Lui & Lei
Elvira, Filippo e...?
di Eulalia
16.10.2023 |
5.861 |
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"Ho bofonchiato qualcosa mentre leggevo il messaggio “Grazie, mi chiamo Filippo..."
Sabato mattina.Ci prepariamo assieme, andiamo supermercato per la spesona della settimana, passeggiata e infine baretto del parco.
Così inizia e finisce la nostra socialità e in fondo sono grata. La mezz’ora seduta al bar di fronte o di fianco a lui mentre legge la gazzetta basta e avanza.
Di più sarebbe intollerabile. Vederlo con i gomiti larghi appoggiati al tavolo con la sua birra di mezza mattina, e, a seconda delle stagioni, il collo tozzo e arrossato, imperlato di sudore che scivola senza ostacoli nel collo della giacchetta sintetica della tuta, mi ricorda che avrei desiderato di più. Forse mi sarei anche meritata qualcosa di diverso, se non fossi rimasta incinta nel parcheggio del cinema.
Magari mi sarei potuta innamorare dell’altro ospite fisso del baretto, pensavo. Un tipo che stava quasi sempre per conto suo con la sua birra e il cellulare. Alle volte gli stavo seduta di fronte e me lo guardavo per bene. Ha un pizzo che mi faceva pensare ai moschettieri. Lo osservavo come scriveva concentrato e avrei voluto sapere a chi, ma soprattutto cosa scrivesse. In certi momenti gli veniva un sorriso malandrino, ma sempre con un fondo di gentilezza, mi pareva. Spesso beveva un sorso di birra, un po’ di schiuma si impigliava nei baffi e lui se la levava con indice e pollice, seguendo il contorno della bocca per finire al centro del mento, concludendo con una lieve tiratina della barba. Non so perché, ma lo trovavo un gesto molto carino. Del resto, potevo fissarlo quanto volessi, sia lui che chiunque altro. Ero certa che le donne come me avessero il dono della trasparenza, dell’essere insignificanti di fianco a uomini gretti, che la nostra scelta ci definisse e relegasse nel limbo delle non viste.
Un giorno sono stata fortunata, mi sono potuta sedere di fianco a lui sulla panca appoggiata al muro, era l’unico posto libero, visto che mio marito si era allargato dall’altra parte del tavolo per studiare la gazzetta nei minimi dettagli.
Appena ordinato il crodino, ho buttato l’occhio sul suo cellulare, ma invece di trovare una chat, c’era un sito porno. Ho alzato subito gli occhi incontrando i suoi. Ho annuito come per dire che fa lo stesso, che sono affari suoi, se vuole guardarsi un porno al bar.
Ma lui ha digitato veloce qualcosa ed è tornato a fissarmi annuendo a sua volta e spostando il cellulare così che potessi vedere meglio.
Scorreva una pubblicità per ingrandire l’uccello, poi dei titoli e infine sono comparsi un uomo e una donna in una stanza. Non c’era audio, non riuscivo ad immaginare cosa si potessero dire, ma lui si avvicinava e la baciava delicatamente sulla bocca slacciando la camicetta striminzita, lei ovviamente si contorceva dal piacere. Ho subito controllato se mio marito mi stava guardando. Mi sentivo le guance accaldate e non avrei avuto giustificazione. Ma la gazzetta era una voragine dalla quale non era facile uscire, così sono tornata a seguire il filmetto.
Lui era già in ginocchio a leccarla, in primo piano la sua lingua che seguiva le grandi labbra. Mi sono ritrovata a stringere le cosce che nemmeno mi ricordavo più quando mio marito mia aveva dato due lappate “che sei secca e così ti scopo meglio”. Questo invece ci perdeva tempo, gliela stropicciava per bene anche a vantaggio degli spettatori.
Mentre sul piccolo schermo lei glielo prendeva in bocca, mio marito dichiarava che quelli dell’Inter sono tutti stronzi. Nemmeno gli ho risposto tutta presa dal pensiero che a lei piacesse succhiare quell’enorme cazzo venoso, che lo facesse per sé stessa come a pregustare il fatto di essere sfondata a breve.
Per un istante mi sono vergognata di come formulavo questi pensieri, ma poi mi è venuto in mente quel coso tozzo che mi prendevo in bocca solo per farlo finire più in fretta, mi sono resa conto che non c’è paragone, che mi stavo perdendo un sacco di cose. D’altro canto, quelle come me mica portano body di pizzo o completini viola con i brillantini, massima trasgressione per me una brasiliana ogni tanto. Mi si infila pure fra le chiappe e poi sto a pensare tutto il giorno che se mi fossi depilata magari soffrivo meno.
Non sono riuscita a vedere la fine del video, con un “Elvira, andiamo” molto deciso, ci siamo alzati e andati.
Mi ricordo che ho evitato di guardare il moschettiere, ero imbarazzata perché ero bagnata.
