Lui & Lei
Quello che vorrei oggi...
di Eulalia
20.09.2024 |
3.197 |
17
"La prima e unica parola, eppure ha il potere di paralizzarmi e torno ad affidarmi alla mano ferma sul fianco..."
Una sindrome di cui si parla troppo poco è l’emicrania da mancanza di cazzo.Abbinata alla stanchezza causata da periodo lavorativo piuttosto stressante, dà come risultato una donna affamata e priva di forze.
Il tutto in una città che non è la mia.
Parliamoci chiaro, l’idea di scegliere la biancheria, metterci sopra qualcosa di sexy e facile da levare, avviarsi sui trampoli in qualche locale per farsi valutare da una mandria di cazzi in resta, non mi attira per niente. Poi sperare che il coraggioso di turno sia in grado di infilare una parola dietro l’altra e non solo il cazzo in ogni pertugio… insomma mi cala la voglia.
Ci vorrebbe qualcuno che mi viziasse da capo a piedi senza volere nulla in cambio.
Qualcuno capace di leggere il mio corpo come un libro aperto, capace di scoparmi senza voler dimostrare di essere il trapano d’oro della zona.
Mentre ceno da sola nel ristorante dell’albergo, scorro annoiata un po’ di messaggi. La solita galleria di cazzi duri, le solite promesse di godimenti imprevedibili e poi un messaggio sottotono.
Recita molto banalmente “Ciao, a me piace toccare le donne, farle stare bene.” Guardo le immagini, sembra carino.
Rispondo.
Durante l’amaro mi rendo conto che il ragazzo è simpatico e gli scrivo la verità.
“Ho voglia di tutto e niente, sono pigra, ma tesa. Hai una soluzione per me?”
“Certo” risponde lui “potrei passare del tempo ad accarezzarti, se vuoi.”
Ecco la sottospecie del massaggiatore, tutto oli profumati e massaggio della yoni. Ci potrebbe stare però.
“Senti, vuoi venire ad accarezzarmi fra mezz’ora qui in albergo? Ti lascio la porta socchiusa, tu non parlare e fai quello che devi fare.”
Dopo il suo laconico OK, gli mando indirizzo e numero di camera, avviso in reception che attendo un ospite, doccia veloce, porta socchiusa e nuda come un verme privo di orpelli mi sdraio a pancia in giù sul letto.
Nel dormiveglia sento una mano lungo la schiena. Non apro gli occhi mentre segue la curva delle natiche. Risale calda e asciutta lungo un fianco per doppiare la spalla, superare la nuca, spostare i capelli e proseguire, dopo l’altra spalla, lungo il braccio. Il viaggio termina al mio polso. Leggere carezze dal polso al palmo della mano mi portano via.
Nascondo il viso sotto ai capelli che ha spostato.
Il materasso si solleva, non è più seduto di fianco a me.
Qualche fruscio e un corpo caldo e nudo aderisce al mio fianco.
Riprendono le carezze.
Niente oli, niente impastare, solo pelle su pelle, respiri tranquilli che accompagnano questi gesti ripetitivi e rilassanti. Ogni giro un pezzetto di corpo diverso, un centimetro quadrato di pelle in più che si risveglia.
Mi giro di fianco e aderisco con tutta la schiena a lui.
Riprende a percorrere i fianchi dopo aver deposto un bacio a stampo sulla spalla. Con una leggera pressione sul mio ventre mi fa aderire un pochino di più. Le gambe si allacciano e in questa posizione a cucchiaio prevale un grande benessere.
Le mie cosce sono setose sotto alla sua mano, sempre e solo una. Con un dito delicato ridisegna i miei seni, percorre la gola fino alla soglia delle labbra e sosta.
Una piccola conversione sul mento per dirigersi alla mascella, proseguire subito sotto l’orecchio, deviare verso la clavicola e raggiungere di nuovo i seni, ora tesi con i capezzoli chiodati.
Sono in uno stato di rilassata eccitazione e mi chiedo come metterà in gioco il cazzo.
Decido di fidarmi anche se le sue carezze sul pube evitano accuratamente il mio clitoride e nemmeno danno segno di dirigersi verso le mie grandi labbra. Grandi labbra, che lo ammetto, sono appicciate fra loro perché subito dietro sono decisamente bagnata.
La mano, quell’unica mano che assorbe tutta la mia attenzione sosta sul mio fianco, lo avvolge e lo trattiene, leggero ne saggia la consistenza e poi scende, raccoglie una natica, la solleva e fra le mie cosce si materializza un cazzo di notevolissime dimensioni appoggiato per il lungo alla mia fica.
È duro e preme leggermente verso l’alto. Un leggermente che vorrei fosse più insistente, tanto che mi muovo.
“Ferma” un sussurro appoggiato al collo.
La prima e unica parola, eppure ha il potere di paralizzarmi e torno ad affidarmi alla mano ferma sul fianco.
Siamo immobili e con grande lentezza la sua cappella si appoggia alle grandi labbra. Una lieve pressione e le divarica. Spinge pochissimo per tornare indietro e avanzare di nuovo.
Non si muove null’altro, questa penetrazione è un rito atavico che mi leva il fiato, una carezza per la mia fica che si dischiude come un frutto per ogni millimetrico di avanzamento. Percepisco ogni vena, ogni irregolarità di questo uccello indolente che mi sta dilatando.
Arriva a fine corsa e sono piena.
Vorrei tanto toccarmi, titillarmi il clitoride, accompagnare questo cazzo dentro e fuori di me. Appena mi muovo, lui blocca entrambe le mie mani sul ventre.
Muove il suo bacino. Sento l’aria sulle mie natiche, l’uccello che si sfila e per riaffondare con un'unica decisa stoccata e io godo. Mi abbandono a questo orgasmo che mi scuote in ogni fibra del corpo e che bagna le cosce.
Ora le sue braccia mi bloccano del tutto e come un tamburo di guerra si susseguono gli affondi nella mia fica, i suoi testicoli che sguazzano nel mio piacere e io che non riesco a smettere di venire.
Mi placa il suo profondo sospiro quando come un palo piantato a fondo nella terra mi riempie del suo piacere a più riprese. Sento ogni sua contrazione come una risposta ad ogni mio orgasmo.
Si sfila e riprende ad accarezzarmi con quell’unica mano come la calma dopo la tempesta.
Un altro bacio delicato sulla spalla mentre mi sembra che stia quasi mappando il mio corpo.
Quando mi sveglio sono quasi sicura di aver sognato un uomo senza volto e senza nome.
Dico quasi, perché fra le mie cosce cola sperma e sul cuscino campeggia un bigliettino con un semplice grazie accompagnato da un cuoricino.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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