trio
Schiavi per sempre - Prima parte
di Honeymark
20.03.2015 |
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"Ci tirarono avanti e vedemmo sulla nostra destra la ragazza nuda sulla cavallina e il ragazzo alla gogna..."
Fino agli anni 70, le matricole dell’Università - così erano chiamati gli iscritti al primo anno – erano vittime del bullismo degli anziani.Allora non era chiamato “bullismo” e non era così odioso come si legge nelle cronache di oggi. Niente violenze gratuite, furti, ricatti, minacce, botte, esorsioni… Solo mille servitù sessuali, questo sì, che le matricole dovevano sopportare in onore alla “superiorità” degli anziani. Azioni a volte anche invereconde, ma che le matricole sopportavano stoicamente perché – tempo un anno – e diventavano a loro volta i molestatori dei nuovi iscritti.
Oggi sarebbe condannato nella maniera più assoluta, ma allora veniva considerato un utile pegno da pagare per divenire anziani e le stesse autorità chiudevano un occhio e a volte due. Basti pensare che era stato raggiunto un accordo mai scritto per cui veniva stabilito cosa si poteva fare e cosa no. Qualche esempio.
Che la matricola venisse spogliata nuda era automatico; se veniva esposta nella vetrina di un negozio, alla strada doveva mostrare il culo, quindi i negozi che le ospitavano si riempivano di clienti che volevano vederle nude da davanti, perché non potevano coprirsi con le mani, solitamente legate dietro la schiena o al collo.
Che la matricola venisse palpata, pizzicata o altro, era nella natura delle cose. Ma l’uso della frusta era ammesso a condizione che non fosse una punizione, ma solo a fini educativi.
Quanto al resto, è presto detto. Sempre che ci fosse un capo (che doveva avere almeno tre anni di università), alla matricola si poteva fare questo: il sesso poteva essere toccato solo con la lingua; nel culo si poteva mettere di tutto fuorché l’uccello, in bocca solo l’uccello. Anzi, dato che la giurisprudenza di allora diceva che se una persona violentata riceveva in bocca l’uccello, l’accusa di violenza cadeva, tutte le matricole alla fine dovevano prenderlo in bocca per forza di cose. Punto.
Ciò premesso, ecco cosa mi accadde il primo anno di università, quando ero un matricola, molti e molti anni fa.
Io e un’altra decina di giovani eravamo appena arrivati alla segreteria dell’Università per conoscere gli orari delle lezioni, quando siamo stati catturati in massa da alcuni “fagioli”. Così venivano chiamati quelli del secondo anno, che potevano molestare le matricole solo in funzione degli anziani “veri”, quelli dal terzo anno in su. Tutti noi, come ci era stato ampiamente insegnato, non abbiamo opposto resistenza, ma l’angoscia che ci dominava era terribile. Avevamo sentito dire di tutto e gli amici che si erano iscritti prima di noi ci avevano detto cose orribili. Ci siamo stretti l’uno all’altro come pecoroni in attesa della nostra sorte, mentre dal di là dei vetri della segreteria le impiegate si godevano la scena. Si divertivano anche oro alle nostre spalle.
Con un fare da caporali di giornata, i fagioli si divisero le prede, sicché io e un’altra ragazza venimmo presi da una coppia di lestofanti che senza troppi complimenti ci legarono le mani dietro la schiena, ci misero un collare e con un guinzaglio ci portarono via. Uscimmo tutti tra grida dei padroni e le urla degli schiavi. Io e l’altra compagna di sventura ubbidimmo senza opporre resistenza, quasi annientati dalla potenza dei nostri aguzzini. Eravamo pronti a tutto, terrorizzati per la sorte ignota.
Venimmo portati tutti al guinzaglio in una palestra dell’università, dove ogni gruppo fu portato in uno spogliatoio dedicato. Legarono il guinzaglio all’attaccapanni, come se avessimo potuto scappare con le mani legate dietro la schiena, quindi uscirono lasciandoci soli.
