Gay & Bisex
ADOLESCENZA 2 - Sverginato


31.01.2023 |
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"- "Oh, che cazzo stai a fare? Stringi e fammi una sega!"
- "E se vieni?"
- "Ma che cazzo dici? Mo, secondo te, sborro per una..."
Ero arrivato in stazione con anticipo, pieno di ansie e dubbi. Avevo anticipato anche l'appuntamento con la mia ragazza e ci avevo limonato in modo profondo, chiedendole di fare sesso completo in modo convinto. Non aveva accettato, ma l'idea mi eccitava tremendamente e non capivo perché, nonostante tutto, fossi lì con la promessa di farmi fare il culo. Per settimane l'avevo convinto a desistere, facendogli una serie di pompini. In auto, nei cessi pubblici o in quello dei bar mi aveva scopato più volte in bocca. Anche nei giardinetti pubblici mi ero chinato remissivo e l'avevo succhiato, leccato fino ad ingoiare il suo piacere caldo. Eppure non era mai contento.La verità era che il suo pene mi faceva impazzire. Sborrava come un idrante e ingoiavo sempre tutto. Una volta c'eravamo andati vicino. Aveva inserito l'uccello tra le mie chiappe usandole come fossero state dei seni. Quando l'avevo sentito insistere sul buchino, umido dei suoi umori, mi ero tirato indietro. Ovviamente, nel cesso di casa mia o di notte sotto le coperte, desideravo tantissimo prenderlo in culo e mi sditalinavo sempre pensando a lui, allargandomi dolcemente il buchino con vari oggetti, pur negando a me stesso che lo stessi facendo in preparazione della prima volta.
Gianni arrivò con qualche minuto di ritardo. Non era in tuta ma era altrettanto sexy in jeans e maglione a collo alto nero: "Dai, sali".
Salii in auto. Mi prese la mano e me la tirò verso la patta dei jeans: "Non perdere tempo".
- "Ci possono vedere".
- "Toccalo soltanto".
Mi arresi e lui si aprì la patta e se lo tirò fuori.
L'afferrai timidamente.
- "Oh, che cazzo stai a fare? Stringi e fammi una sega!"
- "E se vieni?"
- "Ma che cazzo dici? Mo, secondo te, sborro per una sega?"
- "Dove stiamo andando?"
- "Vicino, qui dietro c’è un posto sicuro. Ci vanno tutti. A quest’ora è presto e non ci sarà ancora nessuno".
Poche centinaia di metri e accostò in una piazzola di sosta lungo la strada che costeggiava i binari: "Perfetto. Non c’è nessuno ancora. Abbassati i pantaloni che ci togliamo il pensiero".
- "No, nel culo no".
Tenendoselo nel palmo: "E allora che cazzo sei venuto a fare all’appuntamento? Vaffanculo. E io che ho pure chiesto la macchina a mio padre!"
- "Ti avevo già detto di no!"
- "Va bene, mica ti costringo. Allora scendi da 'sta cazzo di macchina e vattene affanculo! Scendi, cazzo!" - e mi aprì lo sportello per spingermi fuori.
- "No! Stai calmo...Ho solo detto in culo no..."
Non aggiunse altro sull’argomento, ma mi mise l’altra mano dietro la testa e mi fece piegare: "Vabbè... E vedi di ingoiare tutto che non posso arrivare a casa sporco di sborra!"
- "Lo faccio sempre, lo sai..."
Gli strinsi l'uccello e tirai su la pelle, fino a fargli avvolgere la capocchia. Giocai con la punta della lingua sul buchino, senza lasciar andare la pelle giù. Lo segai, tirai di nuovo su la pelle e sputai nella rosetta che si era formata, per poi far scivolare la mano in baso per imboccare il tutto. Cominciai a pomparlo con gusto. Mi diedi da fare, un po’ speranzoso che godesse così, senza porsi altri obiettivi.
Mi pressò maggiormente: "Ora! Apri, come se lo vuoi ingoiare".
Ce la feci, ma Gianni sembrava volesse farmi ingoiare pure i coglioni per quanto spingeva. Tossii e mi venne da vomitare.
Soddisfatto, mi scostò la testa, mi posizionò, mi prese i pantaloni per i fianchi e me li abbassò: "Lo voglio solo vedere".
Mi carezzò il culo e mi diede qualche schiaffetto sulle natiche: "Bello! Sembra veramente quello di una femmina".
Quindi, mi strinse dai fianchi: "Mettiti bene, apriti le chiappe".
- "Guarda che non voglio..."
- "Sì, sì, ho capito. Che palle! Ci gioco solo un po' di dita, ma non vado di cazzo. Hai portato il burro?"
- "Ma secondo te uscivo da casa con il burro in tasca?"
Sentii il suo dito grosso e ruvido che mi forzava l’ano. Ebbi un sussulto: "Ahia, mi fa male".
