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Scambio di Coppia

Furia cieca. Seconda parte.


di Honeymark
28.03.2019    |    12.681    |    5 9.7
"- Cosa avete fatto tu e Elena? – Mi domandò allora..."
Furia cieca
3


Io e il mio amico ci frequentammo ancora regolarmente, però senza mai affrontare quella serata. Finché una sera, a lavoro finito, Alberto mi fece una proposta.
- Lavorare e basta è di una tristezza infinita, – disse. – Ti andrebbe di spendere 500 euro per un weekend di solo divertimento?
- Perché no? Dipende da cosa proponi.
- Mettiamo 500 euro a testa, – precisò. – Andiamo al casinò di Venezia e passiamo la serata lì.
- Non è che mi piaccia molto giocare, – risposi scettico .
- Non devi giocare tu. – Rispose. – Gioco solo io.
- Come? Ah ah! E io cosa ci vengo a fare, a mettere i soldi?
- Stai con le due ragazze mentre io gioco.
- In che senso?
- Le intrattieni in giro per le sale del Casinò, mentre sto alla roulette.
- Dici sul serio? E ti pare un’idea allettante?
Ero allibito dalla banalità di quello che gli era venuto in mente.
- E come fai a giocare? – Gli domandai, riferendomi al fatto che non ci vede.
- Beh, come puoi immaginare, non posso giocare a carte. Niente blackjack o altro.
- E alla roulette invece sì?
- Esatto, proprio così. Ho una particolare sensibilità per quel gioco.
- E chi ti aiuta a giocare?
- Il Croupier.
- Meglio se ti aiuta una delle nostre donne.
- Beh, potrebbero portare fortuna.
Il mio amico è razionale, per cui mi sorprese che parlasse di fortuna.
- Quale delle due? – Domandai ridendo.
- A rotazione. – Disse serio. – Ora l’una, ora l’altra. Ascolta, in due mettiamo mille euro, con i quali paghiamo il viaggio, l’albergo e la cena e, con quel che rimane, io gioco alla roulette.
- Ah ah! E il mio divertimento quale sarebbe?
- A parte il piacere di passare un weekend al Lido di Venezia, c’è la possibilità di dividere quello che vinco.
- Dai...
- Va bene, – rispose. – Come non è detto…
- Smettila, – lo fermai. – Comunque non mi dispiace fare un weekend al Lido di Venezia. Un po’ caro forse… Ma lasciami chiedere ad Angela.

Angela disse subito di sì. Cosa volete che vi dica. E una decina di giorni dopo eravamo in autostrada da Verona a Venezia.
Eravamo partiti in auto il sabato mattina, Angela era seduta al mio fianco, dietro stava il mio amico con Elena. Parlammo del più e del meno finché, passata Padova, Alberto non uscì con una battuta inaspettata.
- Abbiamo preso una decisione, – disse d’improvviso.
- Chi, tu e Elena?
- Sì.
- Bene, e quale?
- Ti autorizziamo a toccare il buco culo di Elena ogni volta che vuoi.
Rimasi senza parole, limitandomi a guardare Elena nello specchietto.
Poi guardai di sfuggita anche Angela, che continuava a fissare la strada.
- E tu, Elena, sei d’accordo? – Domandai.
- Beh, sono cose che si promettono a letto, anche se poi… – Tradiva un po’ di imbarazzo. – Però è vero. Sì, l’ho promesso.
- E tu Angela, – chiesi provocatorio alla mia ragazza. – Saresti d’accordo?
Si girò verso di me, rossa in faccia.
- Certo che sì!
Cosa potevo pensare? Sembrava quasi che lui avesse pianificato tutto, anche se non mi era chiaro quale fosse il disegno finale. E l’assenso della mia ragazza dava alla situazione un aspetto quasi irreale. Ma il tutto non mi dispiaceva per niente e lasciai cadere l’argomento in attesa di evoluzioni.
Proseguimmo verso l’isola del Tronchetto. Imbarcammo l’auto sul traghetto che in 40 minuti ci portò al Lido di Venezia. Sbarcati, portai l’auto all’Hotel dove avevamo prenotato due camere matrimoniali.
Fatto il check-in, portammo le borse in camera e poi decidemmo di andare a fare due passi. Le ragazze fecero shopping e noi ci godemmo il tepore di quel pomeriggio di inizio estate.
La sera andammo a cena in un ristorantino vicino all’albergo, ripromettendoci di fare il pranzo giusto a base di pesce l’indomani, se mai avessimo avanzato qualcosa dalla cifra messa in gioco. Dopocena ci vestimmo secondo l’etichetta del casinò, gli uomini in giacca e cravatta, le donne in vestito lungo da sera.
Andammo a piedi al casinò, pagammo l’ingresso e salimmo alla sala principale. Era molto spaziosa e luminosa. I tavoli erano ancora poco frequentati.
- Quanto cambio? – Domandai ad Alberto.
- Cinquecento euro.
- Ne abbiano 700.
- Tieni i 200 di riserva.
- A cosa vuoi giocare? – Gli chiesi ancora.
- Descrivimi le roulette.
Gli spiegai come erano sistemate e la posizione dei giocatori seduti. Lui scelse una che aveva il posto libero vicino al croupier. Si sedette e io avvisai il croupier che l’amico era non vedente.
- Non si preoccupi, – mi rispose. – Lo seguirò con attenzione.
- Come funziona?
- Lui ci dice dove puntare e noi mettiamo le fiches dove ci ha detto.
- E il valore delle fiches?
- Quello lo sente col tatto. Sono braille.
- Ad ogni modo restiamo al suo fianco.
- No, – disse Alberto sedendosi. – Al massimo sta al mio fianco uno solo di voi. Andate pure a fare un giro. Io qui mi trovo benissimo.
Aveva indicato il croupier come se lo avesse visto.
Andai a cambiare 500 euro e tornai da lui.
- Grazie, – disse. – Ora andatevene.
- No, – disse Elena. – Resto con te,
- Va bene, – rispose lui. – Andate voi due a bere qualcosa poi venite a sostituire Elena? Vi sta bene?
- E se Elena ti portasse fortuna? – Scherzai.
- Tanto – osservò, – cambiano spesso anche i croupier… Le probabilità si azzerano ogni volta.

