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IL FASCINO BURINO DI ROMA 5 – IL COMMESSO E IL DISTINTO CLIENTE
di chupar
30.06.2023 |
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"Era un ragazzo assunto per la stagione che, visto lo scarso movimento, mi chiamava chiedendomi di andare da lui verso le tredici e quaranta..."
Una nota libreria romana mi contattò telefonicamente, per avvisarmi che i testi ordinati erano arrivati. Era un ragazzo assunto per la stagione che, visto lo scarso movimento, mi chiamava chiedendomi di andare da lui verso le tredici e quaranta. Dato che non avevo lezione e che mi avrebbe aspettato nel negozio, accettai.
Un po’ scazzato per l’ora e per aver fatto questioni con i miei coinquilini per l’affitto (vedi SFONDATO SUL BALCONE), comunque ci andai.
Era un bel ragazzone sui trentacinque, di 1.90 di altezza, biondo, capelli lunghetti, con una barbetta curata e piuttosto ben messo.
Vedendomi, sollevò la saracinesca dell’ingresso e mi fece cenno di entrare. La libreria, che affacciava su una strada nei pressi dell’università, in orari di apertura aveva le pareti a vetri che consentivano una piena visibilità espositiva. Su una parete tra l’accesso e la scaffalatura era inserito un bancone con la parte inferiore piuttosto alta in legno e la parte superiore in marmo.
Mi aprì la porta, mi fece entrare, la richiuse alle mie spalle e abbassò la saracinesca a metà.
-“ I libri so’ già incartati...e pronti. Qui c’è sta il pacco!” - mi disse senza batter ciglio. Rimasi senza parole, sperando di aver mal interpretato la frase, ma mi raccontò che un mio coinquilino gli aveva parlato bene di me e che nei cessi dell’università ciucciavo uno o più cazzi per volta.
- “Io ne ho solo uno, ma sborra a volontà.” – e senza aggiungere altro, con un cenno del capo, m’indicò lo spazio sotto il bancone. Un po’ sdegnato risposi: -“Guarda che non sono mica una troia!”
E lui, di rimando: - “Infatti, mica te pago...Però il tuo coinquilino è n’amico...Ce semo passate tutte le meglio fregne dalle superiori.
Me voleva fa’ un regalo per il compleanno...e ma proposto a te. Che te devo di’? Tirò fuori da un cassetto un libro di fotografie “artistiche” e d’autore. Lo aprì sul piano marmoreo e indicandomi una modella nuda in posizione ginecologica, commentò:- “Dimostrami che vali la pena di lasciar perdere pe’na volta la fregna....Me so’ spiegato?”
-“Che stronzo! E perché dovrei?”
- “Perché m’ha detto che te piace farti sbattere dagli etero.”
- “Non è vero!”
- “Allora....perché sei ‘na mignotta e basta!”
Pensai che aveva ragione mentre mi accucciavo in basso.
Mi si piazzò col pacco davanti al viso con fare sempre più sicuro e con un gesto volgarissimo mi fece capire che dovevo succhiarlo: eccitato, mi abbassai e cominciai a strusciare la bocca sopra il suo gonfiore. Lui mi accarezzò la testa con la sinistra, mentre con l’altra mano continuava a sfogliare il libro. Io gli accarezzai dolcemente il cazzo che stava già diventando bello duro. Cominciai a masturbare dai jeans la sua grossa nerchia e gli chiesi: - “Calati i pantaloni...dai.”
Lui non si mosse. S’infilò la mano in tasca e mi ritrovai il suo cazzo che fuoriusciva lateralmente da lì. Abbassò il cavallo dei calzoni in modo che il suo bel minchione nodoso potesse tranquillamente sbattermi sulla guancia destra, accompagnato da una vampata di odore inconfondibile. Lo masturbai, gli leccai le palle attraverso i jeans ma lui: – “Nu perde tempo! Tra un po’ è ora di apertura.” – mi disse, ed io obbedii al comando e cominciai a leccargli quel cazzo possente. Gli lubrificai a suon di leccate tutta l’asta e la cappella, e poi lo misi in bocca incitato dal suo: “Pijalo!”
