Lui & Lei
99 frustate - Seconda parte
di Honeymark
07.05.2012 |
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"Sentii il primo uccello appoggiarsi all’ano e cercai di non opporre resistenza..."
99 frustateRacconto sadomaso (più maso che sado) di Marco Mieli
Seconda parte
Un grido di attenti echeggiò nella sala e comprendemmo che i due che si erano messi ai nostri lati avrebbero cominciato presto a colpirci. Mi irrigidii automaticamente, stringendo il più possibile le chiappe. Mi domandai che cosa stesse provando mia moglie.
«Ham-ed!»
Mi parve di sentire le braccia del boia che veniva caricata in dietro e subito dopo un dolore feroce mi colpì orizzontalmente le natiche.
Sciaaaaack! Sciaaaaaaaaaaack!
Per quanto preparato a non lamentarmi, cacciai un lungo urlo di dolore strizzando gli occhi.
«Ahhhhhhhhhhhhh!»
Sciaaaaack! SciaCiaaaaaaaaaaack!
«AhhhAhhhhhhhh!»
Anche mia moglie aveva ricevuto la prima frustata e aveva urlato anche lei a squarciagola. Cristo, se quella era la prima, saremmo svenuti dopo le prime dieci. E sarebbe stato un guaio, perché avrebbero dovuto aspettare che rinvenissimo.
Stavo tremando come una foglia, ricordandomi cosa aveva detto il funzionario. La frusta un gatto a due o tre code code, ma non di cuoio. Erano delle cinghie di duro tessuto da lavoro, delle fibbie o roba del genere. Sarebbe stato dolorosissimo, come aveva anticipato il funzionario, ma certamente non devastante come con il cuoio.
«In un paio di giorni, tre al massimo, – ci aveva assicurato, forse per consolarci, – sarete di nuovo in piedi senza che si veda il minimo segno.»
Col manico corto, per fare male avrebbero dovuto appunto usare tutta la forza. Una forza che si scaricò addosso provocandoci un dolore lancinante fin dal primo colpo.
Prima ancora di aver assimilato quel primo trauma, mi venne scaricato addosso un altro potentissimo colpo, sempre orizzontalmente. Sempre con la massima spinta, facendo un mezzo passo avanti.
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!»
Aveva urlato a squarciagola.
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!»
Era stata colpita nuovamente anche mia moglie.
Al terzo colpo mia moglie urlò pietà, pregandoli di smettere, ma i carnefici ridevano e si sforzavano a colpirci con la massima forza.
Sciaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! SciaCiaaaaaack!
Non so mia moglie, ma io non controllavo più le natiche, che sbattevano sospinte dal colpo e dal dolore che ne seguiva. Dopo un po’, non contavo più e non pensavo più a mia moglie. Il dolore era l’unica cosa certa, autentica, assoluta e pregnante. Eravamo soli con il nostro dolore in continua ineluttabile crescita. Continuavamo a urlare anche se non ci colpivano.
E urlavamo anche quando i due boia sospesero i colpi per fare spazio ad altri due, stavolta mancini.
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
Sciaaaaaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhAhhh!»
Finirono la loro razione di dieci frustate a testa e passarono le fruste infernali ai loro colleghi in attesa.
Prima di cominciare, però, girarono gli sgabelloni in modo da vedere gli spettatori in platea. Trovammo la cosa immorale e il massimo dell’umiliazione. Uno dovrebbe avere il diritto di urlare da solo in tutta dignità e non preoccuparsi del pubblico che gode a vederti sotto tortura. In quel caso, addirittura ci costringevano a guardare quella gente che si eccitava grazie ai nostri tormenti.
Poi ripresero a colpirci e ci dimenticammo subito del pubblico, facendolo divertire ancora di più.
Sciaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
Sciaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
Dopo le prime venti frustate, ruotarono ancora le pedane dei nostri sgabelloni facendo in modo che io e mia moglie fossimo costretti a non vederci.
Ma non realizzammo più di tanto, perché subito cominciammo a urlare, uno di culo all’altro. Disperati, sia a non vederci che a soffrire. La nostra impotenza ingigantiva i dolori provocati dalla sferza.
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
Allo scoccare di queste venti scudisciate, i carnefici fecero ruotare gli sgabelloni in modo che io potessi vedere il culo di mia moglie che veniva frustato dall’altro boia. Era rosso come un peperone e rigato come una tapparella. Grazie a Dio, niente sangue. Il funzionario aveva ragione: dolorosissimo, ma non sanguinoso… Con un po’ di fortuna saremmo usciti di lì come prima, anche se sapevamo che nulla sarebbe più stato come prima.