Portai Elena a bere un daiquiri, quindi la portai a vedere tutte le sale gioco.
- È vero quello che ha detto Alberto? – Le domandai, quando mi accorsi che il rum del daiquiri stava facendo effetto anche a me.
- Ti riferisci al… culo?
- Sì.
Sorrise maliziosamente.
- Alberto ama ordinare. – Rispose poi. – E io amo obbedire.
- Bello, – dissi. – Ma non hai risposto.
- Questo perché ti sfugge un particolare importante. Nel rapporto di sottomissione, il sottomesso deve fingere di non voler fare quello che gli viene imposto di fare…
- Quindi ti piace?
- Posso dirti una cosa? – Domandò. – Però devi assicurarmi che non dici nulla a nessuno.
- Io sono sempre riservatissimo.
- Lui crede che se mi tocchi il culo… gli porto fortuna…
- Dimmi che scherzi…!
- La sua cultura gli impedisce di credere in queste cose – rispose, – ma il suo senso statistico lo tiene informato.
Rimasi perplesso. Proprio non lo avrei mai creduto da parte del mio amico, solitamente così pragmatico, determinato e razionale.
- Messaggio ricevuto. – Dissi allora. – Vieni che ti porto in sala da bagno.
- Stai scherzando?
- No, voglio solo fare quello che passa per la mente.
Andai ai servizi e chiesi una stanza da bagno. Mi diedero la chiave e un asciugamano. Feci entrare Elena e la seguii.
- Cosa devo fare, – chiese con tono disarmante.
- Tu niente. – Risposi, mettendo in terra l’asciugamano.
Mi inginocchiai sopra e risalii le sue gambe con la mano destra.
- Ma… vuoi davvero toccarmi il…?
Non risposi e portai la mano al culo.
- Ma… sei senza mutandine?
- Lui ha voluto così…
Il suo culo era davvero superbo. Dopo aver portato le dita nella fessura del culo, le portai l’altra mano alla figa. Non so cosa pensasse lei, ma mi sembrava di toccare… il cielo con un dito.
L’accarezzai a lungo così, poi le ordinai di rialzarsi e ricomporsi.
- Andiamo a vedere come va il gioco? – Le chiesi.
Mi lavai le mani e misi l’asciugamano nel cesto.

