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Gay & Bisex

Adolescenza 8 - Nel confessionale.


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
18.02.2024    |    13.296    |    11 9.6
"Mollai la presa in alto e cominciai a sbatacchiarmi violentemente, fino a venire sul cuscino di velluto..."
Ormai ero piuttosto famoso a scuola e le mattonelle dei bagni erano diventate veri e propri manifesti pubblicitari alle mie performance da esperto bocchinaro. A Pasqua, come in tutti i licei delle città di provincia che si rispettino, il prof di religione aveva organizzato il precetto nella chiesa parrocchiale al quale “liberamente” tutti gli studenti avrebbero dovuto partecipare. Alle ore otto e trenta in punto il don Maurizio entrò in chiesa. La sua voce rimbombò nella chiesa affollata da studenti distratti. Mi ero disposto in fondo al braccio sinistro del transetto, semideserto, nell’attesa che qualcuno si decidesse a confessarmi prima della comunione. All’improvviso un - "Amen!" - proveniente dal confessionale occupato mi aveva svegliato dal torpore dell’attesa. Il prete ne uscì svelto ed io stavo per fermarlo quando vidi Marcello sbucare dalla tenda rossa e farmi cenno di entrare con lui, dopo aver messo velocemente lo zaino della palestra al posto del prete in modo da far accendere la luce che faceva risultare il confessionale occupato. Dopo aver chiuso la tenda, facendomi segno di stare zitto, Marcello mi sospinse verso la grata: "Dicono che ti piace stare in ginocchio e succhiare cazzetti. Ne vuoi provare uno vero?"
Non era certamente ciò che ci si aspettava dal professore più macho, bello, campione regionale di motociclismo, uno che si scopava Gigliola, la ragazza più troia e figa dell'istituto. Il mio docente di scienze motorie era uno di quelli che, quando mi vedeva uscire dal cesso con un altro alunno, sputava per terra, o che durante l’ora di ginnastica non faceva altro che parlare ai colleghi di quante ragazze della città si fosse scopato.
Senza perdermi in chiacchiere, eccitato dalla situazione, gli tastai l’inguine. Dopo averlo passato per l’intera lunghezza, glielo strinsi intensamente all’altezza del glande. Mai avrei ipotizzato una situazione così assurda e rischiosa, ma, in fondo, la cosa mi eccitava e, a quanto sembrava, l’eccitazione del mio docente non fosse da meno.
Marcello cominciò a palparmi il sedere. Ero fuori di me, ricordando di quando con Gianni l'avevamo scoperto a scopare in auto con Gigliola. Mi sentii quasi lei quando m’infilò la mano sotto la camicia, senza togliermi la giacca. Sapeva che in qualsiasi momento ci sarebbe potuta essere l’esigenza di sistemarsi in fretta. Lasciandolo fare, gli aprii la patta dei jeans, che quasi non contenevano la sua eccitazione. Infilai la mano nell’apertura e tirai fuori l'arnese già scappucciato e con due grossi coglioni depilati. Lo guardai e lui con espressione da maschio orgoglioso mi disse - "Assaggialo" - mentre i cori e le chitarre riempivano le navate della chiesa. Rialzai lo sguardo e vidi nuovamente quel viso così bello e lui che mi faceva segno di non parlare, di stare in silenzio. Lentamente mi distacco scendo lentamente verso il suo bacino gli bacio il ventre liscio non ha un filo di grasso. Cominciai a leccargli le palle, le risucchiai nella mia bocca affamata di sesso. Lui si inarcò di piacere, offrendomi tutta la sua dotazione. Con la lingua salii lentamente verso il suo prepuzio. Era bagnatissimo e con avidità succhiai gli umori e lo affondai nella mia bocca, sino in gola. Iniziai a fargli un pompino muovendo solo la testa, con le mani poggiate sulle sue cosce. Lui mi mise una mano sulla testa per tenermela ferma mentre mi infilava il cazzo in bocca. Mollai per un attimo la presa. Estrassi anche il mio e, tenendomelo in pugno, ricominciai a succhiare quell’uccello da sfondamento.
Incastrato in quello spazio angusto, Marcello appoggiò la mano sulla grata per tenersi in equilibrio e, compiaciuto, mi osservava mentre facevo andare su e giù la bocca con un ritmo sempre più frenetico. Scesi alle palle, le leccai una per una e le presi in bocca, succhiandole. Sperando che l'eco della funzione occultasse fremiti e gridolini, ricominciai a leccarlo e succhiarlo lentamente ma quello lo spinse dentro la mia gola, procurandomi un conato. Quindi, mi prese per i capelli e cominciò a scoparmi la bocca. Con le mani ritmava un movimento di andare e vieni, affondando sempre di più, quasi a soffocarmi. La saliva mi usciva abbondante, mentre le mie mani gli massaggiavano i glutei forti e lo spingevano verso di me, per farlo entrare tutto.
Fattomi alzare, senza dire una parola, fece con il dito cenno di girarmi. Con la faccia schiacciata sulla grata, lo sentii che, approfittando del tono più alto con cui don Maurizio sottolineava alcuni punti della predica, mi sputò un paio di volte tra le natiche. Aprì lo zaino, tirò fuori un panino, lo aprì e con le dita cercò sulla mollica. Tolse il burro che lo ricopriva. Mi sussurrò: "Sei vergine?"
