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Lui & Lei

Lo scopatore di cervelli...


di Eulalia
18.02.2023    |    6.067    |    24 9.8
"Tutto il mio corpo vuole essere sfondato, e lui mi da solo quel maledetto dito e guarda le mie cosce bagnate..."
Alla fine, mi aveva trovata, quello che scopa il cervello, e l’ha fatto in chat.
È partito tutto con il classico “Ho letto i tuoi racconti e mi tira il cazzo.”
Sai che incipit.
Però rispondo con una certa vena di indifferente cattiveria. Penso di scrivere le solite quattro battute e poi specificare che di incontri non ne faccio, sono qui per essere letta e scontatamente far tirare il cazzo al lettore.
Sono quel che si chiama una profumeria, la faccio annusare e non la do. Sarà una sana vena di masochismo oppure banale pigrizia. Forse la seconda è più realistica. Tutta questa clandestinità, questo incontrarsi facendo finta di niente, senza veri pretesti: troppa fatica.
In questa chat però si gioca con le parole, e si gioca bene, tanto che dopo poco la mia mano migra nelle mutandine. Dopo qualche altro scambio, lascio perdere il cellulare, perché di mani ne ho bisogno due.
Appena riprendo il cellulare lampeggia una domanda molto diretta: “Allora sei venuta? Non rispondi più.”
Mi scoccia, ma lo ammetto con un laconico sì.
Da lì per lo scopatore di cervelli la strada è in discesa, anche perché io sono ficaguidata e nulla posso più.
Ora in macchina mi assalgono tutti i dubbi possibili. Le due opzioni meno gravi sono: ci piacciamo oppure no. Un modo elegante per trarsi d’impaccio si trova sempre. Soprattutto perché ci troviamo al ristorante per pranzo. Ma altre terribili opzioni incombono su di me.
Se fosse uno di quelli che “già che sono qui una botta gliela do”? O peggio ancora di quelli che “a nessuno si nega un po’ di cazzo.” Per non parlare dei rappresentanti del “adesso che sono uscito, lavato e profumato con le mutande fresche, non esiste che non scopo.” Come anche quelli del “dai, poteva andare peggio, una figa e sempre una figa e magari anche un po’ di culo”. Mi preoccupano parecchio anche quelli “Finalmente ho rimorchiato, adesso me la trombo, cascasse il mondo.”
Intanto ho parcheggiato, mi avvio verso il ristorante e penso di poter tirare dritto e far finta di non essere io.
Mi trovo davanti un uomo, qualunque come me. Educato, gentile. Ci sediamo, ordiniamo e parliamo di altro.
Però al basso ventre sento questo vuoto pieno di brividi, quel classico sentire quando si ha voglia di cazzo, di parecchio cazzo a dire il vero. Ma niente. Qui si parla di politica, letteratura, cinema, del panorama, ma nessun accenno ad eventuali mie voglie, né tantomeno alle sue.
Cosa devo fare? Sfoderare un racconto per vedere se gli tira? Dirglielo direttamente in faccia oppure prendere in considerazione l’idea di non essere di suo gusto?
Qualcosa mi dice che a lui piace tenere le persone sospese nel dubbio.
Arriva il momento del conto, vorrei fare alla romana, ma offre lui. Ci sarebbe a disposizione ancora tutto un pomeriggio di fantastico sesso, e al solo pensiero stringo le cosce. Le mutandine di pizzo non aiutano con quel continuo strofinio sul clitoride.
Al caffè lui esordisce: „Adesso possiamo andare a visitare il castello del Buonconsiglio.” Mi si devono essere spalancati gli occhi in maniera esagerata “Oppure ti scopo come penso di fare dal momento in cui ti ho vista.”
Ecco la famosa secchezza delle fauci che mi fa sussurrare un sintetico “La seconda.”
Risposta accolta da una sana risata.
Meno male che è avanzata un po’ d’acqua, magari riesco a riprendere a parlare. Mi scoccia essere così trasparente. Di solito i miei pensieri non sono facili da indovinare, ma ai suoi occhi sono un libro aperto o forse proprio una storia che sta scrivendo lui.
