incesto
Nonno Leonardo parte V
di matteol77
29.09.2020 |
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"Mai e poi mai i miei genitori avrebbero potuto conferire a mio nonno questa sorta di incarico “formativo” nella consapevolezza che la sua condotta sarebbe..."
Le due settimane passarono ed arrivò il giorno del ritorno dei miei genitori e di mia nonna.A casa avevo messo tutto in ordine.
Il programma prevedeva che avremmo pranzato tutti insieme e alle 16.00 mio padre avrebbe accompagnato i nonni alla stazione dove preso con un treno locale sarebbero tornati al loro paese di provincia. In due ore circa sarebbero tornati nella loro abitazione.
Il nonno preparò la sua valigia, il resto degli effetti personali, si vestì con lo stesso abito con il quale era arrivato 15 giorni prima e si sedette in soggiorno a guardare la TV. Io lo seguii a ruota tra mille pensieri. Ero un po’ in ansia per il dopo.
Nessun accenno fu fatto rispetto il trascorso delle due settimane precedenti tra me e lui. Tutto era come se nulla fosse successo.
Alle 12.00 circa un taxi arrivò davanti il portone di casa; erano i miei genitori.
“Eccoli”, dissi eccitato a mio nonno. Al di là di tutto ero contento di rivedere la mia famiglia.
Ci alzammo dalle poltrone e ci avviammo verso la porta d’ingresso per accoglierli.
Il quadretto familiare era perfetto. Baci abbracci fra tutti e poi in soggiorno seduti a raccontarci del più e del meno.
“Ale, ti trovo benissimo! Non so, sei diverso, hai un’ottima cera! Pensavo che avessi sofferto della mia lontananza e magari ti avrei trovato smagrito invece il tuo volto, la tua espressione e più gioviale, più luminosa! Vedo che hai tagliato i capelli ma stai benissimo anche così! Ma sai che ti trovo un po’ più in carne? Sei decisamente più tondo! La presenza del nonno ha fatto miracoli, eh?”, disse mia madre sommergendomi di parole.
“Tutto merito del nonno, mamma. In cucina è un vero portento!”, risposi ripensando al suo “integratore” che mi somministrava ogni sera. Che fosse stato per quello?
“Allora Ale, come è andata con il nonno? Tutto bene? Dai raccontami!”, aggiunse tirandomi in disparte mentre scorgevo mio padre che parlottava a bassa voce proprio con lui.
“Mamma, non pensi che abbia diritto a qualche spiegazione?”, esordii imbronciato incrociando le braccia e fissandola negli occhi in attesa di una risposta.
“Ale, sappi che abbiamo fatto tutto per il tuo bene”, rispose mia madre rassicurandomi.
“Io e papà ci siamo accorti che negli ultimi mesi il tuo comportamento, sotto diversi aspetti, è stato a dir poco discutibile; e tu lo sai! Per quello che potevamo, abbiamo cercato di fartelo capire in mille modi ma tu, sei stato totalmente refrattario a qualsiasi nostro richiamo. Talvolta eri proprio fuori di te, non ti si riconosceva più! Ricordi le liti? E allora, in un momento di preoccupazione, ne abbiamo parlato in famiglia e coinvolto i nonni come è giusto che fosse. Il nonno ci ha dato alcuni consigli ben precisi, ma sinceramente, riflettendo ci siamo accorti che erano per noi impraticabili. Lui ci aveva suggerito di provare con un atteggiamento più autorevole e severo nei tuoi confronti ricorrendo anche a metodi coercitivi e punitivi al bisogno. Pur condividendo i suoi consigli, io e papà non ce la siamo sentiti di farlo, per nostra indole. E allora abbiamo chiesto al nonno di provarci lui. Approfittando dell’occasione della nostra assenza, abbiamo concordato di farvi restare da soli al fine di provare a dare una svolta alla situazione. Tutto qui.”
Lasciai parlare mia madre fino in fondo ascoltando attentamente le sue parole.
