Lui & Lei

Sodoma!


di Honeymark
16.10.2014    |    23.065    |    6 9.7
"Di tanto in tanto qualche bella staffilata per farla obbedire..."
Avvertenza 1. Il racconto che segue è frutto di pura fantasia. Nomi, riferimenti o altro sono del tutto casuali.
Avvertenza 2. Non praticare quanto viene descritto se non si ha esperienza.
Avvertenza 3. E’ un racconto di nicchia e piuttosto hard.

1.

Come d’accordo, ci eravamo incontrati in una pasticceria del centro.
Non la conoscevo, mi aveva mandato una mail su suggerimento di una comune amica di cui non mi aveva fatto il nome e, francamente, non avevo motivo di non accettare l’incontro.
Quando entrò, fu lei a riconoscermi, per me era troppo bella perché fosse la donna che attendevo.
Mi alzai e ci presentammo con sorrisi di circostanza.
- Sono Mauro, ciao.
- Io mi chiamo Lucia.
Si sedette e aspettò di ordinare un cappuccino prima di parlare.
- Anzitutto ti chiedo la massima riservatezza. - Esordì. – E’ una condizione sine qua non.
- Io sono riservato, - risposi. - Hai mai sentito parlare di me?
- Sì, certo. Altrimenti non sarei qui.
- Beh, non sono stato io a parlare di sicuro. Ma qual è l’argomento?
- Promettimi che qualsiasi cosa succeda, tutto resterà tra me e te.
- Prometto. – Dissi alzando la mano. – Ma se poi parli tu…
Si fece la più professionale possibile.
- Mi hanno detto che la tua passione è sodomizzare le donne.
L’aveva detto trattenendo il fiato, temendo di non riuscire a finire la frase. Ma la cosa mi sorprese e mi intimorì. Se queste erano le premesse… Cosa potevo aver fatto di male? Erano tutte più che consenzienti…
- Non spaventarti, - aggiunse subito, vedendo la mia reazione. – Non ti chiedo se è vero o no. Ma se non ti disturba parlarne, ti espongo il problema.
- Vai avanti. – Dissi, guardingo.
- La mia amica… - Fece una pausa, - Ha detto che sai preparare le donne che non sono in grado di… - Altra pausa. – Di ricevere il pene nel retto. Nell’ano.
Io rimasi a bocca aperta, ma stavolta l’imbarazzo più forte era il suo. Seguì infatti un silenzio irreale. Ma si riprese.
- Posso continuare?
- Vai.
- Insomma, tu sai… tu sapresti come abituare una donna a riceverlo lì.
- Nel… fondoschiena? – Domandai. La parola culo è troppo forte per una donna.
Annuì,come se la parola fondoschiena non rendesse l’idea.
- Vai avanti. – Ripetei.
Prese il fiato e spiegò tutto.
- Se parli, troverò il modo di fartela pagare.
Annuii.
- E’ vero che riesci ad abituare le ragazze?
Annuii nuovamente. Tutte vanno abituate, le prime volte. Ma è nella natura delle cose. Si scopa in due e deve piacere a entrambi.
- E quanto chiedi per fare una cosa del genere?
- Quanto chiedo cosa?
- Soldi.
- Soldi? Ma sei impazzita? Io non mi faccio mai pagare! E’ un favore che faccio se mi va di farlo…!
- Io vorrei che lo facessi a me, anche se non siamo amici. E non lo saremo mai. Ti va di farlo?
Anche questo le costò molto dirlo. Cercai di metterla a suo agio.
- Raccontami tutto e vedrai che troviamo la soluzione a tutto.
Dovevo essere stato convincente, perché dopo aver finito il cappuccino iniziò a confidarsi.
- Mi sposo tra 45 giorni.
- Lieto per te. Anzi, per voi. E quale sarebbe il problema?
Ovviamente l’avevo intuito.
- Non sono in grado di ricevere il pene dietro.
Mi aveva guardato in faccia per essere lei ad avere la situazioni in mano.
- Lui lo sa?
- No. Me l’ha chiesto più di una volta, ma gli ho sempre detto che glielo avrei concesso solo dopo il matrimonio. Voi uomini… Una sorta di premio, di verginità. Chiamala come vuoi.
- Insomma era una scusa per dire di no, ma adesso dovrai scoprire il bluff.
Non rispose, come dire sì.
- È vero che tu sai fare queste cose?
- Senti, non sono un medico. Questo deve essere chiaro.
- Lo so. E i medici non sarebbero in grado di aiutarmi.
- Gliel’hai chiesto?
Non rispose, come dire sì.
- Ossignore… – Continuai. – Allora è davvero importante per te…
Silenzio.
- Senti, ti dico come funziona. Poi vedi tu.
Prese col cucchiaino lo zucchero rimasto sul fondo della tazza, poi lo appoggiò, incrociò le mani sotto il mento e si mise ad ascoltare.
- Devo visitarti. Anche se non sono un medico, devo vedere che sei sana, che non hai emorroidi, ragadi o altre cose del genere.
Non disse nulla.
- Poi verifico la capacità con un piccolo dildo fatto apposta e…
- Cos’è un dildo?
- Un oggetto, un cuneo, un giocattolo fatto per essere infilato lì, così vedo qual è lo spazio operativo.
- Parli come un medico. Davvero lo fai solo perché ti piace?
- Lo faccio solo SE mi piace.
Non mi chiese se mi sarebbe piaciuto farlo a lei.
- Poi?
- Poi eseguo una serie di piccole performance finalizzate ad aumentare la capacità ricettiva.
- Del tipo?
- Senti, domani alle 19 ho l’ultima seduta con un’amica che aveva lo stesso problema. Cioè è quasi pronte. Se vieni a vederle, vedi in cosa consiste. Poi decidi se ti va davvero andare avanti.
- Stai scherzando? Ti ho chiesto la massima riservatezza! E sicuramente la vogliono anche loro!
Era sul punto di ripensarci.
- Calmati. Le due mi hanno autorizzato a mostrarsi alla fine, nel caso mi fosse stato utile, a patto che io copra loro la faccia.
- E con cosa la copri?
- Con dei cappucci neri che prendono tutta la testa. È tela porosa che le lascia respirare bene. E, ovviamente, metti una mascherina anche tu, che non si sa mai. È la mia forma promozionale. Di solito un’amica tira l’altra e… Magari alla fine ti lasci mostrare anche tu dalla prossima amica…
- Scordatelo.
- Allora, vuoi venire alle 19? Così capisci cosa ti aspetta nei prossimi 30 giorni.
- Non avevi detto 15 giorni?
- Sì, ma un giorno sì e uno no. Devi avere il tempo di recuperare.

