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Gay & Bisex

La pineta magrebina 2 - Il parcheggiatore


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
19.02.2024    |    8.833    |    10 9.3
"Li fece roteare attorno al palmo e lasciò che la mano sinistra finisse lungo il mio culo..."
Quel pomeriggio ci fermammo all’esterno del baretto del lido a goderci la brezza marina. Aspettavamo coppie di amici che tardavano a venire. Poggiato al bancone, tastandosi il pacco con la sinistra, riconobbi il parcheggiatore della mattina. Fissanfomi, sollevò gli occhiali da sole, poggiandoli sull'ampia stempiatura. Iniziò a farmi cenno con la lingua e con la mano per indicare evidentemente il pompino che avevo fatto ai tre. Fui preso dal panico, anche perché non potevo immaginare niente di diverso. Viceversa non si sarebbe neppure sognato fi fare una cosa del genere.
Per timore che si avvicinasse al tavolo, una volta arrivati i miei amici, mi allontanai dicendo di avere un’urgenza e che comunque toccava a me prendere il primo giro di birre. Accostatomi al bancone le ardinai e chiesi alla signora di portarle al tavolo. Mentre la moglie eseguiva la mia richiesta, il marito mi fece cenno di passare dietro. Arrivato di fronte a lui, mi si accostò e mi sussurrò: “T’aggie viste, come stavi a godere co gli amici tuoi… Mentre pompavi t’aggie fatte pure nu video.”
Impallidii e lui se ne accorse.
Cercai comunque di reagire:“Cazzate!”
Senza aggiungere altro, fece partire il video sul cellulare: "Se vere ca’ te ne intiende. Chi’o’ssape quante ne aie succhiati!?”
- “Vuoi soldi?”
Fece scivolare la mano destra lungo la parte anteriore dei miei pantaloncini e mi afferrò il cazzo e le palle. Li fece roteare attorno al palmo e lasciò che la mano sinistra finisse lungo il mio culo.
La moglie tornò al banco e lui si scostò. Non appena quella ci diede le spalle, l'uomo mi solleticò il buco con l'indice e mi si accostò all’orecchio: “Jamme int”o cess a parla’”.
Rivolgendosi alla moglie: "Oh, è finita la carta ind'o cesso. Faccio il servizio al signore e vengo".
Chiusa la porta del bagno, mi mise le mani sulla faccia e mi accarezzò e con un po’ di forza. Quindi, mi mise un pollice in bocca, che istintivamente ciucciai.
Iniziai a masturbarlo attraverso lo slip da bagno. Aumentai la velocità e la potenza del segone. Volevo chiudere in fretta quella faccenda.
Continuava a sorridermi con arroganza. Gli piaceva essere pastrugnato attraverso il tessuto elasticizzato, ma non gli bastava.
“Mo voglie fa fà pure io nu bucchin!” - mi disse con un sorriso da stronzo.
- “Senti, ho la mia donna fuori. Facciamo domani mattina, dove vuoi tu!”
– "O’ sape quanto si zoccola?"
Capii il senso ricattatorio di quella domanda. Non potevo rischiare.
Si calò il costume fino alle cosce e si tenne in mano il cazzo: "Vide pure ‘o pesce mio quant’è gruss?"
Mi ritrovai a pochi centimetri dal suo grosso uccello scuro, sentendone l’odore misto a quello dell’acqua salata.
Le sue mani sul culo e il suo cazzo che menavo mi davano brividi. Avrei voluto che m’inculasse, ma non ebbi il coraggio di fare così tanto la troia da chiederglielo.
Il porco mi infilò la mano nei pantaloni con elastico in vita che indossavo. Mi massaggió il buco con due dita fino a farmi mugolare. Accelerai la sega e, a gambe divaricate, il suo ghigno aumentò.
Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo manico grosso, bruno e peloso. Senza guardarlo mi inginocchiai. Misi le mani sulle sue cosce, accarezzandole, e salendo fino a saggiare la consistenza dei suoi glutei pelosetti. Con la sinistra iniziai ad accarezzargli lo scroto, sentendo sotto le dita i grossi testicoli, mentre con la destra gli stringevo l’asta.
- “Bravo, comincia da ‘i palle!” – mi disse, sicuro.
Lo sollevai e avvicinai le labbra.
- “Ciucciale nu poco!”
Le baciai, leccai e succhiai. Intanto con la sinistra armeggiavo il cazzo duro come il marmo, non tanto lungo ma grosso, con le vene in rilievo e la cappella violacea a forma di fungo.
Poggiai le labbra e pensai che ormai non potevo più far finta di essere dispiaciuto della situazione, perché ero eccitatissimo e che anche lui lo aveva capito.
- “Te piace si te chiamm zoccole. E’ ‘o vere?”
