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Lui & Lei

L'epopea delle candele.


di Honeymark
05.05.2018    |    6.843    |    1 9.7
"- Si, – sorrisi abbracciandola..."
Dedico questo racconto a Nicole, una lettrice che me lo ha ispirato e che stimo profondamente.

L’epopea delle candele.

1.


Era l’autunno 1976 e quello era per me il primo giorno di università a Verona da borghese, perché prima di partire per il servizio militare ero riuscito solo a iscrivermi. Però, nonostante la durezza del corso ufficiali della Scuola militare, ero riuscito a dare un certo numero di esami.
Ma adesso dovevo impegnarmi e chiudere al più presto il corso di laurea perché avevo voglia di lavorare.
- Marco! Non dirmi che sei tu, Marco!
Mi sentii arrossire perché credevo di essere sconosciuto. Mi girai e vidi Valentina, un’amica della mia città.
- Si, – sorrisi abbracciandola. – Sono io. E sono felice di vederti. L’università non è più così sconosciuta adesso.
- Sono proprio felice di vederti, – continuò. – Mi avevano detto che eri partito per il servizio militare.
- L’ho anche finito, grazie a Dio.
- Sei al primo anno?
- No, al terzo, anche se ho dato solo otto esami da militare.
- Wooow!
- Non esagerare, c’è gente che ne ha dati nove o dieci.
- No, mi riferivo al fatto che sei iscritto al terzo anno…!
- E perché?
- Per le Matricole.
- Che cosa?
- Davvero non sai niente?
- Non lo so, – sorrisi. – Forse sì, ma dipende da cosa stai parlando.
- Nei primi mesi dell’anno accademico c’è la caccia alle matricole, che sfocia con la grande festa delle matricole a carnevale.
- No, – ammisi sorridendo. – Non ne so quasi niente.
- C’è l’usanza che gli anziani sottopongano le matricole a mille angherie, ovviamente perlopiù sessuali. Possono fare delle matricole quello che vogliono, almeno fino alla Festa. Dopo, tutte quelle che hanno ricevuto il «Papiro» non sono più toccabili. E si pensa solo a studiare.
Mi feci più attento.
- Spiegati meglio. Si tratta di oscenità?
- Sì. – Sorrise. – Ma se tu sei un ragazzo perbene…
- Dipende da quello che si può fare… ha ha!
- Ti mostro subito.
Chiamò una ragazza che passava di lì.
- Tu, – le disse. – Hai il papiro o hai almeno due anni di anzianità?
La ragazza divenne rossa come un peperone. Si limitò a scuotere la testa.
- Io sono un «fagiolo», – disse Valentina, mostrando il tesserino con due bollini. – Mi fai il favore di alzare le gonne per mostrare al divino anziano se porti i collant?
Il divino anziano ero io, perché aveva indicato me. Restai a guardare cosa succedeva.
La giovane sollevò piano le gonne fino a scoprire la fine delle calze. Non portava i collant, erano appena stati inventati.
- Vuoi scoprirti di più – ingiunse Valentina don voce dura, – o preferisci essere rinviata al processo per renitenza prima ancora della festa delle Matricole?
La ragazza sollevò bene la sottana e mostrò le mutandine bianche che si usavano allora.
Valentina mi guardò per studiare la mia reazione.