Alle 19 del giorno dopo, l’aspettavo all’ingresso della palazzina sotto casa mia. Venne decisamente puntuale. Prendemmo l’ascensore e salimmo al quinto piano. Non era imbarazzata e si sforzava a sorridere. Entrammo in salotto e si sistemò sul divano.
- Pronta?
- Pronta. Dove sono le ragazze?
- In camera da letto. Cavati le scarpe e seguimi.
Mi tolsi le scarpe anch’io e le feci strada in camera.
La luce era giustamente soffusa, una musica leggera dava il senso di relax e della tranquillità. Indispensabile per la tensione che avrebbe potuto invadere Lucia. In fatti la vista di ciò che le mostravo era piuttosto cruda. Due donne stavano inginocchiate sul letto in posizione fetale, una accanto all’altra, nude, con le mani legate dietro, sotto il culo. Nel culo di entrambe, un cero del diametro di 4 centimetri sporgeva di mezza spanna.
Lei le guardò come ipnotizzata. E forse sarebbe rimasta lì a fissarle se io non l’avessi scossa.
- Come vedi dallo spessore del cero, la performance è riuscita.
- Quant’è? – Mi chiese con la voce stridula.
- Quattro centimetri.
- Non male.– Osservò. – Ma perché usi candele? Non ci sono, come dicevi, oggetti fatti apposta?
- La cera offre tanti vantaggi. Anzitutto costa molto poco e puoi gettare via la candela ogni volta. Ci sono tutte le misure che vuoi. Pur essendo dura, alla lunga si piega a prendere la forma dell’alloggiamento.
- In effetti… – Le sfuggì di bisbigliare.
Le due ragazze intanto restavano cortesemente a disposizione con il culo in su per essere viste da noi.
- Ma è tutto qua quello che fai? – Mi domandò. Come dire che avrebbe potuto fare tutto da sola.
- No, altrimenti impiegherebbero un anno. In un’ora al giorno per due settimane devo farle lavorare.
- Cioè?
- Devo farle camminare 10 minuti, devono salire e scendere le scale che portano alla seconda stanza di sopra, devo frustarle in maniera scientificamente corretta, devo masturbarle e…
- Frustarle? Stai scherzando…
- No. Ad ogni frustata muovono i muscoli in maniera particolare attorno al cero. Posso anche pizzicarle, guarda…
- Pizzicai la più vicina a me. Le venne la pelle d’oca, strinse i glutei e il cero si mosse all’insù, come se si fosse rizzato.
- Ma resta il segno!
- No, so come far male senza lasciare il segno. Devono solo reagire al dolore, che poi è una cosa da niente…
- Lo dici tu.
- Lo dicono anche loro.
- E perché le masturbi? – Chiese, poco convinta.
- Per lo stesso motivo. Quando vengono danno veri e propri colpi di bacino e stringono l’ano al punto di modellare la candela.
Strinsi con la mano destra il cero che fuorusciva dall’altra ragazza e con la mano sinistra avvolsi la figa. La sottoposta, come sapevo, ebbe una stupenda reazione. Strinse le natiche come a godersi la mia mano.
- Vedi? – Le dissi.
Presi uno spray e spruzzai del liquido alla base della candela. Poi, con le dita, premetti l’ano più volte per favorire l’assorbimento del liquido.
- Cos’è? – Chiese.
- Un ammorbidente biologico. Non servirebbe, ma io preferisco muovermi con cautela. L’ano è più delicato della vagina. L’ho visto allargare fino a 5 centimetri e oltre, ma io mi fermo a 4. Il fist lo lascio agli esaltati.
- Cos’è il fist?
- La mano che entra fino al polso. Per me è fuori di testa.
Rimase indifferente. Per lei era astrologia.
- Poi, accendo lo stoppino – continuai - e lascio che la cera bollente scenda fino a scorrere al buco del culo.
- Ma scotta!
- Sì, ma è al limite giusto. Fa contorcere il soggetto senza provocarsi danni.
Annuì e uscì dalla stanza. La seguii. Guardò il salotto e guardò le scale di cui le avevo parlato.
- Deve essere sconcia la donna che sale sulla scaletta… con la candela nel culo…
Aveva usato la parola culo… Quindi stava per accettare.
- Devo ammettere che il tutto mi eccita da morire, – confermai. – Te l’ho detto che lo faccio perché mi piace.
Poi le venne un dubbio e si girò a guardarmi in faccia.
- Le chiavi? – Domandò con un termine volutamente maschile, indicando la camera delle due ragazze.
- Ma scherzi? Sono donne di un mio amico. Lui le chiaverà. Anzi, dopo le inculerà pure.
- Cioè, – aggiunse maliziosa, – a te basta solo sodomizzarle con una candela, spupazzolartele in giro, frustarle, pizzicarle e masturbarle?
- No, alla fine le inculo. Fa parte degli accordi anche con l’amico che me le ha affidate. È per vedere se ho fatto un buon lavoro…
Temetti di averla persa. Ma mi aveva proprio eccitato parlarle così.
- Se cominciamo lunedì, quando potremmo finire?
Fantastico, stava per accettare…!
- Te l’ho detto. Ci vogliono 15 sedute. Almeno dovrebbero bastare. Ma prima ti devo visitare.
- Quando?
- Non adesso, devo finire la performance con le due di là.
L’idea di sapere che le due stavano attendendomi con i ceri nel culo la turbarono e tirò a lungo la chiacchierata per allungare la loro sodomia.
Poi se ne andò, dicendo che mi avrebbe telefonato.

