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Lui & Lei

Un uomo oggetto


di Honeymark
24.12.2019    |    7.864    |    6 9.7
"– Alla fine te ne sei accorto! Fine..."
Era il quinto anno che aiutavo una giovane amica gentildonna creatrice di moda di alto livello. Due volte all’anno le organizzavo le sfilate a Milano e i rapporti con la stampa.
Poi tutto tornava come prima e per sei mesi non ci incontravamo. Però era divertente e redditizio. Il mio lavoro funzionava e le sue creazioni tiravano. Niente di megagalattico, ma certamente ben consolidato.
Quell’ultima sera, conclusa la settimana di moda, mentre i tecnici impacchettavano la collezione e l’attrezzatura per portarle in sede, eravamo rimasti soli io e lei nell’albergo, che avremmo lasciato la mattina dopo. E decidemmo di cenare in hotel in tutto relax, senza nessuno che ci rompesse le balle.
- Allora, soddisfatta anche quest’anno? – Le chiesi attendendo la prima portata.
- Sì sì, – rispose. – Grazie a dio è passata anche questa. Avrei bisogno di fare vacanza.
- Falla.
- Magari.
Ci servirono i tortelllini in brodo e iniziammo a mangiare leggero e in silenzio.
- Posso chiederti una cosa? – Mi domandò assaggiandoli.
- Sempre, – risposi.
- È una cosa intima, – precisò. – Un argomento da... ultima cena.
Sorrisi.
- So che ti sei fatto due modelle anche quest’anno. – Disse in premessa. – Almeno due modelle.
- È falso, – protestai. – Chi ti viene a dire cose del genere?
- Le due modelle che ti sei fatto. – Rispose, sempre mangiando con eleganza. – Il che mi fa pensare che magari ce ne sia una terza...
- Dannazione! – Mi sfuggì di dire. – Una volta erano gli uomini che parlavano troppo. Ora sono le donne.
- Beh, niente di male. – Riprese a dire. – Quello che volevo chiederti era perché con me non ci hai mai provato.
Stavolta mi sorprese. Non sapevo cosa rispondere. Era una bellissima donna, eppure non ci avevo mai pensato.
- Beh – improvvisai, – di solito vado a colpo sicuro...
- Cioè?
- Ci provo solo con chi mi dà l’impressione di starci.
- E ci stanno sempre?
- No. – Risposi prima di riprendere a mangiare. – Voi donne siete sempre imprevedibili... Spesso ne avreste voglia e dite di no lo stesso.
- Possiamo dire che dice di sì una su cinque?
- Più o meno. – Dissi, ma non avevo mai fatto i conti.
- Non vorrei essere fraintesa, – continuò. – Non sto provandoci con te, ma perché ti do l’impressione di non starci? Non ti piaccio? Come mi trovi? Ho problemi? Mi serve conoscere l risposta.
Capii di non essere l’unico ad ammirarla ma di trovarla inaccessibile.
- Beh, le tue modelle stanno nude con me per una settimana e...
- Mi hai sempre detto che il fatto che una donna si spogli facilmente non vuol dire automaticamente che ci stia.
- Vero, – confermai. – Però devi ammettere che una certa complicità nasce per forza di cose. Poi la sera, da soli, può emergere il desiderio caricato lungo la giornata... Lo sai che le ragazze non possono frequentare la concorrenza...
- Allora – insisté guardandomi, – cosa mi manca?
- Sei una bellissima donna aristocratica. – Risposi. – Hai un portamento, una cultura, una creatività, una professionalità e un’intelligenza...
- Dicevo fisicamente. – Tagliò corto.
Avevo pensato giusto. Temeva di non piacere.
- Anche le doti caratteriali giocano un ruolo importante nel sex appeal. – Risposi. – Credimi.
- Dai, allora. Rispondi. Siamo amici da una vita.
La guardai in faccia.
- Hai un viso stupendo e un culo fantasico.
- Quindi so dove me lo metteresti se venissi a letto con te. Sbaglio?
- Annabella...! – La fermai. – Non ti ho mai sentita parlare così.