Per un attimo ebbi modo di guardarle la fessura del culo, che veniva allargata dai colpi di frusta. La natica interna sbatteva ed elasticamente tornava a coprire le vergogne. In quegli sprazzi viti che la fessura della figa era arricciata ma non più composta come prima del supplizio. Le labbra si erano gonfiate, accentuando la forma del sesso. Il buco del culo sembrava che avesse delle contrazioni spontanee.
Ripresero a frustarci e vidi mia moglie sobbalzare nonostante i legacci. Lei, oltre a urlare a squarciagola, si scuoteva in un modo tale che avrebbe eccitato anche un casto pacifista. Sembrava che le natiche volessero battere le mani alla frusta che infieriva su di loro. I piedi avevano un piccolo gioco e lei continuava a provare a sbatterli con forza, una reazione involontaria e condizionata che sicuramente avevo anch’io.
I boia tenevano il piede esterno più in avanti dell’altro e, quando scaricava il colpo, si aiutava con un potente colpo di reni.
Sciaaaaaaaaaaaaack!
La sentii urlare come una forsennata, poi cominciai a urlale anch’io.
Sciaaaaaack! SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhAhhhhhhhh!»
D’un tratto lei fece una pisciata violenta, scaricando tutta l’orina della vescica in pochi secondi.
Ma non riuscii a realizzare bene la scena, perché presto il dolore riprese nuovamente la mia concentrazione.
Sciaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhGhhhhh!» «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! Sciaaaaaack «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «Bastaaaaaaa!» «AhhhhhhhhhGhhhh!^
I carnefici ci colpirono sia di destra che di sinistra, per distribuire i colpi un po’ su tutta la superficie del culo. In quel momento non ci pensavo di sicuro, ma così la pelle non sarebbe esplosa. Al massimo si screpolava.
Se ruotarono ancora le pedane, voleva dire che ne avevamo subite 60. Forse.
Stavolta fui io a mostrare il culo a mia moglie. Mi sentii vergognare, ricordando quello che avevo visto io di lei. Ma subito una frustata mi distolse dal pensiero. Ora il mio culo poteva anche aprirsi davanti al suo viso, che tanto sentivo solo il male.
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!» Basta! Pietà! BastAaaaaaah!
Si fermarono per scambiarsi di mano.
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!» Basta! Pietà! BastAaaaaaah!
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Poi si avvicendarono di nuovo. Stavolta ci misero uno di fronte all’altro, così da urlarci in faccia.
Fu il momento peggiore per noi, perché la nostra reciproca impotenza ingigantiva i dolori provocati dalla sferza.
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!» Basta! Pietà! BastAaaaaaah!
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Si fermarono per scambiarsi di mano.
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!» Basta! Pietà! Bastaaa! BastAaaaaaagh!
Urlavamo e piangevamo come bambini, ma loro non provavano pietà. Eravamo sfatti e disfatti. E ci hanno costretti a vederci disfare impotenti l’uno davanti all’altro. Bastardi…
Mi domandai se eravamo giunti alla fine del supplizio, ma non mi riusciva di fare i conti.
Ci fecero ruotare nuovamente in modo da mostrare il culo al pubblico, cosa che ormai non ci importava più nulla. Ma il dolore era insopportabile e quei movimenti ritmici dei carnefici che facendo quel finto passo in avanti ci scaricavano il loro piacere per provocare il nostro dolore stava diventando un’ossessione. Avremmo urlato moltissime notti prima di dimenticare quello scempio.
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!» Basta! Pietà! Bastaaa! BastAaaaaaagh!
La prima scudisciata ricevuta insieme rimise in modo i nostri movimenti incontrollati. Sentivamo che il buco del culo si contraeva e si ritirava.
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!» Basta! Pietà! BastAaaaaaah!
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Si fermarono per scambiarsi di mano.
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
D’un tratto, mentre il culo ci bruciava come se ci avessero messo sopra una boulle dell’acqua calda , smisero. E si allontanarono da noi.
Dovettero aver fatto segno ai ragazzini del pubblico, perché salirono sul palcoscenico e, sghignazzando come ossessi, cominciarono a toccarmi. Volevano verificare l’entità dei danni? Il calore della pelle? Poi, d’improvviso, iniziarono a molestarci. Cioè, per dirla senza mezzi termini, a violentarci.
Francamente in un contesto come quello, non mi aspettavo nulla di meno da parte di quei selvaggi. Ciononostante, capire che me l’avrebbero messo nel culo mi fece sentire impotente. Ero inerme nelle mani dei miei carnefici e questo mi stava umiliando più della violenza in sé.
Pensai anche a mia moglie. Il suo culo era così bello che sicuramente tutti avrebbero cercato di sodomizzarla. Certamente l’avrebbero anche chiavata, i bastardi.
