calcolare. “Così, così …” urlavo, mentre gli conficcavo le unghia nella schiena e pensavo che stavo facendo godere mio cugino.
Il suo uccello era gonfio e i coglioni pieni sbattevano violentemente sul mio culo.
Mi sentivo schiacciato sotto il peso di quel montone e allargavo le cosce più che potevo per sentire tutto il vigore dei suoi colpi.
“Dove vuoi che venga?” mi chiese.
“Aspetta. Aspetta ancora un attimo, mettiti sull’altro sedile” risposi.
Lui si spostò e io mi impalai sopra al suo cazzo duro per masturbargli tutta la lunghezza dell’asta col buco del culo.
Afferrai i suoi polsi, li strinsi con forza e glie li immobilizzai contro lo schienale.
“Che fai?” rise mentre gli mordevo le labbra.
“Mi hai chiesto dove dovevi venire. Vieni così” sussurrai e, stringendo forte il buco, gli fasciai completamente l’uccello e continuai a segarlo.
Avvertii subito la sua reazione.
Il bacino sotto di me cominciò ad agitarsi sbattendo selvaggiamente dentro al mio sedere.
Alfonso stava impazzendo di desiderio. “Cazzo Paolo. Cazzo, mi stai facendo scoppiare… aaaah aaah aaaah” gemette con gli occhi spalancati rivolti verso l’alto.
Anche io stavo arrivando.
Impalato saldamente sul suo membro mi dimenai come una troia e, mentre avvertivo che il seme del mio stallone mi stava inondando le viscere, riversai sul suo ventre una enorme quantità di sborra.
Per qualche istante rimanemmo in silenzio e ci guardammo fissi negli occhi, cercando di riprendere fiato.
Poi Alfonso mi tirò languidamente verso di sé.
Sentivo il suo cuore battere accelerato dentro al mio petto.
“Ti amo Paolo” mi disse mentre io lo guardavo impietrito.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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