Quel sabato invece di aspettare dopo cena, ho approfittato del suo riposino per la scopata settimanale. Speravo che fosse meglio, avevo davvero voglia, eccitata dalle immagini viste, dall’idea che il sesso potesse essere diverso. Ma lui come sempre è stato veloce. Ha concluso con una risata “Non sperare che stasera te lo dia di nuovo, che mi diventi ingorda!”
I sabati seguenti sono stati una sofferenza. Certo mi sarei potuta guardare dei porno per conto mio, ma era tutta un’altra cosa guardarli assieme a qualcuno che magari lo aveva scelto apposta per me; che mostrandomi proprio quelle immagini e non altre, forse voleva dirmi che lo avrebbe fatto assieme a me. Aspettavo il momento del baretto con ansia e ogni volta rimanevo delusa perché non c’era mai l’occasione per sedermi vicino a quello che nella mia mente era il moschettiere. Avevo anche la sensazione che guardasse me più che guardare il cellulare, che in qualche modo mi studiasse e che potessi essere interessante anch’io. Sognavo ad occhi aperti, e avevo ripreso a toccarmi come non facevo più da anni. Mi infilavo le dita di nascosto in bagno appoggiata al muro e a occhi chiusi mi immaginavo che fosse lui, che mi sussurrasse a voce bassa “Adesso ti fotto contro il muro, troia!” Bastava questo e venivo.
Ammetto di essermi presa una cotta e quindi sabato scorso sono rimasta molto delusa, perché lui non c’era proprio. Mio marito ed io abbiamo occupato l’ultimo tavolo, e via di birra e crodino.
“Posso accomodarmi con voi?” mi sorprende una voce calda.
Mio marito al massimo della cordialità “Sì, certo, però la gazzetta non la richiudo.”
“Non c’è problema, mi serve solo un angolo per la birra, grazie.”
Avevo il cuore in gola mentre si sedeva di fianco a me. Fissavo le sue mani mentre prendeva la birra e nella mia testa quelle erano le stesse mani che avrebbero potuto frugare tutto il mio corpo.
Con un colpo di tosse ha attirato la mia attenzione e mi ha passato sotto al tavolo il cellulare aperto su nuovi contatti. C’era scritto Elvira e la barretta che lampeggiava sulla riga del numero di telefono.
Si ricordava del mio nome e voleva il mio numero.
Come una ragazzina a scuola ho digitato di nascosto il numero e gliel’ho restituito. Nemmeno un minuto e il mio cellulare aveva un messaggio non letto da uno sconosciuto.
“Elvira, chi cazzo ti scrive il sabato?” che orecchio fine aveva mio marito.
Ho bofonchiato qualcosa mentre leggevo il messaggio “Grazie, mi chiamo Filippo. Ti posso scrivere?”
“Sì, ma non ora” è stata la mia risposta.
Un lieve cenno col capo poi ha finito la sua birra, “Grazie per l’ospitalità” e già se ne era andato.
E ora il sabato non conta più nulla, contano tutti i giorni dal lunedì al venerdì quando Filippo si ritaglia uno spazio dal lavoro; quando mi sorprende con un regalo, perché il pizzo nero sta così bene sulla mia pelle per essere levato subito dopo.
Conta che davvero mi ha scopato contro il muro, in vasca da bagno, sul tavolo della cucina, in dispensa appoggiata agli scaffali, per terra in salotto e nel letto, fino a disfarlo e a lasciare la riga sul muro per via dei suoi affondi appassionati.
Contano solo quei giorni, perché quando lo cavalco, come adesso, col sapore nel suo uccello in bocca sono felice.
Sono felice che mi guardi come godo sbrodolando tutta senza vergogna, che lo imploro di usare il mio culo, di riempire la mia bocca, di sfinirmi a colpi di cazzo finché nemmeno ricordo più il mio nome. Sono felice di poter essere quello che sono e di poter esprimere tutti i miei desideri.
“Filippo, mi piacerebbe provare due cazzi assieme…” spalanca gli occhi e lo sento schizzare dentro di me con un ruggito di piacere.
E abbracciati mi sussurra “Elvira, tesoro, per te qualsiasi cosa.”
Le gambe intrecciate, l’odore del sesso che aleggia attorno a noi, sul suo cellulare scorriamo profili. Cazzi di tutte le fogge, uomini pelosi e glabri, giovani e vecchi, grassi, muscolosi e magri, solo l’idea mi fa bagnare ancora.
Filippo ne approfitta e scatta un’immagine della mia fica grondante con le sue dita che me la allargano.
Decidiamo di mandarla a lui, che pare della nostra zona, con le mani grandi e un cazzo nerboruto.
“Ti va bene se sotto la foto gli scrivo: Hai voglia di scoparla assieme a me?”
Mi levo dalla bocca il suo di cazzo duro come il marmo “Sì. Ma adesso, Filippo, scopami tu che non ce la faccio più!”
Così, mentre Filippo mi riempie la fica, mi immagino che proprio tu che hai letto fin qui, troverai un nuovo messaggio nella tua posta.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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