Ma i miei genitori, erano consapevole del reale “metodo” educativo al quale avrebbe fatto ricorso il nonno nei miei confronti? Ma avevano ben compreso dove si sarebbe spinto? Il nonno, glielo aveva detto? Non ritenevo possibile che conoscendone i dettagli, avessero acconsentito al nonno quella libertà che si era preso con me. Mai e poi mai i miei genitori avrebbero potuto conferire a mio nonno questa sorta di incarico “formativo” nella consapevolezza che la sua condotta sarebbe stata sostanzialmente no limits! Ma stiamo scherzando?
“Ale, ma adesso parla tu. Come è andata? E’ stato troppo duro? Lo so che il nonno è un po’ severo e ruvido per natura, però sappi che nel profondo è un uomo buono e tiene a te come alla cosa più cara al mondo anche se, negli ultimi anni non sei più andato a trovarlo. Forse non lo lascia trasparire più di tanto, ma io so per certo che è così. Me lo ha confidato più volte. Allora, dimmi tutto.”
Ebbi una sensazione di vuoto nello stomaco ed abbassai un attimo gli occhi. Poi, li rialzai e la fissai ancora nel profondo con sguardo indagatore alla ricerca della verità. Non colsi nei suoi occhi messaggi particolari che svelassero la consapevolezza di come si fossero svolti veramente i fatti. Ci sono sensazioni che non si possono descrivere a parole. Pensai ai miei giorni trascorsi da sottomesso sessuale, le punizioni, le umiliazioni. Non era possibile che nulla trasparisse dal suo volto che rappresentasse un accenno di conoscenza di quelle vicende; nessuna emozione, proprio nulla da parte di mia madre.
Ad un certo punto mi convinsi che sicuramente i miei genitori ignoravano ciò che realmente era accaduto in quella casa tra me ed il nonno camuffato da “sistema educativo.”
Conoscendo i miei genitori e le loro qualità morali, non potevo credere che avessero accettato in piena coscienza e responsabilità di sottopormi ad un metodo in piena antitesi con le loro regole di costume ed al loro vivere pratico in accordo con principi di un certo valore. Non era possibile. E allora?
Cercai brevemente di fare ordine all’intera vicenda per arrivare ad una conclusione.
I miei genitori, incapaci di farlo, avevano chiesto a mio nonno di sottopormi per le due settimane della loro assenza, ad una formula educativa autorevole e severa suggerita dal nonno stesso, nel tentativo di smussare le mie sconvenienze ed i miei comportamenti da piccola peste degli ultimi mesi.
Il nonno aveva accettato l’incarico rispolverando però relitti del passato basati su un rigido stile gerarchico autoritario tra giovani ed anziani. Ad un certo punto, con astuzia volpina, pensò di approfittare dell’opportunità servita su un piatto d’argento per soddisfare le sue voglie recondite all’insaputa di tutti e senza testimoni.
Un segnale chiaro a sostegno della mia tesi arrivò quando di lì a poco, per caso, origliando una conversazione tra mamma e nonna, una donna anziana di provincia che mostrava totalmente i segni dei suoi 70 anni, sentivo quest’ultima confidare a mia madre, che il nonno da qualche periodo era diventato particolarmente irascibile e permaloso. Quando mia madre le chiese quali pensava che potessero essere i motivi di questo cambiamento, mia nonna rispose che era verosimilmente dovuto all’impossibilità da parte sua di sodisfare i bisogni sessuali del nonno ancora vivi e ben presenti a causa della sua età e subentrati problemi di salute.
Questo faceva soffrire molto nonno Leonardo, da sempre molto attivo sotto questo aspetto. L’astinenza sessuale indesiderata che il nonno era costretto a praticare, aveva avuto in lui conseguenze psicologiche piuttosto evidenti stressandolo a tal punto da renderlo sempre più intrattabile.
I sensi di colpa della nonna la struggevano, ma cosa poteva farci? Proprio nulla. La mamma cercò di consolarla, di darle dei buoni consigli, poi ma la cosa finì lì.
Beh, il quadro era chiaro. Nonno Leonardo aveva usato tutta la famiglia per sfogare i suoi bollenti spiriti e concretizzare le sue fantasie erotiche. E lo aveva fatto principalmente con me.
Tratte queste conclusioni andai interiormente su tutte le furie. Il nonno furbescamente aveva tradito la fiducia di tutti noi e mi aveva usato come strumento per realizzare i suoi propri fini.
