Gay & Bisex
Allenamento romantico


22.02.2025 |
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"Quindi mi attirò a sé per baciarmi..."
Ci eravamo fermati per una pausa. Avevo voluto approfittare per andare ad urinare. Lui si era accostato a me, pensavo per pisciare, e invece ora mi stava baciando sul collo, mi mordicchiava i lobi, mi raschiava il volto con la barba di un paio di giorni. Mi dominava con la sua altezza e l’imponente massa muscolare, mi stringeva con braccia forti e scolpite da ore di addestramenti militari.L’avevo conosciuto in una birreria e non era delle mie parti. Era un pilota destinato all’aeroporto militare di Gioia e non aveva amici con cui uscire, eccetto i colleghi.
Benché avessi ben altro fisico, era stato lui a chiedermi di allenarci assieme, evidentemente capendo le mie propensioni. Pur avendo accettato la proposta, ero teso, diffidente. Conosceva la mia fidanzata, dove abitavo e non era sposato. Questi punti sommati al suo aspetto, al quale sapevo che difficilmente avrei resistito, lo rendevano "pericoloso". La sveglia quella mattina aveva suonato alle sei, ma non ero sicuro di volermi alzare e non solo perchè il tepore delle coperte era più piacevole del solito. Lo avevo fatto comunque, pensando che, senza che gli avessi chiesto nulla, Nicola mi aveva detto di non aver mai messo in atto la sua ipotetica bisessualità, forse non lo era neppure, forse si eccitava solo guardando i porno di coppie con lui bisex, ma intanto in quel momento mi stava infilando in bocca la lingua come un amante, con passione, tastandomi il petto, i glutei, l’addome. Mio Dio, quanto mi piaceva! Avevo quasi paura ad ammetterlo.
Indossavamo entrambi le magliette sudate per l’allenamento, odorose di noi, del nostro sudore. I capezzoli forzavano la stoffa. Nicola era visibilmente eccitato e non indossava le mutande. Il suo cazzo duro spingeva il tessuto dei pantaloncini ed io cominciai a masturbarlo, lasciando scivolare la stoffa sportiva tra lui e la mia mano: “Ti piace?”
“Continua… ma non chiedermi di più…”
Ascoltarlo mi fece un effetto stranissimo. Intensi brividi iniziarono ad attraversarmi la carne. Era lì, poggiato con la schiena a un albero con gli occhi chiusi e la bocca ansimante, aperta.
“Te lo tiro fuori?”
“No, dai…non so se è il caso...”
Non gli diedi retta e l’elastico dei pantaloncini si strinse tra l’attaccatura del cazzo e i coglioni, lasciandomi libero di manovrare quell’uccello possente, dritto, massiccio avanti e indietro, avanti e indietro.
Smise di baciarmi e mi fissò con occhi confusi, ma anche pieni di piacere.
Quando li chiuse, m’inginocchiai e glielo presi in bocca.
“No, sono sudato”, si limitò a dire, quasi scusandosi di un'ovvia condizione.
“Lascia fare a me”.
Imboccai inizialmente solo la capocchia e ci giocai dolcemente, per poi scivolare più a fondo, fino a giocherellare con la lingua alla base pelosa del suo sesso. Sapeva di maschio, di sudore, ma anche di sapone. Quel sapore un pò acre stava accarezzandomi il palato e i peli del suo pube, a contatto con il viso, mi fecero eccitare ancora di più.
Gli tirai più in basso i pantaloncini, lungo le cosce muscolose e pelose, fino alle caviglie. Si poggiarono sulle scarpe da ginnastica, lasciando in vista i calzettoni di spugna. Aveva coglioni pesanti, grossi e asimmetrici. Il sinistro scendeva più in basso rispetto all’altro.
“Tutto bene?” – gli chiesi.
“Sì…” mi rispose con l'uccello duro che svettava dalla foresta di peli neri che gli coronava l'inguine.
Succhiai quella cappella liscia e lucida, per poi andare a baciargli i testicoli. Nicola mi fermò e si sedette a terra. Quindi mi attirò a sé per baciarmi. Con irruenza mi fece togliere la maglietta, mentre mi stringeva i pettorali, quasi a farmi male.
Ricominciai a succhiare il suo arnese con più passione, a occhi chiusi, massaggiandogli i testicoli. Sentivo il suo sguardo su di me e, anche per questo, ogni tanto facevo emergere la capocchia per poi ingoiarla lateralmente, affinché potesse godersi lo spettacolo.
Avevo avuto uomini che mi avevano scopato in bocca con irruenza per sentirsi maschi, invece lui se ne stava a cosce aperte, con le chiappe pelose poggiate per terra, con le braccia rilassate sui fianchi, mentre il vento del bosco dove ci si allenava gli raffreddava il sudore addosso. Non era un ingenuo o uno sprovveduto. Probabilmente di porcate ne aveva fatte più di me e anche io avrei potuto fare di più, darmi da fare come una troia, farmelo arrivare in gola e lasciarlo godere, per poi ingoiare la sua sborra, ma non lo feci. Avevo voglia di godermi quel momento, senza spaventarlo, senza trasformarlo in un cazzo pneumatico, in uno che potesse considerarmi solo un pompinaro svuota coglioni.
Mi sollevai, lui aprì gli occhi. Ci alzammo e intanto mi mordeva e succhiava i capezzoli. Si fermò, mi calò i pantaloni e, baciandomi in profondità, mi afferrò il cazzo, ricambiando l’iniziale cortesia.
Mi fissò, come a chiedermi se potesse spompinarmi: “Se non vuoi, non sei obbligato”.
Imboccò il mio uccello e si diede da fare.
Si staccò presto, mi carezzò i glutei e mi stuzzicò l’ano: “Ti va di andare oltre?”
Ci spostammo nella vegetazione più fitta e lì, poggiato a un tronco, mi baciò l'ano e mi lasciai inculare dalla lingua di quell’uomo che avrei voluto con me nel letto al mattino a ogni possibile risveglio.
Sospirai profondamente quando quel palo di carne mi sconquassó. Afferatomi per le spalle, Nicola mi spinse sempre di più verso il basso, facendomi sentire tutta la sua erezione.
Ci sapeva fare e non era certamente il primo culo che apriva, ma era attento, seppur possente. Nessuna parolaccia, nessuna allusione per tutto il tempo.
“Ci sto quasi…Posso?”
“Oh, sì che puoi…”
Spinse un’ultima volta e mi riempì di sperma, gocciolando sudore dalla fronte come se davvero avessimo corso per i previsti chilometri.
Sconvolto si poggiò sul tronco: “Cazzo!”
Ci volle più di qualche minuto perchè ci riprendessimo. Ci ritrovammo senza sapere cosa dire, distesi sull’erba umida, al limite delle forze.
Nicola mi guardó, muto. Compresi la sua confusione.
Stava per dirmi qualcosa, ma gli sussurrai solamente “Shhhhh”, poggiandogli un dito sulle labbra.
Rivestendomi, gli carezzai il volto: “Andiamo?”
“E tu non vuoi godere?”
“Va già bene così…Credo possa bastare per oggi, no?”
“Direi di sì!”
Arrivammo a destinazione senza dirci nulla, imbarazzati.
Accostandoci alle auto, prima di infilarci e ritornare a casa, mi disse: “Domani!”
“Domani cosa?”
“Domani vieni da me?”
Sorrisi maliziosamente: “Va bene…”
“No, non hai capito. Ricominciamo come si deve. Usciamo, ti offro la cena e parliamo un po’”.
Prima di infilarsi in auto mi mandò un bacio con la mano, lasciandomi senza parole.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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