- Come va ragazzi? – Domandai ad Alberto e Angela.
Rispose lei.
- È sotto di 100, ma è davvero affascinante osservare il suo gioco. Sembra che «senta» le carte.
- Sì, però perde.
- Si sta pagando un divertimento molto coinvolgente.
- Vieni che ti porto a bere qualcosa, – aggiunsi. E la presi per il braccio.
Elena la sostituì sedendosi di lato, dietro di lui.
Accompagnai Angela al bar e le offrii un daiquiri.
- Quanti ne hai bevuti? – Mi domandò.
- Solo uno.
- OK allora, facciamocene uno a testa.
- Portiamo qualcosa ad Alberto?
- No, glielo avevo chiesto, ma non vuole perdere la concentrazione.
- Speriamo che il fondo cassa duri abbastanza, – mi augurai. – Ci stiamo divertendo.
- Cosa avete fatto tu e Elena? – Mi domandò allora.
- Abbiamo bevuto un daiquiri.
- No, – replicò guardandomi in faccia. – Voglio sapere se le hai messo un dito nel culo.
- No, – dissi. La risposta era tecnicamente esatta.
- Cioè le hai solo toccato il buco…
- Senti, posso mettere a te un dito nel culo?
- Scordatelo. Stasera a letto faremo cose turche, ma niente dita nel culo.
- Amen.
Dopo aver fatto il giro delle varie sale e dei vari tavoli, tornammo dal nostro amico.
- Se vuoi posso sostituirti, – Dissi a Elena.
- No, – sussurrò. – Mi vuole qua.
Feci un rapido conteggio delle fiche.
- Ostia, Alberto! – Esclamai alla fine. – Stai vincendo quasi 12.000 euro.
L’amico finì la puntata con l’aiuto del croupier, poi mi rispose.
- Prendi le fiche per un controvalore di 6.000 euro e vai a cambiarle.
- Cosa vuoi farne?
- Mille euro servono per rientrare della cifra investita per il viaggio e il gioco. – Disse piano. – Poi diamo 1.000 euro a ciascuno di noi per lo shopping e il pranzo di pesce di domani, e ne teniamo mille per la prossima volta che torniamo al Casino di Venezia.
- Grande, – dissi. – E degli altri 6.000 cosa pensi di fare?
- Me li gioco in tutta serenità.
Presi le fiche e andai alla cassa a cambiarle.


4.


Uscimmo poco dopo l’una di notte. Anche se l’hotel era vicino, prendemmo un taxi per via sei soldi che avevamo. Ad Alberto erano rimasti altri 4.000 euro.
Prendemmo le chiavi e salimmo nelle nostre camere. Io e Angela ci spogliammo e indossammo l’accappatoio dell’albergo. Poi ci abbracciammo.
- È stata una bella serata, – disse. – Adesso possiamo fare sesso sfrenato.
Bussarono alla porta. Angela andò ad aprire. Era Elena, in accappatoio anche lei.
- Alberto chiede se io e te possiamo scambiarci di camera, – disse una volta entrata.
Angela rimase interdetta per un attimo, poi si rivolse a me.
- Tu che ne dici? – Mi domandò.
Mi ricordai il culo di Elena.
- Perché no? – Risposi candidamente.
Angela andò in bagno per qualche minuto, poi uscì. Abbracciò l’amica e la baciò sulle guance. Poi abbracciò me.
- Divertiti! – Mi sussurrò.
- Anche tu.
