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Il FASCINO BURINO DI ROMA 7 - LO STADIO


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    3.488    |    2 9.4
"E magari stasera te fai scopa' dai negri alla stazione o vai nei cessi dei cinema porno e si fa sborrare in bocca..."
Da lì a poco si sarebbero dovute affrontate allo stadio “Meazza” il Milan e la Roma, pretendenti allo scudetto. Ne parlai con la mia fidanzata che non fece storie, tanto che giorni dopo partimmo io con due altri dipendenti aziendali. Ci sottoponemmo ai controlli della polizia e ci indirizzammo verso i posti. La platea era già stracolma di gruppi esaltati impegnati in cori, urla, grida di incitamento. Eravamo stravolti dal viaggio, ma la visione dello stadio esaurito e l'energia che emanava ci rincuorarono.
Partì la Roma con un’involata sulla sinistra. Gabriele, magazziniere nell’azienda in cui lavoravo, gridò contro un giocatore, fidanzato di una nota presentatrice. Scherzosamente commentai: "Ci credo che non ce la fa! Quella, secondo me, lo prosciuga!"
- "Io me alzo alle cinque de mattina per anda’ a lavora’ e torno alle sei de sera! E la forza per fottere lo trovo sempre..." - commentò seriamente Gabriele, smuovendosi il pacco ballonzolante nei jeans.
Belloccio, con un pò di barba incolta che rendeva il suo viso intrigante, tutto sommato il mio collega era un tipo simpatico anche se sempre sboccato ed esagerato nei modi.
- " Eh, vabbé, ma mica giochi per lo scudetto!"
Mi si accostò, abbracciandomi sulla spalla, con la scusa di farmi sentire cosa volesse comunicarmi fra i lazzi dei tifosi: "Se me metti in campo, tiro come un toro...Faccio un lavoro de fisico, mica come voi negli uffici che state a fa’ i pompini come gli juventini!?"
Gridai: "Io non sono della Juve!"
Mi si accostò di nuovo all'orecchio: "Beh, ma se dice che le pompe le fai lo stesso".
E mimò un gesto vicino alla bocca che non lasciava dubbi.
Gli dissi che era matto, facendo un po’ di scena.
Sottovoce: “Dai, lo sanno tutti… Beh, si… io vado con le ragazze, ma un cazzo come al mio dove lo ritrovi? E' grosso… ti piacerà”.
Gli dissi che non mi interessava che ce l’avesse grosso, anzi, andava a finire che mi faceva pure male.
"Quindi lo pigli pure in culo!?"
Contento aggiunse che non avrebbe fatto male, che mi avrebbe scopato piano piano, per farmi godere.
“Su… dai…”.
Avrei dovuto saltargli al collo o rispondere a tono, invece quella risposta mi fece sorridere in modo malizioso: "Fanculo! Sei uno stronzo!"
E quello, sghignazzando, mi rispose sottovoce: "So' più porco che stronzo. Nu’ sai manco quanto. Lo voi vede'?"
Mi disse che sapeva dove portarmi e che, quindi, se non avevo altre remore, potevamo andarci.
Abbassando lo sguardo, finsi di pensarci ancora sopra, dicendogli di sentirmi in colpa per Francesca.
- "E certo... e magari stasera te fai scopa' dai negri alla stazione o vai nei cessi dei cinema porno e si fa sborrare in
bocca..."
Avevo voglia, tanta voglia, di fare un pompino a un bel maschio, prendere un cazzo e ciucciarlo, farmi inculare selvaggiamente. Mi ero masturbato più volte immaginandomi nell’atto di sparare a Gabriele un gran pompino con ingoio. Nelle mie laide fantasie avevo già assaporato e ingoiato la sua sborra a tutto spiano, ingordo e goloso. Avevo immaginato situazioni luride, sporche, la mia bocca bavosa che ciucciava una grande cappella dura e gonfia, i suoi coglioni da leccare fino all’esplosione finale. Avevo anche immaginato quel gran maschio che mi inculava alla grande. Ora mi stava capitando di mettere in atto tutto, mentre guardavo Gabriele che, divaricando le gambe, si serrava le mani ai fianchi: "Te piace solo da vede' il Colosseo? Se vuoi te faccio gioca' col gladiatore! C'ho na ceppa da diciannove...Mica è facile da trova' nei cessi che frequenti tu..."