Avrei voluto urlare, avrei voluto raccontare tutto ai miei genitori e poi denunciarlo alle autorità competenti per farmi giustizia. Che rabbia!! Ero in preda ad emozioni contrastanti e dolorose. Mi sentivo annullato, annichilito, reciso nell’intimo ferito nei sentimenti e nell’orgoglio.
Ma seppur dolorosamente, dovevo ricomporre i pezzi e ragionare. Occorreva superare il tutto senza che questo potesse condurre a nuovi disastri. Denunciarlo avrebbe prodotto uno scandalo familiare immenso ed il suo disfacimento. Avremmo pure rischiato di finire sui giornali della stampa locale. Una catastrofe! Che fare?
In un ottica coscienziosa e di buon senso decisi di affrontare la situazione con coraggio e fiducia in me stesso assumendo un atteggiamento positivo compensatorio. Dovevo prendermi un po’ di tempo, non lasciare le cose al caso e liberarmi dalla morsa del vittimismo e dell’autocommiserazione.
E così cinicamente risposi a mia madre: “Mamma, con il nonno è andato tutto bene. Queste due settimane sono state molto utili perché mi sono servite a ricostruire un rapporto con il nonno da diversi anni imperfetto come sai, ed ammetto, per mia responsabilità. Per il resto, con i suoi consigli il nonno è riuscito a farmi mettere in discussione, a farmi riconoscere tanti miei errori ed a suggerirmi come correggerli. Tutto questo mi ha dato un grande senso di benessere, sai? Con il nonno siamo riusciti a creare un terreno fertile sul quale costruire qualcosa di buono anche nel prossimo futuro.”
Mia madre mi guardò sbigottita e con un’espressione di stupore rispose: “Davvero?”
Intanto arrivò mio padre e si intromise nella discussione: “Eccomi qua! Son contento che tutto sia andato come sperato. Il nonno mi ha detto che siete stati bene insieme e che avrebbe piacere che continuaste a vedervi in maniera da lavorare a quello che è stato seminato tra di voi in queste due settimane. Che ne pensi Ale? La nonna si è mostrata entusiasta! Saresti disposto ad andare a trovare i nonni più spesso almeno finchè sarai libero dagli studi? Tra l’altro mi ha detto che saresti interessato ad imparare qualcosa che riguarda la coltivazione biologica dei campi. Allora? Che ne pensi? Io sarei d’accordo e credo che la mamma non abbia nulla in contrario. E’ vero?”, disse rivolgendosi a mia madre con un sorriso ed appoggiandole con affetto un braccio sulle spalle.
“Ma certo!”, replicò lei. “Io ne sarei ben felice.”
“Sono due ore di treno all’andata e due al ritorno, per cui sarà un po’ faticoso, però se Ale è d’accordo per me va benissimo”, continuò lei.
“Ma si”, risposi io. “Una volta alla settimana, magari il sabato ci andrei volentieri. Il nonno mi ha parlato tanto dell’importanza dell’agricoltura biologica e dei suoi progressi che mi ha fatto venire la curiosità di vedere come si organizza”.
“Ok, ma adesso andiamo a pranzo, abbiamo portato qualcosa di pronto dalla rosticceria e non vorrei che si freddasse”, esclamò mia madre chiamando tutti all’appello.
La tavola fu imbandita e la famiglia riunita. Nonno Leonardo, il più anziano, il pater familias impassibile ed intoccabile, fu fatto sedere a capo tavola; tutti gli altri intorno. Il rito era totalmente consolidato. Cominciammo a mangiare e mentre tutti conversavano del più e del meno io, partecipavo limitandomi a qualche battuta restando immerso nei miei pensieri riuscendo comunque a nascondere il mio vero stato d’animo. Mi sentivo ferito nei sentimenti e nell’orgoglio.
Durante questo pranzo i miei “per favore”, “grazie” e collaborazioni a sistemare e servire la tavola stupivano i presenti. Senza rendermene conto mostravo meno propensione a comportamenti aggressivi e sfidanti come ero solito fare fino ad appena due settimane prima. La “cura” del nonno mostrava per inerzia ancora i suoi effetti.
