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Una troia nel convento dei frati minori - 5
di LuogoCaldo
09.01.2025 |
1.110 |
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"I monaci cominciarono a gridare ma ormai erano troppo deboli e non avevano più la forza di scappare..."
Ero perduto.Nemmeno Don Gaetano avrebbe votato per me.
In un attimo, da semplice ospite ero diventato un demonio, un intruso da sacrificare per il bene della cristianità.
Mi allontanai dalla porta della stanza di colui che avevo creduto essere il mio salvatore con il cuore greve.
Risalendo le scale verso il secondo piano, mi fermai prima di svoltare l’angolo che conduceva al corridoio. Un bisbiglio, flebile ma chiaramente percepibile, mi bloccò.
“Sei certo di ciò che affermi?” chiese una voce che conoscevo bene.
“Melchiorre!” Pensai.
“Ti ho detto di sì”. Rispose Gaspare in tono stizzito. “L’ho seguito la scorsa notte. È entrato e ha svoltato subito a sinistra, addentrandosi in quel labirinto come se lo conoscesse palmo a palmo. Io invece avevo paura di perdermi, così ho spezzato il rosario e lasciato un grano ad ogni svolta, per segnare il percorso.”
“E sei sicuro di quello che hai visto?” Domandò Baldassarre. “È proprio un manoscritto che custodisce?”
“Sono vecchio ma non rimbambito!” Sbottò il monaco. “Sembrava un alchimista: indossava guanti per non rovinarsi le mani. Ha tirato fuori una bottiglietta di vetro dalla tasca, ha aperto il codice e ha staccato una pagina che era solo appoggiata tra le altre. Poi, con un contagocce, ha bagnato la pergamena, probabilmente per ravvivarla.”
Melchiorre rifletté un momento, poi commentò: “Tratta quel libro come fosse una reliquia… chissà quale segreto nasconde.”
“Seguitemi”. Incalzò Gaspare. “E stasera lo scopriremo!”
Sbirciai oltre l’angolo e vidi i tre monaci anziani prendere le scale che conducevano alla biblioteca. Indossavano gli strani pigiami di lana bianca che avevo già notato la notte del mio arrivo e si facevano luce con lanterne di vetro, in cui ardeva un liquido infiammabile.
Attesi che avessero svoltato l’angolo e feci per imboccare a mia volta il cunicolo per recarmi all’appuntamento con Moulivan ed Arturo.
Dentro al pertugio, però, la voce di Teodosio mi fece sobbalzare.
“Che ci fai in giro a quest’ora?”
Il monaco si era materializzato alle mie spalle.
“Mi hai spaventato” Risposi, cercando di mascherare il nervosismo. “E tu, invece?”
“Ti ho visto di sotto e… sai com’è?” Disse avvicinandosi. “Mi è venuta voglia. Tanta voglia.”
Mi prese la mano e se la portò contro l’ inguine.
La sua erezione pulsava: nonostante l’avessi già soddisfatto al mattino, era ancora affamato.
“Vuoi venirmi in bocca”. Domandai.
“Non qui”. Rispose mentre salivamo le scale. E quando fummo in cima aggiunse: “Seguimi”. E fece per girare a destra.
Sbiancai.
Non potevo rischiare di tradirmi con Moulivan ed Arturo!
“No!” Esclamai. “Andiamo in biblioteca!” E, senza attendere la sua risposta, lo trascinai a sinistra.
Il locale era immenso. Gli scaffali, alti fino al soffitto, creavano un labirinto in cui orientarsi era impossibile.
Avevo perso di vista i monaci, così, non sapendo come avanzare, mi alzai la veste e mi misi a pecora, invitando Teodosio a prendermi direttamente lì in quella posizione.
“Che troia.” Sussurrò lui. “Siamo troppo vicini all’ingresso, però… Andiamo all’interno così ti sfondo.”
Era tardi. Non sarei mai arrivato in tempo per la mezzanotte, ma ormai non importava.
In ogni caso non avevo voti a sufficienza per restare.
Feci per rialzarmi quando la mano premette su qualcosa di piccolo e duro.
“Ahi!” Esclamai, raccogliendo da terra una chicca marrone.
“È uno dei grani del rosario di Gaspare” Pensai.
Seguii le perle nel labirinto, guidando Teodosio, che continuava ad abbassarsi i calzoni ad ogni svolta.
“Ancora un passo” Ripetevo, fino a quando non arrivammo davanti a una sezione aperta della biblioteca.
Un vociare sommesso ci fece trasalire.
“Non siamo soli”. Sussurrò Teodosio, terrorizzato.
“Sono i tre monaci anziani”. Lo rassicurai. “Di che hai paura? Non ci vedono né ci sentono più. Restiamo nascosti dietro allo scaffale.”