- Non so chi sei,- mi disse la compagna di sventura. – Ma fammi un piacere. Fai tutto quello che ti dicono altrimenti si scatenano contro di noi e ci possono fare cose terribili. Una mia amica mi ha detto che se siamo docili e servizievoli andrà tutto bene…
- Non ho nessuna intenzione di ribellarmi… - Dissi con un filo di voce strozzata dal terrore. – Ma ho tanta paura.
- E’ quello che vogliono. Ma non prendere iniziative, comportati da femminuccia, OK?
Annuii, ammirando la sua maggiore sicurezza.
Entrarono i due padroni, un maschio e una femmina, con un terzo studente più titolato di loro che aveva in mano un block notes.
- Ecco i nostri due. – Disse il ragazzo.
- Due pezzi di merda. – Commentò il terzo.
- Puoi dirlo forte – aggiunse sarcastica la ragazza.
- Beh, avete tre chance. – Disse il capocchia. – Prima li fate sfilare in mutande, poi senza mutande e infine con qualcosa nel culo. Fuori ci sono gli anziani più importanti che li compreranno all’asta. Chi non riesce a venderli in tre volte, la quarta sfilata gliela faccio fare io!
Guardò la fagiola, come dire che l’avrebbe avuta volentieri per le mani.
- Ha ha! – Disse lei guardandoci con occhio malevolo. – Li venderemo di sicuro.
- Spero alla terza asta.
- Credo già in seconda battuta. Scommetti?
- Tu vieni qua. – Disse la padrona, prendendo la mia compagna di sventura per metterla in mezzo allo spogliatoio.
Una volta in centro, lei prese le gonne dalla sventurata e gliele tirò su fino al collo. A quel punto il padrone maschio prese un paio di grossi aghi da balia e bloccò le gonne al collo in modo che non cadessero giù. La matricola aveva un paio di mutande bianche come si usava allora, anche perché c’era solo quel tipo. Le guardai il culo coperto dal triangolo delle mutande e provai un insano desiderio che in quel momento mi sembrava fuori luogo. Ma tant’è, l’uccello iniziò a muoversi. A quei tempi non si vedeva mai il nudo al cinema e quando una donna accavallava le gambe gliele guardavi con avidità, da maiale. E anche lei, la sventurata, portava calze e reggicalze. Altra caratteristica di quei tempi. Dopo sono passate ai collant e dopo ancora alle autoreggenti, ma il reggicalze non tornò più. Un delitto perché quel tratto di carne stretta tra mutande, calze e reggicalze era proprio fonte di desiderio libidinoso.
I due padroni maiali si divertirono a palparla in maniera grossolana. Il maschio le palpò il culo, mentre l’altra prima le allargò un po’ le gambe e poi diede una manata alla figa sopra le mutande. La matricola lasciò fare, anche se tradiva un forte senso di vergogna. Lo si vedeva da come ansimava, ma riusciva a dominarsi. Io non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso e sperai che gliele sfilassero, ma quella era la seconda fase, se avevo ben capito.
- Guarda questo “minus quam merdam” – Disse in latino universitario la padrona indicando me. – Si eccita! Lui si eccita, non noi!
- Portalo qua che lo sistemiamo per le feste.
Spostarono la ragazza che stava in mutande e mi misero al suo posto. Mi slacciarono i pantaloni e me li sfilarono. Mi vergognai di essere in mutande e probabilmente arrossii.
- Sì, hai ragione – disse il fagiolo. – Al porco gli è diventato duro.
Mi diede una pacca all’uccello,poi la collega mi tastò per sentire l’erezione.
- Questo è un maiale pervertito… - Disse di me con cattiveria. – Non ha un grande uccello, ma si eccita a essere umiliato…!
- Aspetta a dirlo, quando lo umiliamo davvero…
Mi sentivo davvero un pezzo di merda, e non era un luogo comune che le matricole venissero considerate meno che merda. Ma in quel momento ero talmente eccitato da quella situazione assurda, che mi domandavo anch’io se fossi davvero un deviato. Perché mi piaceva quello di cui avevo terrore? Questo mi angosciava.
Mi sfilarono i pantaloni e mi fecero indossare uno squallido vestito da donna. Ecco, ci mancava solo quello. Poi tirarono su la gonna anche a me come la mia compagna di sventura.
