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Le avventure europee di Rubie - Alla scoperta dell'Italia


di pato3
19.05.2020    |    3.673    |    0 8.8
"Ma capì che più forte la scopava, più lei si rilassava..."
Passarono tre giorni prima di incontrarsi di nuovo. Dopo una visita di un giorno a Bruxelles, dove le ragazze furono ospiti di un cugino di Reha, le tre viaggiatrici si spostarono in Italia. Il viaggio in Italia prevedeva come tappe Milano e Roma. Antonio, che lavorava a Milano, andò ad incontrarle. Rimasti soli, i due piccioncini decisero di trovare un po' di tempo per stare soli e partirono subito per Firenze con la sua macchina. Le altre due non ne erano entusiaste, ma, a parte quella fuga d'amore, il gruppo si sarebbe riunito pochi giorni dopo a Roma.

Rubie era completamente conquistata da lui, non vedeva l'ora di stare da sola con lui e, per la prima volta nella sua vita, di condividere la stanza d'hotel. Adesso Antonio non l'avrebbe mandata via. Avrebbero condiviso il letto, forse anche la doccia.

Lei non poteva in alcun modo aspettare. Una volta preso il cazzo non ne poteva più fare a meno, così, arrivati in hotel, l'idea della visita agli Uffizi saltò. Si sistemarono. Lui guardò fuori: erano su una via bellissima, larga, pedonale, molto frequentata di giorno.

Spalancò le finestre e disse: "Voglio che ti vedano tutti. Voglio che tu abbia più occhi addosso del David".
"Sei proprio perverso".
"Sì, e ti piace".

Lei, ancora, non aveva idea di quanto lui fosse perverso.

Si sedette davanti alla finestra, guardando le finestre del palazzo di fronte e si mise la ragazza sulle ginocchia. Cominciò a sculacciarle le chiappe. Uno, due, tre... sette, otto, nove. Il decimo fu bello forte. "Ahhh", reagì lei, cercando di divincolarsi. Lui smise. Lei però, avendo scoperto un certo piacere nel dolore, gli chiese di continuare. Altre dieci sculacciate, forti ma controllate.

Antonio si sfilò la cintura, le legò le mani e poi incastrò la cintura alla finestra. Le abbassò i pantaloni e le mutande lasciandola nuda solo dalla cintola in giù. Ancora davanti alla finestra. Sfilò la cintura di lei dai pantaloni calati a terra. E con quella cintura nera ricominciò a frustarle il culo, questa volta nudo. Fu molto delicato. Per lei l’eccitazione non era tanto nel dolore, che fu oggettivamente poco, quanto nel gesto di sottomissione. Un doppio gesto umiliante: frustata ed alla finestra. Alla fine, il sedere fu leggermente arrossato e lei continuava a miagolare eccitata anche quando lui ebbe finito.

Lui si inginocchiò e le allargò le natiche con le mani. Si mise a limonare col suo culo.

Poi infilò, molto, molto lentamente, un dito nel culo piano, piano, solo fino al polpastrello. Era già abbastanza per lei.

"Non vuoi perdere la verginità anche nel culo?"
"No ti prego"

Così lasciarono perdere per il momento il culo. Prese una piccola bottiglia di coca cola dal frigo bar e iniziò a scoparle la figa con quella. Dal lato della base, per evitare che il tappo potesse ferire la sua parte più bella. Certo quel lato era più largo, però la bottiglia era comunque una di quelle piccole degli hotel. Lei cominciò a gridare. Ancora una volta, non era la bottiglia in sé, che pure un certo piacere lo procurava, anche se preferiva un cazzo caldo ad una fredda bottiglia di vetro. Era l'atto di totale disprezzo da parte sua, che la usava come fosse un corpo inanimato, una bambola per soddisfare i suoi più turpi interessi e le sue disgustose fantasie.

Stancatosi della bottiglia, la lasciò libera. Si sedette a terra dietro di lei. E iniziò a segarsi.

Ma cosa stava aspettando? Perché non iniziava a scoparla? Rubie era lì a gambe aperte, eccitata, bagnata, frustata. E lui stava lì. Non la scopava. Era proprio vero che l'attesa aumenta il desiderio. Stava impazzendo. Le mancava persino la bottiglia fredda.

"Scopami!"
"E' ancora presto"
"Scopami ti prego"
"Non ancora"

Ma perché aspettava? Ce l'aveva anche duro, perché non trombarla.

