incesto
Nuda davanti a papà
di pato3
13.08.2018 |
66.961 |
16
"Iniziò ad annusare (sì, questo mi sembrò strano)..."
[Pubblico questo racconto di una mia “amica di perversioni” che per ovvie ragioni vuole restare anonima]Secondo tante persone, farmi vedere nuda a 15 anni da mio padre e da mio fratello non era normale. Ovviamente non si trattava di provocanti striptease per la mia famiglia. Semplicemente, giravo nuda in casa quando faceva molto caldo oppure appena uscita dalla doccia. Nella mia famiglia la nudità era vissuta in maniera molto tranquilla, anche se, ad essere del tutto onesta, le cose sono un po’ cambiate quando mio fratello ha cominciato a crescere.
Non era più un bambino (anzi, era diventato un armadio, magrolino ma alto – e lungo) e aveva certe necessità, lo so. Io avevo già 19 anni e lo beccai a masturbarsi in camera sua. Poco prima l’avevo visto passare in corridoio, mentre mi insaponavo ancora sotto la doccia. Poi, appena uscita, per caso l’ho visto intento a darsi piacere, attraverso lo specchio della sua stanza. Mi sorse un dubbio: si stava segando per me? o era solo una coincidenza? Di certo, quell’episodio non cambiò il mio modo di stare in casa.
Era giugno e c’era un caldo anomalo. Andai a vedere la tv con indosso solo le mutande (assolutamente pudiche), ma il divano era occupato da mio fratello, che stravaccato occupava tutto il divano. Ovviamente iniziò una piccola guerra che vinsi. Luca, infatti, come al suo solito, una volta seduta, iniziò a torturarmi mettendomi i suoi luridi piedi addosso. Prima sulle gambe e poi senza volere (e senza che fosse neanche un gran dramma), andò a toccarmi una tetta, sempre col piede.
“Dimostri 7 anni”, gli dissi affannata e accaldata.
Anche mio fratello era in mutande. E dopo avermi toccata accidentalmente la tetta ebbe un’erezione che cercò di nascondere senza successo.
“Menomale che hai le mutande!”, aggiunsi per dargli la stoccata finale.
Lui forse si sentì offeso o umiliato e andò in camera sua, un po’ curvo, per nascondere (ma era impossibile) la mazza sull’attenti, borbottando “cretina”. Pensai: “Se va a masturbarsi è evidente che ha qualche problema”. Stavo per andare a spiarlo, ma il caldo fiaccò ancora una volta la mia volontà.
Tuttavia, il mio caro fratellino doveva ancora imparare a districarsi tra le sue pulsioni adolescenziali e l’abitudine di non chiudere a chiave le porte e di entrare senza bussare nella mia famiglia. Così, dopo qualche minuto, quando sentii mia madre pronunciare disgustata il nome di mio fratello, allungandone a dismisura l’ultima vocale: “Lucaaaaa”, capii che quel pervertito si stava masturbando a causa mia.
Quando mia madre venne in soggiorno, mio padre, appena uscito dalla cucina, le chiese cosa avesse fatto Luca. Lei, difendendo il suo piccolo maialino disse: “Niente, niente. Ma non andare in camera sua per un po’”. Mi girai e mia madre stava mimando a mio padre il gesto della “sega”. Mio padre sorrise e tornò in cucina e mia madre venne a sedersi sul divano. Anche lei era piuttosto scoperta e a pensarci bene poteva anche aver dato a mio fratello un’ulteriore immagine mentale con cui sollazzarsi. Infatti, indossava solo degli shorts e il reggiseno. Le sue tette mature erano veramente grosse e stava proprio bene in intimo. Si teneva bene (e tutt’ora è una gran bella donna).
In quell’estate mio fratello imparò a gestire meglio le sue “emozioni”, indossava i pantaloncini (che però non coprivano le sue improvvise erezioni come avrebbe voluto) sopra le mutande e non si faceva più beccare con le mani in pasta. C’è anche da dire che mia mamma smise di entrare in camera sua senza preavviso. Tuttavia, per l’innato spirito di avversione che mi lega a mio fratello, iniziai a provocarlo. E lui, quando non c’erano i miei, non si sottraeva affatto.
La prima volta che lo “provocai” consapevolmente, pensai che si sarebbe spaventato e che sarei riuscita definitivamente a impormi come sorella dominante. Era una mattina di luglio credo, i miei genitori erano entrambi a lavoro, e (stranamente) sia io che mio fratello eravamo a casa. Decisi: “questa mattina faccio impazzire mio fratello”.