Mi strizzò l’occhiolino e uscì.
- Giornata importante tra me e te, oggi. – Dissi a Elena.
Sorrise.
- Sicura di volerlo fare o è solo per accondiscendere al nostro amico?
Mi si avvicinò.
- Alberto può ordinarmi di fare anche quello che non mi piace. – Rispose. – Il solo fatto che gli faccia piacere darmi ordini mi eccita da morire.
- Cioè ti vengono a piacere anche cose che potrebbero darti fastidio?
- Esatto. Pensa che se uno sconosciuto mi mettesse la mano sul culo, gli darei una ginocchiata alle palle.
- E con me cosa cambia?
- Che me l’ha detto lui.
- Cioè che io ti piaccia o meno non cambia nulla?
- Tu mi piaci, – sorrise accarezzandoli il volto. – Ma se lui non lo volesse, non ti lascerei neanche sfiorarmi.
- Sei proprio sua…
- Un giorno gli ho detto «Se vuoi puoi uccidermi, ma se mi lasci in vita fai in modo che i lividi vadano via in due giorni». Ah Ah!
- Una sottomessa masochista?
- Beh, sì, più o meno…
- Non sei gelosa di Angela che va a letto con lui?
- Assolutamente no. E tu?
- Mi sembra che sia uno scambio alla pari. – Sorrisi anch’io.
- Da dove cominciamo?
- Da dove abbiamo sospeso quella sera. – Risposi togliendomi l’accappatoio. – Ti sculaccio.
Andai a sedermi al centro del divano. Lei lasciò cadere l’accappatoio e venne a sdraiarsi sulle mie ginocchia. Il calore del suo corpo mi diede una sferzata di desiderio. Le accarezzai il culo.
- Hai il più bel culo del mondo.
- Grazie.
Insinuai le dita fino a toccarle nuovamente il buco del culo e la figa. Lei allargò le gambe e si rilassò.
Sciaaaaaaaaaack!
Le avevo dato una potente sculacciata. La mano era rimbalzata sull’elasticità dei glutei. Una cosa sublime.
Sciaaaaaaaaaaaaack! Sciaaaaaaaaaaaack! Sciaaaaaaaaaaaaack!
Sobbalzava ad ogni sculacciata e la mano si alzava da sola.
- Chiavami! – Le ordinai dopo una sculacciata più potente delle altre.
Saltò su e venne a sedersi a cavalcioni su di me. Armeggiò con i fianchi e si aiutò con le mani fino a infilarselo. Scese lentamente facendolo affondare dentro. Venne a leccarmi l’orecchio.
- Hai un cazzo notevole… – Bofonchiò.
Era la prima volta che mi prendeva in considerazione. Non so se lo pensasse davvero, ma mi fece piacere. Le misi le mani al culo, che era ancora caldo di sculacciate, e andai a cercare il buco non più protetto dalle natiche. Ci giocai e lo feci allargare.
- Voglio mettertelo nel culo, – le dissi.
- No, è troppo grosso. Mi ci devi abituare.
- Va bene, – risposi arrendendomi subito. – Allora ti chiavo da dietro, come se ti stessi inculando. Voglio sentire il tuo culo appoggiato al mio basso ventre.
La portai a letto e la penetrai prima vis-à-vis e poi la girai pancia sotto. Glielo infilai e la sbattei così. Quando sentii che stava per venire, mi lasciai andare e la inondai.
Mi addormentai poco dopo.