Alla fine si decise. Mi telefonò il sabato per dire che era d’accordo a sottoporsi al trattamento, ma aveva delle condizioni.
- Devo poter sospendere in ogni momento.
- Pienamente d’accordo.
- La frusta l’approvo solo dopo la prima applicazione.
- Altrimenti passiamo ai pizzicotti?
- D’accordo. E comunque senza lasciare segni.
- Bene. Altro?
- Stessa cosa per l’accensione dello stoppino. Se non mi va la cera bollente, non lo fai più
- OK.
- Se non bastano due settimane, puoi farne una in più?
- Certo, mi basta saperlo, così mi gestisco con le altre... pazienti.
- Bene. A lunedì alle 19 allora.
- Aspetta, ho anch’io una condizione.
- Tu hai una condizione?
- Sì, - dissi. – L’ora che passi da me la fai in piena sudditanza. Io sono il padrone e tu la schiava. La volta dopo puoi non tornare più, ma l’ora la voglio passare in piena disponibilità, fatte salve le tue prescrizioni. Lo faccio per divertirmi e mi diverte questo tipo di approccio.
Ci pensò
- Non sei un po’ troppo esigente? – Disse poi.
- Sono l’unico che dà risultati in breve tempo senza mettere a rischio l’incolumità della gente.
Ci pensò ancora un attimo, domandandosi se non fosse il caso di mandarmi al diavolo.
- Sei un maiale, un lurido approfittatore. - Rispose alla fine. – Comunque d’accordo. Ci vediamo lunedì alle 19.


2.

Francamente non mi aspettavo che venisse davvero, ma puntualmente suonò alle 19 del lunedì. Andai al citofono e le aprii il portone, quindi salì da me.
Entrò senza salutarmi, come se ce l’avesse con me per quello che stavo per farle.
- Vieni, apro una scheda. Anonima, ovviamente.
Andai alla scrivania e lei si mise davanti in attesa di disposizioni.
- Scusami, - le dissi poi, con uno dei miei sprazzi di ingegno. - Potresti toglierti la gonna, quando stai davanti a me? Poi ti giri di schiena. Faccio presto.
Ovviamente volevo gustarmi questo antipasto erotico, ma era anche un modo per vedere se era disponibile ubbidire su tutto quello concordato. Impiegò un po’, ma poi si girò di schiena e sfilò la gonna. Brava, era determinata. Le lanciai un’occhiata, teneva strette ma non era niente male.
- Ecco, finito. - Dissi alzandomi. – Vieni in camera da letto. Lei si alzò cercando di starmi dietro per non farsi vedere in mutandine. Una normale reazione di femminilità, anche se in quel frangente poteva sembrare ridicola.
Alzai leggermente la musica di sottofondo e abbassai le luci per metterla a suo agio. Le sarebbe passato ogni pudore, ma non subito. Era meglio entrare nei ruoli con calma.
- Ti spogli del tutto, per favore? – Le chiesi con cortesia. Poi finsi di cercare qualcosa in modo che non si sentisse osservata mentre faceva lo strip.
Lei lentamente iniziò a denudarsi. Le gettai un’occhiata e alla fine le dissi di mettersi a quattro zampe sopra i tre cuscini che le avevo preparato.
- Senti, - le dissi amichevolmente. – La prima volta ti sembrerà impossibile, inverecondo. Ma già la prossima volta sarà tutto normale. Adesso ti devo visitare. Lo fanno anche i medici prima di inserire dita, rettoscopi o altro. E’ per vedere se hai emorroidi, ragadi o altro. Insomma, ti devo mettere un dito nel culo. Mettiti comoda.
Appoggiò la pancia sui morbidi cuscini e allargò le gambe con una delicatezza che apprezzai. Mi chinai, le misi le mani sulle natiche e la guardai con grande attenzione e sommo piacere. Il culo era perfetto, rotondo quanto basta, sodo e con una pelle ambrata. La fessura del culo elegante e leggermente più scura. Il buco del culo sembrava un puntino appena visibile. Lo sarebbe stato anche alla fine del trattamento, ma solo se lavoravo bene. Sotto l’ano, la figa. Epilata completamente, aveva lasciato una righina di pelo verticale sul davanti. Era pregna e, vista così, sembrava proprio un fico maturo. Una fica insomma. Le grandi labbra si mossero leggermente, come si fossero accorte che le stavo guardando. Di certo lei senti il mio sguardo e la mia eccitazione. Ma la prima volta con una donna è sempre importante.
Le accarezzai le natiche scendendo, facendo poi pressione con i pollici agli inguini. Quindi scivolai con le dita nella fessura del culo e infine diedi un colpetto con la nocca del medio sull’ano, come si fa per sentire se una botte è vuota o piena. Quindi infilai un guanto in modo che lei sentisse il rumore (io preferisco le mani nude, ma sicuramente per lei era simbolo di igiene), spruzzai sulle dita un lubrificante apposito e portai la mano alla natica sinistra per tenerla ferma, mentre appoggiavo il medio al buco del culo.
- Stai tranquilla che non sentirai niente, - le dissi piano.
Spinsi un po’ il dito in attesa che lo sfintere si rilassasse. Quando lo sentii attorno al polpastrello, lo spinsi dentro piano ma fino in fondo. Immaginai con piacere la sua sensazione, ma mi godetti anche la presa anulare del suo ano attorno al dito. Dentro c’era il vuoto. Nessuna imperfezione. Fantastica. Era sana e pronta per la performance.
- Sei perfettamente a posto, - le dissi in un’orecchia, sfilando piano il dito. – E sei molto ben fatta. Adesso prendo un cono e verifico lo stato della presa.
Non so se capì, ma presi un attrezzo da giardino che avevo scelto accuratamente per questo uso. In giardinaggio serve per fare dei piccoli buchi in terra e mettere a dimora le piantine. Era di plastica e per perfettamente liscio. L’avevo pulito e disinfettato più volte anche se era nuovo. Lubrificai anche quello e poggiai la punta del cono all’ano e nuovamente attesi che si abituasse della presenza. Quando si rilassò, lo spinsi dentro con forza. Quando si lamentò, feci un segnetto con un lampostil. Quindi lo sfilai.
- Non è niente, - le spiegai. - Adesso abbiamo una misura di partenza. Vedremo i progressi di volta in volta. La candela col diametro giusto, adesso è di due centimetri.
Non commentò. Presi una candela nuova da 2 cm, la scartai dalla velina, tagliai lo stoppino, la lubrificai e mi portai al buco del culo.
Mi tenni colla mano sulla natica sinistra godendomi la solidità dei suoi glutei, quindi appoggiai la punta all’ano. Indugiai un po’, quindi spinsi solo la parte conica. Quando l’orifizio si dilatò abbastanza da accoglierla, la spinsi dentro. Se c’è una cosa che mi piace è vedere il buco del culo che si allarga per far entrare un oggetto. Lei non si lamentò e la candela arrivò presto a fine corsa. Diedi qualche colpettino con la nocca sul fondo della candela per sentire il rumore, che era argentino. Ottimo. Era pronta per i giochi del caso. Da dove cominciare?
Cominciai col dare altri piccoli colpetti alla parte rimasta fuori della candela. Sapevo che ogni volta avvertiva una piccola sollecitazione all’intero colon e per esperienza diretta sapevo che cento colpetti così portavano all’orgasmo anale esplosivo. L’importare era colpire piano, lasciare tempo tra un colpetto e l’altro e poi attendere. Quando le vidi l’ano stringersi attorno alla candela, capii che cominciava a rispondere. Presi il lubrificante spray e lo spruzzai alla base. Poi premetti con il pollice sui vari punti della circonferenza dell’ano per sistemare meglio la presa. Mi tenni per la candela e le passai la mano prima sull’inguine sinistro e poi quello destro. Si stava rilassando, ma quando le presi la vulva in mano, ebbe una reazione spontanea. Strinse il culo quasi fino a strizzare la candela. Ottimo. Si bagnò in breve, al punto che il lubrificante non mi sarebbe servito per il resto della seduta: lo avrei attinto da lì. Pompai in giù e in su la candela, come se volessi riempirmi la mano sulla vulva di secrezioni vaginali.