Mi porge il braccio “Prego, che certe decisioni fanno tremare le ginocchia e non solo.”
Non sono in grado di parlare, io, che non taccio mai, sono completamente ammutolita. Deve essere la paura che mi sfugga qualcosa di inopportuno in un momento prematuro. Qualcosa come “Non vedo l’ora che mi metti le mani addosso! Non perdere tempo scopami subito!”
Non mi riconosco più, di solito sono io che mi concedo, lo ammetto, anche in maniera piuttosto maiala, ma in questo caso voglio solo essere presa e prima di subito se possibile.
Persa nei miei pensieri mi ritrovo alla reception documenti in mano, vengo guidata all’ascensore. Altra dura prova. Non ho capito a quale piano siamo, farei in tempo a dargli una succhiatina orientativa? Giusto per dimostrare che ho ancora una mia volontà, che non sono alla sua mercé.
Troppo tardi, siamo già in corridoio, porta, tessera magnetica, figa fradicia e siamo dentro.
Per darmi un tono fingo di interessarmi alla stanza, valutando l’arredamento e il bagno.
Il rumore delle chiavi della macchina sul tavolino, seguito da quello che mi immagino sia l’orologio, elettrizza le mie grandi labbra. Il fruscio della giacca, che con la coda dell’occhio vedo cadere su una poltroncina, le fa dischiudere. Come ha fatto a ridurmi così, il cervello in poltiglia e il sesso in fiamme, incapace di fare alcuna cosa?
Nella mia fantasia l’avrei baciato infilandogli una mano nei pantaloni, per poi farlo impazzire con un pompino come si deve, appoggiato alla porta.
Invece mi sembra che il mio corpo sia fuori controllo, abbia cambiato misure. Sono solo tette che vogliono essere strizzate, culo e fica che vogliono essere riempiti. Altro che sexy, solo sesso e carnazza.
Sono passati pochi secondi, nemmeno una parola, mi volto per capire e me lo ritrovo a un centimetro di distanza.
È proprio così che si fa, lingua in bocca, mani ovunque compressa fra lui e la parete.
“Lo senti il cazzo? Prendilo.”
Una spinta ed è sul letto. Due mosse ed è nudo.
Completamente vestita, ma vorace me lo infilo fino in gola. Ha un ottimo sapore e la lingua scivola benissimo su questo uccello nerboruto.
Condividiamo la stessa avidità. Mi rivolta e affonda il viso sul mio sesso. A bocca aperta mi vizia scostando solo un poco le mutandine, ma capisce al volo che la situazione é urgente, e finalmente mi sbatte dentro tutto il suo cazzo fino alla radice. Mi batte nel cervello, ne avevo talmente bisogno che godo subito, e forte.
Adesso passata la prima emergenza mi lascio spogliare e leccare ovunque, possiamo iniziare a scopare con calma considerando ogni centimetro quadrato di pelle. Il suo cazzo ritrova la mia bocca e affonda fino in gola. È inevitabile che io inizi a toccarmi con le gambe spalancate.
“Non chiuderle che voglio vederti godere!” Le riapro anche se mi irrigidisco in questo orgasmo che mi procuro. Lui infierisce con la lingua e io non riesco a fermarmi.
“Certo che sei proprio troia” osserva facendomi godere ancora, solo con il pollice. Tutto il mio corpo vuole essere sfondato, e lui mi da solo quel maledetto dito e guarda le mie cosce bagnate.
Gli chiedo per favore di essere scopata, con urgenza.
“Sei la mia puttana.”
“Si, qualsiasi cosa.”
“Girati.”
A carponi aspetto impaziente. La sua lingua dalla fessura al culo e ritorno, il suo cazzo esigente sulla mia rosetta.
La cappella sfonda la rosetta a colpo sicuro ed esplode un piacere incontenibile, esasperato da un alternarsi culo figa ad un ritmo esagerato.
È stato un turbinare di corpi, sudore e umori, di lingue e fottimi e scopami e zoccola e sculacciate.
Un arcobaleno di sesso che si svuota nella mia gola mentre finisco di leccarlo diligente senza perderne una goccia.
Ci rivedremo.
Non lo so, dovrà passare ancora una volta dal mio cervello.


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