Gay & Bisex
L'esame prima di Natale
di LuogoCaldo
18.12.2021 |
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"E senza che potesse opporsi, in piedi sul sedile, mi misi la sua testa tra le cosce e gli piantai la nerchia in bocca, pompandoglielo fino a dentro alla gola..."
“Bella Cì come va?”. La musica della discoteca era così alta che fui costretto ad urlare per richiamare l’attenzione del mio amico.“Oh Vincè … Grande Vincè”. Ciro era visibilmente su di giri. “Vié qua sul divano che rollo un cannone”. Disse, facendomi spazio.
“Che è sta faccia?” Mi chiese mentre la lingua scivolava sulla cartina per sigillare la sigaretta. “È domenica, oh! Stai a un festone mica a un funerale.”
“Domani ho l’esame, Cì. Finanza … Non so una minchia”.
“E sticà?”. Rispose lui facendo spallucce. “Se ne parla dopo Natale. È vacanza oh. Usciamo tutte le sere, una passera a notte e a studiare ci pensiamo l’anno prossimo”.
“Eh proprio quello è il problema” Risposi. “La fica”.
“In che senso?”. Chiese Ciro.
“Nadia”. Risposi sospirando. “Te la ricordi? Mora, occhi verdi, due poppe che manco l’Everest, cosce infinite?”.
“Eh?” Annuì lui.
“È un mese che la riempio di pesce. Me la pompo così forte che le si so gonfiate le zinne”. Affermai goliardico.
“Embè? Allora che cazzo te ne fotte dell’esame?”
“M’ha promesso Rai2 se la porto a Montecarlo a Capodanno”.
“Rai2?” Ciro mi guardò interrogativo.
“Eh Rai2 …” Conoscevo il mio amico da quando eravamo bambini ma ero ancora insofferente al ritardo con cui recepiva le informazioni importanti. “Il culo!”.
“Grandeeeee …”. Disse lui euforico. “Avanti tutta, sdrumaglieloooo”.
“Macchè”. Risposi dispiaciuto. “Mi servono mille carte per sistemà la cosa. Il viaggio, l’albergo … Non ce l’ho”.
“Embè?” Fece lui. “C’è mamy no?”.
“Lascia sta. Quella è una troiaaaa!” Risposi con rabbia. “Le ho spiegato l'urgenza … ovviamente sorvolando sulle intenzioni anali … m’ha risposto che non è un bancomat, che non faccio un esame da st’estate e che se non passo finanza non mi da manco più i soldi per la benzina … sto nella merda zi …”.
“Aja …”. Commentò Ciro empatico. “Gran puttana tua madre”.
“Eh …”.
“Vabbè”. Proseguì lui. “Non tutto è perduto! Ti devi organizzà. Fatti passà l’esame!”. Concluse.
“E da chi? Ti pare facile …”
Ciro si guardò intorno e, infine, indicò un ragazzo molto esile che stava ordinando al bancone del bar. “Gianni Secchia!” Disse. “È una secchia di nome e di fatto. Quello sicuro sa tutto. Si fa pure le note.”
“E quando m’aiuta … ?” Risposi irritato. “Non lo sai che so tre anni che lo sfotto? Lo chiamo Gianni Succhia da quando era ‘na matricola …”.
“E sticà?” Rispose lui. “Tu pagalo!” Suggerì. “Cento euri per farti passà il test”.
Era serio. “Oh … so affari … pensa a Rai2”. Aggiunse strabuzzando gli occhi per indicare che l’argomento era quello decisivo.
Non avevo molte alternative. Mi lasciai convincere.
“Ci provo …”. Dissi. E mi avviai al bancone.
“Ciao bello”. Esordii sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
Gianni mi guardò sorpreso. “Dici a me?”.
“E a chi?” Risposi facendo l’occhiolino ed appoggiandogli un braccio sulle spalle. “Lui è ospite mio”. Urlai al barista.
Gianni Secchia mi fissava incredulo. “Senti chicco”. Incalzai deciso. “Ti volevo proporre n’affare”.
Si limitò ad un cenno del capo.
“Come stai per l’esame di domani? Finanza …”.
“Ho studiato”. Disse lui secco.
“Io no”. Era meglio presentare subito il problema. “Facciamo così …” Proposi. “Cento euro se mi passi il test!”.
Lui rimase in silenzio.
“Centocinquanta?” Rilanciai.
Gianni mi sorrise vendicativo. “Senti bello”. Mi rispose sfrontato. “Io non le faccio ste cose … studia, vedi che la prossima volta l’esame lo passi …”.
“Grazie mille comunque”. Concluse sollevando il cocktail mentre raggiungeva la pista.
“Beh?” Chiese Ciro quando feci ritorno sul divano.