Quindi le sfilai i cuscini di sotto la pancia e la feci distendere pancia sotto. Le strinsi le gambe e la candela tese a raddrizzarsi. Le portai le mani dietro la schiena e gliele legai con due cinghiette di cuoio. Sono molto comode perché non fanno male e le sciogli in fretta. Poi le misi un collare e la feci alzare.
Non le misi il guinzaglio, ma la tenni con una mano alla candela e una al collare. La portai davanti alla mia scrivania in modo che girasse il culo alla mia poltrona. Poi le diedi due palpate corpose alle tette. Vedendola reagire, la avvisai.
- Se ti lamenti devo imbavagliarti.
Annuì.
Allora presi tre mollette da bucato e le gliele strinsi ai capezzoli e al clitoride. Quindi andai a sedermi alla scrivania per godermi lo spettacolo di lei che si contorceva piano. Le mollette non fanno male, ma se le lasci per un minuto, ti sembra di morire. Passato poco più di un minuto, le tolsi. Presi il frustino e la colpii alle natiche. Gemette un attimo, ma così l’avevo rimessa in sesto, dimenticando le mollette. So che si era domandata se continuare o no.
Ora potevo passare alla prova successiva. Le ripide scalette.

Le liberai le mani da dietro e gliele fissai al collare con le cinghiette sul davanti. Salire le scale poteva essere pericoloso con le mani dietro e con una candela nel culo era decisamente da evitare. Così invece poteva aiutarsi con le mani, anche se doveva farei conti con il collo.
La portai alla scala.
- Forza, - le dissi. – Fai con calma ma Sali le scalette.
Lei sapeva che per me sarebbe stata una scena di un erotismo unico e per questo esitò un po’. Ma quando sentì il frustino poggiare alla base delle natiche, si fece forza e salì uno scalino alla volta. Io rimasi dietro a guardare i glutei che mentre saliva spostavano la candela a destra e a sinistra, spostando con sé la vulva. Avevo un’erezione fantastica e pensai che fosse un delitto non poter fare sesso con lei. Ma io non ho mai tradito le promesse.
L’ultimo scalino per lei fu molto faticoso perché non sapeva dove tenersi, viceversa, per me era fantastico guardarla e la candela faceva il suo fantastico lavoro.
Quando arrivò in cima sembrava pronta per la monta. Beato il suo fidanzato…
La lasciai riposare un po’, accarezzandole le natiche e la fessura per farla rilassare. Ma sapevo che già adesso la presa dell’ano sulla candela si era affievolita.
Scendere fu più difficoltoso, per cui decisi di non infierire altro. Mi limitai a portarla in camera da letto e a farle le ultime operazioni della prima seduta.
Le legai nuovamente le mani dietro la schiena e diedi dei pizzicotti violenti che la fecero gemere, provocandole ottime reazioni all’ano. Poi la masturbai con esperienza e dedizione. Presi la candela e, come avevo fatto all’inizio, cominciai a pompare come se volessi riempirmi la mano di secrezioni vaginali. Coordinando i movimenti delle due meni, venne nel giro di pochi minuti. Ma il suo orgasmo durò molto più a lungo. Guardai la candela che segnava i suoi riflessi orgasmici scattando in su come un pene in polluzione. Quando si placò, misi una mano sulla natica sinistra e sfilai con delicatezza la candela. Ebbe altri affetti da orgasmo, sbattendo il bacino involontariamente.
Buttai via la candela e la liberai. La sessione era finita. Tornai alla mia scrivania, dove finsi di scrivere il rapporto della seduta.
Poi venne da me, vestita. Fece fatica a guardarmi, ma poi mi alzai e la misi a suo agio.
- Va tutto bene, - le dissi sorridendo. – Sei stata brava per essere la prima volta. Riusciremo a ottenere grandi risultati in breve tempo.


