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Una penitenza finita bene 2


di Monicatrav
31.01.2025    |    4.020    |    15 9.8
"Ripresi le lezioni a scuola e la mia vita tornò come prima, anche se spesso, nelle mie sedute solitarie en femme ripensavo a Valerio, sognando di fare..."

Il mattino successivo mi svegliai molto presto, e a mente fredda, pensai a tutto quello che avevo fatto la sera precedente.
Con sgomento mi diedi dello stupido; come avevo potuto spingermi fino a tanto?
Passi il travestimento da donna, passi la festa con gli amici, la penitenza, addirittura fingermi una prostituta e salire su un’automobile con uno sconosciuto, ma soprattutto fargli un pompino come la più navigata delle puttane.
Però, se da un lato la mia coscienza mi rimproverava, dall’altro il mio corpo mi comunicava che la pensava diversamente, e lo testimoniava la vistosa erezione che spiccava mentre mi guardavo allo specchio.
Con la mente rivivevo il momento in cui Valerio mi baciava e poi le mie labbra che scendevano dal petto al suo addome per poi prendere in bocca il suo membro turgido.
Mi tuffai sotto la doccia e corsi a fare un’abbondante colazione.
In cucina, mia madre mi chiese come fosse andata la festa e mentii spudoratamente dicendo che era andato tutto bene e che, dopo, mi ero assopito sul divano dei padroni di casa.
Eravamo ancora in vacanza, per cui raggiunsi il luogo d’incontro della mia comitiva, una piccola piazza antistante un bar molto famoso nella zona.
Trovai sul posto alcuni degli amici che avevano partecipato al gioco della bottiglia e, appena mi videro, mi tempestarono di domande per sapere come era andata a finire con il tizio della Mercedes nera, considerato che mi avevano visto salire a bordo e quando io ero tornato loro non c’erano più.
Raccontai in parte quello che era successo e, mentendo, dissi che quando lui, dopo avermi dato una banconota da cinquantamila lire, si stava cominciando a spogliare, io lo avevo bloccato confessando che avevo finto per penitenza.
Lui, sulle prime, si era un po' arrabbiato, ma poi avevamo fatto amicizia e dopo mi aveva accompagnato a casa.
Ero stato talmente convincente che nessuno dubitò della mia versione e, passato Carnevale, non ne parlammo più.
Ripresi le lezioni a scuola e la mia vita tornò come prima, anche se spesso, nelle mie sedute solitarie en femme ripensavo a Valerio, sognando di fare l’amore con lui.
Dopo un paio di mesi, arrivò il momento di andare dal dentista.
Da sempre, tenevo molto al mio aspetto e due volte l’anno facevo la pulizia dei denti.
Sinceramente la cosa mi scocciava parecchio perché perdevo quasi tutto il pomeriggio, però la cosa positiva era che l’assistente del dentista, Alessia era una figa da paura, oltre a essere molto simpatica.
Ella mi fece accomodare sulla poltrona.
Il suo profumo al muschio bianco mi mandava in estasi.
Inclinò la spalliera, preparò tutti gli attrezzi necessari e poi, prima di uscire, mi disse: “Il dottore Martini oggi si è dovuto assentare, lo sostituisce il dottore Rossi, un suo collega di Siracusa.”
Mentalmente sperai che fosse bravo quanto il mio dentista e, dopo pochi minuti, il dottore Rossi entrò nella sala.
Indossava il classico camice bianco, era alto e con le spalle larghe.
Quando si avvicinò, notai che portava gli occhiali e… per poco non mi venne un colpo.
Era Valerio, l’uomo che mi aveva caricato a bordo della sua auto la sera di Carnevale.
Sperai che non mi riconoscesse; in fondo, in auto era buio e io ero truccato e con la parrucca.
Si presentò e cominciò il suo lavoro con molta calma.
Ogni tanto mi lanciava delle occhiate che sembravano scrutarmi dentro e io non vedevo l’ora di scappare via.
Terminata la pulizia, mi salutò e uscì dalla stanza.
Alessia mi accompagnò all’uscita e mi fermai dalla sua collega per pagare la prestazione.
Appena consegnata la ricevuta, stavo per uscire dallo studio quando Alessia mi chiamò e, correndo, mi consegnò una busta bianca: “Il dottore ha scritto delle prescrizioni che devi seguire a casa per mantenere meglio la salute delle gengive e dello smalto dei denti.” La ringraziai, presi la busta e tornai a casa.
Ero molto agitato e mi chiusi subito nella mia camera.
Tirai fuori la busta, la aprii e lessi: “Ciao cara, pensavi che senza trucco non ti avrei riconosciuta, ma i tuoi occhi e le tue labbra sono inconfondibili. Il destino a volte gioca con la nostra vita e io ti ho ritrovata. Ho una gran voglia di rivederti in privato e se questo desiderio ce l’hai anche tu possiamo vederci domani pomeriggio davanti al Bar Stella alle 16:30. Io sarò lì, se non vuoi, non sentirti obbligata. Valerio.”
“Accidenti, e adesso cosa faccio?” dissi dentro di me.
Tutta la sera e il mattino successivo pensai a cosa fare, finché decisi di andare all’appuntamento e di dire a Valerio di chiudere tutto.
Quando arrivai al bar, era già seduto.
Si alzò e mi salutò educatamente con una stretta di mano.
Ci accomodammo e cominciammo a parlare di tutto tranne che del vero motivo per cui aveva chiesto di vedermi.
