bdsm
Punirci un po' a vicenda - ed è solo l'inizio
di single80fe
31.10.2020 |
3.967 |
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"Una mano sulla sua pancia, una sulla mia: “Non è male essere legati così, vero?” e mi afferra il cazzo alla base, senza muovere la mano..."
Quasi non ricordo come mi sia trovato in questa situazione.Un trasporto intenso, da giorni di conversazioni, e poi il suo profumo, quasi fosse uno stupefacente. La sua casa, che ora vedo, polsi e caviglie legate al letto, nudo. A metà tra una ragazza e una donna, in questa stanza. Cerco di distrarmi, ma è impossibile. Così bella, così vicina, ora, finalmente.
Raramente lascio guidare. Eppure il suo bacio appena incrociato lo sguardo, le sue mani che mi percorrevano, come le mie sul suo corpo che ho così desiderato, finalmente così vicino.
Mi sono lasciato spogliare, guidare, come se il profumo mi avesse stordito, fatto suo.
Eccomi ora, l’uomo dominante, nudo, a letto, eccitato e legato.
Lei là, ancora quasi completamente vestita, in piedi ai piedi del letto. Si spoglia per me, guardandomi, sorride, tra il sadico e il dolce. Devo ancora scoprirla, davvero, e sono già legato. Sono già eccitato, brutalmente. Il fatto stesso che si sia allontanata mi permette di capire, se si avvicina ancora, e voglio che lo faccia, la lucidità se ne andrà ancora, e ancora, e ancora.
La camicetta è scivolata, il reggiseno anche. Accenna a un movimento di anche, mentre si spoglia davanti ai miei occhi sbarrati e avidi. Fa scivolare la gonna, il perizoma, resta completamente nuda per me.
Si avvicina, eccoci, di nuovo, a lambire un punto di non ritorno che abbiamo lasciato da un pezzo. Mi accarezza con le mani: “Mi sembra una discreta accoglienza, no?” passa sui piedi, sulle caviglie, mi sfiora le gambe, si avvicina alle cosce. Il suo corpo brilla e bolle, così vicino a me. Il suo seno mi attira, le sue gambe, quel culo in cui voglio sprofondare la testa, da quando me lo mostrò con una fotografia sfocata.
“Credo che potrei dedicarmi un poco a te” sussurra al mio orecchio mentre con le mani sta sfiorando mani, braccia, torace, collo, “farti stare bene” mi sussurra all’orecchio, mi lecca appena dietro al collo, per finire in un sussurro quasi inudibile “farti godere come un porco”. Le avevo rivelato quanto mi ecciti farmi leccare dietro all’orecchio, sta seguendo i miei desideri. Dovremmo sempre stare attenti a quello che desideriamo.
Vorrei forzare, muovermi, non è mia abitudine, ma la lascio fare, mi sta invadendo, non faccio resistenza. Ora la mano è alla base dell’addome, quasi al confine tra l’asta dell’uccello durissimo, completamente aperta. Il mio respiro si fa affannoso.
“Prima o poi però voglio sentirlo crescere in bocca, sei troppo eccitato” mi prende in giro mentre massaggia l’interno coscia con la mano, stando attenta a dare al cazzo qualche contatto col dorso.
“Ti odio” fa la mia flebile voce. “Non è vero” fa lei, sicura, dandomi le dita della mano da leccare.
Adoro sfiorare i polpastrelli con la lingua, avvolgerle le dita tra le labbra, succhiarle quasi fossero organi genitali. Geme. “Ho immaginato a lungo la tua lingua” mi dice mentre porta le sue dita bagnate tra le cosce, le allarga, mettendosi comoda di fianco a me, con la mano sempre vicina al mio uccello duro, teso, che trema, quasi.
Si massaggia lenta come fa con me. Una mano sulla sua pancia, una sulla mia: “Non è male essere legati così, vero?” e mi afferra il cazzo alla base, senza muovere la mano. Gemo: “No, è bello” mi sfugge.
Si erge sul mio uccello, e fa semplicemente scivolare un rivolo abbondante di saliva sulla cappella. La guardo, ammirato, mentre inizia a sfiorarsi le labbra, aprendole per i miei occhi. “Mi piace eccitarti, vedi? Mi bagno”. E continua, senza muovere la mano con cui mi stringe l’uccello alla base. Si sfiora, appena, tra le labbra, percorre con l’indice bagnato dalla mia saliva i suoi umori che iniziano a bagnarla. Poi mi dà di nuovo le dita, da leccare, non posso fare a meno di farlo, è la prima volta che sento il suo sapore. Mentre prendo in bocca le sue dita, l’altra mano raccoglie la saliva e la diffonde, semplicemente con la pelle, su tutta la superficie del mio uccello, ormai un suo giocattolo, facendola scivolare tra i testicoli e fino all’ano. Inavvertitamente le faccio spazio, allargando appena le gambe. “Ah sì? Ti piace se gioco con il tuo culo, anche?”.