- Questa figura si chiama “carciofo”, perché sembrate dei carciofi, - disse la padrona. – Di solito è riservata alle donne, ma ci pare giusto che tu debba essere trattato come una donnicciola.
Odiomio… pensai. Che vergogna…!
Mi tolsero scarpe e calzetti, quindi e mi infilarono prima una calza da donna e poi l’altra. Le calze non stavano su e allora lei è andata nello spogliatoio vicino ed è tornata con un reggicalze. L’aveva portato via a qualcuna che era in una fase più avanzate della nostra.
Per la prima volta in vita mia mi trovai a indossare un reggicalze e le calze… Ma davvero volevano farmi sfilare così?
- Pronti? – Chiese uno dalla porta. – Forza che tocca a voi.
Fecero un ultimo tocco finale. Presero dei grandi nastri adesivi da pacco e ci coprirono la bocca. Potevamo respirare solo col naso…
Ci misero il guinzaglio al collare e ci portarono fuori. Li seguimmo terrorizzati, docili come cagnolini. L’uomo tirava la donna e la mia padrona tirava me. Le mani legate dietro la schiena, il cerotto sulla bocca, le gonne tirate su fino al collo e le calze col reggicalze, mi sembrava di entrare nella fossa dei leoni.
Davanti a me la mia compagna di sventura mostrava un culetto rotondo decisamente invitante e pensai che forse avrebbero preferito guardare il suo piuttosto che il mio. Mi sbagliavo.
- Aspettate un attimo, - disse l’organizzatore. – Stanno ancora palpando quelli che vi hanno preceduti.
- Che fine gli hanno riservato?
- Due sono nude sulla cavallina, le stanno palpando. Un ragazzo è alla gogna, lo masturberanno senza farlo venire.
- Gli hanno messo qualcosa nel culo?
- No, ma pare che lo frusteranno.
- Wow… Non voglio perderlo…!
- Un’altra è sul lettino in attesa di essere visitata dagli studenti di medicina, quattro vanno al “Musichiere” di sabato prossimo… Due maschi saranno sodomizzati, non sappiamo ancora con cosa… Pensavano ai cetrioli.
- E la tettona?
- Ah sì, le stanno schiaffeggiando le tette. Dopo le do due manate anch’io.
- Fai bene. Altro?
- Sì, c’è più di un fuoricorso in sala. E sai che se vogliono possono comperare le matricole all’asta e portarsele a casa.
- Basta che paghino…
I soldi raccolti dalla riffa andavano a finanziare le feste della matricola della settimana di carnevale.
L’altoparlante invitò i ragazzi del pubblico a lasciare le loro attenzione alle matricole in esposizione affinché si dedicassero alla nuova asta. La nostra. Mi sentii mancare. Ci tirarono avanti e vedemmo sulla nostra destra la ragazza nuda sulla cavallina e il ragazzo alla gogna. Ero terrorizzato.
- Signore e signori, - disse la donna al microfono, mentre i nostri padroni si apprestavano a portarci in sfilata sulla pedana, - ecco a voi una nuova coppia. Si tratta di una troietta si 20 anni discesa dalle valli di montagna nella speranza di trovare qualcuno interessato a chiavarla. Bene, ora avrete modo di guardarla bene nelle sue intimità. E se il fortunato acquirente lo vorrà, potremmo esporla al pubblico lubidrio già qui in galleria.
Il padrone portò la schiava col guinzaglio avanti e indietro sulla pedana per metterla bene in mostra.
Poi prese la parola il battitore maschio.
- Dietro la troia a denominazione di origine controllata, ecco a voi l’uomo dal Piccolo grande stronzo. Piccolo il cazzo, grande il finocchio.
La mia padrona avanzò, costringendomi a seguirla, vestito così da carciofo, in mutande e calze, col cerotto sulla bocca. Ero davvero un pezzo di merda…
- E’ un pezzo di merda, - disse lo speaker. – Un lurido, piccolo pezzo di merda, perché oltre a essere culattone, lo vedete da come è vestito, ha un cazzo piccolissimo. Vedete quel piccolo rigonfiamento tra le gambe? Beh, non ci crederete, ma è eccitato. E’ in erezione. Cioè è già arrivato al suo massimo…! Ha ha
La sala scoppiò a ridere, ma poi tutti azzittirono per guardare il culo della mia compagna.