Mi fece cenno con la testa di seguirlo, dopo aver detto all’altro: "Oh, Lu' dovemo annà a fa’ piagne ‘r drago".
Ci dirigemmo alla base delle scale dell’uscita. Non essendoci anima viva, forzò la serratura e andammo a infilarci nei cessi fuori servizio, adocchiati quando eravamo entrati. Si calò pantaloni e mutande, dandomi le spalle, e mostrandomi il suo gran bel culo bruno e pelosetto. Pisciò, si sputò sul palmo, si ripulì alla meglio la capocchia e si smanettò. Si voltò di scatto e la sua bestia svettò prepotente. Mi guardò, spingendo in avanti il bacino e porgendomi il suo cazzo immerso in una foresta di peli densissima: "Te piace il cazzo grosso, no? Allora movete…fammi vedere che sai fa'!"
Afferrai il cazzo e comincia a menarglielo prima dolcemente, poi sempre più ritmicamente.
“Dai, adesso mettiti in ginocchio e spompame!”
Continuai a segarlo, dubbioso ma con lo sguardo fisso verso la sua cappella.
"Oh, e che c'hai quattordici anni? Mettiti in ginocchio e pompa! Che oggi sto carico e pure incazzato".
Piegai il busto in avanti, impugnai al meglio il suo cazzone e la mia bocca gli circondò la grossa cappella. La mia lingua non perse un centimetro della verga. Volevo farlo godere. Quel gran bel pezzo di maschione aveva bisogno di me e io ero disposto a tutto. Sapevo che era l’uomo più porco dell’azienda e volevo soddisfarlo al massimo.
"Prendilo tutto e succhia, tanto lo so che sei una gran puttana..."
La mia bocca scorse lungo l'asta mentre serravo le labbra e lo risucchiavo a fondo, lappando i coglioni per quanto potevo. Poi lo mollai di colpo con uno schiocco. Liberata la bocca dall’uccello e pulendosi le labbra dalla saliva e dai primi filamenti di sperma con la lingua, sempre tenendogli il suo cazzo in mano, alzai gli occhi verso di lui e con uno sguardo innocente: “Allora? cosa te ne pare?"
- "Di certo sei megljo della collega tua. Ma nu so ancora sicuro sicuro..." - e mi afferrò dal collo per infilarmelo di nuovo in bocca fino a sentire le tonsille.
Il sorriso lascivo divenne un ghigno nauseante, eppure mi affascinava.
Mi staccai, tossii, ripresi respiro: "Sei veramente uno stronzo!"
"E che t’aspettavi? A coso, sto ar magazzino, mica a Vaticano. Te devo sta’ a chiede’ per favore?"
Appoggiai le mani sulle sue cosce, serrai le labbra sulla cappella e con la lingua la titillai dall’interno. Iniziai a succhiarlo con passione, strinsi tra le labbra la cappella e poi la leccai fino a scendere nelle palle per poi risalire e riprendere a succhiarlo con forza. Iniziai ad accompagnare il movimento con la mano, segandolo con la cappella in bocca lui cominciava a gemere di piacere e a insultarmi. Continuai a spompinarlo, lo leccavo, lo succhiavo, lo segavo con le mani, lo ingoiavo tutto fino quasi a soffocare. Aumentai il ritmo.
- "Lo pigli n'culo a pelle?"
- "Certo!"
- "Allora viè cqua, fijo de 'na mignotta! Che te faccio vede' come si trattano quelli come te … Che te sfonno!"
Chiusi gli occhi mentre lui, fattomi poggiare a novanta sul cesso, faceva scorrere un dito nel solco delle natiche fino alla rosetta anale. Infilandomi un dito inumidito nel buchetto: "Così! Porca, maiala, allarga sta fregna".
Si chinò a leccarmi. La lingua scorreva fra il solco delle natiche, sbavandomi il buco del culo, inumidendolo ampiamente. Dopo avermi allargate le chiappe con il pollice e l'indice, cominciò ad accostare la cappella. Diede una spinta. Mi agguantò per i fianchi e mi tenne fermo: "Ummh…Cazzo, sììì!"