“Sì, mi piace” oso.
Il suo polpastrello mi sfiora l’ano, lo bagna, si infila appena facendo svettare ancora di più il mio uccello.
“Sei il mio schiavetto, ora” “Mai” rispondo, ma gemo mentre mi strega scivolando dal culo all’asta, fino ad avvolgere la cappella con le dita, stringendo appena. “Secondo me un po’ lo sei, M.” e ride, ma la sua figa è ormai imperlata di voglia.
“Voglio leccarti, E.” mentre lo dico fa scivolare tutta la pelle del glande per scoprirlo completamente. Mi dà un bacio sul frenulo, ci gioca con la lingua, chinandosi un po’ senza smettere di toccarsi, mi avvolge tutta la cappella con la bocca, ora, non me lo aspettavo e non lo vedo, perché si sta mettendo sopra di me in un 69 così sognato.
I suoi umori, la sua voglia, la sua figa così davanti a me mi travolge. Lo sente, lo sente sul cazzo che pulsa e che quasi vorrebbe esploderle in bocca ora, liberarsi di giorni e settimane di desideri e dense venute solitarie. Ma no, oh no, non ancora.
Scivolo con la punta della lingua sulla pelle delle cosce, senza toccarla, ancora, lasciandola sospesa nella voglia di sentire quello che ha immaginato. Mi stringe, ferma, aspetta, inarca appena la schiena dischiudendo il suo calore alla mia bocca.
La lingua si appoggia al perineo, finalmente i suoi umori nella bocca. Scivola tra le labbra, lento. Anche legati, si può controllare il gioco, penso, mentre appoggio e spingo la punta della lingua alla base della clitoride. Geme e reagisce, scappellandomi completamente e avvolgendomi il glande tra le labbra. Quasi scoppio nella sua bocca bollente, che mi assaggia, su quella lingua che mi avvolge, scivola, massaggia la mia cappella che trema di voglia.
Con la lingua scopro la clitoride, cercando di resistere alla sua. La faccio scivolare fradicia tra le labbra, succhio appena e inizio ad alternale lentissime e profonde leccate, a rapidi colpetti appena superficiali. All’improvviso mi fermo, mi allontano e respiro solo sugli umori densi che appagano il mio gusto. Allontana la sua bocca. “Non osare fermarti” intima scoprendomi e coprendomi il glande fradicio con le dita calde. La lingua percorre le labbra, facendosi avvolgere, lenta, arriva fino all’ano, lo lecco, lo assaggio, lo voglio, “Ti voglio, E.”.
La sua bocca scivola lentissima, mi accoglie completamente, mentre io faccio scivolare la mia dentro di lei, mi bagno la barba, il cazzo trema caldo mentre sento le sue labbra arrivare alla base dell’asta. Quando risale fili di saliva decorano la sua bocca e il mio uccello sempre più duro, si gira, mi guarda bagnata e soddisfatta dei miei gemiti che irrompono sulla clitoride, tormentata da una lingua veloce, lenta, e poi ancora veloce che toglie sicurezze e accompagna gemiti e pressione delle sue mani sul mio cazzo.
“Basta o mi fai godere” dice levandosi da lì. “Voglio torturarti un po’” e apre le gambe, si mette tra le mie, mi scavalca con le sue, si apre. Mano sulle labbra aperte di fronte al mio cazzo duro. Vedo il suo petto ansimare appena, sollevare i seni, mentre mi prende la cappella e la fa scivolare sulla clitoride e tra le labbra, masturbandosi con il mio piacere sempre più intenso.
Per un attimo mi passa nella testa quanto vorrei sborrarle addosso ora, così bella, così lascivamente spalancata per il mio piacere e le mie voglie più profonde.
Gemo forte. Lei ride, geme, e si infila appena la cappella tra le labbra. “Pensi che sia facile resistere a farmelo scivolare completamente dentro?” Cantilena quasi questa frase mentre mi sega l’asta, tenendomi tra i suoi umori.
Stringe la mano, ferma ora. “Cazzo quanto pulsi” “Anche la tua figa” e con un colpo di reni glielo faccio scivolare dentro, completamente. Un piccolo urlo mi accoglie, mi fa ingrossare ancora dentro di lei, fermo, immobile. “Pulsi più di prima” dico. E. non mi risponde, scivola solo sopra di me a cavalcarmi, lenta, ritmica, mi perdo tra gli odori, i sapori, le sue labbra che mi baciano sopra di me, i capezzoli duri sul mio corpo, chiudiamo gli occhi, scivolandoci dentro.