Andai a farmi la doccia dopo aver portato il mio accappatoio in camera mia e aver allontanato dalla vasca ogni asciugamano.
“Luca!”, lo chiamai a fine doccia. “Luca!”
“Che c’è?”
“Mi puoi portare l’accappatoio? È in camera mia”
Non mi mandò a fanculo. Evidentemente non gli dava fastidio svolgere questo compito. Si presentò subito con l’accappatoio, senza indugiare con lo sguardo, d’altronde mi vedeva nuda quasi ogni giorno, per quel poco che ci vedevamo. Fece per andarsene.
“No! Aspetta!”
Si girò interrogandomi con lo sguardo. Io avevo l’accappatoio addosso ma era completamente aperto. Mi stavo asciugando le braccia.
“Mi potresti spalmare la crema sulla schiena? ieri mi sono un po’ scottata”.
“Ok”, rispose lui indifferente.
Io finii di asciugarmi molto rapidamente, lasciai cadere l’accappatoio, andai davanti allo specchio e gli porsi la crema. Ebbe un’erezione quasi subito, poverino. Me ne accorsi perché guardò in basso, si allontanò e, dopo essere arrossito, iniziò a sudare. Io presi una pinzetta e dopo qualche secondo la lasciai cadere. Mi chinai e indietreggiai con il sedere per andare a cercare il contatto. Lo trovai solo per un momento poi Luca balzò indietro terrorizzato. Era veramente di marmo. Iniziai ad apprezzare il mio fratellino. Quando ebbe finito di spalmare, mi girai, lo guardai intensamente negli occhi per mezzo secondo e poi lo abbracciai forte pressando le tette sul suo petto. “Grazie, fratellino”, gli dissi e lo lasciai lì.
“Ah”, aggiunsi affacciandomi di nuovo verso il bagno, dove era rimasto, “Se ti fai una sega non lo dico a nessuno. Ti capisco, sono una gran figa!”, risi e andai in camera mia.
Sicuramente l’avevo eccitato. Forse anche disorientato. Andò in camera sua e lasciò la porta a metà. Passando nel corridoio potevo vederlo a malapena, ma potevo vederlo. Iniziò a masturbarsi. Non in maniera sfacciata, era quasi nascosto. Però la porta era aperta, quindi probabilmente voleva farmi sapere che si stava masturbando ed io mi fermai di nascosto a guardarlo.
Per la prima volta lo desiderai. Pensai: “Adesso entro e mi faccio scopare”. Però mi trattenni. In fondo era solo un ragazzino, e a me di certo non mancava il cazzo. Ancora non avevo capito che volevo mio fratello e non un cazzo qualsiasi. Cambiai tre ragazzi quell’estate, ma tornavo a casa e avevo ancora voglia di sesso. Mi resi conto così che volevo mio fratello. Me ne resi conto perché vederlo masturbare ogni volta che potevo mi dava un piacere quasi superiore all’essere scopata dal ragazzo del momento.
A fine agosto, mio papà mi beccò a spiare mio fratello. Ero nuda. Completamente. Non mi vedeva frequentemente senza mutande. Poteva capitare sotto la doccia al limite, ma non in giro per casa, dove indossavo sempre (o quasi) le mutande.
Ero talmente assorta nel cercare di scorgere mio fratello, che non mi accorsi che papà mi stava guardando da almeno mezzo minuto. In piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate. Mi accorsi di lui quando si mosse. Si abbassò i pantaloncini e le mutande e ritornò nella posizione di prima. Mi girai terrorizzata (non perché era nudo ma perché ero stata beccata) e lo vidi in quella strana posizione.
“Non usiamo neanche più le mutande ormai?”, mi chiese sorridendo e sussurrando.
Lo guardai senza dire niente, ero imbarazzata, ma il suo sorriso mi tranquillizzava.
“Fa così tanto caldo?”, chiese ancora.
“No, è che sono appena uscita dalla doccia”
“Tuo fratello è dentro?”
“Sì”
“Puoi metterti qualcosa? mi serve aiuto giù in garage”.
Mi misi delle culotte e una maglietta lunga e lo seguii in garage. Una volta dentro, lui chiuse la porta del garage e si abbassò di nuovo i pantaloncini. Non so cosa sia scattato nella testa di mio padre. Forse in qualche modo aveva capito che ero pronta. Non lo so.