- Ora girati e mostragli il culo.
La ragazza obbedì prontamente.
- Se vuoi palparla, – mi disse Valentina, – puoi farlo. Così verifichi se non porta davvero i collant.
Allungai la mano e palpai la base del culo, con discrezione.
- No, – confermai. – Non porta i collant.
- Allora puoi andare. – Concluse Valentina.
La ragazza abbassò le gonne e se ne andò a passo veloce.
- Spiegami tutto. – Le dissi, cercando di nascondere l’erezione che era cominciata.
- Devi sapere che è in atto un’impari lotta tra i collant e le calze.
- Ha ha! Vinceranno i collant, puoi starne certa!
- Sicuro, ma intanto ci divertiamo a punire tutte quelle che li portano.
- Tu non li porti?
- Qui all’università? Fossi matta!
- Ha ha! Scusa, ma se una viene beccata con il collant?
- Beh, allora ci si comincia a divertire.
- Cioè?
- Viene processata e condannata a qualche genere di pena.
- Erotica, ovviamente. – Commentai.
- Puoi contarci.
- Quindi stai passando il tempo a molestare le ragazze per divertirti?
- No, io sono un Fagiolo. – Rispose la mia amica. – Secondo anno. Posso solo fare il controllore come poco fa e il boia nei processi alla presenza di un anziano con almeno tre anni di università.
- Ah, uno come me, vuoi dire?
- Esatto.
- Adesso capisco! E che prerogative avrei più di te?
- Beh, ad esempio puoi scegliere la pena…
Mi sentii eccitare.
- Ehm… una pena di qualsiasi genere? A mio piacimento?
- No, c’è un decalogo che precisa cosa si può fare e cosa no.
- Ti pareva!
- Non è così restrittivo, – aggiunse. – Ma era capitato che qualcuno aveva esagerato, erano volate denunce, ma poi si è messo tutto a tacere purché da allora in poi venissero osservate delle regole condivise.
- Dimmene qualcuna.
- Il sesso può essere toccato solo con la mano o con la lingua, il culo può essere violato con tutto fuorché con il cazzo, la bocca può ricevere solo il cazzo.
- Wooow! Altro?
- Sì. Nelle vetrine i ragazzi e le ragazze possono essere esposti nudi solo di schiena. Se portati in giro per la città nudi e legati, lo si può fare solo dopo le 23. Se si usa la frusta, si può fare solo per divertimento e non per punizione… Altro?
- I Processi dove vengono celebrati?
- Nella palestra dell’istituto. C’è tutto l’occorrente. Sono previsti il giudice, il pubblico ministero, l’avvocato d’ufficio, i carcerieri e i boia.
- La condanna viene eseguita in pubblico?
- Sì, subito, davanti alla corte e agli studenti che hanno assistito al processo.
- Gli attrezzi della palestra possono essere usati per eseguire le pene?
- Certo. La cavallina, gli anelli, le parallele, la spalliera… C’è anche una passerella dove vengono fatti sfilare col carciofo.
- E cos’è il carciofo?
- Senti, – mi disse. – Adesso non ho tempo, ma stasera cosa fai?
- Considerami a disposizione.
- Dov’è che dormi?
- Mi hanno trovato una camera privata. E tu?
- Io sto con altre quattro ragazze.
- Ci troviamo qui alle 20?
- Perfetto! – disse.