Lo succhiai con passione, con la mia lingua che si muoveva senza sosta. Lui mugugnò - “Sei na pompinara!” – e cominciò a tenermi la testa. Continuai a succhiarlo, l’odore del suo cazzo era fortissimo, e il sapore della sua cappella bagnata era inebriante. La mia lingua non perse un centimetro della sua grossa verga e la mia saliva aveva inzuppato tutta la parte intorno dei jeans. Lui, intanto, mi palpava e mi teneva la testa, dicendomi - “Puttana vacca…c’aveva ragione! Sì! Succhia....Leccalo.”
A un certo punto, chiuse il libro e disse con voce autoritaria: - “Succhia più forte che c’ho fretta.”
Mi spinse la testa contro il cazzo. Io cominciai a succhiare con grandissima foga e passione, la lingua si muoveva sempre più velocemente, e la testa andava su e giù accompagnata dalla sua mano. Mi prese per i capelli, e improvvisamente cominciò a masturbarsi molto forte; io uscii la lingua per aspettare il suo seme e la mossi sulla cappella. Sborrò sulla mia lingua e, facendo gli ultimi versi di goduria, me lo rinfilò, scopandomi in gola.
Mi tolse il cazzo di bocca rimasto incredibilmente duro e mi ordinò di calarmi i pantaloni. Guardai, per stare tranquillo, verso l’entrata deserta. Mi ripulii alla meglio dello sperma che avevo sul volto. Mi sfilai i pantaloni, temendo che qualcuno potesse vedermi.
- “Sei sicuro?” - gli chiesi.
- “Sì...non ce voglio pensà che sei maschio!” - e mi ordinò di girarmi e di stare appoggiato al bancone col culo ben in fuori e le gambe divaricate.
Si spostò il cazzo dall’apertura della tasca alla patta dei jeans, ma restando vestito. Quindi, si chinò e iniziò a ungermi il buco con ampie leccate, facendomi provare forti impulsi di piacere. Avevo il cazzo in tiro e il cervello indolenzito.
Un cliente, un distinto signore oltre la cinquantina, bussò alla saracinesca. Indossava un cappello grigio e un cappotto Loden. Stavo per andare in panico ma lui mi ordinò a bassa voce – “Nun te move! Faccio io…” - e, come se nulla fosse, gli aprì l’accesso con il telecomando. Il tizio entrò e lui richiuse a metà la saracinesca. Si lèvò il cappello e lo appoggiò sul bancone. Poi il commesso lo guardò dicendogli che ero io il frocio “offerto” dall’amico e che se fosse arrivato prima mi avrebbero scopato assieme, ma che era tardi...
L’uomo annuì e, come se io non esistessi, chiese: - “Ma non è che prendi il vizio?”
- “Ma che...Ao’..ma te pare?”
Quindi la mano del commesso scivolò in basso e un dito, arrivato al buco e accorgendosi che era bagnato ci s’infilò. Il mio viso si fece paonazzo e cercai di chiudere le cosce, ma una malsana eccitazione s’impossessò di me.
Il cliente, lanciandoci un’occhiata perplessa, chiese se poteva essere comunque utile in qualche maniera. Quello stronzetto gli disse - “Gira la chiave nella porta. Anche se sta a mezz’asta ‘a saracinesca stanno pe arriva’ i clienti...” e aggiunse che ero lì perché volevo il suo cazzo, ancora umido di sborra, nel culo ma che un altro in bocca lo avrei sicuramente preso volentieri.