Riprese la parola la donna.
- Come potete vedere, il culo della vacca sembra attraente. Eppure, alla sua età di 20 anni nessuno l’ha ancora né trombata né inculata. Una ragione ci sarà, no? Beh, oggi il suo culo va all’asta. Ma andiamo per gradi.
Iniziò a battere l’asta.
- Chi vuole togliere la mutande alle due puttanelle che vi abbiamo mostrato? Forza signori, fate le vostre puntate.
- Cento lire! – Gridò uno.
- Spilorcio, - commentò la speaker. – Cento lire, chi offre di più?
Dobbiamo ricordare che a quei tempi una commessa prendeva 40.000 lire al mese.
- Duecento lire!
- Trecento lire!
- Cinquecento lire!
- Signori, siamo a 500 lire. Nessuno offre di più per poter sfilare le mutande a questi due schiavi?
- Anche io ne offro 500, - disse un altro, ma solo per poterle sfilare al maschietto…
- Se l’altro accetta di sfilarle solo alla femminuccia…
L’altro annuì.
- Signori, le due mutande sono state aggiudicate per 500 lire cadauna. Gli aggiudicatari vengano a prendersele, ma uno alla volta.
Saltò sul palco per primo quello che le voleva togliere alla mia compagna, che la padrona aveva opportunamente girato di culo verso la platea. Tutti si fecero attenti e il vincitore diede due volgari palpatone alle natiche della poverina, la quale poté solo chiudere gli occhi scuotere la testa. Il ragazzo prese le mutandine ai lati e le abbassò di brutto. La matricola strinse la gambe più che poté, ma in breve mostrò a noi il pelo della figa e al pubblico il culo.
Rimasi paralizzato dalla vista della figa che non avevo visto mai…
Fischi e urla di piacere si alzarono al cielo, mentre la poverina chiudeva gli occhi dalla disperazione. Ma il suo padrone la costrinse a girarsi e mostrare il pelo anche al pubblico. Lei, umiliata e rassegnata, si girò piano e, con quella buffa mise da carciofo si lasciò violare dagli occhi del pubblico, che urlava parole oscene e inviti a fare cose invereconde.
Inutile dire che anch’io la guardai ancora più allupato, perché il culo mi è sempre piaciuto e la scena mi aveva eccitato da morire. Ma purtroppo adesso toccava a me.
Venni portato avanti mentre la ragazza venne portata dietro di me e io vidi che aveva la faccia rossa di vergogna.
Prima che me ne accorgessi, il secondo vincitore della riffa saltò sulla pedana e senza complimenti mi abbassò le mutande e me le portò via. Poi mi frugò le natiche con le dita, cercando il buco del culo.
- Come potete vedere - continuò la speaker che batteva l’asta, - il culo di questo giovane di campagna è perfettamente liscio e senza peli, proprio come una signorina.
Automaticamente strinsi le natiche, ma l’altro mi diede un pizzicotto che me le fece rilassare. A quel punto la mia padrona mi diede una manata al mio piccolo cazzetto e mi obbligò a girarmi verso il pubblico. Mi sentii morire, ma obbedii. Di nuovo urla e fischi, ma soprattutto risate per le piccole dimensioni del mio uccello… Il quale era anche in erezione. Avrei voluto morire…
Poi portarono anche a me di fianco alla mia compagna di sventura a mostrare il culo al pubblico, entrambi con le calze… Che vergogna!
- Ora, - continuò la battitrice dell’asta, - si passa alla fase tre. Se qualcuno vuole ficcare un dito nel culo ai due si faccia avanti. Partenza, lire mille per matricola. Ricordo però che se i due schiavi vengono sottoposti alla “candelatio”, non possono essere portati in giro ignudi per la città fino a mezzanotte. Se l’asta va deserta verranno dati a chi offre di più per metterli in una vetrina del centro. Se candelati, possono invece essere sottoposti all’aggravante della cavallina, della brandina, della sedia, del juke-box o altro, ma questo farà parte dell’asta successiva per il supplizio finale.