Pensai a Valentina per il resto del pomeriggio. Non era un mistero che mi piacessero queste pratiche sadomaso. Pratiche soft, ben inteso, ma l’idea di poter disporre di un culo, di una frusta e di una bocca, mi stava caricando la voglia di fare sesso.

Alle 20 andammo a farci una pizza.
- Volevo chiederti una cosa, – le dissi. – Tutto ciò che accade è puro sadomaso?
- Esatto.
- C’è chi ama essere vittima e chi ama essere padrone.
- Esatto.
- Tu di che genere sei?
- Padrone.
- L’avevo capito. Ma esattamente cosa ti eccita di più?
- Umiliare i maschietti e le femminucce. – Dissi dopo averci pensato. – I tempi quali sono?
- In ogni momento puoi controllare se portano i collant. Una volta alla settimana puoi organizzare i rinvii a processo…
- Cioè?
- Puoi portare a processo un certo numero di matricole. Di solito vengono scelte due femmine e un maschio.
- Perché?
- Perché interessano più le femmine. I maschietti non indossano né calze né collant, ma per motivi di par condicio è stato deciso che ogni due donne debba esserci un maschio.
- E come si organizzano i rinvii a giudizio?
- Sottoponi ognuna delle tue vittime a una visita sommaria. Ti fai mostrare il culo, fai domande, vedi di cosa hanno paura, e via. Puoi farlo insieme a me… he he
- Il periodo dei processi quand’è?
- Da giovedì grasso a martedì grasso.
- Sapendolo, le matricole scapperanno!
- E così resterebbero matricole per tutto il periodo dell’università.
- Ho capito. – Dissi pensando. – E ci sono processi singoli o di massa?
- Entrambi. Le matricole che passano inosservate vengono processate insieme e condannate a sentenze collettive. Quelle che si sono segnalate perché hanno protestato o hanno cercato di evitare i castighi, vengono processate una alla volta.
- Io, al terzo anno, che ruolo potrei avere?
- Puoi fare il PM e chiedere la pena, oppure preparare direttamente le pene che desideri e applicare subito.
- Il tuo ruolo?
- Essere il tuo braccio secolare. Fare quello che mi ordini di fare.
- Senti, – dissi dopo averci pensato un po’. – Che ne dici di trasferirti nella mia stanza?
- Mi stai chiedendo di diventare la tua amante?
- No, – risposi serafico. – La mia complice.

