Gay & Bisex
La pineta magrebina 1
di chupar
28.08.2023 |
16.826 |
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"Un altro dei venditori si avvicinò e mi mostrò la mercanzia che custodiva nella borsa..."
Uscii dal lido, andando verso l’auto. Non sopportavo il frastuono delle comitive, dei ragazzini e delle radio, così come il chiacchiericcio continuo di Francesca e della sua amica che ci aveva invitati a trascorrere qualche giorno di vacanza da lei in camper. Eravamo stati qualche giorno in un comodo residence ma era giunta l’ora di proseguire il giro di ricognizione in quel campeggio. Ero lì da sei giorni e con Francesca non avevo ancora battuto chiodo. In slip e t-shirt bianca, salutai il parcheggiatore, esprimendogli il mio timore per le condizioni dell'auto. Stavo a parlare con quel fusto muscoloso e abbronzato nel suo costume attillato e, intanto, gli guardavo il pacco. Quel tipaccio cominciò a fissarmi a sua volta, scostando gli occhiali da sole. Non era male. Sui quarantacinque, con tanto di pesante collana sui peli irsuti, canotta e tatuaggio. Era piuttosto alto, con un bel fisico da manovale. Se ne stava in bella mostra con l'uccello a destra che premeva sul bacino peloso. Mi disse che era napoletano, che conosceva tutti e mi rassicurò, consigliandomi, comunque, di aprire un po' i finestrini.
Feci un po’ di metri, indirizzandomi verso la pineta che ombreggiava le auto. Tre magrebini, per ripararsi dalla calura, avevano poggiato la loro mercanzia all’ombra. Erano a torso nudo con addosso solo dei larghi pantaloni estivi. La cosa mi intrigò, ma li vidi parlottare tra loro, incuranti. Conclusi che erano attratti solo da ragazze e che di signore disponibili chissà quante ce n’erano lì. Dopo aver controllato l'auto, presi dal cofano uno zainetto. Per cospargermi al meglio, cominciai a togliermi la maglietta. Non convinto, mi tirai un po' giù il costume, donando la visuale di parte delle mie chiappe nude. I ragazzi rimasero per un attimo sbalorditi, mentre i loro occhi si muovevano lungo il mio corpo lucido di crema solare. Anche se non proprio spudoratamente, ricambiai i loro sguardi. Uno dei tre mi si accostò con una borsa sportiva a tracollo: “Buongiorno, sono Hicham... Tu vuoi qualcosa da me?”
Fui inebriato dall’odore della sua pelle e ipnotizzato dai larghi pantaloni chiari che, nonostante fosse a riposo, erano sospinti da un bel cazzo penzolante: “No, grazie."
- "Non vuoi vedere cosa offro?" – mi chiese con insistenza, dilatando le gambe e lasciando l'uccello penzolare nel largo pantalone.
Mi sentii congelare - "Grazie, ma non mi serve nulla!" - non riuscendo però a distogliere lo sguardo dalla leggerezza del tessuto che, in controluce, metteva in risalto l’uccellone.
Un altro dei venditori si avvicinò e mi mostrò la mercanzia che custodiva nella borsa. Intanto, disse qualcosa agli altri nella sua lingua. Preso da ben altri pensieri, chiesi: "Avete delle cose tipiche?”
Rispose; "Tutto quello che tu vuoi, sharmoota".
Chiesi cosa volesse dire la parola che mi aveva destinato e mi disse che si trattava di una forma di saluto, di rispetto. Finsi di crederci. Quindi, sparse per terra un telo etnico. Credevo volesse invitarmi a valutare qualità dei prodotti, invece si guardò attorno per verificare che non ci fosse il parcheggiatore. Disinvolto, si mise a posto il pacco: “Ti piace?”
Con fare malizioso gli dissi che mi chiedevo solo come ce l'avesse, se era grosso e duro come si raccontava dei cazzi afro. Lui mi rassicurò: "Ventisette anni, 23 centimetri e molto grosso!"
Da finto ingenuo lo stuzzicai, dicendogli che non sembrava che ce l'avesse così grosso come asseriva. Mi piegai sulle ginocchia. Alzai lo sguardo, poggiai la testa sulla portella infuocata della mia auto. Sospirai e girai gli occhi, scrutando quell'abbondanza. Prima si guardarono tra loro e poi il più ardito tirò fuori il cazzone. Lo spettacolo mi lasciò senza fiato e lui si accostò alla mia bocca aperta. Lo presi in mano, ma ne rimaneva fuori metà, tanto era lungo. Lo scappellai, sentendo le vene sporgenti al tatto. Immaginai fossero un'ulteriore garanzia di godimento una volta dentro di me. Mentre succhiavo il primo notai che gli altri si avvicinavano sempre di più. Aumentai la velocità con la bocca e con una mano mi spostai il costume e mi misi un dito dentro la figa anale. Lentamente feci scivolare la saliva dalla bocca sul petto mentre i venditori si godevano la scena e si masturbavano. Ormai quei tre magrebini dall'odore selvatico aspettavano solo i miei servizietti. Il primo dei tre si masturbava la grande nerchia e dalle labbra sbavava, impaziente di godersi quell’esperienza.