- C’è sempre una prima volta, – affermò asciutta. – Allora dimmi perché non ci hai mai provato con me. Cosa ho che no va? Ripeto: mi serve saperlo. Non voglio assolutamente venire a letto con te.
Sembrava davvero che volesse avere una risposta sincera.
- Te l’ho detto. – Risposi dopo un po’. – Dai l’impressione di essere una che non ci sta. Sei troppo... aristocratica. Perfetta. Elegante... Fuori portata.
Riprendemmo a mangiare in silenzio.
- Quindi... per essere più precisi, – insisté. – Non ti piacerebbe venire a letto con me perché sono… asettica?
- Ma no, cosa hai capito!
- Allora rispondi: se venissi a letto con te, cosa ti piacerebbe farmi?
La mia risposta era stata troppo vaga e non le era bastata. La guardai interrogativo.
- È solo una domanda, – ripeté. – Non sto provando a intortarti e non sono invidiosa delle nostre modelle. Voglio solo sapere cosa comunica il mio corpo a un uomo. Cosa ti piacerebbe farmi?
Era andata dritta al sodo, come era sua abitudine anche nel lavoro.
Continuai a mangiare, poi appoggiai la posata e mi asciugai le labbra. Avevo avuto il tempo di pensarci.
- Ti morderei il culo e ti bacerei la passera.
Ebbe un impercettibile fremito. Forse ero stato troppo crudo.
La cena finì senza dire altro di sesso. Andammo al bar a prendere qualcosa e poi, sfiniti, decidemmo di ritirarci.
Prendemmo l’ascensore e, come sempre, la accompagnai alla sua camera. Una questione di educazione. Aprì la porta con la chiave magnetica e, come sempre, le baciai la mano. Chissà perché con le ragazze che mi ero portato a letto non non avevo mai fatto il baciamano.
Mi stavo dirigendo alla mia camera, quando Annamaria mi chiamò. Tornai da lei che stava sull’uscio.
- È vero quello che mi hai detto prima? – Mi domandò.
- Magari tutto no, – risposi soridendo. – Dipende da cosa ti riferisci.
- È vero che ti ispiro quello che hai detto?
- Sì, – confermai con eleganza. – Ti morderei il culo e ti bacerei il sesso.
- Entra, – disse. – Ti voglio dire una cosa.
Entrai.
- Ti piacerebbe essere trattato come un uomo oggetto?
- Un «uomo oggetto»? – Domandai sorpreso. – E cosa significa? Non intendevo questo...
- Te la sentiresti di fare solo e tutto ciò che la donna ti ordina di fare?
Ci pensai, senza riuscire a immaginarmi la scena. Però qualcosa scattò dentro di me.
- Sì, – risposi al buio. – Non ho mai fatto quello che la donna non voleva.
- Qui si tratta di fare quello che la donna vuole.
- Beh – risposi, – così a occhio, non dovrebbe essere male fare ciò che la donna vuole.
- Va’ in camera tua e torna tra un quarto d’ora. – Rispose. – Mi rinfresco un po’ e dopo faccio di te quello che voglio.
Chiuse la porta come per impedirsi di ripensarci. Non le era neppure balenato che io potessi dire di no.
Mi rinfrescai anch’io. Indossai l’accappatoio, socchiusi la porta e guardai se c’era gente nel corridoio. Era libero e allora uscii e andai così alla camera di Annamaria. Bussai alla porta, aprì subito.
Era anche lei in accappatoio e profumava di lavanda o qualcosa del genere.
Aveva anche acceso la radio a basso volume e aveva lasciato accesa solo la luce dello scrittoio. Rimasi in attesa di disposizioni. Dopo un po’, lei scoprì la gamba dall’accappatoio. Una gamba leggiadra, come ci si poteva aspettare da un’aristocratica come lei.
- Leccami i piedi. – Disse con determinata dolcezza.