2.


Spogliai Valentina e la misi a 90 gradi sulla piccola scrivania che avevo nella mia stanza, lei allargò le gambe per appoggiare bene il ventre. Mi spogliai velocemente e mi avvicinai e a lei. Le infilai il cazzo nella figa senza difficoltà perché era bagnata come una spugna e la sbattei così.
- Dove vuoi che venga? – Le domandai quando giunse il momento di venire. Non volevo rischiare di metterla incinta.
- Nel culo…! – Sussurrò con gli occhi socchiusi e un sorriso proprio da complice.
Le portai le mani dietro la schiena e le tenni così. Poi sfilai il cazzo e lo appoggiai al buco del culo. Quando lo sentii rilassarsi lo spinsi dentro in tre scatti come so fare io di solito e giunsi a fine corsa. Sobbalzò gemendo. Allora le presi i capelli con la mano libera e la inculai con passione facendole sbattere i talloni per terra. Venni e le riempii il retto di sperma.
Poi ci buttammo sul letto. Lei si mise al mio fianco con un braccio su di me. Io cercai di riprendere il fiato.
- Tu da matricola sei passata per le mani di un anziano, vero? – Le domandai.
Aspettò un po’ a rispondere.
- Con il bel culo che ho – rispose poi, – pensi che sia riuscita a farla franca?
- Cosa ti hanno fatto? – Chiesi. – Se te la senti di parlarmene.
- Erano un anziano maschio e due fagioli, un ragazzo e una ragazza.
- Vai avanti.
- L’anziano mi ha detto che se andavo a letto con lui evitavo qualcosa di più umiliante. Non ho accettato.
- Fatto bene, bastardo… Ma allora cosa ti hanno fatto?
Parlarne mi eccitava.
- Mi ha fatto mettere in ginocchio con la testa in giù. Così, vedi?
Si mise in posizione e le guardai il culo stupendo che avevo appena violato.
- Poi la femminuccia mi ha sollevato le gonne e abbassato le mutandine. Il maschietto mi ha allargato le gambe e tenuto le natiche allargate con le mani mentre l’anziano mi faceva un clistere…
- No…! Ha ha! Davvero arrapante! Mi hai eccitato solo a sentirtelo dire!
- Stronzo… Ma ti rendi conto che hanno potuto giocare impunemente con il più bel culo dell’università? Bastardi!
- Questo è vero… Hai il più bel culo del mondo.
– E poi mi ha obbligato a fargli un pompino…
- Un pompino?
- Sì, te l’ho detto. È lecito. E poi evita possibili denunce.
- Cioè?
- La giurisprudenza insegna che se c’è di mezzo anche il sesso orale non può essere considerata violenza.
- O mio dio… – Commentai.
- Ho dovuto girarmi, stare in ginocchio e succhiarglielo finché non l’ho fatto venire.
- Mi spiace.
- Mi spiace un cazzo. – Rispose. – Adesso voglio che fai la stessa cosa a tutte quelle che mi sono antipatiche!
- Brava! – Esclamai. – Così si fa!
Si fece più vicina a me e mi strusciò come una gatta.
- Domani andiamo a caccia di matricole?
- Sì, te lo prometto…
Mi baciò.
- Quel clistere e quel… pompino ti hanno fatto evitare ogni processo?
- Sì, mi hanno dato il Papiro, la carta lasciapassare.
- Beh, un clistere val bene un papiro!
- Bastardo! – Sorrise. – Ma poi ne ho fatto un altro.
- Un altro clistere?
- Sì.
- Ossignore, – dissi preoccupato. – Raccontami!
- La seconda volta però non l’ ho subìto, l’ho fatto!
- Wow, dai parla dai!
- Alla laurea di un sidereo fuoricorso che amava fare i clisteri, gli anziani hanno organizzato la festa dei clisteri. – Raccontò soddisfatta. – Hanno preso 10 matricole, 5 ragazzi e 5 ragazze, li hanno denudati e messi in posizione attorno al laureato, poi hanno preso altrettanti fagioli ai quali hanno affidato il compito di clisterarli.
- Arrapantissimo.
- Puoi dirlo forte!
- A te era capitato un ragazzo o una ragazza?
- Una ragazza. – Rispose. – Io preferisco scopare maschi e seviziare femmine.
- Volevo chiederti ancora alcune cose.
- Spara.
- Nel culo cosa infilano gli anziani?
- Di tutto, fuorché il cazzo. Non c’è una regola. Eppure si dovrebbe scegliere qualcosa di non pericoloso, di basso costo, di varie dimensioni, disinfettabile o meglio ancora usa e getta.
- La candela. – Dissi senza mostrare dubbi.
- La candela? – Chiese lei.
- Sì, – risposi. – La uso fin da piccolo e risponde a tutte queste caratteristiche.
- Fin da piccolo?
- È una storia lunga…
- Ma sai che potrebbe essere un’idea?
- È un’idea. Io userò solo candele, di varia misura e le getterò sempre dopo il monouso.
- Se alla festa della matricola usi solo quelle, diventerai famoso.
- Le userò anche prima…
- Altro?
- Quante ragazze possiamo portare a processo?
- Quante ne vuoi. – Rispose. – Purché ogni due femmine ci sia almeno un maschietto.
- E perché?
- Per motivi di par condicio, te l’ho detto. Altrimenti i maschietti vengono catturati solo dai gay.
- Dovrai procurarmeli tu.
- Non preoccuparti. – Mi assicurò. – Vedrai che ci sarà un sacco di fagioli come me che hanno parecchie matricole da punire, ma senza avere un anziano come te di supporto.
- Spiegati.
- Se te ne presento alcuni e tu sevizi le loro matricole, prometti di considerarmi la tua preferita? Sia come amante che come fagiolo?
- Prometto, – assicurai alzando la mano destra.
L’indomani, dopo una giornata di lezioni, io e Valentina andammo a caccia di matricole. Possibilmente femmine.