Un secondo ragazzo mi si avvicinò al volto e lo puntò verso la mia bocca, per farmelo ingoiare. La spalancai e glielo strinsi tra le labbra. Iniziai a muovere il mio capo avanti e indietro, mentre con la lingua giocavo a solleticare il buchino il cima alla cappella. Il più giovane venne a masturbarsi vicino alla mia faccia. Anche il suo cazzo cominciò a prendere consistenza e, in breve, mi ritrovai alle prese con tre minchioni in erezione.
Il più dotato era il più giovane il cui cazzo, a mano a mano che si masturbava, guadagnava uno spessore incredibile. Gli sfiorai i testicoli e passai il palmo sull’asta nodosa, percorrendola fino alla capocchia gonfia, quando una mano mi afferrò per i capelli, strattonandoli forte e avvicinandomi a quel pene circonciso: "Sakkir. Masa qadibih."
Faceva caldo ed era sudato, in più facevo fatica a tenerlo fra le labbra, date le dimensioni. Un altro gli diede il cambio, poi un altro, poi di nuovo il primo. Con le mani masturbavo quelli che non aveva in bocca.
Mi guardavano sbocchinare il cazzo di turno e si scambiavano commenti nella loro lingua, mentre le mie mani erano incollate alle chiappe del fortunato. Le stringevo forte, forzando il bacino a muoversi avanti e indietro per rendere ancora più avido il mio pompino, dimostrando che ero davvero una troia affamata. Sentivo la loro pelle di seta scorrermi fra le labbra e sulla lingua, che li accarezzava ogni volta che affondavano nella mia gola. Ritmicamente succhiavo, accompagnando il movimento a stantuffo. Ogni tanto interrompevo l’andirivieni nella mia gola, afferrandolo con una mano e strofinandomelo voluttuosamente sulle guance, baciandolo e slinguandolo con foga, strofinandomi il viso sull'uccello per poi riprenderlo ancora in bocca, ricominciando un accanito su e giù con la testa. Tutti, a turno, mi sputarono in bocca o salivarono sul cazzo del complice per farlo scivolare meglio, per far diventare le mie labbra una figa aperta e bagnata.
Improvvisamente sentimmo rumori. Spaventati, ci spostammo in pineta con inutile cautela, visto che i tre cazzoni premevano e ballonzolavano duri nei larghi pantaloni chiari.
Una forte sculacciata mi fece piegare su un tronco. Qualcuno mi tirò giù il costume e sputò sul buchetto. Mi voltai chiedendo di finire tutto di bocca, che non era il caso di andare oltre, ma il più maturo dei tre mi stava già dilatando le chiappe dicendomi: "Kawal". Sicuramente non era un complimento, ma non ci pensai più quando mi penetrò con due dita. Lasciai fare, fingendo di lamentarmi quando in realtà stavo impazzendo di piacere. Il tipo fece cadere un po’ di saliva sulla cappella. Cercai di afferrarlo per indirizzarlo. "Fai piano!", chiesi anche se non aveva senso protestare. Sentii che mi sputava ancora sul buco e poi che spingeva con forza.
Sentii la pressione della cappella sulle crespe della mia passera anale. Mi impalò lentamente, fino quasi a sentire le sue palle sbattere contro le mie chiappe. Fu una sensazione paradisiaca quando mi entrò completamente in corpo. Mi sentivo strapieno di lui, mi sembrava di non potermi muovere. Avevo il fiato corto e l'uomo si fermò per farmi abituare al suo cazzo. Poi, assestatosi, iniziò a stantuffarmi e in poco tempo la mia vagina maschile si adattò alle sue dimensioni.
Mi sentivo fuori di testa. A malapena riuscivo a reggere al ritmo delle pompate cadenzate di quella cavalcata. I miei gemiti uscivano smorzati, perché la giostra di peni nella mia bocca non si era fermata.
Il ventisettenne si sfilò e nel mio culo subentrò il secondo, il più maturo dei tre. Le spinte divennero più poderose. Sobbalzavo in avanti ogni volta, e ogni volta era migliore. Mi sentivo violentato, ma a mio completo agio. Mi piaceva quel trattamento selvaggio e maschio. Quel nuovo cazzo mi stava riempiendo di calore, mentre si incuneava profondamente dentro di me, per poi essere estratto quasi del tutto.
Arrivò il turno del ragazzo che si sistemò, stringendomi con le sue manone. Mi mancò il fiato quando me lo mise. Si fermò, per cominciare subito a pompare, senza dire una parola. Affondò la testa nell’incavo della mia spalla. Lo sentivo ansimare al ritmo della scopata. Spingeva come se volesse sventrarmi, sentivo il suo osso pelvico sbattere prepotente contro il mio sfintere. Mi stringeva le tette che non avevo, standomi sopra con tutto il peso.