Uscii la lingua e cominciai a leccare la lunga asta, avvolgendola. Lo baciai ancora sulla cappella, poi sul tronco e, mentre con una mano lo tenevo sollevato, ricoprii l’asta di baci, fino ad arrivare allo scroto. Lo titillai con la lingua e lo leccai avidamente, sentendo i testicoli sobbalzare alle profonde slinguate. Risalii fin sulla punta del glande, lo baciai ancora e finalmente lo presi in bocca. Sentii che il corpo dell'uomo fu percorso da un brivido, mentre io davo una prima, profonda succhiata, gustando finalmente a pieno quel sapore di maschio nella gola.
- “Succhia bucchina! Succhia bene! Mettici l’impegno! Leccalo tutto".
“Mmmmm” mugolai mentre mi strofinavo l’uccello sulle guance.
- "Brava, accussì.”
Gli diedi due o tre energiche succhiate, assaporandolo voluttuosamente e, mentre lo accarezzavo, e solo allora ebbi il coraggio di alzare gli occhi per guardarlo in viso.
Non resistetti e con la mano cominciai a segarmi lentamente. Cominciai a succhiare con più forza, cercando di farlo entrare inutilmente fino in gola, per poi farlo uscire lentamente. All’improvviso quello mi prese da dietro e me lo infilò in fondo. Delle lacrime iniziano a rigarmi il volto, ma lui continuò.
Qualcuno bussò alla porta. Era la mia fidanzata che mi chiedeva se andasse tutto bene.
Ripresi fiato e tossii.
Le risposi che forse mi aveva fatto male qualcosa che avevo mangiato in spiaggia quella mattina.
-“Amore, sarà stato il gelato!?”
Lo stronzo, sghignazzando, fece partire in muto il video dei tre che mi fottevano in bocca. Solo allora mi resi conto che non poteva essere che fatto da loro, vista la vicinanza e la ripresa dall’alto.
Francesca andò via, dicendomi che forse non era il caso di ordinare qualcosa anche per me.
Risposi che aveva ragione.
Sentendola allontanarsi, fissando il tipo: “Il video te l’hanno dato quei figli di puttana?”
- “Che te ne fotte? Succhia e famme sburra’!”
Sentivo l’odore del suo sudore riempire l'abitacolo del cesso. Ebbi un moto di ribrezzo, cercai di spingerlo via con le mani, di serrare le labbra.
Mi afferró la testa e la portó a sé con violenza. Mi colpì con il cazzo: "Oh, bucchina! Ho detto succhia!"
Gli ciucciai la nerchia vergognandomi all’eccitamento che mi dava il suo sapore, dell’arrapamento che mi procurava l’essere trattato come una pompinara da cesso pubblico.
Con una spinta decisa mi entró in gola come una spada. Mi tolse il fiato. Si fermó e cominció a ritirarsi piano. “Che bella, che bella figa c'hai in bocca…”
I suoi occhi mi fissavano. Il suo viso era volgare, abbruttito. Riaffondó. E poi ancora. Si fermó e riaffondó. E ogni volta perdevo un po' di più il controllo.
Non cercai più di respingerlo, non volevo che smettesse. Con un sorriso strafottente lo estrasse da me, si piegò, si avvicinó e tiró fuori la lingua. Mi leccó le labbra, bagnandomele.
D’istinto le schiusi, ma ricevetti solo una leccata umida e lunga, prima che ricominciasse a scoparmi la bocca.
Il suo orgasmo mi colse di sorpresa. Rantolò, mi levò dalla bocca l’uccello, quasi strappandomelo dalle labbra. Iniziò a menarselo velocemente. Dalla cappocchia violacea iniziarono a schizzare caldi fiotti che mi colpirono il viso e le guance. A bocca aperta cercai di raccogliere al volo lo sperma e di passare la lingua sul glande che eruttava.
La maggior parte degli schizzi si erano riversati su di me, ma riuscii a bere un po’ di quella densa spremuta di coglioni.
Il parcheggiatore mi strofinò l’uccello sul viso, carezzandomi le guance e le labbra con la grossa cappella, spalmandomi sulla pelle lo sperma.
Appena smise glielo afferrai e iniziai una lenta, accurata pulizia con la lingua e le labbra. Gli leccai ogni centimetro, assaporando ogni stilla di sborra che raccoglievo, mentre sentivo sul viso e sul collo colare lentamente le gocce di liquido seminale. Mentre continuavo a leccarlo, rimaneva duro e caldo quasi come quando avevamo cominciato.
Mi misi a pecora sul cesso. Mi girai verso di lui, mentre con una mano mi accarezzavo il culo, passandola nel solco fra le chiappe: “Mettimelo, ti prego!”
Lo supplicai, ma lui mi porse un rotolo di carta igienica e se lo rimise nel costume: "Te piace proprio ‘o pesce, eh?"
Prima di uscire, mi sbatté la mano sulla fronte: “Latrina, esci tra poco, no subito. Ci vedemme domani o’ parcheggio. Port’e i preservativi ca te spacche. Se farai o’ brave, richiamo pure gli amici tuoi. Ah, vuoi sapere quanto vali per loro? Il video m’è custato tre biglietti di autobus per la città.”
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