Io mi ero imposto di fare ogni cosa che mi avesse ordinato, quindi con calma mi inginocchiai e, come se stessi adorando una dea, cominciai leccarle i piedi con devozione. Sapevo che a molti piace leccare i piedi del proprio Padrone e che a a qualcuno piace farseli leccare. Per me era la prima volta ma mi impegnai a fondo, cercando di capire che cosa le piacesse di più.
- Tra le dita. – Ordinò.
Dopo aver leccato bene la parte superiore del piede infilai la lingua tra un dito e l’altro. Devo dire che solo un’ora prima questa eventualità non l’avei mai messa in previsione. Eppure, in quello che stavo facendo c’erano più cose che mi intrigavano.
La prima sensazione era inaspettata. Avere una donna che dà ordini, per me era la prima volta e devo ammetere che la situazione mi stava prendendo positivamente. L’uomo di solito ama essere dominante e deve essere attivo, creativo e protagonista; è nella sua natura. Ma sentirsi sottomessi offre l’incredibile sensazione di serenità dovuta al fatto di non dover essere propositivo.
Leccai i suoi piedi nei minimi particolari, ricavando una crescente forza erotica nel fare quello che stavo facendo.
Mi fece passare all’altro piede e obbedii. Nel cambio sbirciai in su e vidi, malcelata dall’accappatoio, la figa. Fu come un faro, una stella cometa! Mi fece l’effetto di uno starter: accelerai prestazione e impegno. A quel punto l’intrigo divenne sesso, eccitazione, la lingua un mezzo per sedurre una donna, un modo per esser sedotti entrambi.
Pian Piano la sentii ansimare e d’un tratto lasciò cadere il suo accappatoio. Automaricamente guardai in su e, dal basso, la vidi stagliarsi in su con le gambe leggermente divaricate. Quella vista mi eccitò come capita ai ragazzini la prima volta che vedono la figa. Mi sembrava di essere un cagnolino innamorato della sua padrona.
Ed era proprio così.
- Vieni a mordermi e a leccarmi. – Disse, facendo un cenno con le dita.
Salì sul letto, mostrandomi le parti più belle, prese i due cuscini e se li mise sotto la pancia in modo da stare a quattro zampe senza fatica. Allargò le gambe e con le mani si allargò anche le natiche.
- Puoi mordermi il sedere – disse con determinata sensualità. – Poi però... mi lecchi il buco del culo. Fai con calma, ma impegnati a fondo. Obbedisci.
Salii in ginocchio sul letto, mi avvicinai e le guardai la fessura del culo, l’ano e la vulva sottostante. Ero come ipnotizzato.
Le accarezzai le natiche con i palmi delle mani, e lei tolse le sue mani lasciandomi procedere. Le presi la vulva in mano e le toccai l’ano con la punta dell’indice. Iniziò a bagnarsi e io iniziai a eccitarmi come si deve.
Infilai il naso nella fessura fino a toccare il buco del culo e poi scesi fino a portarlo alla figa. A quel punto infatti non era più una vulva ma una figa. Sesso puro. Le passai una mano all’inguine sinistro e poi quello destro. Quindi, sempre palpandola per generarle piacere, iniziai a morderle la base del culo, dove risiedono le piegoline più belle del mondo. Il morso divenne subito bagnato e sentii che il calore della saliva aumentava il piacere della mia amica. Alternai morsi duri con morsi delicati, morsi da padrone con morsi da umile servitore, quello che piaceva a lei. Infine tenni allargate le natiche con le mani e mi portai a leccarle la fessura del culo. Le natiche si appoggiavano alle mie guance. La lingua scivolava sfregando la fessura del culo, una cosa deliziosa... Indugiai sul buco del culo, mi impegnai al massimo e provai a infilarla dentro. Ovviamente non ci riuscii, ma ero certo che lei lo stava gradendo. E lei mi lasciò ripetere tutto più volte, cambiando posizione per facilitarmi il lavoro di bocca.
Avrei continuato così all’infinito, ma d’un tratto ebbe un inizio di orgasmo e allora mi fermò e si girò pancia in su.
- Fammi venire con la lingua. – Ordinò. – So che ci sai fare. Fallo.
