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Echi di Carne: Il Richiamo del Vicino - Cap 4


di matteol77
29.09.2024    |    1.332    |    2 8.5
"Bottiglie di birra scura, scatolette di fagioli in salsa di pomodoro scadute e un pezzo di pudding nero dall'aspetto sospetto lo accolsero..."
# Capitolo Quattro - L'Esca del Predatore: Un Invito a Cena nell'Appartamento del Vecchio Brown

Fu al secondo giorno che Brown decise di agire. Aspettò pazientemente sul pianerottolo, le orecchie tese come quelle di un predatore in agguato. Quando sentì la porta di Oliver aprirsi, emerse dalle ombre come un ragno dal suo nascondiglio.

"Ah, Oliver," gracchiò, fingendo sorpresa. "Come va senza il tuo... amico?"

Oliver sussultò, colto alla sprovvista. "Signor Brown! Io... va tutto bene, grazie."

Brown si avvicinò. L'alito gli sapeva di birra. La voce bassa, quasi un ringhio.

"Dev'essere dura, eh? Mangiare da solo, dormire in quel letto vuoto...". L'odore di Oliver, un mix di un profumo fresco agrumato e gioventù, gli fece girare la testa.

Oliver fece un passo indietro e deglutì visibilmente a disagio. "Me la cavo..."

"Sai una cosa?" gli occhi di Brown che brillavano di un'intensità inquietante. "Perché non vieni a cena da me stasera? Non è bene che un giovane come te stia sempre solo."

Oliver esitò, combattuto tra la cortesia e un istinto primordiale che gli urlava di scappare.. "Non so se... non vorrei disturbare…"

"Nessun disturbo, ragazzo mio," insistette Brown, posando una mano pesante e callosa sulla spalla di Oliver. Il contatto era come una scarica elettrica per entrambi."Insisto."

Oliver sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Gli occhi di Brown lo scrutavano come se volessero divorarlo, e per un attimo si sentì nudo e vulnerabile sotto quello sguardo.

"Va bene," si arrese infine Oliver, la voce poco più di un sussurro. Come inquilino, non voleva entrare in conflitto con il suo padrone di casa in assenza di Peter. "A che ora?"

"Alle otto," rispose Brown, un sorriso storto che gli deformava il volto rugoso. "Non essere in ritardo."

Mentre Oliver rientrava nel suo appartamento, sentendosi stranamente sporco, Brown tornò nella sua tana. Si diresse subito in cucina, aprendo credenze e frigorifero. Bottiglie di birra scura, scatolette di fagioli in salsa di pomodoro scadute e un pezzo di pudding nero dall'aspetto sospetto lo accolsero.

"Merda," grugnì, realizzando di non avere nulla di decente da offrire.

Prese il cellulare e chiamò il pub all'angolo. Il telefono squillò tre volte prima che una voce roca rispondesse.

"The Red Lion, che posso fare per te?"

"Sera Bill, sono Brown," disse, grattandosi la barba incolta con le dita tozze e callose. "Mi servirebbe una cena per due da asporto. Hai qualcosa di pronto?"

"Certo, vecchio mio. Ho del fish and chips appena fritto, e un po' di shepherd's pie ancora caldo. Ti va?"

Brown esitò, il suo corpo massiccio che si contraeva per l'indecisione. "Perfetto. Aggiungi anche due pudding al caramello per dessert. E Bill... mettici dentro quattro lattine di birra fresca, mi raccomando."

"Nessun problema, amico. Le tengo al fresco per te."

Chiuse la chiamata, un sorriso storto che gli increspava le labbra. La birra era l'ingrediente finale, il lubrificante perfetto per la serata che aveva in mente.

L'appartamento era un disastro. Con un grugnito, iniziò a raccogliere la spazzatura, i muscoli delle braccia ancora tonici nonostante l'età che si gonfiavano sotto la maglia consunta.

Poi si diresse in bagno. Lo specchio gli rimandò l'immagine di un volto segnato ma ancora virile, occhi penetranti sotto sopracciglia folte. La pelle rugosa pendeva dal collo taurino. Il corpo massiccio portava i segni di decenni di lavoro duro al cantiere navale e di grandi bevute in compagnia.

Sotto l'acqua tiepida, il cazzo di Brown si indurì. Si strofinò con foga, ansimando, le mani callose che percorrevano la carne flaccida, la pancia gonfia di birra e solitudine traboccava sul pube.

Uscito dalla doccia, si asciugò sommariamente e si fece la barba.

Poi frugò nel cassetto della biancheria, estraendo un paio di boxer grigi, l'elastico allentato e sfilacciato. Li infilò, il tessuto che si tendeva sulla pancia prominente e ricadeva floscio sul posteriore appiattito.

Indossò la camicia, ingiallita sotto le ascelle, che si tendeva sul torace cadente. Infilò un paio di pantaloni larghi e ampi, il tessuto logoro che pendeva goffamente attorno alle sue gambe tozze accentuavano la sua figura sgraziata.

"Stasera," mormorò tra sé, gli occhi fissi sul calendario dove aveva cerchiato in rosso i giorni dell'assenza di Peter. "Stasera inizia il gioco vero, Oliver."

Nel suo appartamento, Oliver fissava il telefono, combattuto. Doveva chiamare Peter? Dirgli dell'invito? Ma cosa avrebbe detto? "Ehi amore, il vecchio porco mi ha invitato a cena e ho detto di sì"?

Scosse la testa, cercando di scacciare i pensieri cupi. Era solo una cena, si disse. Cosa poteva succedere?

Le ore scivolavano via, inesorabili. L'orologio segnava le 19:55 quando Oliver si ritrovò davanti alla porta dell'appartamento del vecchio Brown, il cuore che gli martellava nel petto come se volesse fuggire.

Bussò, tre colpi esitanti.

"Avanti, è aperta", rispose una voce dall'interno, roca e carica di aspettativa.

Oliver girò la maniglia, la porta si aprì con un cigolio. La luce bassa dell'appartamento di Brown lo inghiottì come la bocca di un mostro affamato.

Continua...
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