Sentii il mio ano stingersi intorno alla cappella e poi il potente cazzo conficcarsi in me, duro, deciso. Contrassi istintivamente i muscoli anali come a voler espellere il voluminoso intruso, ma lui spinse con più intensità: "Ti piace eh? Ti piace il cazzo!?"
In campo la Roma intanto era praticamente assente. L’arbitro sanzionò un fallo e la squadra si ritrovò con dieci giocatori.
- "Ma che stronzi! Pure l’espulsione mo’…ma vaffanculo! Vaffanculo!"
Incazzato di brutto mi assestò un paio di colpi profondi. Mi abbracciò da dietro, ansimando. Infilando le mani sotto i miei pettorali, intensificò le spinte.
- "Dimmi la verità, lo volevi proprio così, no? Nel cesso, come una puttana!" - mi disse mentre mi tirava a sé tenendomi per i fianchi: "Te piace esse' trattata come 'na puttana?”
In preda alla libidine reagii: "Siiih...spingilo tutto, fino in fondo! Fammi sentire come un vero maschio mi scopa!"
Cominciò a tirarmi indietro, agitandosi in modo violento.
Lo provocai: "Dai, ti prego, non farmi aspettare... Mi piace, sono una puttana".
Mi afferrò i capelli e con l'altra mano mi serrò la bocca: "No, tu sei la mia puttana... e anche una troia!"
Mi scopò con fare selvaggio, come se non facesse sesso da mesi. Lo sentivo riempire ogni spazio tanto era grosso e quando ricominciò a pompare il piacere salì vertiginosamente. Accertatosi che non avrei potuto levarmi da quella posizione andò a fondo:" Troione..."
Mi lasciai cadere in avanti. Gabriele mi cadde sopra.
“Voglio il tuo uccello in bocca”
Con un movimento interminabile sentii il suo attrezzo uscire centimetro dopo centimetro dal mio foro anale.
Rapido, mi fece inginocchiare e riprendere il mio lavoro di bocca.
“Dai, apri e tira fuori la lingua”.
Obbedii senza fiatare, fissando il mio collega che si sparava un gran segone e aspettando con la bocca spalancata e la lingua fuori d'essere inondato dai fiotti di sperma.
“Ahhh! Bevi, bevi la mia sborra…Strozzate!”
Serrai le labbra attorno all'asta e avvertii una resistenza al movimento della lingua. Sentii il sapore dello sperma caldo che mi inondava. Ingoiai il possibile, ma un rivolo raggiunse la mia mano. Affondai la bocca fino a raggiungere la mano per risucchiare ciò che avevo perduto. Trangugiai tutto, fin quasi a strozzarmi sul serio, tant’è che, ad un certo punto, non potendone più, tossii facendogli cenno di levare l’uccello.
“Implorami stronzo!” ma, detto questo, con un sorriso di soddisfazione si spostò e tornai finalmente a respirare.
Mi passai le labbra con la lingua per pulirmi i bordi dalla bocca dalle gocce e dai filamenti di sperma pendenti.
“La troia non vuole sprecare proprio niente di tutto sto ben di Dio eh? Brava!” mi fece notare il collega.
Gabriele si sistemò il cazzo nei jeans: “Dai levate dalle palle … che me so stancato" .
Io rimasi a guardarlo muto, con la bocca impastata di sperma e insoddisfatto.
Passandosi la maglietta sul torace scolpito da manovale e sotto le ascelle pelose per detergersi il sudore: "Andemo va, che non me voglio perde tutta la partita."
"E adesso come la mettiamo? In ufficio pensi che ci rivedremo ancora?"
Mi guardò sgranando gli occhi: “Ma che cazzo ti sei messo in testa? Rincoglionito. Guarda che per me sei solo un troione da sbarco!"
Uscimmo, si guardò attorno poi fissò me: "Oh, hai capito nu me rompe’ le palle a lavoro? Non voglio passa’ per frocio".
- "Io non ti ho chiesto niente. Ma intanto m'hai inculato..."
- "E certo, mo me dirai che t'ho violentato..."

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