Inarcai la schiena e mi aprii il più possibile per permettergli di spingere profondamente. Le bordate che mi infliggeva erano così energiche che iniziai ad oscillare paurosamente. Il ragazzino dimostrava un’inusuale resistenza all’orgasmo, nonostante glielo stringessi con tutta la forza dei miei muscoli anali. Appoggiai gli avambracci e mi aggrappai al tronco, per contrastare gli affondi incessanti mentre lui mi diceva - "Ibin Sharmootah".
Il cazzone del giovane aveva raggiunto il massimo turgore. Si sedette sul terreno ordinandomi di sedermi sul suo palo nodoso. Attratto da quell’obelisco, mi misi a cavalcioni sul suo ventre, puntando la cappella all’entrata della figa anale. Continuai costantemente ad abbassarmi su di lui, facendolo entrare quasi tutto. Mi alzai ed abbassai un paio di volte e il ragazzo cominciò a mugolare ed io non feci di meno.
Capii che la cosa si faceva difficile quando sentii che un altro con la sua cappella si stava appoggiando fra il cazzo del ragazzo e il mio culo. Era rimasto lì un po’, credevo che si sarebbe accontentato dello sfregamento e che avrebbe finito per menarselo e regalarmi una sborrata sulla schiena. Invece, esperto, era entrato un po’ di fianco, tra il cazzo del complice e una delle mie chiappe. Stavo per urlare, ma il terzo, l'unico libero, mi tappò la bocca.
Mi scoparono così per qualche minuto, poi l'ultimo arrivato mi scoppiò dentro, mordendomi il collo. Il suo cazzo si ammosciò e venne sputato fuori, ma non cambiammo posizione. Il terzo mi si accostò. Si mise lateralmente a me, dicendomi: "Masun qudaybi alkabira!" Ricominciai a spompinarlo. Mi faceva male la mandibola, ma non se ne curava, facendomi arrivare l'uccello scuro fino in gola. Si scostò e cominciò a masturbarsi forsennatamente. Avevo la bocca aperta a pochi centimetri dalla punta del suo pene. Lo guardai in viso e lui me. Sapeva che aspettavo la sborra. La sua mano andava sempre più veloce, mentre si stringeva il cazzo. Il primo getto caldo mi colpì con violenza, mi accecò e fui costretto a chiudere gli occhi. Ne sentii altri. Aprii la bocca perché non potevo resistere. Uno schizzo mi finì direttamente in gola, mentre quello poggiava il cazzo direttamente sulla mia lingua. Lo succhiai e ingoiai ripetutamente e finalmente sentii che cominciava piano piano a rimpicciolirsi. Lo scappellai con la mano e lo leccai intorno alla base del glande.
Avevo la bocca impastata di sperma. Mi leccai le labbra. Fuori ne avevo altra che mi colava sulle guance e dal naso. La leccai fin dove arrivavo. Gli sorrisi per fargli vedere che quella che potevo l’avevo ingoiata.
Il ragazzino, rimasto sotto, mi pastrugnava le tette, succhiandomi i capezzoli come se fossi stata una donna. Ad un tratto mi attirò a sé, stringendomi il petto contro il suo e lasciando scivolare fuori il suo cazzone. Mi divaricò le natiche per far ammirare agli altri la mia voragine anale. Quello che aveva già goduto, si mise in ginocchio dietro di me e vide la sua sborrata colare tra le mie chiappe, tra sghignazzi e parolacce. Il donatore raccolse la sborra fuoriuscita e, con la capocchia del ragazzo, la infilò di nuovo in me.
Il ragazzo riprese a muoversi con un bel ritmo. Gli accarezzai la pancia e le gambe e lo fece anche lui. La sensazione fu eccessiva da reggere. Infatti sborrai sul suo torace, miagolando come una troietta. Ebbi un orgasmo lungo, quasi doloroso. Il ragazzino sembrò esaltato da questa cosa, forse era la prima volta che vedeva uno godere di culo.
Quel languore mi prese il cervello ed ebbi voglia di baciare il ragazzino. Mi feci coraggio e mi accostai. Lo stronzetto, però, diede un'occhiata ai complici e mi evitò. Poi, fingendosi incazzato, me lo infilò fino ai coglioni una, due, tre volte. L'ultima mi disse - "'Ant eahiratan liltalqih..." - mentre mi allagava l'intestino.
Ci staccammo, stravolti. L’uomo che per primo mi aveva sedotto mi chiese dei soldi per il servizio. Non cedetti. Incazzati, mi lasciarono nudo, coperto di sperma, sudato e con i vestiti gettati nella polvere. Avevo le labbra livide e mi faceva male il buco, camminavo tutto storto. Mi ripulii con alcuni fazzolettini di carta, mi sistemai un po’ ed infine, rientrai in spiaggia. Prima di raggiungere la mia ragazza mi tuffai in mare. Pensai che l’acqua avrebbe inumidito e confuso le possibili tracce di eiaculazioni. Tornai all'ombrellone, spiegando che avevo fatto tardi per cercare gli spiccioli da inserire nel parchimetro e che poi mi ero preso un gelato al caffè con un'abbondante dose di panna.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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