“Picche … Niente Rai2 me sa!”.
“Che figlio di puttana Gianni Succhia!”. Commentò lui visibilmente fatto.
“Figlio di puttana!”. Ripetei. “Senti Ci, me ne vado”. Sbottai deluso. “Sennò domani manco m’alzo”.
Mentre m’infilavo nell’Audi che quella stronza di mia madre m’aveva regalato per il compleanno la musica della discoteca si fece sempre più distante.
Pensai che tutto sommato una fica valeva l’altra. Fanculo a Nadia e alle mille carte per Rai2.
“Sai quante me ne bombo?” Mi dissi. “Sta troia tornerà dopo le vacanze implorandomi di farla squirtare”.
Ero consapevole dell’effetto che avevo sulle donne.
Vent’anni. Un metro e novanta di carne allevata in palestra. Le spalle larghe e la minchia sempre pronta allo sfondamento.
Avevo perso il conto di quante me ne ero chiavate.
Alla fermata dell’autobus Gianni Secchia aspettava il notturno.
Ripensai al culo di Nadia e l’uccello fece uno scatto dentro ai jeans.
“Cazzo”. Mi dissi. “Sto morto di fame va in giro cogli sposta-poveri e fa tutte ste storie!”.
“Lo vuoi un passaggio bello?” Chiesi splendido dietro il finestrino.
“Avanti fa freddo”. Insistetti.
“Grazie”. Disse lui montando in auto. “Abito dietro il campo di calcio. Conosci?”.
“Avoja”. Esclamai entusiasta. “Sai quante me ne sono sbattute da quelle parti? … lo sai, no? Là la notte si tromba … è pieno di macchine appartate … non passa nessuno”.
“Si lo so”. Disse lui.
“È comodo”. Proseguii. “Le faccio bere, le riaccompagno a casa e per strada mi fermo in camporella … so tutte troie Gianni. Fidati! Prima è solo ma-no-cheffai-ci-conosciamo-da-poco-meglio-aspettare-un-pò, poi quando glie lo metti in bocca le devi stacca sennò ti lasciano l’ematomi”.
Gianni Secchia era visibilmente a disagio. Rimase in silenzio deglutendo rumorosamente.
Riuscivo a scorgere il pomo d’Adamo alzarsi e tornare rilassato.
“Te le scopi qua dentro?” Chiese infine mentre si tormentava la cerniera del cappotto.
Faceva finta di guardare oltre il finestrino ma, appena poteva, mi fissava le cosce.
“Non è che è frocio questo?” Pensai senza particolare imbarazzo.
Ero un uomo di mondo.
Le mie esperienze l’avevo fatte tutte. Donne, uomini, trans … m’ero chiavato qualunque cosa.
“Già”. Risposi. “La dietro”. Feci un cenno con la testa ad indicare il sedile posteriore.
“Le metto a pecora e me le spacco. A volte c’è pure qualche maiale che ci guarda da fuori … si spara una sega … alla gente piacciono le cose più strane … io non sono uno che si scandalizza troppo”. Dissi intenzionalmente. “Anzi, col pubblico m’arrapo pure di più!”.
“È proprio ricchione”. Pensai, mentre lui, evidentemente arrapato, s’aggiustava il cazzo dentro ai calzoni.
Era il momento di attaccare. “Senti”. Incalzai. “Riguardo alla proposta che t’ho fatto prima … sei proprio sicuro che non ne vuoi parlare? Centocinquanta non è poco … e comunque il prezzo è trattabile”. Aggiunsi, allargando le cosce sotto al volante e toccandomi l’uccello.
Intorno a noi era completamente buio. La luna rischiarava la notte dietro la rete del campo da calcio.
“Che dici Gianni … mi fermo così capiamo che possiamo fare?”. Dissi mentre gli mettevo una mano sulla gamba e parcheggiavo la macchina.
“Forse è meglio che mi porti a casa …” Provò a protestare scarsamente convinto.
“Tranquillo … tranquillo”. Obiettai e, prendendogli una mano me la portai tra le cosce, per fargli sentire il pacco gonfio sotto i jeans aderenti.
Non pensavo che dietro il ragazzino sottile che, negli ultimi anni, s’era preso in silenzio i miei insulti si nascondesse una così gran puttana.
Gianni mi sbottonò la patta con frenesia e si avventò sul mio uccellone molle.
Allargai le braccia sopra al sedile e mi godetti la succhiata.
Quel pompinaro aveva davvero una gran tecnica. Mi serrava la cappella tra le labbra e poi, con la potenza del risucchio, ingoiava quanta più minchia riusciva a mettersi in bocca.
“Ahhhh … ne hai fatta di pratica eh?” Chiesi mentre l’odore dei primi succhi riempiva l’abitacolo.