3.



È bene precisare che studiavamo molto. Era solo dopo le 6 del pomeriggio che cercavamo matricole. Le quali ovviamente provavano a scomparire. Ma non c’era nulla da fare. Se veniva fuori che avevi provato a sottrarti al «controllo», andavi sotto processo degli anziani con l’aggravante della resistenza tentata fuga.
Avevo chiesto a Valentina cosa accadeva se una matricola si rifiutava, non tanto il controllo, nel qual caso andava sotto processo, ma se una rifiutava di sottoporsi, appunto, al processo. Mica puoi ricorrere alla forza, se una non vuole.
- Impensabile, – mi aveva risposto. – Una che si rifiuta resta matricola per tutta la vita. Cioè non arriva mai il momento in cui ti lasciano in pace.
Il problema era che non trovavamo matricole irregolari. Era bello controllarle, davvero eccitante, ma tutte portavano calze e reggicalze. Se volevamo divertirci davvero la settimana della Festa della Matricola, dovevamo averne almeno tre col collant da rinviare a giudizio.
- E uno su tre deve essere maschio. – Mi ricordava Valentina. – Par condicio.
E come lo trovavi il maschio irregolare?
Per fortuna però, una settimana prima del fatidico Giovedì Grasso, incontrammo due studentesse che portavano i pantaloni. Ovviamente non erano vietati, ma il controllo si faceva più eccitante e con ogni probabilità sotto i pantaloni non portavano le calze. Al massimo calzini o gambaletti. Quanto bastava per rinviarle a giudizio.
Poiché faceva freddo, Valentina suggerì di controllarle in camera mia. E le due, pur di non essere denudate in pubblico, ci seguirono docili come cagnolini.
Si chiamavano Lucia e Laura.
Spiegammo loro come stavano le cose e che pertanto dovevano abbassarsi i pantaloni davanti a noi. Erano agitatissime, ma cercarono di compiacerci in tutto.
Abbassarono i pantaloni di qualche centimetro e Valentina si incazzò.
- Sentite, «minus quam merdam» (così definivamo ufficialmente le matricole, meno che merda), vi diamo cinque secondi per spogliarvi, dopodiché vi deferiamo a processo.
Le due ubbidirono senza esitazioni e lasciarono cadere i pantaloni a terra.
Portavano entrambe i collant.
- Guarda guarda guarda… – Disse Valentina, come l’orco che parla a Pollicino. – Abbiamo due imputate da rinviare a giudizio!
Le due erano terrorizzate.
- Vi leggerò i vostri diritti. – Disse Valentina – I collant vengono sequestrati come prova per il processo. Sarete processate e Marco sarà il vostro Pubblico Ministero che chiederà una punizione adeguata.
- Cosa ci faranno? – Bofonchiò una.
- Marco deciderà cosa chiedere e la Corte emetterà la sentenza. – Disse Valentina con durezza. – Di certo sarete denudate e umiliate. Poi, alla fine, dovrete fare un pompino al vostro carnefice, che sarà sempre il PM.
La storia che le matricole dovessero farmi il pompino eccitava Valentina. Dicendolo le si impastava la bocca.
Mentre parlava, Valentina abbassò i collant prima a Lucia e poi a Laura. Ora i loro due culetti erano protetti solo dalle solite mutandine bianche.
- Palpale, – mi disse Valentina in piena complicità con me. – Verifica che abbiano solo le mutandine.
Lo feci con gusto, frugandole con attenzione.
- Ti prego, assecondalo! – Aveva bisbigliato Laura a Lucia. – Cerchiamo di ottenere la sua benevolenza…
- Volete che ci abbassiamo le mutandine? – Chiese allora Lucia.
- Certo che sì! – Esclamai.
- In cambio di cosa? – Domandò Valentina diffidente. – Quando offrite qualcosa è sempre perché volete ottenere qualcosa.
- Possiamo chiedere un favore? – Disse allora in chiaro una delle due.
- No, – disse secca Valentina. – Sarebbe corruzione.
- Sentiamo, – dissi invece io. – Se posso…
- Io vado in bagno, – commentò allora Valentina. – Non voglio sentire nulla.
- Abbassate le mutandine e mettete le mani sopra la testa, – ordinai loro. – Dopo potete parlare una alla volta.
Le guardai mentre si sfilavano le mutandine. Provai un senso indegno di eccitazione perché non mi era mai capitato di far sfilare delle mutandine a delle ragazze sconosciute. E belle anche.
- Allargate un po’ le gambe.
Obbedirono. Mi portai a loro per palpare il culo, come mi aveva suggerito l’uccello. Infilai le dita tra le natiche fino a toccare il buco del culo di entrambe. Poi presi la figa con una mano. Una tremava, l’altra era bagnata. Poi mi staccai.
- Allora sentiamo, – dissi. – Cosa avete da chiedere?
- Io non… voglio fare il pompino. – Era stata Lucia a Parlare.
- Non puoi evitarlo, – le dissi. – Fa parte delle regole.