3.

Due sere dopo mi stavo domandando se l’avrei più rivista, quando suonò alla porta. La feci entrare e la feci accomodare davanti a me. Presi la sua scheda e le feci cenno. Capì e si sfilò la gonna.
-Girati di culo, per favore.
Ubbidì.
- Puoi tenere le mani sopra la testa?
Lo fece. In quella maniera il culo si alzava un po’ come piace a me. E poi volevo che entrasse nel ruolo della donna sottomessa e ubbidiente.
- Dunque, ti ho lasciato a due centimetri. – Dissi come se avessi avuto bisogno di leggerlo sulla scheda. – Oggi sarai sicuramente di più, ma userò lo stesso la candela da due- Preferisco non forzare. La prossima volta ti misuro di nuovo e aggiorno il diametro. Vieni di là?
Tenne le mani sulla testa, si portò di là e si mise sul letto dove avevo preparato i cuscini per metterla comoda in posizione. Le guardai il buco del culo tenendo le mani sulle natiche e i pollici sulle piegoline che stanno alla base del culo. Provai un grande senso di piacere erotico soft. Presi una candela da 2 cm, la scartai dalla velina e tagliai lo stoppino. Lubrificai solo la punta, in modo che man mano che entrava riduceva l’olio. Avevo paure che la candela uscisse facilmente se era troppo scivolosa, dato che un po’ si era allargato. Ovviamente fece un po’ più di fatica e dovetti aiutarmi con i pollici per facilitare la penetrazione senza che facesse danni. Come sempre, veder entrare la candela mi dava una carica di gioia malvagia quanto naturale.
Anche stavolta diedi alcune decine di colpetti leggeri sul fondo della candela per stimolare tutta la parte eroticamente più sensibile del retto e del colon. Sapeva che la cosa le generava piacere e si predispose a goderne, più che a temermi. La stavo masturbando analmente.
Poi però le legai le mani dietro la schiena, la pizzicai un bel po’ d volte e infine la costrinsi ad alzarsi. Era già eccitata fradicia e si lasciò condurre per seguire il percorso della volta precedente. Quello che le piaceva di più era sapere che la guardavo mentre saliva sulla scaletta ripida. Sapeva che vedevo la candela andare di qua e di là, mentre la figa perdeva un sottile filo di fluido vaginale. Sapeva anche che alla fine l’avrei soddisfatta masturbandola e sopito i desideri.
La seconda seduta, dunque, andò bene perché avevo ottenuto la sua collaborazione.

La terza dovetti misurare di nuovo le sue capacità e questo lei lo gradì poco
- Forza, non dura molto, – le dissi. – Ed è importante conoscere l’andamento.
Lo sapeva e non me lo impedì. Inserii il cono di plastica e segnai una nuova tacca. Poi gliela mostrai.
- Vedi? – Dissi. – Posso già passare ai tre centimetri,
- Lì c’è scritto 2 e mezzo…
- Sì, ma significa che posso inserirti quella da tre centimetri.
Non aggiunse altro e si lasciò andare così sui cuscini mettendomi a disposizione le parti più intime e belle di lei. Scartai una candela da tre centimetri, tagliai lo stoppino e lubrificai la punta conica come sempre. Poi mi portai a lei e, dopo aver guardato con sommo piacere il suo buco del culo praticamente invisibile, mi divertii ad allargarlo per la dimensione del cono. Fin lì scivolò dentro senza problemi. Attesi il necessario e poi spinsi dentro la candela da tre centimetri. Feci fatica, anche perché come riflesso condizionato lei stringeva le natiche come per impedirne l’accesso. Ovviamente il resto della candela scivolò dentro con piacevole precisione. Quando si fermò a fine corsa, lei ebbe un piccolo sussulto di piacere, e la sua stessa vulva si mosse e si inumidì, tradendo il piacere che voleva impedirmi di riconoscere.
Diedi i soliti colpetti alla base della candela e mi gustai i suoi sussulti. Secondo me, poteva anche venire, ma aspettai. Preferii fare le solite cose, per obbligare il suo sfintere ad affaticarsi attorno alla candela. Le presi in mano la figa e lei di riflesso strinse la candela. Le pizzicai le natiche e più volte strinse la candela con l’ano. Le diedi due sculacciate che però ottennero il suo rilassamento… Presi nota del particolare e proseguii.
Le legai le mani dietro e la portai in giro per l’appartamento. Il ruolo della schiava piaceva a me, ma non credo che piacesse a lei. Poteva sempre interrompere,ma non sarei più andato avanti. Quando la feci salire sulla scaletta, con le mani legate al collo, lei si sentiva follemente desiderata da me. Ma ne restava lusingata perché la sua sofferenza era giustificata dal piacere che mi ingenerava. Insomma, era dotata di una grande femminilità.
Quando arrivò in cima alla scaletta, ma non del tutto sopra, era a 90 gradi e la fermai così. Presi un’assicella di balsa, il legno leggerissimo per aeromodelli, e le colpii natiche e candela. Lei gemette di terrore e mi pregò di smettere.
- Vuoi sospendere tutto? – Lechiesi.
- No, solo questo…!
- Non è pericoloso.
- Mi terrorizza.
- Scegli. O accetti o te ne vai.
- Rimango, ma smettila. Se vuoi te lo prendo in bocca…!
- Sono incorruttibile, - risposi. – Ma mi hai convinto e non ti colpisco più. E non ti caccio via - Va bene così?
Non disse nulla.
La feci scendere e salire alcune volte. Poi la portai a letto e la masturbai pompandola con la candela. Mi venne nella mano, le sfilai la candela, la slegai e la lasciai ricomporsi per andar via.
- Posso tornare dopodomani? – Mi domandò.
- Certo,te l’ho detto. Però sappi che userò la candela da tre e mezzo e le mollette per un sacco di tempo.
- Anche la frusta, se vuoi, ma non lassù…!
- No, la frusta la conservo per la penultima seduta, sarà la seconda volta che indosserai la candela finale da quattro centimetri.
Se ne andò.