“Puoi spogliarti di nuovo”
“Papà?”, come a chiedere: “Che stai facendo?”
“Credevo ti piacesse stare senza mutande”
“Be’ anche a te piace mi sembra”, dissi sorridendo e indugiando. “Ora che ci penso non ti fai vedere quasi mai con il coso al vento”
“Ci si sente più liberi nudi, vero?”
“Sì”. Mi tolsi anche io le culotte. “Hai chiuso?”, chiesi.
“Sì”.
Immediatamente e istintivamente mi inginocchiai davanti a lui e lo presi in bocca. Pensai: “Se non mi dà subito una sberla, ho fatto la cosa giusta!”. La sua mano grande si avvicinò, ma per accarezzarmi la testa. Non so quando avesse capito che ero pronta per farlo con lui. Io capii definitivamente di esserlo solo quando avevo sentito il sapore del suo cazzo.
“Ti piace?”, mi chiese.
“Sì. È grosso”.
“Ne hai visti tanti?”
“No!”, (Che bugiarda!)
“Brava, piccolina”
Si abbassò per quanto possibile e sussurrando mi chiese: “Stai sempre nuda e ora tieni la maglietta?”. Io non volevo staccarmi dal cazzo così alzai le braccia e lui mi sfilò la maglietta, come quando mi vestiva e mi svestiva da bambina. Lasciai il cazzo solo un attimo per fare passare la maglietta e poi lo ripresi subito in bocca.
“Sei brava!”, notò, forse un po’ meravigliato e magari non troppo contento. “Non me l’aspettavo”.
Io non risposi perché non volevo di certo stare a parlare con lui di certe cose. È strano, considerando che adesso eravamo decisamente in intimità. Era pur sempre mio padre però, quindi immagino fosse parecchio geloso della sua bimba.
Inaspettatamente, mio papà inizio a “vibrare” e quasi a contorcersi. Mi premette la testa contro di sé, come per non farmi scappare. Dopo qualche secondo di semi-convulsioni mi venne in bocca.
Si chinò verso di me e mi chiese scusa, un po’ imbarazzato.
“Scusa tesoro! Ma è una vita che non ricevo un pompino”, rimasi stupita. Pensavo fosse normale in una coppia. Pensavo che mia mamma si desse da fare. Ero un po’ delusa da lei, e dispiaciuta per mio padre.
“Non ti preoccupare. Ti è piaciuto?”
“Da morire”
“Vuoi scopare?”
Scoppiò a ridere. “Non sono più un ragazzino. Mi serve una pausa. Ed un bicchiere d’acqua”
Mi vide delusa per la seconda volta in un minuto. Così aggiunse: “Solo 5 minuti. Dammi 5 minuti e lo facciamo. Vado un attimo su, ti serve qualcosa?”
“No, grazie”. Gli mandai un bacio con la mano mentre apriva la porta del garage, guardandosi intorno.
Dopo una decina di minuti era tornato. Parecchio tempo per stare da sola dopo aver succhiato il cazzo di mio padre. Vengono in mente tante cose in dieci minuti. Chissà a cosa aveva pensato lui. Io, nonostante tutto, non riuscivo a essere pentita di quello che avevo fatto, chi poteva essere meglio di mio padre? quale uomo è meglio di un papà? chi ti ama più di lui? chi ti protegge di più? Avevo solo un po’ paura che, passata l’eccitazione, lui non volesse più scoparmi. O peggio, che dicesse qualcosa a mia madre. Invece tornò con un gran sorriso, forse per infondermi coraggio.
“Ti ho portato un po’ d’acqua”, disse porgendomi la bottiglietta da mezzo litro.
“Grazie, papi”.
“Se ci scoprisse qualcuno!”
“Basta stare attenti”, dissi io. Quanto lo desideravo! Ero rimasta nuda per fargli capire che avevo un gran bisogno del suo cazzo dentro di me. E lui lo capì, anche se provò a prendere ancora tempo. Io, dal canto mio, non volevo sembrare troppo troia, dato che già era rimasto stupito dal mio pompino. Non potevo saltargli addosso.
Appena ebbi finito di bere, lo abbracciai affettuosamente, non come la sua amante, ma come la sua bimba.
“Come stai?”, mi chiese.
“Bene, tu?”