- Mille per lui!
- Mille per lei!
- Duemila per lui!
Dio mio… Perlomeno non ci avrebbero portati in giro per la città come era capitato ai due prima di noi, ma l’idea che qualcuno mi mettesse qualcosa nel culo davanti a tutti, proprio mi angosciava.
- Venticinquemila lire l’uno e me li porto via tutti due.
In sala scoppiò il silenzio, poi si sentì un mormorio, infine la speaker parlò.
- Signori e signore, - disse la ragazza con una certa emozione - il sidereo fuoricorso lì in fondo ha lanciato un’opa per avere entrambi gli schiavi. Ci inchiniamo alla sua volontà. Ma se qualche altro fuori corso vuole rilanciare (gli altri non possono), può farlo adesso o tacere per sempre.
Tacquero per sempre.
Eravamo diventati proprietà del “sidereo fuoricorso”. Non avevo idea di cosa significasse.
I due nostri padroni pro tempore si avviarono verso di lui e noi, presi al guinzaglio, li seguimmo come cagnolini.
- Tu vai a prendere la loro roba, - disse il Fuoricorso al fagiolo maschio. Poi si rivolse alla padrona – Tu seguimi con loro.
La padroncina non discusse e lo seguì, portandoci con lei fuori della palestra, poi fuori dell’ateneo e - così ignudi mascherati da carciofi - ci fecero camminare fino a casa del Fuoricorso. Il padroncino ci raggiunse poco dopo con la nostra roba e ci seguì. Dando ogni tanto delle manate al culo mio e a quello della mia sventurata compagna di sventura.
La gente per la strada ci guardava, abituata a scene del genere. Schiamazzi e parole offensive, come se noi matricole fossimo delle merde anche per loro. Anche i ragazzini ci seguivano, tirando sassi ai nostri culi e facendo gestacci irripetibili. Solo i ragazzi poco più giovani di noi ci seguivano con gli sguardi impauriti, perché presto sarebbe accaduto a loro, non appena iscritti all’università.
Noi due eravamo come intontiti e a quel punto potevano farci di tutto, tanto, eravamo degli oggetti. L’unica speranza era che finisse presto.
In effetti, dopo pochi minuti arrivammo a casa del Sidereo fuoricorso, ma non avevamo certo finito il nostro supplizio. Appena entrati nel suo appartamento, i due padroncini ci tolsero il bavaglio e finalmente riuscimmo a respirare meglio. Poi ci denudarono del tutto e andarono a parlare con il Fuoricorso che ci aveva comperati.
- Fammi il favore di obbedire e fare sempre quello che vuol lui…! – Mi sussurrò nuovamente la compagna. – Non so cosa ci farà, ma non contraddirlo. Primo perché non voglio restare alla mercé di tutti quei bastardi assatanati di prima, poi perché non voglio che ci portino ancora in giro per la città. E poi, perché da quel che ho capito, se entri nella simpatia di un fuori corso puoi avere dei salvacondotti. Crede che siamo morosi e la cosa lo eccita. Lasciaglielo credere.
Non risposi, perché ero troppo in tensione, poi i due fagioli vennero da noi.
- Vi lasciamo a lui, - disse il ragazzo.
- Fate qualsiasi cosa vi ordina, - aggiunse lei.
- Quando non vi chiede niente, dovete mettervi in ginocchio con i culo in su e la testa in terra, come se lo adoraste. – Aggiunse il primo.
- E questo ogni volta che vi lascia in pace gli mostrate il culo e lo adorate. – Aggiunse la seconda.
- Se vi porta i piedi a portata della bocca, - continuò, - leccateglieli senza aspettare che ve lo chieda lui.-
- Anche se ha le scarpe, - precisò lei.
- Fateci fare bella figura. Ha pagato qualcosa come 50.000 lire che vanno alla festa della Matricola e vogliamo che sia ampiamente ripagato da voi.
Noi ci mettemmo come avevano detto, culo in su, testa in giù. Uno dei due ci allargò le gambe, ci diede una toccatina alle intimità e poi se ne andarono.
Fine prima parte.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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