Gay & Bisex
ADOLESCENZA 6 - Auditorium
di chupar
30.06.2023 |
5.806 |
3
"Non osai più chiedere nulla, restando ipnotizzato dal rapido spostamento delle mani su quei cazzi duri e scappellati..."
Avevano mandato gli alunni delle ultime classi a vedere uno di quei film noiosissimi, cosa che non mi aveva meravigliato, non solo per la cauta libertà concessa dal preside quanto per la tematica del film. I professori se ne stavano fuori a chiacchierare con tranquillità, anche perché mezzo istituto si era assentato.Arrivai con la mia classe che la sala era già buia. Me ne andai nell’ultima fila. Deserta! Bene!
Avevo voglia di pensare ai fatti miei con tranquillità. Per buona parte del primo tempo, però, non riuscii a distogliere l’attenzione dall’espressione furbastra del protagonista, un generale nazista, cinico avventuriero. All’improvviso fui distratto dall’ingresso di due studenti dell’ultimo anno che, senza indugio, mi si misero davanti, sistemandosi lateralmente a una ragazza del secondo anno che era già lì.
Tra mormorii e movimenti convulsi, non mi consentivano di vedere il film in santa pace. Mi spinsi in avanti per chiedere loro di stare fermi, ma notai che i due, a cosce aperte con grande scioltezza avevano tirato fuori gli uccelli, lasciando che la ragazza, in posizione centrale, li masturbasse. Non osai più chiedere nulla, restando ipnotizzato dal rapido spostamento delle mani su quei cazzi duri e scappellati.
”Beh! Che c’è?” – mi disse uno di loro che si era accorto di essere guardato – “La tua ragazza non te le fa le seghe?”
Iniziai a guardarmi intorno e notai, sul corridoio laterale, un terzo che faceva da “palo”.
Dopo una decina di minuti li vidi discutere, ma non capii di cosa. La ragazza al centro si allontanò.
I due, rimasti soli, voltandosi alternativamente, mi abbozzarono un sorriso d’intesa, invitandomi a sedermi tra di loro. Annuii e mi ci ritrovai in mezzo a due uccelli fuori dai jeans, che cadevano pesanti sui fianchi.
uno mi disse: "Continua tu, stringimi bene il cazzo".
All’inizio opposi un po’ di falsa resistenza.
E l'altro: "Zitto e sega!"
Senza aggiungere niente, si posizionarono con disinvoltura sulle poltroncine, appoggiando le braccia sulla spalliera e rilassandosi, mentre eccitato e impaurito allo stesso tempo, afferravo quegli uccelli ancora caldi con le cappelle leggermente inumidite di sperma.
- "Mamma mia, sei bravissimo a segarmi!"
- "Ummh...Bravo davvero. Ti piace proprio eh?"
Sega dopo sega la mia sicurezza aumentò e anche i ragazzi, nel modo di comunicare divennero più audaci.
- "Continua così, dai sì, segami tutto il cazzo..."
Ed io tra lo stupore di ciò che stavo combinando e l’eccitazione, continuavo solerte nel mio lavoro di mano tra i commenti dei due fortunati.
- "E bravo... Sei un gran segaiolo..."
Il cuore mi batteva all’impazzata e ormai non capivo più nulla del film.
Quello alla mia sinistra si succhiò il medio, simulando un pompino. Nella penombra la mano del ragazzo a desta mi spinse in basso: “Buona idea. Dai, bucchina! Fai il bravo. Non come quella stronza!”
Spalancai la bocca, desideroso di baciare quel sesso, di saggiarne il sapore.
Non l’avevo mai fatto a scuola. Tranne che l'uccello di Gianni mi ero sempre indirizzato verso maschi più adulti per non avere casini. Immaginavo, però, che anche la mia scuola potesse essere un puttanaio. Una volta, tra l'altro, avevo pure scoperto il tecnico che se lo faceva succhiare da un’inserviente.
Dapprima il mio movimento fu lento e pacato. Mi bloccai di colpo, tenendo tra le labbra solo il glande cui dedicai lunghe lappate voluttuose. Il ragazzo era pronto: aveva preso il ritmo e a ogni mia discesa verso il suo addome, innalzava leggermente il ventre per potermelo spingere il più a fondo possibile. Ormai stava per venire ed io ero ancora in dubbio se permettergli di farlo, mentre lo tenevo in bocca, o meno. Ero ancora lì a valutare quando quello mormorò qualcosa d’incomprensibile e venne, tenendomi premuto il viso contro il suo membro con le mani dietro la nuca. Prese fiato un attimo prima, tese la schiena in avanti e schizzò una due, tre volte, respirando affannosamente. Lo vidi mordersi nervosamente il labbro: si stava trattenendo per non attirare l’attenzione.