Lo capì presto. La porta si aprì ed un cameriere entrò. Non notò subito cosa stesse accadendo. Avanzò verso il bagno, ma appena vide la scena si bloccò e chiese scusa uscendo rapidamente. Antonio aveva lasciato il cartello "do not disturb", fuori dalla porta. Ma l'aveva lasciato, volutamente, dal lato opposto. Quello per richiedere il servizio in camera. Adorava esporla così. Umiliarla così.

Antonio lo inseguì, aprì la porta e rimanendo dietro di essa per coprire le nudità da eventuali passanti in corridoio chiamò il cameriere appena uscito.

"Salve signore, credo che lei abbia messo il cartello dalla parte sbagliata. Sono mortificato!"
"No, no! Si figuri. In realtà… a noi piacerebbe sapere se lei volesse unirsi. Sa, lei è un po' così. Le piace avere un po' di pubblico"
"Capisco, e devo dire… è molto carina, sicuramente. Però. Io non posso. Mi licenziano. Non posso"
"Non lo diremo a nessuno"
"Eh, lo so, lei è sicuramente una persona discreta … per queste cose. Però se non mi faccio trovare dai capi, lei capisce, non la vedranno molto bene"
"Ah, certo. Non può fermarsi neanche 10 minuti. Le lasciamo una bella mancia e dice ai capi che ha dovuto sistemare qualcosa in camera nostra".
"Non posso davvero. Non mentre lavoro"
"A che ora finisce di lavorare?"
"Tra due ore io finisco il turno"
"È perfetto! Tra due ore. Sarebbe meglio prima, ma tra due ore è perfetto, no?"
"Beh, sì mi piacerebbe. In realtà non l'ho vista molto bene, ma credo mi piacerebbe", il cameriere adesso faceva anche lo schizzinoso.
"Venga dentro un minuto, la guardi un po'".

Rubie nel frattempo non si era mossa di lì. D'altronde, come avrebbe potuto? era ancora legata alla finestra. Antonio rientrò con il cameriere. Parlava in italiano. E la rendeva ancora più nervosa poiché non capiva cosa stesse dicendo, ma dal tono sembrava gli stesse mostrando un prosciutto da vendere.

"Eccola", disse una volta dentro al giovane cameriere. "Avvicinati".

I due si avvicinarono e Antonio le accarezzò una chiappa. "Senti, senti", disse lui. Il ragazzo accarezzò la natica e Rubie gemette e rise.

"Rubie, saluta il nostro nuovo amico", disse Antonio in inglese.
"Salve, signore"
"Salve, mi chiamo Claudio"
"Salve, Claudio. Piacere di conoscerti".
"Mettile un dito nella figa, l'ho sverginata da poco", disse Antonio nuovamente in italiano. Claudio infilò il dito medio. "Ti piace?", chiese Antonio.
"È molto bagnata!"
"Di' grazie, Rubie"
"Grazie, signore", disse lei.

Rubie era incredibilmente timida. Ed era mostruosamente eccitata. Era più eccitata che timida. Quindi, nonostante una parte di lei volesse scappare e nascondersi in quella situazione pazzesca, un'altra parte era così grata ad Antonio per averla legata. Così le aveva impedito di scappare e le aveva permesso anche di godere, scoprendo emozioni completamente nuove. Non la stava maltrattando. La stava esibendo. Lei non solo non si era opposta. Lei bramava quei momenti. Non l’avrebbe mai confessato nemmeno a lui, ma lei adorava essere una donna-oggetto. La stava utilizzando come uno strumento di piacere. Ma lui cos'altro era? Lui e quel cameriere? Non erano anche loro strumenti del piacere di lei? Allora era giusto. Era giusto provare emozioni contrastanti. Era giusto morire di timidezza e rinascere per l'eccitazione che le bagnava pure le cosce.

"Allora la vuoi scopare?", chiese Antonio, stavolta in inglese, così che lei potesse capire e sentirsi umiliata per la trattativa su di lei.
"Eh, certo, sì, dopo il turno, torno volentieri!", al cameriere piaceva davvero quella ragazza.

Il cameriere non fece in tempo ad andare via e chiudere la porta, probabilmente molto eccitato, che Antonio aveva già cominciato a masturbarla con due dita, in profondità, velocemente. Restò a guardare sulla porta qualche secondo, poi dovette davvero andare via.

"Abbiamo trovato un cliente", disse Antonio scherzando, pronto finalmente a scopare la ragazza. Era rimasto per tutto il tempo con il cazzo di fuori e adesso voleva andare a sbatterglielo nella figa, senza liberarla dalla quella posizione in cui l'aveva imprigionata.

"Mi tratti come una puttana!", disse fingendosi un po' seccata.
"Non è vero", disse lui sistemandosi dietro di lei e strusciando il cazzo moscio nel tentativo di farselo venire duro.