Tolse i cuscini, sollevò le ginocchia, allargò le gambe il più possibile e attese che io cominciassi, prima con le mani e poi con la bocca.
Io iniziai con quelli che potrei definire preliminari, baciandole prima l’interno delle cosce, poi gli inguini e infine, poggiando le mani attorno alla figa, diedi un piccolo morso affettuoso alle gandi labbra. Fece un sobbalzo, forze perché non se lo aspettava, forse perché lo gradiva particolarmente. Dopo un’altra serie di bacetti, mi dedicai alla figa con crescente impegno. Volevo proprio farla godere, come voleva il ruolo che mi aveva affidato e che io avevo accettato molto volentieri. Quando iniziai a passarle la lingua sul clitoride, iniziò ad agitare le cosce e, quando infilai la lingua dentro - sempre strofinando il clitoride - iniziò a gemere.
D’un tratto iniziò a venire, sbattendo il bacino in maniera incontrollata. Non riuscivo più a fare le cose per bene, ma a quanto pareva ormai il suo orgasmo era avviato. Continuai a impegnarmi per renderla felice e venne in tutta libertà nella mia bocca, squirtando, sbattendo le braccia sul letto, scuotendo la faccia a destra e a sinistra, sobbalzando come un treno.
Capii che dovevo smettere quando mi strinde le cosce sulle guance, per poi rilassarle e stendere le gambe.
Mi accarezzò il viso e mi sussurrò qualcosa.
- Lasciami sola, – ebbe la forza di dire. – Torna in camera tua.
Io ci rimasi male, ma pian piano mi scostai, scesi dal letto, mi rimisi l’accappatoio, uscii e me ne tornai nella mia camera.

Una volta in camera, mi misi il pigiama e andai a letto. Presi il mio libro e lo aprii al segnalibro. Ma non riusciva a leggere. Era la prima volta che ero andato a letto con una donna senza venire, per motivi non dipendenti da me. Il testosterone era tutto da smaltire.
Pensai a cosa fare. Poggiai il libro, spensi la luce, mi abbassai i pantaloni del pigiama e mi accarezzai il pene. Lo feci rizzare pensando a quello che avevo fatto e decisi di masturbarmi. Era la soluzione più logica e dopo sarei riuscito a dormire come un sasso.
Ma d’improvviso squillò il telefono della camera. Sobbalzai perché non ero più abituato ai trilli dei telefoni fissi, poi alzai la cornetta.
- Torna in camera mia, – ordinò Annabella.
E chiuse il telefono.
Mi alzai, sfilai il pigiama e indossai l’accappatoio, poi uscii di camera. Stavolta non avevo verificato se fuori ci fosse gente, così incrociai una coppia anziana che rimase imbarazzata a vedermi in quelle condizioni.
- Sto cercando il bagno del corridoio, – spiegai stupidamente.
- Questo è un albergo di lusso! – Protestò la singora. – Non ci sono bagni in comune!
- Ecco perché non lo trovavo. – Commentai. E proseguii.
Arrivato alla stanza della mia amica, bussai. Mi aprì subito. Non dissi nulla.
- Spogliati, – ordinò, lasciando cadere in terra il suo accappatoio.
Era bellissima, forse più di prima. Feci cadere anche il mio accappatoio.
- Ora voglio che mi monti esattamente come hai fatto con Jessica. – Disse determinata.
Jessica era una delle nostre modelle che mi ero fatto. La stronza si era confidata con Annabella... E adesso Annabella voleva provocarmi, anche se non capivo dove volesse parare.
Si avviò al letto e vi salì, mettendosi a quattro zampe. Sapeva che dovevo prenderla così alla pecorina. Ovviamente l’uccello non se lo fece dire due volte e si mise in posizione di lavoro. Decisi di continuare il mio ruolo di uomo oggetto e mi portai sul letto. Aveva allargato bene le gambe in modo da portare la figa all’altezza giusta per il pene. Le presi la vulva in mano e lei ebbe un fremito. Desiderava il cazzo e io non attesi altro. Lo guidai con la mano alla figa e, non appena imboccato, lei si mosse per farmelo scivolare dentro in fretta, anche se era molto grosso.