Cercai di non pensare né a mia moglie né a nient’altro, per estraniarmi del tutto. Succeda quel che succeda, la vita prima o poi riprenderà come prima. Sentii il primo uccello appoggiarsi all’ano e cercai di non opporre resistenza. Uno schifo della madonna. Quello spinse piano i primi centimetri, l’ano si allargò e poi lo spinse dentro di brutto. Mi sentii invadere e sbattere come un oggetto, ma lasciai fare. Si divertissero pure… Io ero io e la mia purezza non sarebbe mai stata invereconda…
Balle. In realtà mi sentii proprio inculare come un frocio, con tre o quattro cazzi diversi. Uno era lungo e andava a sbattere a fine corsa del retto, facendomi sobbalzare come un maglio. Uno ce l’aveva così grosso che mi fece urlare. Un altro mi teneva i coglioni mentre mi inculava.
Tutti si tenevano per il bacino e tutti, dopo l’attenzione iniziale, mi sbattevano con violenza, il più dentro possibile. E tutti vennero dentro, facendomi sentire il pulsare dei loro cazzi che riversavano sperma dentro di me. Quando si placavano, mentre il mio sfintere si rilassava allo sgonfiarsi dei loro cazzi, sentivo il loro ventre appoggiarsi al mio culo. Incredibilmente, quel contatto di faceva bene, era come se mi facesse capire che erano degli uomini e non degli esseri di un altro mondo.
Dall’altra mia moglie, di cui sinceramente in quel momento non mi importava nulla. Più tardi mi avrebbe detto che l’hanno inculata in cinque e chiavata in quattro. Due sono andati a pulirsi il cazzo in bocca. Uno gliel’ha messo in bocca e un altro le era venuto in faccia.
Anche da me erano venuti a pulirsi sulla la faccia, ma sopportai tutto con rassegnato stoicismo. Uno me l'aveva messo in bocca, chiavandomi come se l'avesse messo nel culo. Non ebbi conati di vomito neanche quando venne in gola.
Qualcuno fermò l’orgia e tirai un sospiro di sollievo, cercando di rilassarmi, anche se il dolore sulle natiche era davvero terribile. Ma forse era finalmente finita…
E invece, non appena finito il saccheggio sessuale, qualcosa mi fece ricordare cosa aveva detto il nostro funzionario. «Finché non avete scontato la condanna, sarete considerati come oggetti, come animali. Comunque non più di schiavi. Potranno farvi quello che vogliono… Certamente si divertiranno, siete troppo invitanti.»
Compresi dai secchi ordini del capo boia cha mancava ancora l’ultima bordata di frustate.
La cosa peggiore: dopo una umanissima illusione, la consapevolezza che mancavano le ultime 20 frustate. Mentre le eiaculazioni avevano un termine fisiologico, la frusta non aveva soluzione di continuità…
Non sarei mai riuscito a sopportarle le venti scudisciate che mancavano.
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!» Basta! Pietà! BastAaaaaaah!
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «Ahhhh!»Pietà! Bastaaa!
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Si fermarono per scambiarsi di mano.
Sciaaaaaack! «AhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhh!»
«AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaaaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhh!» «AhhhhhhhhhhhhAhhhhhhhhhhhhhhh!»
SciaCiaCiaaaack! «AhhhhhhhhhAhhhhhhhh!»
Ero ormai fuori di testa, quando mi accorsi che qualcuno era venuto a pisciarci sul culo. Per quanto sconcio e volgare, provai un certo spirito di sollievo. Ci aveva detto anche questo. Ora era finita davvero…?
Poi però l’orina cominciò a bruciare e ripresi a gridare, insieme a mia moglie.
Ma era finita. Dopo qualche minuto i ragazzi scesero dal palco e i carnefici chiusero il sipario. Quindi gettarono un secchio di acqua e disinfettante sulle nostre natiche fiammeggianti. Sentimmo bruciare e urlammo ancora, finché non ci slegarono.
Ci sollevarono, ci coprirono con un mantello e, senza toglierci le pastoie, ci misero sopra a due brandine con le ruote, tipo ambulanza. Tendendoci così a pancia sotto, ci ricondussero al palazzo attraverso i corridoi. Giunti al piano dell’amico funzionario, però, ci fecero entrare in stanze diverse che ospitavano letto singolo e avevano un servizio privato. Sembravano stanze d’ospedale e in effetti erano attrezzate per curare gli ospiti.
Mi fecero sdraiare sul letto, mi fecero pisciare in un pappagallo, mi sistemarono nuovamente pancia sotto e cominciarono a curarmi le natiche spargendovi sopra un unguento. Sentii un immediato sollievo.
Mi infilarono una flebo nel polso, una sonda nel culo e mi diedero un sedativo. Mi addormentai subito.
Fine della seconda parte
(Continua)
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