I miei genitori sottobanco lanciavano occhiate di meraviglia e gesti di consenso al nonno apprezzandolo per essere riuscito a cambiarmi in un così breve tempo. Lui in maniera esplicita, ostentava verso di loro segni di vanto e soddisfazione come di chi era riuscito a domare un cavallo selvatico. ”Avete visto che avevo ragione?”, sembrava dire.
Finito quel convivio ci accomodammo in soggiorno per riposare un po’ finché, fattosi l’orario della partenza, i nonni si apprestarono ad andare via. Mio padre andò nel garage a prendere la nostra auto ed io e mamma li accompagnammo alla porta. Poi li aiutammo a sistemare le loro cose nel bagagliaio.
“Presto, non vorrei si facesse troppo tardi”, esclamò mio padre.
Salutai la nonna e poi mi avvicinai al nonno. Dall’alto della sua mole avvicinò la sua grande mano al mio viso, mi diede una carezza conturbante e con uno sguardo intenso e magnetico mi disse con voce distesa ed idilliaca:
“Arrivederci figliolo. Ti aspetto per il prossimo sabato.”
Con un leggero brivido lungo schiena ma, reggendo lo sguardo fisso di sfida verso i suoi occhi come per dire “Hey, guarda che ti ho sgamato!”, gli risposi con un secco:
“Sicuramente.”
Lui accennò ad un sorriso alquanto ambiguo, girò le possenti spalle ed insieme alla nonna entrarono in macchina. Che storia!
Da quel pomeriggio mi sforzai di riprendere la mia vita di sempre.
Miracolosamente ricomparve il mio smartphone e internet riprese a funzionare.
La prima cosa che feci fu quella di darmi una bella restaurata. Per ovvie ragioni mi ero dovuto trascurare durante quelle due settimane. Ripresi il mio look ed il mio outfit preferito.
Poi mi feci vivo con i miei amici e compagni di scuola. Naturalmente avevo diverse chiamate senza risposta sul cellulare. Inventai una buona scusa per tutti. Sentivo il bisogno di ritrovare il me se stesso di sempre dopo quei quindici giorni di follia.
Tuttavia ben presto mi accorsi che nulla poteva essere come prima.
Mi sentivo come se qualcuno mi avesse rubato l’anima. Se me lo avessero detto prima non ci avrei creduto. Durante il giorno ma soprattutto la sera quando andavo a letto, nel silenzio della mia stanzetta ripensavo all’accaduto. Ero arrabbiato, umiliato e mi sentivo anche sporco. Ma non potevo negare che ero stato travolto da piaceri, emozioni e desideri da farmi perdere la testa.
Ero pervaso da una profonda inquietudine che riuscivo comunque ad occultare ai miei genitori.
Avrei voluto vendicarmi. Nutrivo verso nonno Leonardo un desiderio di vendetta per restituirgli il torto subito; l’inganno. Consideravo che vendicandomi avrei appagato il mio sentimento di ripicca nei suoi confronti e mi sarei riappropriato del mio equilibrio emotivo di cui mi sentivo privato.
Ma il mio corpo, martoriato dal passaggio quel vecchio, impregnato dai suoi umori, chiedeva ancora di lui. Il patto che facemmo seduceva e prevaleva ancora sul mio fragile essere.
I giorni passarono presto. Arrivai al venerdì successivo ancora indeciso sul da farsi. Se avessi voluto avrei potuto chiudere la questione definitivamente, ma avevo l’obbligo di essere sincero con me stesso. Volevo essere felice senza se e senza ma e per esserlo sentivo di dover colmare quel senso di vuoto, quel desiderio naturale che in quel momento della mia vita solo mio nonno poteva darmi.
Mi mancava il gusto, il sapore di quel rapporto di sottomissione che dava un senso alla mia giornata, mi mancava il suo senso di protezione, mi mancava il suo odore denso, voluttuoso, speziato, invadente ed invasivo che mi ha accompagnato per due settimane. Mi mancava il suo modo di “maneggiarmi” e le sue mille risorse capaci di stordirmi di appagamento erotico. Non volevo che tutto questo diventasse solo un ricordo. Volevo viverlo ancora ed il più presto possibile.
E così, sciogliendo i miei blocchi emozionali senza giudizi ne condizionamenti, toccai la parte più profonda di me, la pura energia erotica, ed il sabato mattina decisi di andare a trovare i nonni.
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