- "Porca troia! Non ho manco cominciato". - replicò mentre mi ravanava.
- "Mi brucia..." - esagerai.
Si fermò per darmi respiro, quindi mi sputò abbondantemente sullo sfintere: "Te l'avevo detto di portare il burro! Piano piano vedrai che si allarga".
Spinse il dito con forza. Lo rigirò e ne mosse l’estremità. Faceva ruotare il polso e il dito si rigirava in me. Lentamente cominciò a muoverlo avanti ed indietro, chiavandomi con la mano e facendo aumentare il mio desiderio.
- "Te lo sto lavorando bene, piano...piano... Così non ti faccio male".
Gianni si sistemò dietro di me, poggiato sullo schienale ribassato. Sputò sul buco del culo, poi sul suo cazzo ormai nerboruto e duro. Poggiò la capocchia umida: "Te lo spennello di cazzo, ok?"
- "No, dai..."
- "Te lo appoggio, ma non spingo..."
Cominciò a massaggiarmi l’ano lasciandola andare su e giù come fosse un pennello. Ansimai senza riuscire a trattenermi.
Gianni si fermò, puntò ancora sulla sua capocchia e cominciò a spingere: "Ora stai fermo. Metto solo la punta... Se ti faccio male mi fermo".
- "No, no, dai...poi chissà che pensi di me".
- "E che cazzo devo pensare? Mica ti devo sposare?"
Percepii la pressione. Era come se tutto il peso del suo corpo fosse concentrato su quell’estremità. Sentii lo sfintere lacerarsi: "Fermati! Mi fa male. È troppo grosso".
- "Finiscila di fare ste scene del cazzo, che lo vuoi. Respira. Te lo sto già rompendo. È quasi fatta".
Mi mise una mano sulla bocca per non farmi lamentare. Sentii la lacerazione.
Assestatosi, accese la luce nell’auto per godersi la scena: "Siiii... Porca puttana, com’è stretto!"
Il culo aveva ceduto e il suo cazzo mi era arrivato fino nelle viscere: "No, mi brucia. Esci...Basta così, ti prego…"
- "Tutta sta fatica e mo' basta? Rilassati, dai, fammi venire!"
Quindi cominciò a spingere di bacino in modo lento e profondo. Mi sentivo sventrare a ogni movimento, stringevo i denti.
Lo tolse e rifece la procedura dello sputo.
Avevo il culo così stretto che, una volta entrata la cappella, Gianni mi diceva che quasi non riusciva a toglierla. Gli tirava tutto giù il prepuzio e per questo si muoveva piano, spingendolo, però, tutto dentro.
Il piacere non aveva del tutto sostituito il bruciore come mi aspettavo, finché quello, fermatosi, guardò il suo cazzo stretto dal mio culo e mi disse: "Porca troia, ti ho sverginato a sangue!"
Mi spaventai, cercai di divincolarmi, ma: "Oh, che fai? Stai fermo! E' andata! Va tutto bene! Amo', pensa a goderti il mio cazzo... Stai tranquillo... Faccio veloce".
E cominciò a pompare con colpi decisi per poi tirarlo fuori per affondarlo subito dopo, facendomi percepire oltre al bruciore gli affondi nella pancia.
Un po’ per volta iniziai a prenderci gusto. Cominciai ad ansimare più rumorosamente, a sudare, a toccarmi. Ad un certo punto mi spinsi contro di lui per sentirlo più a fondo.
- "Ti sta piacendo allora, eh troietta?" - Mi sentii chiedere ironicamente.
- "Allora te lo metto di nuovo fino ai peli, tutto!"
Mi schiacciò la testa sul sedile. Sentivo il suo sudore gocciolarmi sulla schiena: "Segati! Devi venire col cazzo mio dentro. Dai, dai… Che voglio sentire che si stringe di più mentre godi".
Obbedii, mentre quello, steso su di me mi tirava i capezzoli.
Emettendo sospiri di dolore e di libidine, percependo le prime contrazioni dell’orgasmo, mi spinsi ancora sul suo sesso implorandolo: "Spingimelo tutto dentro!"
- "Sì, ma tu stringi mentre vieni, capito?"
Sborrai in modo liberatorio sul mio giaccone, sistemato sotto di me. Mi si fermò quasi il cuore.
Gianni diede ancora un paio di colpi di reni molto forti. Poi si fermò.
Sentire l'orgasmo di un cazzo dentro di me, un cazzo duro che vibra, si gonfia mentre schizza, fu una sensazione fantastica.
Lo stronzo, stringendomi per le chiappe, lo tenne dentro fino alle palle ed io sentii perfettamente il calore del suo seme mentre mi avvisava: "Siiiii, così, eccolo lo sborro, tutto nel culooooh".