Non so quanto tempo passi, tra umori, contrazioni, il cazzo che fa quasi male così gonfio della voglia di esplodere, ma poi scivola ancora: “La tortura non è finita” e inizia a leccarmi il glande, segandomi forte, e cazzo così no, no, sto per sborrare penso “Sto per sborrare” urlo e lei mi porta quasi fino a lì, quasi fino al punto di non ritorno, e lo lascia. Rimbalza quasi sulla pancia e le mie grida e gemiti si confondono, mentre mi slega.
“Non godere, non ancora, anche io mi sto trattenendo. E non è quello che vuoi. Legami”.
Tra le parole e le azioni, ormai non capisco più nulla, ma devo ritrovare il mio contegno. Anche se le palle fanno quasi male, il cazzo è duro, curvo, rosso accesso della voglia di dipingerle tutto il mio desiderio addosso, è il suo turno.
La spalliera. Quella della foto. I costrittori. Legata, così, nuda, bagnata, calda. Alla spalliera della camera da letto. In piedi. Faccio passare la catena in modo da poterla girare.
“Era questo che volevi”
“Sì, voglio essere il tuo giocattolo, ora”.
In piedi, con le braccia alzate e i polsi legati, vicino alla spalliera. È bellissima. Io nudo, di fianco a lei, tremendamente eccitato. Le faccio leccare le mie dita, mentre le accarezzo il corpo: “Sei pronta?” Annuisce, aspetta, occhi sbarrati pieni di voglie. Mi fa impazzire.
Inizio a massaggiarla tra le cosce, giocando con le dita tra labbra e clitoride gonfia. È bagnata, geme mentre la bacio, le dita continuano a muoversi mentre le appoggio l’erezione sulla pelle.
“Mi hai fatto soffrire, prima” “Lo so” “Volevi essere punita?”. La giro. “Porgi il culo”. Esegue.
“Conta” e inizio a sculacciarla. Piano, all’inizio, poi sempre più forte, fino ai suoi limiti.
“Uno” e poi seguono fino al “Dodici” e gemiti intensi, grida, natiche rosse, ogni colpo intervallato da baci, carezze, “Tredici” si sente il rumore della carne. Una lacrima “Basta, per favore”.
“Dovremo trovare la parola giusta” le dico, accarezzandola e avvolgendola. La guardo, in piedi e ancora legata davanti a me e le scivolo dentro, quasi a premiare la sua voglia fradicia, il dolore che l’ha alimentata, il desiderio di essere piena di me, della mia voglia tesa, dura, che ora spinge, forte, sempre più a fondo, e le mie mani accarezzano le sue legate, la lingua cerca collo, labbra, la sua lingua, e il cazzo spinge tra gli umori mentre la figa si contrae attorno ai colpi sempre più intensi e pieni. Quando mi fermo e scivolo fuori cola a terra, trema un po’. “Allarga le gambe”. Esegue. Il magic wand è la fine: inizio a farglielo vibrare tra clitoride e labbra, giocando, togliendole il respiro e accelerando il gioco sempre più intensamente, cresce il rumore della vibrazione come le sue grida, e mi esplode addosso stretta, bagna il giocattolo che non tolgo, perché ora gli orgasmi ripetuti e forzati sono la sua punizione, e quando iniziano a ripetersi la giro lasciando il magic piantato sulla clitoride e scivolandole dentro. “Che voglia avevo di fotterti” “Cazzo, sì, fottimi, forte” urla tra gli orgasmi e colpi pieni del mio cazzo da dietro e del gioco addosso, fottuta, colpita, con le gambe che tremano e le braccia doloranti, geme e grida ancora mentre tutto questo mi sta portando vicino, vicinissimo, sento mentre la fotto le vene gonfiarsi, lo sperma salire impetuoso, e lei gode ancora e ancora, getto il giocattolo, mi stringe il cazzo dentro piegando le gambe, non resisto più, ormai ho solo il riflesso per slegarla: “Voglio sborrarti in bocca”.
Si inginocchia e si porta il mio uccello dentro la bocca, con la testa che gira e la figa che pulsa, e tra labbra, lingua, mano, lei godo così profondamente che grido forte, i fianchi scattano, le gambe pulsano insieme a coglioni e cazzo avvolto nella sua bocca che mi insegue, che guida la sborra con la lingua, i suoi occhi che mi ingoiano e il rivolo di sperma sulle labbra e sulla bocca che cade, tra le dita e il seno.
Sporca di me, sporco di lei, insieme, finalmente.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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