In un istante mi allontanò, forse per consentirmi di sputare il liquido seminale. Non riuscendo a liberarmi di una parte di sperma che mi era rimasto attaccato al palato, ingenuamente cercai di levarmelo con un dito, ma il compare non mi concesse tempo di finire del tutto quella complicata operazione. Mi tirò in basso anche lui, ma troppo tardi. Vidi partire zampilli spermatici; cercai di catturarli, spalancando la bocca e tirando fuori la lingua, ma il seme m’imbrattò la faccia e sporcò i jeans del tipo.
Si rilassò sulla poltroncina e tirò un profondo sospiro.
Mentre continuavo a leccargli il fusto, lui, riferendosi all’altro disse: “Sei il solito rompicoglioni! E ora a mia madre che cazzo le dico?”
- “Di’ che è zucchero. Che cazzo ne so. Con tutte le seghe che ti fai, ancora non riesci a trattenere?”
- “Ma vaffanculo! La prossima volta mi scopo tua madre.”
Sghignazzando il primo gli rispose: “Ma se sei mezzo ricchione!?”
Ridacchiarono entrambi, probabilmente pensando a me. Poi, senza neppure guardarmi, si rimisero gli uccelli nei jeans, si sistemarono il pacco e andarono via. Io mi ripulii con un fazzoletto.
Avevo ripreso a vedere il film quando un altro mi si accostò.
Era il tecnico video, l’addetto al film, che, restandosene in disparte, mi disse che aveva visto tutto. Mi passò una lattina, dicendomi con disinvoltura calcolata che conosceva i miei genitori, che giocava a calcetto con mio padre. Io bevvi. Era qualcosa di dolciastro che si mischiò con il sapore dello sperma che ancora avevo in bocca. L’uomo si aprì la patta ed estrasse il suo pisellone scuro e ancora molliccio, riprendendo a sorseggiare dalla sua lattina dopo avermela tolta di mano.
- “Vai va… Che sto film è una rottura di coglioni!”
Scivolai sullo schienale e mi accucciai davanti a lui. Lo afferrai, menandolo con lentezza. Aveva un profumo intenso, ma me lo misi in bocca e cominciai a lavorarlo.
Un odore di fumo mi distrasse. Un altro dell’ultimo anno, quello che controllava prima il corridoio, con una canna in bocca si stava avvicinando. Si sistemò a fianco del tecnico e si sbottonò i jeans, tirandoselo fuori: “Figa l’attrice eh?”
Mi fermai e molto lentamente lo scappucciai con la lingua, per poi baciargli la capocchia. Il ragazzo sorrise e mi passò la canna: “Scusa per prima. Sono solo due stronzetti del quarto...”
Aspirai e ripresi subito dopo in bocca il primo, poi il secondo… poi ancora il primo…. Inginocchiato davanti a loro e strusciandomi l’uccello alla base delle poltroncine, continuai così, sempre di più, ciucciandoli entrambi senza interruzione e con foga. Progressivamente, aumentando la velocità con cui li mungevo e li masturbavo. Ormai respiravano quasi affannosamente, tenendo le braccia poggiate e i palmi stretti sui braccioli. Improvvisamente, gonfiatisi, iniziarono a spruzzare quasi insieme. Questa volta, tenendo i falli stretti alla base, li indirizzai verso il mio volto.
Mentre fiotti caldi mi finivano sulle guance e sulle labbra, i miei grumi di sperma già colavano lungo la base della poltroncina.
Uscito dall’aula magna, sprofondai nella più totale confusione. Iniziai a osservare con attenzione i miei pantaloni, la camicia. Mi ripulii più volte la bocca con l’avambraccio, buttai via il fazzoletto. Ero terrorizzato. Solo allora avevo preso piena coscienza di ciò che avevo fatto. Una cosa era farlo con Gianni nei cessi della stazione o in campagna, altro era sputtanarsi a scuola.
Mentre giuravo a me stesso che certe cose non si sarebbero più ripetute, un ragazzo mi urtò. Mi fece un gesto eloquente con la mano e con la lingua, dicendo che ci saremmo potuti vedere l’indomani nei bagni del secondo piano. Risposi che per me andava bene.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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