Mentii: "Sí, ti prego, fai piano."
Quindi, me lo spalmò intorno e dentro all’ano, insieme a mille molliche. Iniziò a massaggiarmi con una mano e con la stessa iniziò a segarsi, in modo da lubrificarsi anche il cazzo. Intanto con il pollice dell'altra mi penetrava.
Mi osservò ancora per un attimo dubbioso, forse temendo che facessi casino per l'inculata. S’inumidì due dita e me le passò di nuovo tra le natiche. Le bagnò ancora e sfiorò l’apertura palpitante.
Il prete gridò: "Peccatori!"
E, in quell’istante - "Non sembri tanto stretto" - mi mormorò Marcello.
- "Pentitevi se non l’avete già fatto!"
La nuova affermazione del prete rimbombò nella chiesa mentre lui mi sussurrava: "Sicuro che non l’hai già preso da quelle mezze seghe che spompini nel cesso?"
Dissi di sì, che poteva esserne sicuro. In fondo era il primo così grosso che prendevo. Era pur sempre una mezza verità.
Prese la mia mano e l’appoggio sul mio uccello, invitandomi a masturbarmi ancora. La sua lingua iniziò a scivolare sulla mia nuca io nel frattempo ripresi a masturbarmi come una puttana in calore, strusciandomi sul suo cazzo gonfio e duro.
Stanco di quel gioco, il docente si avvicinò al mio culo e lo leccò in profondità. Poche lappate, ma decise, profonde. Sputò due volte con abbondanza e mi passò il cuscino del confessionale, ordinandomi di morderlo se avessi sentito dolore. Con prudenza appoggiò l’estremità dell’uccello, lo strusciò di nuovo lungo le natiche umidificate dalla saliva e dal burro, poi lo avvicinò all’ano e iniziò a pigiare. Sentii forzare il mio anello di carne che lentamente cominciò a cedere. Entrò la punta bollente. Stavo per gemere, ma Marcello lo capì: "Mordi, cazzo!"
Per nulla al mondo avrei voluto perdere quell’occasione, ma finsi che il bruciore fosse veramente forte.
- "Stai zitto o ci beccano "– mi intimò, mentre goccioline di sudore gli imperlavano la fronte.
L’ingresso avvenne con lentezza, ma quando finalmente sentì il mio sfintere stringerli la base dell’uccello, Marcello restò immobile, godendo della sua conquista. Per qualche istante non si mosse, ma mi strinse per i fianchi. Prese dallo zaino una penna e con un ghigno da stronzo vittorioso mi scrisse sulla schiena la parola “puttana”, appena sopra il culo.
Sentimmo dei rumori. Qualcuno stava passando vicino al confessionale. Intimorito dalla situazione, mi girai a guardarlo, quasi a chiedergli se fosse il caso di continuare. Mi fece cenno con il dito sulle labbra di stare muto e immobile. I passi si allontanarono.
"Schhh…buono" - mi sbuffò sul collo mentre iniziava a spingere con piccoli colpi.
La lunga omelia era terminata. L’intera scolaresca si apprestava a prendere la comunione. In chiesa c’era il silenzio. Don Maurizio evidentemente stava sistemando gli oggetti dell’eucaristia. Il docente smise e mi sollevò le braccia, costringendomi a tenermi a una cornice in alto. Evidentemente abituato a certe performance, non voleva che i suoi colpi si ripercuotessero su qualche superficie cigolante. Il coro rispese il suo repertorio. Marcello mi strinse per i fianchi e aumentò progressivamente le spinte, mentre io stringevo i denti per non gridare il mio piacere. Mi sentivo pieno, mi scopava selvaggiamente mi dava della troia, mi prendeva per il collo, stringendomi forte mentre mi pompava. In quel momento mi sentii una vera e propria puttana con le mani sopra la testa e il culo nudo ed indifeso pronto a ricevere il suo sperma. Marcello cominciò a pressare di più, pompando sempre più veloce. Sentivo il suo cazzo vibrare. Sarebbe stato inutile chiedergli di sborrare fuori. Ormai gli etero flessibili li conoscevo e, se e quando ti davano il cazzo, volevano sentirsi maschi fino in fondo, svuotarsi i coglioni in te come se avessi avuto una figa. Se lui si stava avvicinando all’orgasmo, anch'io non ce la facevo più. Mollai la presa in alto e cominciai a sbatacchiarmi violentemente, fino a venire sul cuscino di velluto. Il docente si aggrappò forte ai miei fianchi e mi scaricò dentro una quantità di sborra enorme. La sentii uscire e riempirmi le viscere sconquassate.
Estratto l’uccello dall’ano dilatato, se lo ripulì grossolanamente, se lo sistemò nella patta: "Cazzo, stavo pieno!"
Dopo aver dato un'occhiata in giro, tronfio come chi pensa di averti per primo spaccato il culo, prima di uscire dal confessionale ironizzò: "Tienitela dentro, che se ti ho messo incinta sappiamo dove battezzarlo!"
Mentre andava via, agitando quel gran culo marmoreo, ridacchiai pensando che sarebbe stato difficile stabilire chi potesse essere un ipotetico padre tra lui, Gianni, il gestore napoletano del lido, don Maurizio e gli altri che intendevo farmi a breve. Tanto, ormai, i giochi erano belli che aperti e non solo quelli.
In quel momento il prete annunciò: "Andate in pace!"
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