Terminata la bibita che mi aveva gentilmente offerto, mi invitò a seguirlo a casa sua, e remissivo come sono, non fui capace di rifiutare.
Impiegammo circa trenta minuti; durante il tragitto, lui mi confessò che non aveva creduto alla mia finzione di essere una prostituta e io gli raccontai tutto, dal gioco alla penitenza.
A un certo punto, lui mi chiese perché non lo avessi fermato quando mi aveva baciato e risposi che con l’alcool che avevo bevuto ero troppo confuso.
Mi disse che era sposato e che lui e la moglie erano di Palermo.
La moglie era una docente di lettere classiche, mentre lui era un odontoiatra.
Per motivi professionali si erano trasferiti a Siracusa, ma erano entrambi in attesa di ritornare nella loro città natale.
Giungemmo in una villa a due piani con un bel giardino.
Entrammo in casa; le gambe mi tremavano per l’emozione e avevo paura della sua reazione al mio rifiuto di continuare quella storia.
Ovviamente non c’era nessuno e mi fece accomodare in salotto dicendomi di aspettare un attimo lì.
I mobili erano in stile classico e ovunque c’erano foto di Valerio e sua moglie.
Era mora, alta, snella, curata.
Per un secondo la invidiai.
Mentre guardavo le foto, ritornò Valerio e mi chiese di seguirlo attraverso un lungo corridoio al termine del quale si notava una stanza da cui proveniva una luce soffusa.
Era la loro camera.
Spaziosa, piena di cuscini e tappeti orientali, ma quello che mi colpì era quello che era poggiato sul letto.
Un abito nero a tubino e biancheria intima femminile tutta di pizzo.
Sgranai gli occhi e Valerio esclamò: “Sorpresa! Sul comò c’è anche una parrucca che usa mia moglie nelle serate di gala e dei cosmetici. Usa pure tutto quello che vuoi, ah! Dimenticavo: dentro l’armadio ci sono le scarpe, metti quelle che ti piacciono di più, io ti aspetto in salotto.”
Ancora una volta la femmina che viveva dentro di me mi sfidava e, come sempre, avrebbe vinto lei.
Mi spogliai degli abiti maschili, andai nel bagno che era attaccato alla camera da letto e mi lavai il viso con cura.
Presi i cosmetici e applicai una base di fondo, facendo sparire ogni segno di barba.
Applicai rossetto, ombretto, matita e mascara.
Indossai un completo reggiseno e perizoma con delle calze autoreggenti nere.
Subito dopo indossai l’abito che fasciava il mio corpo come un guanto e, infine, dall’armadio tirai fuori un paio di sandali col tacco.
Ciliegina sulla torta, la parrucca rossa che era stata scelta da Valerio.
Mi osservai allo specchio, cavolo se ero figa!
Camminando agevolmente sui tacchi, raggiunsi il mio amico che mi aspettava in salotto.
Lui si voltò e, appena mi vide, esclamò: “Accidenti, quanto sei bella; molto meglio che vestita da cameriera.”
Ridemmo entrambi, ma appena si avvicinò, le nostre bocche si unirono nuovamente in un bacio che stavolta sembrò interminabile.
Le sue mani scesero dai miei fianchi ai glutei, finché mi prese la mano e mi condusse in camera.
Mi sedetti sul letto e accennai un timido “Valerio, no!”
Ma poi la passione ci travolse.
Non esisteva un marito o un ragazzo.
Non esisteva un dottore o un suo paziente.
Esistevano due anime, affamate di lussuria e di voglia.
Ci spogliammo velocemente, lui completamente nudo, io tolti i sandali e l’abito, tenni solo la lingerie e le calze.
Valerio mi baciava dappertutto; gli presi in bocca il suo membro durissimo e assaporai ancora una volta il suo buon sapore.
Dopo pochi minuti raggiunse l’orgasmo, scaricando il suo sperma nella mia bocca.
Non si capiva più nulla, mi fece girare e cominciò a leccarmi l’orifizio anale.
Era bellissimo anche quando infilò il suo dito e piano piano cercò di farmi rilassare.
Poi si sdraiò sopra di me e, baciandomi il collo, mi sussurrò “Monica, ti voglio, adesso!”
Risposi: “Va bene, Valerio, ma fai piano, ti prego!”
Lo sentì armeggiare alle mie spalle; forse si stava mettendo il profilattico e, poco dopo, lo sentì entrare dentro di me.
Fu delicato ma allo stesso tempo deciso e, dopo un primo momento di dolore, il piacere invase il mio corpo.
Ero sua, Valerio mi aveva fatto diventare femmina e adesso mi penetrava con foga.
Immaginai quante volte su quel letto aveva scopato la moglie e fui contenta che adesso c’ero io al suo posto.
Facemmo l’amore una seconda volta e poi, esausti, restammo abbracciati sul talamo nuziale.
Da quel giorno cominciammo una relazione segreta che durò quasi un anno, nel corso del quale ci vedemmo spesso e ogni volta lui mi faceva indossare parrucche e abiti della moglie.
La storia finì quando arrivò il loro trasferimento e, tutto sommato, fui felice di tornare alla mia vita normale, anche se ormai Monica viveva e vive tuttora dentro di me.
Desidero solo fare presente ai lettori che i personaggi di questo racconto sono reali e la storia è vera, anche se ho aggiunto qualche tocco di fantasia.
Mi raccomando, fate sesso sempre protetto per la salute vostra e del vostro partner.
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