“Bene”
Allora mi fece girare. Mi cinse da dietro e iniziò a baciarmi la nuca e piano piano fino all’orecchio. Poi, col petto mi spinse piano in avanti e con le sue mani guidò le mie braccia lungo il cofano della macchina. Ricominciando a baciarmi il collo, arrivò alla schiena e giù fino al sedere. Iniziò ad annusare (sì, questo mi sembrò strano). Poi, tirandomi dal bacino con una mano, mi fece indietreggiare. Adesso ero tutta chinata in avanti, con le braccia distese sul cofano.
“Da quello che ho capito, prendi la pillola, giusto?”
“Sì, papà”
“Bene”
Sentii il suo cazzo cercare il punto giusto e poi, con forza, penetrarmi. Non avevo mai provato nulla di simile. Smisi di pensare al cazzo di mio fratello, smisi di pensare a tutto e iniziai a godermi finalmente il grosso pene che faceva avanti e indietro dentro di me.
Temendo che sarebbe venuto subito e cercando di fare la verginella, gli chiesi di fare più piano. I suoi colpi erano profondi, feroci, non violenti ma decisi. Tutto mi diceva che non desiderava altro che scoparmi: il modo in cui affondava le sue grosse dita sui miei fianchi; il sospiro profondo ed appassionato che accompagnava ogni spinta; la dolcezza con cui mi chiamava “tesoro”, “amore”; la passione con cui diceva: “sì”, “sei una porca”, “ti amo”. La cosa che mi piaceva di più era sentirmi dire “sei una porca”. Chiunque può dirtelo, ma se te lo dice tuo papà mentre ti castiga, è la cosa più estrema in assoluto.
“Girati, tesoro”. Si sfilò dalla figa e mi diede un bacio sul culo, prima di farmi girare incoraggiandomi con uno schiaffetto sulla natica. “Quanto sei bella”, mi disse, strizzando entrambe le tette a piene mani.
Mi fece distendere sul cofano e riprese a scoparmi. Ancora più lentamente di prima. Mi guardava intensamente, dalla figa alla punta dei capelli. Mi guardava avidamente, come se non mi avesse mai vista. Io chiusi gli occhi, perché anche se mi piaceva essere guardata, mi sentivo a disagio nel ricambiare lo sguardo. Ricordo che in quel momento volli dirgli: “Sono la tua puttana! Sono la tua Puttana!”, rimarcando sulla parola ‘puttana’. Ma non glielo dissi perché mi vergognavo tremendamente. Dovetti aspettare che si chinasse su di me. Allora lo tenni stretto a me dalla nuca, di modo che non potesse guardarmi e finalmente gli feci sapere che ero la sua puttana. Per sempre.
Iniziò a succhiarmi una tetta, come se volesse ricavarne del latte. Mi fece quasi male. Ma ormai gli avevo regalato il mio corpo. Poteva fare di me ciò che voleva. Prima me ne succhiò una. Poi, dopo aver capito che non sarebbe uscito nulla, iniziò con l’altra.
“Mi sono proprio divertito con queste. Adesso girati di nuovo”.
Mi rimisi nella stessa posizione di prima, fiera di essere il divertimento di papà.
Velocizzò la frequenza delle spinte, diminuendone però la forza. Adesso andavamo al trotto. Dalla sua gola emergeva un continuo gemito quasi musicale. Adesso una mano era sul mio addome, che mi accarezzava dolcemente, mentre l’altra, posata inizialmente al centro della schiena, iniziava a scorrere verso il mio collo, man mano che anche lui si adagiava su di me, e si teneva con maggiore forza cingendomi la vita.
D’improvviso mi prese dalla coda dei capelli tirando con forza. Contemporaneamente, aumentò di nuovo l’intensità e la profondità della scopata. Mi sembrava di averlo fin dentro le orecchie. Io mi lasciai scappare un “Ahi!”, appena mi prese dai capelli. Lui allentò un poco la presa e mi diede due pacche d’incoraggiamento con la mano sinistra che mi abbracciava ancora la vita.
“Sto per venire”, mi disse.
“Spingi più forte”, implorai.
Spinse finché poté. Poi venne e disse a voce un po’ troppo alta, viste le circostanze: “Sei proprio la mia puttana”.
Dopo aver ripreso fiato mi chiese: “Sei vergine nel culo?”
“Sì, certo”
“Allora cerca di restare vergine, perché vorrei aprirtelo io. Ok?”
“Possiamo provare, non so se mi piace”.
“Ti piacerà vedrai”, mi diede un bacio e se ne tornò in casa. Io aspettai un po’ e dopo aver controllato che non ci fosse nessuno fuori dal garage, tornai in casa anche io.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.