5


Quando mi svegliai, al mio fianco c’era la mia Angela che dormiva serenamente.
- Ehilà! – Esclamai. – Che bello vederti con me. Come è andata?
- Bene, – disse stiracchiandosi. – Benissimo.
Chissà perché la risposta non doveva piacermi del tutto… he he
- Cosa avete fatto? – Domandai stupidamente.
- Tutto.
Squillò il suo cellulare.
- Ciao, – rispose. – Come? Si, certo, arriviamo subito.
- Arriviamo dove?
- Andiamo a fare colazione da loro. – Rispose alzandosi. – Mettiti l’accappatoio.
Rimasi perplesso un attimo.
- Che c’è, hai problemi? – Domandò.
- Eh? No no. – Dissi cercando l’accappatoio. – Ma mi manca qualche tassello. Lo avete deciso tu e Alberto?
- Tu prendi spremuta, cappuccino e cornetto, vero?

Uscimmo dalla stanza con circospezione e ci portammo alla loro. Ci venne ad aprire Elena. Le due si abbracciarono e io le baciai la mano.
- Salve ragazzi. – Disse l’amico.
Essendo non vedente, Alberto stava già seduto al tavolo della colazione. In mezzo ci aspettavano un sacco di brioche, latte, caffè e spremute.
Ci sedemmo al tavolo da colazione e iniziammo a mangiare avidamente. La gola stava mettendo in secondo piano qualsiasi altra cosa. Alla fine tutto sembrava più semplice.
- È stata una serata indimenticabile quella di ieri. – Disse Alberto alzandosi.
Si alzò subito anche Elena che lo accompagnò dove voleva andare. A letto. Lo aiutò a sfilarsi l’accappatoio e gli sistemò i cuscini dietro la schiena.
- Alberto, – mi disse sbattendo la mano sul letto al suo fianco. – Vieni qui e sdraiati vicino a me.
Non feci fatica a raggiungerlo. Elena mi aiutò a togliermi l’accappatoio. Mi sdraiai in tutto relax. Poi le ragazze si denudarono e vennero da noi. Angela da me e Elena da lui, regolari. Le due, come se si fossero messe d’accordo, salirono sul letto e si inginocchiarono per arrivare a portata dei nostri uccelli. Poi, insieme, iniziarono a spompinarci. Era la prima volta che mi trovavo in una situazione di doppio, quindi ero un po’ agitato, ma l’idea che lui non mi vedesse mi aiutò a concentrarmi sullo splendido lavoro della mia ragazza. Inevitabilmente guardavo con lubrico interesse Elena che spompinava il suo.
Sempre in parallelo, quando i due cazzi furono in posizione, le due vennero a sedersi sopra a infilarselo. Una sensazione davvero piacevole, l’ideale per chiudere un weekend da favola.
- Matteo, vieni qua. – Mi disse Alberto d’improvviso.
Mi fermai per capire cosa voleva.
- Alzati.
Angela si sfilò dal mio cazzo. Mi tirai su in attesa di sentire cosa voleva.
- Mettile un dito nel culo! – Ordinò.
- Cosa?
- Ti ho detto di infilare un dito nel culo di Elena mentre mi chiava.
Avevo capito bene. La cosa mi attizzava mi portai a lei.
- Angela,dimmi cosa sta facendo.
Angela sorrise e si avvicinò a lui, mentre io avevo capito cosa fare.
Mi portai al culo della bella Elena, le misi una mano aperta sul culo che si muoveva per consentire al bacino di lavorare il cazzo di Alberto e mi inebriai dei glutei che guizzavano sotto la pelle. La figa era bagnata e vi intinsi il medio, sentendo la presenza del cazzo di Alberto.
Portai la mano al buco del culo e feci pressione. Dopo un po’ sentii cedere il medio e, piano ma con determinazione, lo inserii fino in fondo. A quel punto lasciai che i movimenti del culo mi trasmettessero al dito e al braccio il piacere del ditalino anale. Una sensazione estremamente piacevole, che consiglio a tutti di provare almeno una volta nella vita...
Angela aveva descritto tutto ad Alberto, con la stessa languida esposizione della prima volta che lo feci a casa sua. Ma stavolta senza più tensione, solo complicità.
- Angela si sta masturbando il culo col dito ai Matteo – spiegò, – mentre si sta fregando la figa su tuo cazzo.
Era il linguaggio amato da Alberto.
Alberto non disse niente, lasciandosi cullare in quel morbido piacere passivo.
- Ehi! – Intervenne a quel punto Angela. – E a me cosa resta?
- Appoggiami le tette sulla faccia. – Disse quell’egoista di Alberto. – Poi vieni a sederti sulla mia faccia.
Presi atto che tutti obbedivamo ad Alberto.

A metà pomeriggio , dopo un lauto pranzetto a base di pesce consumato in Pellestrina, stavamo facendo la fila in macchina per salire sul traghetto per tornare al Tronchetto. Eravamo tutti e tre soddisfatti. Poi Matteo ruppe il silenzio. E il relax.
- Un giorno mi piacerebbe frustare Elena, – disse candidamente. – Ma non ci vedo e devo chiedere a voi se siete disponibili a farlo per me. Uno la frusta e l’altro mi aggiorna.
Cadde il silenzio per almeno un minuto.
- Tu sei d’accordo, Elena? – Domandai serafico.
Il suo silenzio era un assenso deciso.
- Io ci sto! – Gridò Angela entusiasta.
Mi girai a guardarla interrogativamente.
- Vuoi farmi la cronaca in diretta? – Incalzò Matteo.
- No!!! – Ribatté Angela. – Voglio frustarla io!
Studiai attentamente i volti dei tre amici. Elena e Angela erano rosse in viso. Matteo, con la complicità degli occhiali da sole, aveva uno sguardo soddisfatto come un gatto che si era mangiato un topo.
- E io cosa dovrei fare? – Domandai.
- Gli descrivi quello che sto facendo. – Rispose Angela.
- Mi riferivo al sesso.
- Alla fine puoi inculare Elena, – intervenne Alberto. – Quando ha il culo in fiamme.
- Credevo volessi farlo tu.
- No, tu hai il cazzo più grosso…
Doveva averglielo detto Elena.
- Troppo grosso…
- Appunto, per questo devi farlo tu. – Poi si ammorbidì. – Abituala un po’ alla volta. Prenditi il tempo che serve.

Qui finisce la storia che stavo raccontando.
L’eventuale terza puntata sarebbe sadomaso e devo pensarci su se scriverla o no.
Intanto spero che fin qui sia piaciuta ai lettori come è piaciuto a me parteciparvi.

Fine.
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