Gay & Bisex
La pineta magrebina 2 - Il parcheggiatore
di chupar
19.02.2024 |
9.839 |
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"- “Te piace si te chiamm zoccole..."
Quel pomeriggio ci fermammo all’esterno del baretto del lido a goderci la brezza marina. Aspettavamo coppie di amici che tardavano a venire. Poggiato al bancone, tastandosi il pacco con la sinistra, riconobbi il parcheggiatore della mattina. Fissanfomi, sollevò gli occhiali da sole, poggiandoli sull'ampia stempiatura. Iniziò a farmi cenno con la lingua e con la mano per indicare evidentemente il pompino che avevo fatto ai tre. Fui preso dal panico, anche perché non potevo immaginare niente di diverso. Viceversa non si sarebbe neppure sognato fi fare una cosa del genere.Per timore che si avvicinasse al tavolo, una volta arrivati i miei amici, mi allontanai dicendo di avere un’urgenza e che comunque toccava a me prendere il primo giro di birre.
Accostatomi al bancone le ordinai e chiesi alla signora di portarle al tavolo.
Mentre la moglie eseguiva la mia richiesta, il marito mi fece cenno di passare dietro.
Arrivato di fronte a lui, mi si accostò e mi sussurrò: “T’aggie viste, come stavi a godere co gli amici tuoi… Mentre pompavi t’aggie fatte pure nu video.”
Impallidii e lui se ne accorse. Cercai comunque di reagire: “Cazzate!”
Senza aggiungere altro, fece partire il video muto sul cellulare dei tre che mi fottevano in bocca. Mi resi conto che non poteva essere che fatto da uno di loro, vista la vicinanza e la ripresa dall’alto: “Il video te l’hanno dato quei figli di puttana?”
: "Se vere ca’ te ne intiende. Chi’o’ssape quante ne aie succhiati!?”
- “Vuoi soldi?”
Fece scivolare la mano destra lungo la parte anteriore dei miei pantaloncini e mi afferrò il cazzo e le palle. Li fece roteare attorno al palmo e lasciò che la mano sinistra finisse lungo il mio culo.
La moglie tornò al banco e lui si scostò.
Non appena quella ci diede le spalle, l'uomo mi solleticò il buco con l'indice e mi si accostò all’orecchio: “Jamme int”o cess a parla’”.
Rivolgendosi alla moglie: "Oh, faccio un servizio al signore e vengo".
Chiusa la porta del bagno, mi mise le mani sulla faccia e mi accarezzò e con un po’ di forza. Quindi, mi mise un pollice in bocca, che istintivamente ciucciai.
Iniziai a masturbarlo attraverso lo slip da bagno. Aumentai la velocità e la potenza del segone. Volevo chiudere in fretta quella faccenda, mentre lo stronzo continuava a ghignare. Gli piaceva essere pastrugnato attraverso il tessuto elasticizzato, ma non gli bastava. Si tolse la maglietta. Era rozzo e peloso. Sembrava uno scimmione, aveva peli sulle spalle e sul petto. “Mo voglie fa fà pur'io nu bucchin!” - mi disse con un sorriso arrogante.
- “Senti, ho la mia donna fuori. Facciamo domani mattina, dove vuoi tu!”
– "O’ sape quanto si zoccola?"
Capii il senso ricattatorio di quella domanda. Non potevo rischiare.
Si calò il costume fino alle cosce e si tenne in mano il cazzo: "Vide pure ‘o pesce mio quant’è gruss?"
Mi ritrovai con in mano il suo grosso uccello scuro, sentendone l’odore misto a quello dell’acqua salata. Era bello, scuro, nodoso e circondato da un fitto triangolo di pelo bruno. Avrei voluto che m’inculasse subito, ma non ebbi il coraggio di fare così tanto la troia da chiederglielo.
Il porco infilò la mano nei pantaloni con elastico in vita che indossavo. Mi massaggiò il buco con due dita fino a farmi mugolare. Accelerai la sega e, standosene a gambe divaricate, il suo ghigno aumentò.
Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo manico grosso, bruno e peloso.
- Jamm...Lo so che ti piace...Che aspetti?
Misi le mani sulle sue cosce, accarezzandole, e salendo fino a saggiare la consistenza dei suoi glutei pelosetti. Con la sinistra iniziai ad accarezzargli lo scroto, sentendo sotto le dita i grossi testicoli, mentre con la destra gli stringevo l’asta nodosa ma non perfettamente diritta.
- “Bravo, cosi mi piaci...Comincia da ‘i palle!” – mi disse, sicuro.
Lo sollevai e avvicinai le labbra.
- “Ciucciale nu poco! Famme vede' quanto s'i zoccola!"
Le baciai, leccai e succhiai. Intanto con la sinistra armeggiavo il cazzo ormai duro come il marmo, non tanto lungo ma grosso, con le vene in rilievo e la cappella violacea a forma di fungo.
Poggiai le labbra e pensai che ormai non potevo più far finta di essere dispiaciuto della situazione. Ero eccitatissimo e lui l'aveva capito ovviamente.
- “Te piace si te chiamm zoccole. E’ ‘o vere?”