“MMMH … MMMMH …”. Si contorceva il maiale lucidando la mazza sempre più dura. “Che buono … buono …”.
Mi abbassai i calzoni e gli ordinai di leccarmi i coglioni.
Lui non se lo fece ripetere e, mentre la mano scorreva veloce sul cazzo pieno di saliva, la sua lingua mi puliva le palle. “Brava mignottona … brava … pure stavolta ti meriti trenta e lode all’orale”. Commentai estasiato.
“Adesso però fila dietro”. Gli dissi levandomi i calzoni.
Gianni guardò il mio uccello preoccupato. “È molto spesso”. Provò a protestare mentre si spogliava.
“Che fisico da pensionato!”. Pensai. Non era grasso ma neppure tonico! Studiava troppo quel ragazzo. Avrebbe dovuto trascorrere più tempo in palestra e meno sui libri. “Ma poi l’esame chi me lo passa?”
“Vai dietro gran-culo”. Ordinai mentre reclinavo il sedile e mi spostavo sopra di lui.
Il maiale aveva il pesce duro come il marmo e pure bello grosso.
Si mise a pecora e cominciò a segarselo come un forsennato.
“C’hai proprio un bel buco”. Lo blandii e intanto mi sputai in una mano e gli infilai prima una e poi due dita dietro.
Era stretto. Si vedeva che non ne passavano molti di treni in quella galleria.
Affondai le dita, per massaggiargli la prostata e farlo rilassare. “AAAAH AAAAAH! Mi piace … mi piace molto”. Gemeva.
Quando sentii che era pronto appoggiai il glande sopra alla rosetta e cominciai a spingere.
“Ma non lo metti il preservativo?” Chiese lui senza fermarmi.
“Già così è un miracolo se mi si rizza”. Pensai.
“Voglio fartelo sentire bene … stai tranquillo”. Risposi.
La bagascia era fuori controllo. Voleva solo il nerchione.
Cominciai a scivolare piano dentro il canale, attento a non far male al mio esame di finanza.
“Lo senti quanto è grosso?”. Lo incitai.
“Si … siii.” Mugolò lui.
Capii che era il momento di attivare la pompa.
Cominciai a sbatterglielo in culo con violenza.
“Rompimi … rompimi ti prego … ho bisogno di essere chiavato … è da quando ti conosco che mi faccio le seghe su di te”.
La porcaggine di quella vacca aveva cominciato a risvegliare il toro dentro di me.
I coglioni mi si riempirono di sborra, sollevai un ginocchio per spingere il bacino più forte contro di lui e me lo montai come una cagna.
“Le senti le palle che sbattono sul culo?” Gli chiesi. “T’hanno mai scopato così?”. Urlavo.
E intanto gli assestavo potenti schiaffi sulle natiche.
Gianni aveva gli occhi fuori dalle orbite.
Si stava segando come un pazzo.
“Continua …” Mi implorava. “Continua ti prego … AAAAAH …. AAAAHH”.
Dimenava il sedere come un ossesso, sbattendolo ritmicamente contro l’uccello per prenderne sempre di più.
Poi, d’un tratto, afferrò la maglietta che si era sfilato poco prima, se la portò vicino al cazzo e ragliando come un maiale ci sborrò dentro per non sporcarmi il sedile.
Onestamente non mi andava di tornare a casa a palle piene dopo che m’ero fottuto quella busta.
“Devo sborrare”. Dissi imperativo.
“Mi fa male ora”. Protestò lui sfilandoselo e girandosi verso di me.
“Devo sborrare …". Ripetei. E senza che potesse opporsi, in piedi sul sedile, mi misi la sua testa tra le cosce e gli piantai la nerchia in bocca, pompandoglielo fino a dentro alla gola.
Vidi che diventava bianco per il bisogno d’ossigeno. Cacciò una enorme quantità di saliva dai lati delle labbra e per un momento temetti che avrebbe vomitato.
Poi, mentre pensavo alle chiappe di Nadia e alla voglia che avevo di affondarlo dentro Rai2, scaricai tutta la banana dentro alla gola di Gianni Secchia. “AAAAAAH …. AAAAAAH”. Grugnii soddisfatto. “Sei stato fantastico …” Lo blandii.
Lui mi guardò con gli occhi innamorati e la bocca piena di sperma e, senza che dovessi neppure incitarlo, ingoiò rumorosamente, per dimostrarmi quanto aveva gradito.
“Sei stato bene?” Domandai, fingendomi interessato. “T’ ho fatto male?”.
“Sono stato molto bene”. Rispose lui con lo sguardo da troia passandosi la punta della lingua sulle labbra.
E poi, dopo una breve pausa, mi chiese allusivo: “Quanti esami ti mancano per la laurea?”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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