Non ci volle molto. Duro all'istante, Antonio entrò senza nemmeno mettere il preservativo. Iniziò a scoparla e siccome lei cercò di trattenersi per non cominciare a gridare da subito, lui, rallentando i colpi di cazzo, si coordinò con la mano per schiaffeggiarle la chiappa molto forte.

"Ahhhhhhhh", diceva lei ad ogni sculacciata.
"Uhhhhhhhh", diceva ad ogni infilata.

Aprì gli infissi, le mani ancora legate, e la espose ancor di più alla vista dei passanti, con le tette fuori dalla finestra. In realtà, al terzo piano, non era proprio facile vederla dalla strada. E dalle finestre di fronte nessuno, apparentemente stava guardando. Ma era eccitante lo stesso. Dietro quella ampia finestra con la cornice rinascimentale, poteva esserci un vecchio che si stava masturbando. O un ragazzino che faceva un video per segarsi a ripetizione nei giorni a venire.

Non contento di quanto la stesse sottomettendo, Antonio prese la cintura con cui poco prima l'aveva frustata e gliela avvolse attorno alle tette. Tirando forte. Torturando quelle bellissime e sodissime tette, già abituate agli abusi che lei stessa si infliggeva. Tirava all'indietro quella cintura come fossero le redini di un cavallo. Poi, allo stesso modo, la mise attorno al collo. Sentirsi dolcemente strozzare la eccitava. Rubie ormai aveva capito che questo era il suo modo di apprezzarla e che nonostante tutto, sapeva controllarsi.

"Ti piace, Rubbing Rubie?", aveva cominciato a chiamarla così dopo che lei gli aveva raccontato che le piaceva strofinarsi "rubbing" il clitoride.
"Scopami più forte!", rispose lei.
"Brava, la mia Rubbing Rubie".

Mentre la domava, usando solo un braccio per tenere le redini (la cintura) attorno al collo, con l'altra mano iniziò a indugiare sull'ano. Con il dito indice. Lo mise sul buco. Lei miagolava, gridava, godeva. Il culo però era quasi inaccessibile. Si leccò il dito. Adorava quel sapore. Ritornò col dito sul culo. Applicò una piccola forza per aprirlo. E poi entrò. Di nuovo solo col polpastrello. Ma capì che più forte la scopava, più lei si rilassava. E così, in perfetta coordinazione con tutto il corpo, Antonio accelerò il ritmo della scopata, tenne più stretto le redini al collo di lei e con delicatezza entrò in profondità nel culo di lei.

"Ahhhhhhhhh... uhhhhhhh", godeva. Alcuni passanti se ne accorsero e la guardarono. Ma lei, non era in alcun modo nelle condizioni di dare alcuna attenzione ai passanti.

Lui sputò sul culo di lei. Colpì sia la natica che le sue stesse dita. Lubrificò un po' di più il culo. E cominciò a masturbarla appieno. Sempre mentre il cazzo lavorava forte fuori e dentro di lei.

Rubie venne. Toccava ad Antonio adesso. Lui la fece inginocchiare. Le bendò gli occhi. Le legò le mani dietro la schiena. Le sbatté il cazzo sulla bocca. Lei tirò fuori la lingua. Picchiò il cazzo sulla lingua. Continuò a masturbarsi, levò la benda e le venne in piena faccia, schizzando anche un po' gli occhi.

Le diede un fazzoletto e si sdraiò nel letto. E proprio mentre a Rubie sembrava che, ancora una volta, non avrebbe dimostrato alcun affetto, lui le disse: "Sei proprio brava Rubbing Rubie. Sei brava. E bella!"

Rubie andò a farsi una doccia. Cercò di rilassarsi il più possibile, sapendo che presto, forse, sarebbe arrivato il cameriere e probabilmente sarebbe stato ancora più impegnativo.

Il ragazzo tornò. Aveva ancora la divisa, ma aveva finito il turno. Rubie era sdraiata sul letto. Stava riposando, ma appena il cameriere bussò si mise seduta, un po’ nervosa. Come chiesto da Antonio, indossava solamente una canottiera grigia larga e scollata. Una di quelle che usa solo per stare a casa. Senza reggiseno. E senza assolutamente niente sotto la cintura.

Appena lui entrò, Antonio disse: “Ruby, alzati, saluta il nostro amico”:

Lei si alzò mostrando, inevitabilmente, la figa pelosissima. Antonio non perse tempo per lanciare una frecciatina e umiliarla, dicendo al ragazzo, in inglese: “Spero ti piaccia un po’ di pelo”. Lei arrossì e abbassò lo sguardo. Poi in italiano Antonio disse: “A me piace così, spero ti vada bene un bel cespuglio nero!”. Ne parlava come fosse un suo oggetto o un animale a pelo lungo.

