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Le ombre dell'Ammiraglio - Cap. 8


di matteol77
25.09.2024    |    1.308    |    0 9.6
""Ehi, Ted! Il corriere ha lasciato sta roba per te..."
Capitolo 7: Sborrate e cinque stelle: L'ascesa di Ted

Ted si precipitò in bagno, lo stomaco che minacciava di ribellarsi. Si strappò di dosso i vestiti, schifato dalla sborra dell'ammiraglio che gli si era appiccicata ai pantaloni come colla.

"Fanculo," ringhiò tra i denti, strofinando furiosamente le mani sotto l'acqua bollente. "Fanculo tutto sto schifo!"

Mentre si lavava, la rabbia montava dentro di lui. Le immagini degli ultimi giorni gli lampeggiavano davanti agli occhi: il vecchio bastardo nudo, l'odore di vecchiaia e lubrificante, la sensazione del cazzo flaccido e rugoso nella sua mano.

"Col cazzo che lo farò ancora!" sbraitò al suo riflesso nello specchio del bagno. "Non smanetto più quel vecchio porco quindici volte al mese. Che si fottano l'Urologo, l'iPhone e quei pezzi di merda dell'agenzia."

Si rivestì come un ossesso, mandando a fare in culo le chiamate stridule dell'ammiraglio dalla camera. Incazzato nero, si cambiò in fretta quella merda di tuta sborrata e si precipitò fuori da quel bordello, giurando che non ci avrebbe più messo piede neanche se gli avessero offerto un milione di euro.

Il tragitto verso casa fu un caos di autobus affollati e strade grigie. Ted sentiva ancora l'odore dell'ammiraglio addosso, nonostante si fosse lavato. Si sentiva uno schifo, usato come una puttana da quattro soldi, ma soprattutto incazzato con se stesso per essersi ridotto a quel punto come un coglione.

Finalmente, arrivò davanti alla porta del suo squallido appartamento di periferia. Stava per inserire la chiave quando il suo vicino ubriacone, un uomo sulla cinquantina con una perenne canottiera macchiata e un mozzicone di sigaretta appiccicato al labbro, lo chiamò.

"Ehi, Ted! Il corriere ha lasciato sta roba per te. L'ho presa io, così non te la fregavano."

Ted lo fissò come un ebete. Non aspettava un cazzo di niente. Il vicino gli sbatté in mano un pacchetto elegante, che stonava come un gioiello in un porcile in quel posto di merda.

Con le mani ancora tremanti per l’incazzatura, Ted entrò in casa e aprì il pacchetto. Il suo cuore mancò di un battito.

Un Rolex Submariner se ne stava lì, su un cuscino di velluto nero, il quadrante che brillava come una puttana di lusso nella luce di merda del suo tugurio.

Un biglietto era attaccato al fondo: "Così non avrai più scuse per arrivare tardi, stronzetto. L'Ammiraglio."

Ted fissò l'orologio come un idiota. Con le dita che gli tremavano peggio di un vecchio col Parkinson, afferrò il telefono e cercò su Google. Il fiato gli si bloccò in gola: 10.000 fottuti euro. Tanto valeva quel cazzo di orologio!

Sprofondato nel suo divano logoro, l'orologio di lusso in una mano e il telefono nell'altra, Ted sentì tutta la sua determinazione sgretolarsi. L'immagine del vecchio bastardo nudo svanì, rimpiazzata dal luccichio osceno del Rolex.

"Forse," biascicò a se stesso, "posso reggere ancora un po' questa merda di lavoro. In fondo, è solo un lavoro come un altro, dopo tutto…”

La sua dignità si stava squagliando come un gelato al sole, ma il peso del Rolex al polso gli faceva dimenticare l’odore dello sperma del vecchio. Era fottuto, e lo sapeva.

In quel momento, il suo iPhone squillò.

"Ted? Sono Genny dell'agenzia," cinguettò una voce femminile così falsa da far sembrare le tette di silicone naturali. "Ho delle notizie che ti faranno venire nelle mutande!"

Ted rimase zitto, il cuore che gli martellava nel petto.

"L'ammiraglio ti ha appena dato cinque fottute stelle!" continuò Genny eccitata . "È la prima volta che non si lamenta come un vecchio rincoglionito! Devi avergli fatto un servizietto coi fiocchi!"

Ted sentì una risata amara salirgli in gola come vomito acido. "Impressionato!", un cazzo. Se solo sapessero come gli aveva "lustrato il timone".

"Congratulazioni, Ted!" squittì Genny. "Continua così e potresti ricevere un bell'aumento. L'ammiraglio è un pezzo grosso per noi, se capisci cosa intendo."

"Grazie," biascicò Ted, la voce di un topo schiacciato.

Chiuse quella cazzo di chiamata e lasciò cadere l'iPhone sul divano come un sasso.

Si guardò intorno con occhi spenti: il suo tugurio di periferia che chiamava casa, l'iPhone da figlio di papà, il Rolex da 10.000 sacchi al polso.

Si lasciò cadere sul divano, la sua pancia flaccida che traboccava dai jeans troppo stretti. Si sentiva svuotato come dopo una sega triste, il suo corpo morbido che sprofondava nei cuscini logori.

La sua cazzo di determinazione di mandare tutti a fanculo era svanita nel nulla, spazzata via dal luccichio di quella roba costosa e dal fruscio di banconote immaginarie che gli sussurravano "sei un segaiolo a pagamento, Ted".

"È solo un lavoro," si ripeté come un idiota, le sue guance paffute che tremavano mentre cercava di non pensare alla sensazione del cazzo dell'ammiraglio nella sua mano. "Solo un fottuto lavoro di merda che mi fa cagare soldi."

Si fissò le mani, quelle stesse mani che poco prima pompavano il cazzo rugoso dell'ammiraglio e ora accarezzavano un Rolex. Ted si chiese quanto in basso potesse ancora scendere la sua cicciona faccia da perdente, quanto della sua anima di merda avrebbe svenduto pezzo per pezzo.

"Fanculo la dignità," mormorò, gli occhi fissi sul quadrante luccicante mentre si grattava distrattamente la pancia. "Almeno sarò un ciccione segaiolo con un bell'orologio."

Il suo corpo flaccido affondava nel divano, un monumento alla sua vergogna e alla sua avidità.

Ted sapeva di essere patetico, ma il peso dell'orologio al polso gli ricordava che ogni uomo ha un prezzo, e lui aveva appena scoperto il suo: una sega al giorno per gioielli e gadget.

Continua...
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