Uscii la lingua e cominciai a leccare l'asta, avvolgendola. Lo baciai ancora sulla cappella, poi sul tronco e, mentre con una mano lo tenevo sollevato, ricoprii l’asta di baci, fino ad arrivare allo scroto. Lo titillai con la lingua e lo leccai avidamente, sentendo i testicoli sobbalzare alle profonde slinguate. Risalii fin sulla punta del glande, lo baciai ancora e finalmente lo presi in bocca. Sentii che il corpo dell'uomo fu percorso da un brivido, mentre io davo una prima, profonda succhiata, gustando finalmente a pieno quel sapore di maschio nella gola.
- “Succhia bucchina! Succhia bene! Mettici l’impegno! Leccalo tutto".
“Mmmmm” mugolai mentre mi strofinavo l’uccello nei pantaloni.
- "Brava, accussì. Famm scola' , brutta troia d'o cazz...”
Gli diedi due o tre energiche succhiate, assaporandolo voluttuosamente. Solo allora ebbi il coraggio di alzare gli occhi per guardarlo in viso.
- "Ti piaccio?"
annuii con la testa e non resistetti oltre. Con la mano cominciai a segarmi lentamente e a succhiare con più forza, cercando di farlo entrare fino in gola, per poi farlo uscire lentamente. All’improvviso mi ordinò di portarmi le dita tra le chiappe, farle entrare e poi sentire il loro sapore, poi aggiunse: "Voglio guardarti mentre godi. Voglio che ti inculi mentre ti guardo".
Presi e toccarmi, usando un solo dito, come se stessi aspettando il suo invito: "Ora due".
Cominciai a farmi guardare mentre inarcavo la schiena dal piacere e le dita si muovevano freneticamente in me.
Il parcheggiatore se ne stava col cazzo durissimo in mano, mentre continuavo a muovere le dita all'interno della figa anale. Cominciai a lasciarmi andare a veri e propri gemiti, ormai poco trattenuti.
Stanco di guardare, appoggiò la capocchia al buchino, ma esattamente in quell'istante qualcuno bussò alla porta. Era la mia fidanzata che mi chiedeva se andasse tutto bene. Il parcheggiatore affondò ed io per non urlare tossii.
Ripreso fiato, le risposi che forse mi aveva fatto male qualcosa che avevo mangiato in spiaggia quella mattina.
-“Amore, sarà stato il gelato!?”, affermò Francesca mentre quello cominciava a stantuffare.
Francesca andò via, dicendomi che forse non era il caso di ordinare qualcosa anche per me. Risposi che aveva ragione e che li avrei raggiunti appena fossi stato meglio.
Mi staccai dalla presa: "Devo andare, o ci mettiamo tutti e due nei casini!"
L'uomo mi afferrò per i capelli e mi sputò sulla bocca un denso getto di saliva: “Allora succhia e famme sburra’!”
Sentivo l’odore del suo sudore riempire l'abitacolo del cesso. Ebbi un moto di ribrezzo, cercai di spingerlo via con le mani, di serrare le labbra. Ma quello mi afferrò la testa e la portò a sé con violenza.
Mi colpì con il cazzo: "Oh, bucchina! Che cazzo faje? T'aggie ditte succhia!"
Gli ciucciai la nerchia, vergognandomi all’eccitamento che mi dava il suo sapore, dell’arrapamento che mi procurava l’essere trattato come una pompinara da cesso pubblico.
Con una spinta decisa mi entró in gola come una spada. Mi tolse di nuovo il fiato. Si fermò e cominciò a ritirarsi piano. “Che bella, che bella pucchiacca c'hai in bocca…”
Mi fermai giusto il tempo di togliermi la maglietta, I suoi occhi mi fissarono. Il suo viso era volgare, abbruttito.
Riaffondò. E poi ancora. Si fermò e riaffondò. E ogni volta perdevo un po' di più il controllo.
Non cercai più di respingerlo, non volevo che smettesse. Con un sorriso strafottente lo estrasse da me, si piegò, si avvicinò e triò fuori la lingua. Mi leccò le labbra, bagnandomele. D’istinto le schiusi, ma ricevetti solo una leccata umida e lunga, prima che ricominciasse a scoparmi la bocca.
Il suo orgasmo mi colse di sorpresa. Rantolò, mi levò dalla bocca l’uccello, quasi strappandomelo dalle labbra. Iniziò a menarselo velocemente. Dalla cappocchia violacea iniziarono a schizzare caldi fiotti che mi colpirono il viso e le guance. A bocca aperta cercai di raccogliere al volo lo sperma e di passare la lingua sul glande che eruttava.
La maggior parte degli schizzi si erano riversati su di me, ma riuscii a bere un po’ di quella densa spremuta di coglioni.
Il parcheggiatore mi strofinò l’uccello sul viso, carezzandomi le guance e le labbra, spalmandomi sulla pelle lo sperma.
Appena smise glielo afferrai e iniziai una lenta, accurata pulizia con la lingua. Gli leccai ogni centimetro, assaporando ogni stilla di sborra che raccoglievo, mentre sentivo sul viso e sul collo colare lentamente le gocce di liquido seminale. Mentre continuavo, rimaneva duro e caldo quasi come quando avevamo cominciato.
Finito, mi porse un rotolo di carta igienica e se lo rimise nel costume.
Prima di uscire, mi sbatté la mano sulla fronte: “Latrina, esci tra poco, no subito. Ci vedemme domani o’ parcheggio ca te spacche. Se farai o’ brave, richiamo pure gli amici tuoi. Ah, vuoi sapere quanto vali per loro? Il video m’è custato tre biglietti di autobus per la città.”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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