Poi le disse di sdraiarsi sul letto divaricando le gambe. Antonio ed il cameriere si sedettero sul bordo del letto, per osservare, quasi fossero due studenti di ginecologia. Il cameriere chiese di poterla leccare, evidentemente era un sincero amante del pelo. Antonio fu più che felice di dargli l’ok. Claudio si immerse tra le gambe dell’indiana. Antonio si avvicinò a lei, le accarezzò la faccia le baciò la fronte. Le chiese se le piacesse e lei rispose di sì. Rubie cercò di baciarlo in bocca, ma Antonio si ritrasse, per non darle una soddisfazione.

Antonio prese la sedia, si mise vicino a lei, le alzò la canottiera sopra la testa, coprendo la faccia. Piegò la cintura in modo da renderla più corta e iniziò a colpire, leggermente, le tette di lei. Il cameriere alzava lo sguardo incuriosito e forse un po’ preoccupato. Schioccò la prima botta. Colpì solo la tetta sinistra, quella dal suo lato, poco sopra il capezzolo. Provò a prendere meglio la mira. Colpì la stessa tetta e stavolta centrò il capezzolo. Lei gemeva, un po’ per la lingua del cameriere sulla figa pelosa, un po’ per quelle piccole frustate.

Si sistemò vicino a lei e cominciò a dare piccole frustate, molto velocemente, colpendo entrambe le tette. Rendendole più rosse. Bellissime tette con capezzoli neri e carnosi. Ne prese una e cominciò a mordicchiare.

Le gambe di lei si strinsero attorno alla testa del cameriere, Claudio. Antonio le chiese di allargare le gambe, e lei obbedì. Il cameriere si alzò, si mise il preservativo. E mentre Antonio dava dei piccoli colpetti di cintura sull’inguine, Claudio indossò il preservativo.

Il volto di lei era coperto, ma la maglietta non era molto spessa, così, aggiunse la sua maglietta davanti al volto della ragazza. Non vedeva.

“Adesso indovina di chi è il cazzo!”, disse Antonio, dopo aver fatto cenno al ragazzo di scoparla. Lei capì che si trattava del cameriere, ma provò a trovare una differenza tra il nuovo cazzo e quello di Antonio, senza riuscirci. Le piaceva anche quel pisello. Le piaceva averlo dentro. Claudio si chinò completamente su di lei e iniziò a leccarle le tette. Antonio guardava. Lei sentiva aleggiare la sua presenza, come un fantasma, ma il suo silenzio la preoccupava ed eccitava. Che stava facendo? A cosa stava pensando?

Dopo poco, Antonio si accovacciò sopra di lei, sulla testa, il cazzo era moscio, le liberò il viso e le mise il culo e le palle in faccia. “Lecca”, le disse. Lei non sapeva in realtà dove leccare. Così iniziò a baciare e leccare le palle. “Lecca tutto”, disse. Molto timidamente Rubie, che amava quel culo, mise la lingua sul suo ano e cominciò a leccare come un cagnolino.

Il cameriere, mentre la scopava, con la mano le massaggiava il clitoride. Antonio intanto, mentre lei leccava le sue parti più basse, si menava l’uccello con forza. E con l’altra mano giocava con i capelli neri di lei.

Presto Rubie realizzò un altro sogno. A Parigi, non era riuscita a farsi scopare figa e bocca insieme. Quando era arrivata il secondo ragazzo, era talmente sfinita che gli toccò solo il cazzo per un po’ e poi lasciò che fosse lui a finire da solo. Adesso invece, si ritrovava nel bel mezzo del trenino. I ragazzi l’avevano fatta mettere a pecora (che ormai era la sua posizione naturale) e mentre il cameriere pompava da dietro, Antonio le scopava la bocca. Le teneva la testa con entrambe le mani e la scopava! Come se fosse una figa. In profondità. Lei doveva solo tenerla il più aperta possibile.

Godette talmente tanto che smise persino di rendersi conto di entrambi i ragazzi. C’era solo lei e il suo piacere folle. La scoparono così finché non furono pronti per venire. A quel punto lei, sfinita, si inginocchiò sul pavimento e i due ragazzi si misero vicino alla sua bocca. Lei segò entrambi i cazzi ma con la mano mancina, che segava il cameriere, non era molto brava. Così il cameriere decise di finire da solo. Le venne in faccia. Poi anche Antonio le venne in faccia. Rubbing Rubie così, finì per ritrovarsi con la faccia piena di sborra
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