4.

Tornò regolarmente e subì le mollette a lungo, contorcendosi come un serpente davanti all’incantatore. Ogni volta una scena stupenda. Tanto bella che poi la costrinsi sempre a sedersi con la candela nel culo (sempre la numero 3,5) e, oltre alle tre mollette ne inventai una quarta. Le chiusi il naso, così per respirare aprì la bocca. Allora le presi la lingua con una molletta e la lasciai lì. Si agitò come una forsennata, sibilando un po’, ma facendo il gioco della candela in culo.
Ottimo.

Il primo giorno della candela da quattro centimetri fu storica. Lei era terrorizzata, sia dall’idea di venire sodomizzata con un affare così grosso, sia dall’idea di non riuscire a riceverla. Il suo futuro marito non aveva di sicuro un cazzo da 4 centimetri di diametro, pensai, ma per riceverlo aveva comunque bisogno di accettare quella da quattro. Ci mettemmo al lavoro.
Niente misure preliminari e niente mani legate dietro. Lei adesso era collaborativa e dovevamo solo riuscire alla bisogna senza lacerarla. Le avevo unto il buco del culo con una crema capace di ammorbidire l’ano. Poi le avrei lasciato il tubetto insieme a una crema contro le emorroidi.
E infatti funzionò, ma dovetti lo stesso prestare la massima attenzione. Il buco del culo accettò bene la prima parte del cono, ma per farlo entrare tutto dovetti impegnarmi. Non era questione di forza, ma di abilità per non lacerarle il tessuto.
Bastava attendere, e difatti dopo un po’ riuscii a spingerla fino alla fine della punta conica. Una volta passato il punto critico, tutto fu più semplice. La stupenda visione del cero che scivolava dentro il culo rinnovava il mio senso malvagio per la sodomizzazione artificiale.
Anche lei godette, o quantomeno gemette dalla sensazione che provava.
Presi l’olio lubrificante e unsi bene l’ano, in modo che non corresse rischi di lacerarsi. Ormai non doveva esserci più pericolo, la ma prudenza non guasta mai. I pronto soccorsi sono pieni di persone che facendo sesso hanno fatto cazzate.
-Non ti lego le mani, - dissi, - ma ti devo dare due frustate.
Girò leggermente la testa come per chiedere perché e le spiegai che due frustate le avrebbero fatto contenere il cero con maggiore naturalezza.
Annuì.
Presi il frustino e le sferrai un primo fendente sul culo, sulla parte che stava sotto la candela. Alle donne il cero entra quasi perpendicolare, mentre all’uomo quasi orizzontale per via della prostata. Per questo la colpii lì. Sobbalzò cacciando un urlo soffocato, ma si trattenne ferma. Poi gliene diedi subito un altro che la fece urlare Basta!
- Ho finito. Calma.
Adesso che aveva sentito il dolore vero, le sembrava secondario avere un ingombro del genere nel culo. La feci alzare e le legai la mani al collo in modo che non si massaggiasse dove l’avevo colpita. Le misi collare e guinzaglio e la portai a spasso per l’appartamento, in modo che modellasse il cero. Era bello vederla camminare con il cero che andava di qua e di là, ma non la vedevo Allora la feci salire sulla scaletta. Una visione stupenda e la sensazione che provò fu quella di gioire per me che la guardavo. Era bellissimo che si sentisse profanata con gli occhi più che con il cero, e soprattutto che il mio piacere la turbasse. E’ il vero rapporto di dominazione tra Padrone e schiava. Non so se prima lo avesse mai provato, ma adesso sapeva che la sua umiliazione e il suo disagio erano fonte della mia eccitazione. E quindi della sua: se fai eccitare un uomo, quell’uomo è tuo.
Per ringraziarla, la masturbai con cura alla fine mentre la pompavo con il cero. Sembrava che volessi riempirmi la mano del suo fluido vaginale. Anche il fatto che venisse, quasi contro la sua volontà, la faceva sentire un oggetto di mia proprietà. Mi domandai con una vergognosa presunzione se suo marito sarebbe mai riuscito a farle provare la stessa inebriante sensazione.


6.

La penultima seduta fu pesante, quanto divertente. Le spiegai tutto e lei mi autorizzò a usare il frustino. Glielo feci tenere con la bocca, come si usa nel sadomaso.
La sistemai quattro zampe sui cuscini in modo che potessi lavorare in tutta comodità. Poi presi quello che mi ero procurato in un sex shop, l’unico oggetto fatto con del materiale simile alla cera. Lo disinfettai, lo asciugai con della carta e lo lubrificai con il mio nebulizzatore. Quindi mi portai al suo buco del culo.
Il giocattolo consisteva in una collana flessibile a sfere crescenti, lunga una ventina di centimetri, con un terminale tutto particolare: una specie di coda di cane barboncino. Impiegai un bel po’ a sodomizzarla con quel giocattolo, ma alla fine fu un capolavoro. Aveva un codino che sembrava vero e nel contempo aveva una buona dilatazione anale. Notai con piacere che il mio lavoro fatto fin lì era servito.
Era una cagna. Le infilai ginocchiere e gomitiere, poi le legai le mani al collare in modo che, camminando a quattro zampe, poggiando su ginocchia e gomiti, avesse sempre il culo in su. Le misi un corto guinzaglio e la portai a spasso così. Di tanto in tanto qualche bella staffilata per farla obbedire. Le avevo ordinato di leccarmi i piedi ogni volta che mi fermavo, ma non lo faceva subito e quindi dovevo continuare a colpirla.
La feci sedere sui talloni in modo che stesse eretta come un cagnolino che ti fa le feste e, ovviamente, la sdraiai sulle mie ginocchia sul divano. In quella posizione alternai carezze a sculacciate. Lei, sempre comportandosi da cagnolina, portò più volte il muso al mio uccello. Ma io rimasi vestito. Non era nei patti e se lo avesse voluto avrebbe dovuto chiedermelo a freddo prima. Un delitto, perché il ruolo del cane è proprio quello di leccare.
Poi salì sulla scaletta di sua iniziativa, accertandosi solo che io la guardassi. Quando arrivò in cima, si fermò a 90 gradi e attese che le dessi dei colpetti con l’asse di balsa. La sua sottomissione finale mi faceva impazzire.
Tornata giù, si andò a sedere davanti alla scrivania affinché le mettessi le mollette. Prima le presi in mano la vulva, facendola sobbalzare, poi le applicai le mollette al clitoride, alle grandi labbra e ai capezzoli. Quindi buttò fuori la lingua e gliene applicai una anche lì. Si contorse per qualche minuto, a tutto favore della modellazione dell’ano, poi gliele tolsi.
Quindi la portai sul letto e le sfilai l’ingombro facendo molta attenzione.
Era finita. Mancava solo la prova finale, ma non era detto che venisse a farselo mettere nel culo per collaudarlo.