Scostatosi da me, lo tirò fuori lucido di sperma e macchiato di sangue. Sentii il bruciore del suo cazzo che strusciava sulla ferita all’ano. Non gli dissi nulla, mentre si asciugava con un fazzolettino di carta.
Mi prese il viso e mi baciò a fondo, in modo passionale. Poi: "Contento? Uno che comincia deve farlo al top".
Quindi indirizzò lo sguardo al suo dominio e: "Cazzo, stai pisciando la mia sborra dal culo! Spettacolo!"
Sentii il calore del suo seme, mentre lo pisciavo come se il mio culo fosse divenuto una fica speranzosa di non restare gravida. Vedere la rosetta del mio culo aperta e gocciolante donò a Gianni la sensazione di avermi domato e dominato per sempre. Aveva penetrato a lungo il mio bel culo bianco e vergine, ora era pure in bella mostra e grondante della sua sborra che mi colava sulle cosce. Aveva ragione, ma non volevo dargli questa soddisfazione: "Non mi è piaciuto!"
- "Certo, come no?!"
- "Mamma mia...Mi fa male, mi brucia..." - dissi ancora sconvolto dal piacere, mentre mi asciugavo col fazzoletto.
- "Se vuoi ti ficco un dito in culo e ti fai un’altra sega mentre mi riprendo!"
- "Tu sei matto! Voglio tornare a casa".
- "Non lo vuoi fare di nuovo?"
- "Ti ho detto che non mi è piaciuto!"
- "Ma vaffanculo! Non dire puttanate! Uno che va in giro con il culo depilato tra le chiappe non lo vuole? Che volevi farti rompere da qualche nero nei cessi della stazione? Così nessuno lo sapeva!"
Mi girò di forza. Spinse il cazzo barzotto, facendolo diventare duro nel mio culo spanato: "Stronzo! Che c'è? Non ti basta il mio?"
Questa volta sembrò una specie di scopata punitiva. Ogni spinta era come se fosse stata una mazzata sul vetro dell'auto. Ogni volta che mi diceva parole eccitanti era come se stesse gridando al mondo quanto mi disprezzava. Sempre con i suoi ritmi forti, sentivo nell'auto il rumore delle palle che mi sbattevano contro mentre mi scopava.
Mi strinse la gola con le braccia, scopandomi come una cagna! A ritmo frenetico e con respiri pesanti per massimizzare la brama di conquista, sentendo di avere di nuovo il pieno potere su di me, mi venne di nuovo dentro con un grugnito, mentre io sbrodolavo ancora piacere.
Gianni si rimise il sesso nelle mutande e si tirò su i jeans: "Oramai sei destinato al mio cazzo e non puoi cambiare idea".
Anche io mi tirai su i pantaloni: "Certo che posso".
-"Puttanate!"
- "Non lo dirai in giro, vero? Se lo fai, dirò che mi hai violentato".
Guardandosi nello specchietto retrovisore, si sistemò i capelli neri: "Che cambia? Ormai l’hai preso in culo! Te l’ho rotto e riempito due volte! Dovrai farlo ogni volta che voglio, così te lo apro bene bene prima di fartelo fare dagli altri.
Guardando con disappunto le macchie di sperma sul mio giaccone e pensando a cosa avrei potuto dire a casa: "Non voglio fare il ricchione del paese. Restiamo amici".
- "Oh, sai mio padre che dice sempre? Che figa bagnata e cazzo duro non conoscono amicizia o parentela. E poi mica uno che aiuta degli altri maschi a svuotarsi è per forza ricchione! Certe volte ci vedevamo i porno tra amici e ci facevamo una sega tra di noi... Da quando mi svuoti tu i coglioni non lo faccio più, ma mica non vado più a fighe per questo".
Non potevo fare diversamente, aveva ragione. Avevo innescato una situazione dalla quale non potevo scappare e per la quale, ormai, volevo arrivare fino in fondo.
Accese il motore e ripartì verso il paese, affermando che la patatina era il modello, tutti gli altri buchi per lui erano solo imitazioni. Molto interessanti alle volte, ma mai come il modello originale. Non era il solo a pensarla così: "Se vuoi ti faccio inculare pure da un amico mio intimo, diciamo. E' un uomo adulto. Facciamo la stessa cosa con le ragazze: uno se la scopa e poi la passa all’altro. A lui piace il culo. E' merce rara se non si vai con certe signore della buona società".
Guardandomi intorno nel timore di essere visto: "No!"
Accostò nello spiazzo della stazione: "Ci sarò anch’io, non ti preoccupare. Lui dietro e io in bocca, poi a rotazione, mica tutti e due insieme dentro. E' un bel tipo, un gran bel cazzo pure. Ti piacerà".
Uscendo dall’auto: "Ti ho detto di no!"
- "Vabbè, io vado! Tanto sarai tu a cercarmi per farti inculare!"
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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