Le presi le tette in mano e cominciai a montarla così. D’un tratto si sdraiò in avanti e io la seguii sopra. Mi piace moltissimo sentire il culo di una donna in quella posizione mentre la chiavo. L’uccello nella figa e il culo che poggia sul basso ventre...
A quel punto lei accavallò le caviglie, per stringere di più la vagina. Piaceva anche a lei così. Cominciai a sbatterla ed entrammo subito in sintonia.
Le infilai le braccia sotto le ascelle e congiunsi le mani alla sua nuca. La stavo bloccando e ogni movimento veniva fatto insieme.
Stavolta venimmo congiuntamente gridando al cielo che stavamo venendo.
Dopo un po’ mi sfilai, le baciai il culo, le morsi la piegolina, raccolsi l’accappatoio, lo indossai e uscii.
Fuori c’era la coppia di prima che tornava indietro, chissà da dove.
- L’ho trovato il bagno, – dissi incrociandoli.
- E dove? – Esclamò la signora scandalizzata.
- Al piano terra, – risposi. – Vicino alla reception.

La mattina dopo, chiusi i bagagli, scesi a fare colazione. Annabella era già al nostro tavolo che mi aspettava. Mi sedetti.
- Buon giorno! – Le dissi.
- Buongiorno anche a te.
- Tutto bene?
- A perfezione, – rispose soddisfatta.
Ordinai la colazione e attesi il primo sorso di caffè prima di parlare.
- La notte è stata di tuo gradimento? – Le chiesi per cominciare, usando il linguaggio elegante di sempre.
- Direi di sì, – rispose dopo un lungo sorso di cappuccino. – Però... Jessica mi aveva detto che alla fine l’avevi sodomizzata...!
Mi sentii offeso nella mia intimità.
- Ma come si permette Jessica di scendere anche in particolari così intimi! – Esclamai irato.
- Tranquillo, – mi disse Annabella accarezzandomi una mano.
La guardai, per sentire cosa aveva da dirmi.
- In realtà nessuno mi ha detto nulla.
- Chi non ti ha detto nulla? – Ripetei. – Cosa diavolo stai dicendo?
- Nessuna delle tue amanti ha detto nulla.
- Dimmi che scherzi.
- No. Avevo intuito che ti eri fatto alcune delle nostre modelle e ne approfittai per farti parlare. Volevo sapere perché non ci provavi con me. Non volevo sopare con te, volevo solo sapere cosa avevo che non andava. Poi le cose hannno preso una strada imprevista e... l’idea di dominare lo stallone della mia scuderia mi ha intrigato più del previsto.
- Quindi non sapevi neanche come avevo montato... Jessica!?
- Esatto.
- E se ti avessi sodomizzata?
- Era quello che pensavo che avresti fatto.
Rimasi allibito, a bocca aperta.
- Anzi, perché non lo hai fatto? – Continuò.
Dovetti raccogliere le idee prima di rispondere.
- Per rispettarti. – Dissi da imbecille.
- Eh no, caro mio, se mi rispettavi me lo mettevi nel culo! – Concluse. – Come fai con tutte. Questo lo so perchè me lo hanno detto in molte.
Non dissi nulla.
- Come ti è sembrata la nottata? – Chiesi poi, ancora più stupidamente.
- Vuoi anche il voto?
- No, scusa... Volevo dire... Lo facciamo ancora?
- A due condizioni. La prima è che sarò io a chiamarti.
- D’accordo.
- La seconda è che sarai sempre un uomo oggetto per me.
- Perché no... – Risposi sorridendo. – Allora ti è piaciuto?
- Niente voti. Sappi solo che la prossima volta userò anche il frustino.
- Sei sadomaso?
- No, solo dominante. E l’idea di frustarti il culo mentre mi lecchi i piedi mi intriga da morire.
- Sei una troia... – Dissi sconsolato.
- Deo gratias...! – Esclamò. – Alla fine te ne sei accorto!

Fine
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