E invece venne, spiegandomi che aveva bisogno di una prova. Una sorta di garanzia sul lavoro svolto, in quanto era stato pagato dal piacere personale che mi aveva generato in queste due settimane di terapia.
E, questa era una novità, accettò di farsi vedere anche lei da una o più potenziali pazienti che avevano bisogno di un allargamento ragionato del buco del culo.

La portai sul letto, la misi nella solita posizione con i cuscini sotto la pancia, solo che stavolta le legai i polsi alle caviglie, così restava più esposta allo sguardo delle due donne in visita. Le inserii il cero da quattro centimetri con la dovuta accortezza, in modo da non rovinare tutto, ma presi atto con soddisfazione che lei era diventata recettiva. Il tutto comunque sta nella volontà di accettare di essere sodomizzati: se sei d’accordo, il piacere è totale, se non lo vuoi puoi subire un trauma anale da pronto soccorso.
Ovviamente le misi la cuffia, peraltro senza la musica, e il cappuccio solo quando suonarono alla porta.
Accolsi le ospiti, scambiai due chiacchiere di circostanza e le portai di là a vedere la paziente con il cero dell’ultima seduta, quello da 4 centimetri. Entrarono con visibile tensione e circospezione, come se temessero qualcosa. Magari di essere riconosciute, o di riconoscere la sottoposta. Ma, alla vista della donna in quella posizione con il grosso cero sporgente, spalancarono la bocca estasiate. Sembrava che si fossero eccitate.
- Potete esprimervi, - dissi. – Non vi vede e non vi sente. Ha una cuffia con la musica.
- Sono senza parole… Disse una.
- Fantastico… - Disse l’altra.
- Il risultato è assicurato, - precisai. – Questa signora non era in grado di subire un clistere normale, prima del trattamento.
-Ma è proprio vero che devi farci fare tutte quelle… cose che hai detto, per ottenere risultati?
- In parte sì,perché le reazioni che si ripercuotono sull’ano sono fondamentali. E in parte perché mi diverte farle.
- Capisco perfettamente, - osservò una. - Posso toccare la candela?
- Se vuoi, abbassando il cero le fai emettere umori vaginali. E’ come un dispensatore di lubrificante naturale.
Prese il cero e lo spinse verso il basso e mise la mano sulla vulva. Ammise che avevo ragione. Si pulì la mano sulla natica.
- Ma sai che è di un erotismo immenso? – Esclamò l’altra. – E dimmi, la chiavi?
- No, scherzi? Non è la mia donna. Io mi limito a sodomizzarla a fine terapia.
- L’hai già fatto?
- No, lo faccio appena ve ne siete andate,
- Peccato…
- Dai, se venite lunedì, possiamo cominciare con entrambe.
Mi dissero di sì, le accompagnai alla porta e tornai dalla mia paziente.

- Forza - dissi, - che è quasi finita. Adesso ti cavo il cappuccio e la cuffia, poi ti slego. Infine, se me lo consenti, pompo un po’ il cero per lubrificarmi il cazzo e poi ti inculo.
- Non… slegarmi…!
- Piacerebbe anche a me, ma non voglio che si dica che l’ho fatto contro la tua volontà.
Non aggiunse altro. La slegai, ma mi lasciò fare come se fosse stata legata. Presi il cero con una mano e la figa con l’altra. Cominciai a pompare, ovvero ad abbassare e alzare il cero come se fosse una fontana, E in effetti, dato che così facendo mi riempivo la mano di liquido vaginale, era proprio un dispensatore di lubrificante.
Spalmai l’uccello con quel fluido, quindi sfilai con cura il cero e mi disposi a sodomizzarla.
Tolsi i cuscini, perché se mi piace lasciarne uno sotto la pancia quando chiavo da dietro stando in ginocchio, per metterlo nel culo la voglio diritta in modo che sia il peso del mio corpo a farlo scivolare dentro.
Le unii le gambe e mi portai sopra, palesando prima il cazzo tra le natiche in modo da agitare la inculanda, quindi lo appoggiai all’ano. La sentii irrigidirsi.
- Ssst – le sussurrai in un orecchio. – Rilassati. Fai come se fosse una candela più piccola dell’ultima che ti ho messo. Le baciai il collo e pian piano si rilassò . Appoggiai il glande e attesi che entrasse. Accadde in breve e lo spinsi dentro per tutta la punta. Ora potevo sodomizzarla. Mi sollevai per metterlo a 90 gradi e mi lasciai andare dolcemente di peso dentro di lei.
Vi entrai come un coltello caldo nel burro.
Infilai le braccia sotto le sue ascelle per tenermi meglio e cominciai a prenderla per il culo, inarcando la schiena per sodomizzarla meglio. Le tenevo le gambe strette e gemeva tra il tormento e l’estasi. Ogni tanto sbatteva i piedi, ma senza dir suna sola volta basta!.
Mi lasciò scivolare dentro e fuori in tutta comodità, accarezzandomi il cazzo con il suo ano che fungeva da fascia elastica e il retto che fungeva da guaina, da vagina.
Quando venni le riempii il retto di liquido seminale.
Lei lo sentì e capì che era finita. Però continuò a sbattere il bacino come una cagna sia mentre lo sfilavo, che dopo.
Era pronta per l’immediato consumo.