Tesi il collo oltre lo spigolo per spiare.
Erano fermi davanti a un tavolo rotondo, su cui avevano aperto un libro.
Melchiorre teneva in mano una pagina staccata dal volume.
“Quindi è questo il manoscritto che quel folle protegge come fosse una reliquia”. Commentò Gaspare. “Deve essere molto antico, ma sembra solo una raccolta di scritti biblici. Aspetta. Riconosco le lettere di San Paolo!”
Teodosio era eccitato. Sollevò la veste e cominciò a trafficare con il buco del culo.
“Sei veramente un porco”. Esclamai ma lo lasciai fare.
Avevo bisogno di farmi sfondare.
Quando la sua asta dura trovò la strada, trattenni un gemito di piacere.
Intanto, Gaspare continuava a sfogliare il libro.
“Guarda!” disse Baldassarre. “C’è un appunto sulla pagina… che dice?”
“Precedente al 50 d.C.” Rispose Melchiorre, scrutando il foglio.
Teodosio aveva preso a scoparmi con violenza.
I coglioni gonfi per i quarant’anni di astinenza gli scendevano penzoloni e ad ogni affondo riuscivo a percepirne l’ingombro tra le cosce.
“Mi farai finire all’inferno, lo sai”. Sussurrò eccitato.
“Lo ha datato!” Continuò Gaspare e porse il foglio al compagno. “Tieni la pagina. Cerca di capire di cosa si tratta”.
Tirò dunque il volume verso di sé: “È una versione antecedente a quella ufficiale. Ma che stregoneria è questa? O Isidoro è completamente pazzo o questo è un autentico tesoro”. Disse infervorandosi.
“Allora, hai capito che cosa c’è su quel foglio?”
“Non riesco a leggere”. Rispose Melchiorre passando la pagina a Gaspare. “Ormai non vedo più niente … Prova tu. Fa presto però”.
“Sto per ingravidarti”. Sussurrò Teodosio. “Hai una ventosa tra le chiappe lo sai? Guarda come entra ed esce … Puttana!”
Sentivo dentro di me lo spessore del suo membro duro.
Mi sarebbe piaciuto mettermi a pecora sul tavolo ed imporre ai vecchi di strappare il pezzo di carta e spararsi una sega dinanzi allo spettacolo delle mie natiche spalancate.
Teodosio parve leggermi nella mente.
“Cristo santo!” Mugolò. “Lo faresti rizzare pure a quei tre matusalemme!”.
Poi, d’un tratto, quando il ragazzo era quasi sul punto di eiaculare, una voce tetra si levò oltre la libreria.
“È la lettera di San Paolo ai Corinzi, Gaspare”. Disse Isidoro. “Libro primo, paragrafi da nove a undici. E si. È una versione antecedente a quella ufficiale.
Ad essere precisi”. Aggiunse. “Credo che si tratti della versione originale”.
I tre monaci sgranarono gli occhi carichi di meraviglia.
“E perché la stiamo nascondendo?” Chiese Melchiorre. “Se è vero la cristianità ha il diritto di sapere …”
“La cristianità non saprà mai nulla”. Tuonò il monaco. “Nella versione originale, nel catalogo dei peccati, non compare la sodomia”. Esclamò alterato. “Vi rendete conto di cosa significherebbe divulgare questa notizia?”
I monaci lo fissarono sbalorditi.
“Duemila anni di dottrina andrebbero in fumo”. Rispose Gaspare con un filo di voce.
“Mi sto sentendo male … È una verità troppo grande per me”. Aggiunse.
“Neppure io riesco a respirare”. Lo interruppe Melchiorre mentre Baldassarre, cianotico in volto, si sedette sul pavimento per non cadere di sasso.
“Esattamente”. Proseguì Isidoro. “Duemila anni di dottrina cancellati”. Disse. “È per questo che, quando mi sono reso conto di quello che avevo tra le mani, ho capito che dovevo nasconderlo ad ogni costo.
Ho strappato la pagina e l’ho mantenuta costantemente imbevuta di veleno per essere sicuro che chiunque avesse scoperto l’immondo segreto non avrebbe potuto raccontarlo”.
I monaci cominciarono a gridare ma ormai erano troppo deboli e non avevano più la forza di scappare.
“Dobbiamo andarcene”. Sussurrò Teodosio mentre, con uno strappo, estraeva il cazzo dal culo e se lo ricacciava nelle mutande. “Dobbiamo avvisare Don Gaetano”.
Poi, però, si voltò all’indietro verso il groviglio dei cunicoli.
“Ammesso che riusciremo ad uscire vivi da qua dentro”. Aggiunse bianco come un fantasma.
“Dammi la mano”. Risposi. E lo guidai verso l’uscita del labirinto seguendo le perle del rosario di Gaspare.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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