- Ti lascio scopare piuttosto.
- Anche questo non posso.
- Dai… Lo sperma in bocca mi fa schifo…
- Il problema è tuo.
Mi guardò angosciata. Mi avvicinai.
- Senti, – le spiegai. – Io non ho mai fatto a una ragazza qualcosa che lei non lo volesse. Studieremo come far credere che me lo hai fatto.
- Te lo faccio io anche per lei. – Intervenne Laura.
- Senti senti… – sorrisi. – La cosa mi piace. E tu cosa vorresti in cambio?
- Io non voglio essere denudata in pubblico. – Protestò Laura arrossendo e guardando in terra.
- I processi sono pubblici. – Le spiegai. – Impossibile.
Mi guardò disperata.
- Posso solo evitare che ti portino in giro nuda per la città, – aggiunsi.
- Per… La città? – Domandò angosciata.
- Sì, è una pena che viene comminata spesso.
- Nooo!
- Questo penso di potertelo evitare, – dissi. – Almeno ci proverò. Io non chiederò l’aggravante della pubblica piazza, ma dipende dalla Corte.
- Puoi portare me al suo posto, – intervenne Lucia. – Al posto del pompino. Che ne dici?
- D’accordo, ma perché?
- Quand’ero piccola mi raccontarono di Santa Caterina che prima di subire il supplizio venne fatta camminare nuda per la città, tirata da un cavaliere a cavallo…
- E tu vorresti fare la stessa fine?
- Dico solo che l’idea mi aveva eccitata da morire. – Spiegò. – So che è un sogno impossibile e vergognoso. Ma se proprio devo farlo… Direi che l’occasione migliore, forse l’unica, sia questa.
- Allora, – ripetei. – Due pompini da Laura e una pubblica punizione per Lucia. Giusto?
- Giusto.
- Sì.
Feci entrare Valentina, che mi vide mentre guardavo le nudità delle due matricole.
- Ho capito, – disse rassegnata. – Hai concesso tutto.
- Più o meno, – risposi. – Laura mi farà due pompini e Lucia sarà sottoposta a pubblica punizione.
- Non male… – Commento, interdetta.
- Possiamo rivestirci? – Chiese una delle due.
- No, – dissi io.
- No, – fece eco Valentina. – State lì ferme con le mani sopra la testa.
- Ci manca il maschietto. – Dissi a Valentina. – Come facciamo?
- Non è facile, perché…
- Io ce l’avrei un maschietto. – Osò dire la matricola Laura.
- Senti senti – disse Valentina, – la minus quam merdam alza la cresta…
- Falla parlare. – Intervenni.
Mi portai vicino a Laura, che continuava a tenere le mani sopra la testa. Le misi le dita tra le natiche per arrivare al buco del culo. Una sensazione estremamente piacevole.
- Per la precisione. – aggiunse Lucia, – si tratta di un maschietto e una femminuccia.
- In tutto farebbero tre femminucce e un maschietto. – Osservai a Valentina. – Potrebbe essere celebrato ugualmente il processo?
- Di massima sì, – rispose. – Basta che nel gruppo ci sia almeno un maschietto.
- E cosa avrebbero fatto per meritarsi un rinvio a giudizio?
- Possiamo abbassare le mani?
- No.
- Ieri due fagioli, maschi e femmina, ci hanno obbligate a mostrare le mutandine a altre due matricole, maschio e femmina.
- In effetti è irregolare. – Osservai.
- Mooolto irregolare. – Commentò Valentina.
- E con che scusa l’hanno fatto?
- Perché le due matricole erano rispettivamente morosi dei due fagioli.
- Cosa? Inaudito!
- Scioccante!
- E sapete come trovarli? – Aggiunse Valentina. – Avete i nomi?
- Certo, – Confermò Lucia. – Posso abbassare le mani?
- No. Come si chiamano?
- Luciana Barzagli lei e Massimo Cortini lui.
- Oddio…! – Esclamò Valentina. – Sono i due del clistere…!
- Mavà?
- Certo che sì!
- E cosa vuoi fare?
- Cazzo, – sbotto Valentina. – Voglio processare i morosi dei miei due aguzzini!
- È fattibile?
- Ma credo bene!
- Ma come fa a essere ancora una matricola il moroso della Barzagli? – Domandai. – È più giovane lui di lei?
- No, – rispose Valentina. – Il moroso ha fatto il servizio militare come te, ma senza iscriversi all’università…!
Meditai un po’ le cose.
- Possiamo abbassare le mani? – Domandò Laura.
- No.
Io e Valentina palpammo prima il culo e poi la figa di Laura e Lucia.
- Come facciamo? – Chiesi a Valentina, che sapeva sempre tutto.
- Gli inviamo un mandato di comparizione.
- Non abboccheranno, faranno intervenire gli amici anziani dei morosi.
- No, se scriviamo bene il mandato. Devono pensare di essere chiamati come testimoni. Come operatori di giustizia.
Meditammo un po’.
- Possiamo abbassare le mani?
- No.
- E sapresti che pena chiedere? – Mi domandò Valentina.
- Puoi scommetterci! – Risposi.
- Possiamo abbassare le mani?
- No.
Giocammo ancora un po’ con i loro culi e poi le lasciammo andare.

(Continua)
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