7.

Un mese dopo, era sabato, e avevo invitato a cena da me due amiche mie. Quelle che la mia paziente aveva visto per così dire - in cura, in trattamento.
- Ciao ragazze! – dissi accogliendole all’ingresso. – Ho preparato per voi le fetuccine al burro fuso con il tartufo.
- Bianco? – Chiese una.
- Sì, ovviamente.
- E il pinot nero?
- Certo, dell’Alto Adige.
- Bene allora, questa è la nostra torta, - disse mostrando il dolce di cioccolata. - Mettiamoci a tavola.
Ovviamente erano venute per sapere come era andata e, spolverate le fetuccine, cominciammo a parlare. Vidi che l’argomento eccitava tutti tre.
- Devo ringraziarvi per essere state al gioco, - dissi.
D’altronde, il tartufo l’avevo preparato per ripagarle.
Le due amiche venivano a letto con me da tempo. Entrambe accasate, sapevano l’una dell’altra, ma non erano mai state entrambe insieme con me. Quella volta chiesi a tutte due di accettare di essere sodomizzate da una candela apposta per fare scena alla mia paziente. Temevo che non sarebbe venuta nessuna, e invece si erano presentate entrambe all’appuntamento. Passato l’imbarazzo generale della gaffe, non ebbi alternativa che chiederlo a entrambe.
Devo dire che erano state in gamba ad accettare.
- Cosa ricordate di quella volta che vi ho mostrate? – Domandai, in vena di erotismo verbale.
- Beh, non abbiamo avuto tempo di prepararci mentalmente e forse è andata meglio così. – Disse una.
- Io ho trovato così eccitante esserti servita per intortarti un’altra donna, - disse l’altra, - che ricordo poco.
- Vi era piaciuto?
- Quando mi hai pompato con il cero tenendomi la passera con la mano - disse, - credetti di venire. E di svenire. Poi hai smesso, maiale…
- Se vuoi completo l’applicazione adesso, - sorrisi.
- Direi proprio che sarebbe il caso.
- E tu?
- Io? Due cose. Una è che vorrei pizzicare tua paziente come hai fatto con me quella volta. Credo di riuscire a farla impazzire. E poi, l’idea che tu ci guardi salire le scale con il cero nel culo, è una cosa…
- Sì, anche per me.
Inevitabilmente, dopo la torta, esaudii i loro desideri. Solo alla fine mi fecero venire come un idrante. Bella serata.
- Avremmo altre amiche che hanno bisogno del tuo trattamento, - disse una.
- Ha ha! Qualcuna che vi sta sulle balle?
- No, un’altra come Luisa.
- E chi è Luisa?
- La nostra amica che hai abituato a prenderlo nel culo. Il tuo nome e il tuo numero glielo abbiamo dato noi due.
- Che cosa???
- Sì. Ti abbiamo raccomandato e non ci eravamo sbagliate… Non hai tradito le aspettative, anzi ci hai fatto fare bella figura.
- E’ per questo che avevate accettato di mettervi in mostra… col cero?
- Sì, a patto che non ci riconoscesse, così come lei non ha riconosciuto noi.
- Non ho parole… - Dissi.
- Noi sì. – Disse l’altra alzandosi. – Ne abbiamo cinque in predicato. Hanno bisogno di allargare il canale della filodiffusione.
Tirò fuori una lista.
- Ah, c’è anche una sesta persona, un maschietto…
- Non le conosci, ma sono belle e ti piaceranno. E’ bello anche il ragazzo…
- Non ho nessuna intenzione di prendere in cura un maschietto.
- Noi sì. Se vuoi le nostre amiche devi accettare anche il maschietto.
- Ma, dico, state scherzando? E’ stata la prima volta che provo ad allargare il buco del culo di chicchessia! E vero che amo inserire le candele nel…
- Lo sappiamo, ma è andata bene. La cosa eccita noi così come eccita te…
- Ma come potete eccitarvi voi se sono io a prenderle in cura?
- Ci hanno chiesto di essere presenti almeno la prima seduta…
- Spiegatevi.
- Ci sono delle cose da uomini e cose da donna. A visitarla col dito e a inserirle la candela, vai bene tu. A prenderle in mano la figa, va bene una donna. A frustarla è meglio che sia una femmina, mentre a darle i pizzicotti è da maschio. A portarla in giro col guinzaglio voglio essere io, mentre lei da dietro la frusta e tu ci la guardi… Viceversa tu le metti le mollette e noi la guardiamo contorcersi. Mentre sale le scalette la guardiamo tutti, così come saremo tutti a pomparla per spremerle i liquidi vaginali…
- Ehi, come fate a sapere tutto quello che ho fatto a… come si chiama, Luisa?
- Ce lo ha raccontato lei ogni volta, ignara che fossimo in accordo con te.
Sospirai.
- Non vi sapevo così sadomaso…
- Non lo sapevamo neanche noi, ma questa storia ci ha stimolato certe pieghe…-
Squillò il cellulare.
- Ciao.
Era la mia paziente Luisa. – Mi alzai dal letto.
- Ciaooo! Come è andato il viaggio di nozze?
- Bene, - rispose, con voce incerta.
- Ma?
- Ma… non mi ha sodomizzato.
- Cosa? E perché?
- Dice che vuole... "rispettarmi"!
Singhiozzò.
- Mi spiace… Cosa posso fare per te?
- Mi prenderesti per qualche altra lezione extra? Sai, tanto per non perdere quello che ho imparato e…


FINE
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