Non dissi nulla. Ero in trans…mi limitai a insalivarmi una mano e cercai di lubrificare ancora il buco. In un attimo vidi il cliente dietro di me che, sbottonando il pesante tessuto di lana cardata, aveva cominciato a menarsi il cazzo, mentre il commesso apriva un cassetto per prendere un po’ di lubrificante per penetrazioni anali. Rudemente il ragazzone me la spalmò e, subito, sentii il suo cazzo incappucciato appoggiarsi e iniziare a spingere.
- “Hai visto come me so organizzato?”
- “Oh...puoi almeno chiedere, no?!”
- “ Certo! Toc..toc...Mo’ che ho bussato non rompe li cojoni!”
- “Me sa che ‘sta porta sta già bella aperta....” - Così andò avanti così per alcune volte, entrando e uscendo con la sola cappella. La sentivo dilatarmi e riempirmi, provocandomi una sensazione di piacere intenso. Poi, iniziò la penetrazione vera e propria. Mentre lui mi scopava, io mi guardavo in giro terrorizzato temendo che qualcun’altro potesse accorgersi di qualcosa. Lui invece sembrava perfettamente a suo agio, mi scopava con metodo, spingendosi dentro di me fino in fondo, godendo del fatto che, teso com’ero, gli stringevo allo spasimo il cazzo nel culo.
Mi spinse in basso per farmi sbocchinare il cliente che cominciò a fottermi in gola con maestria.
Sentivo quel cazzo che mi scopava in gola - con la saliva che mi colava dai bordi della bocca - e quell’altro gran pezzo di carne che mi riempiva, spingendomi totalmente la prostata.
Il commesso, mentre mi pompava da dietro, con una mano mi strizzò il petto : “Che belle tettine che hai...ummh...Ti piace è ? Sei una vacca, una vacca rotta in culo.”
Il cliente aggiunse: “Mi sembra di essere tornato al servizio militare...”
- “Ma che? Te scopavi i froci?”
- “Quando è guerra è guerra pe’ tutti...e io c’avevo il fucile sempre carico!”
Stavo per venire. L’orgasmo mi assalì e godetti. Il mio culo si contrasse ancora di più attorno al quel cazzo che sentii arrestarsi sotto le mie strette. Ancora una decina di secondi e anche lui lo tirò fuori e schizzò fiotti di sperma denso, caldo che scivolarono sul suo cazzo e sulle mie gambe.
Il cliente, intanto, m’inzaccherava la faccia…e senza che me lo chiedesse mi chinai per pulirgli il cazzo.
Il ragazzone rilassato, dando il cinque al cliente, commentò: - “L’amico mio, o fregne o culi, resta na’ garanzia!”
Quindi, mi fece rialzare e con un sorriso beffardo e senza neanche darmi un fazzoletto di carta m’indicò l’uscita, facendomi segno che dovevo andare.
- “Sei veramente uno stronzo!” - commentai.
- “Perché? Quelli che te fottono ner cesso dell’università che te regalano li fiori poi? Vai..va..che mo arriva il capo e devo lavora’.”
Poi, rivolgendosi all’altro disse che finalmente avrebbero potuto parlare con calma.
Dopo aver ricevuto gli auguri per il compleanno, gli chiese: “Pa’...Allora? Come sta mamma?”
- “Bene...Vuole sape’ se venite domenica a pranzo e se stai mangiando.”
- “Lo sai...da quando sto co’ Luisa me curo di più: niente alcol ne’ mignotte! Ora poi ce sta pure il pupo...”
-“Sai com’è lei?! Ti crede sempre il suo bambino...”
Un po’ sconvolto, mi rimisi i pantaloni, aspettai ancora un attimo per darmi una pulita con i miei slip, prima di raggiungere la facoltà in cui avevo le successive due ore di lezione. Uscii e gettai i miei slip e il suo preservativo usato in un cestino dei rifiuti.
Mi sembrava che tutti guardandomi potessero immaginare quello che avevo appena finito di fare e sinceramente…non mi dispiaceva.
Mi arrivò un messaggio sul cellulare. Cazzo! Avevo dimenticato di ritirare i libri!.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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