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IL FASCINO BURINO DI ROMA 2 – IL CHIOSCO


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    2.864    |    1 9.8
"Massimo sgusciò fuori da me e mi fermò la testa sul legno del bancone: "Dottore buongiorno! Il solito quotidiano?" Massimo si piegò e, nel prendere..."
Quella mattina mi alzai presto. Camminai per ore fino a che arrivò l’esigenza di fermarmi. La scopata con Fabio in Villa Borghese mi aveva scombussolato e non riuscivo a pensare ad altro. Di certo non ero un verginello dai tempi del liceo, ma con l’impegno dell’Università e grazie alla ragazza con cui stavo, avevo deciso di lasciar perdere certe situazioni. Nel mio paese ormai passavo per una troia succhiacazzi e non mi andava di ritrovarmi ancora con il mio numero di cellulare scritto nei cessi della facoltà. Certo, Fabio dal bancone dietro cui lavorava sapeva appena cosa fosse una facoltà e questo mi rassicurava.
Continuando a camminare mi ritrovai a Piazza della Repubblica, dove Massimo, il fratello di Fabio, aveva un chiosco.
Era una delle tsnte baracche ma talmente ricolma di libri d’arte, vecchi dischi, video e riviste porno, da lasciare giusto lo spazio per ospitare il venditore.
Massimo era un giovane uomo non particolarmente alto, ma aveva denti perfetti e i capelli folti e neri. Lentamente si tolse gli occhiali da sole. Aveva un viso maschio, barbetta appena accennata e due labbra carnose che si aprirono in un sorriso quando mi accostai.
Chiacchierammo dei suoi clienti, delle vendite, dei politici che vedeva andare con le marchette, delle signore che entravano nei cessi pubblici o nei cinema porno lì vicino.
Tornai a trovarlo quasi tutte le mattine seguenti, rientrando dall’università. Mi raccontò che da ragazzo era un bulletto e lavorava a Porta Portese: "Nella baracca dove stavo so passati de tutti. Ogni tanto me ricordo de le mignotte che la sera de Natale se compravano li giocattoli pe li figlj. Qualcuno gliel'ho pure regalato, senza dirlo al capo mio." IN breve aveva cominciato a vendere per i fatti suoi di fronte a Ponte Testaccio e, dopo un paio d'anni, aveva preso quell'attività. Gli piaceva avere a che fare con la gente, con i turisti. E, visto che eravamo in confidenza, con un sorriso malizioso, mi confidò che tutte le belle turiste che giravano mezze nude e sudaticce lo stuzzicavano. Per fortuna i suoi calzoncini ampi e l’altezza del bancone ne celavano le vistose conseguenze. Anche per questo, pur essendo sposato, non si sarebbe mai privato di certe abitudini segrete e solitarie: "Io me le faccio pure qui, sotto al bancone. Per davvero. È tanto alto che è impossibile vedere che sto a fa’. Anche se c’ho la ceppa come la colonna traiana!"
- "Ma figurati!" - Gli risposi con un’espressione divertita ma scettica.
- "Ah oh.., Te dico credece! Sto sui ventidue. È 'na caratteristica de famiglia, diciamo."
I rapporti con Massimo divennero sempre più stretti tanto che, chiusa l’edicola, eravamo andati più volte insieme a bere qualcosa. Mi raccontò che dei fratelli, solo lui e Fabio non erano finiti in carcere. Gli altri devono rispondere di usura, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio, esercizio abusivo di attività finanziaria e favoreggiamento reale. In tutto erano sei fratelli e, a suo parere, la squadra Mobile di Roma ce l'aveva con loro, con tutti.
- "Io solo una cosa gli ho detto: al gabbio, spalle dritte e culo stretto. Dovete spacca' voi i culi, perchè se te lo fanno 'na volta, poi diventi la mignotta de tutti!"
In vista della parata per la Festa della Repubblica del 2 giugno, erano iniziati i trasferimenti di uomini e mezzi e le prove per la parata. Andai all’edicola per proporgli di andare di nuovo da qualche parte dopo la chiusura, ma era ancora presto perché potesse chiudere. Ripartimmo con i soliti discorsi. Notai come la camicetta fosse stata slacciata maggiormente rispetto agli altri giorni, dal momento che si intravedeva un bel pelo scuro
che toccava quasi l'attaccatura del collo. Massimo, ogni tanto, si sistemava gli slip fra le chiappe, se li aggiustava intorno al pacco, toccandoselo vogliosamente: "Oh, te devo dì 'na cosa."
Siccome la moglie era incinta del quarto figlio e non gliela dava, aveva incontrato per pochi “baiocchi” una ragazzina di sedici anni, una “zingarella” che però gli aveva detto che non le piaceva prenderlo in bocca al che lui le aveva detto: "Pazienza! Allora famme ‘na sega! M’accontento."
Nel raccontare, cominciò a fissarmi intensamente - "E invece non m'è bastato per un cazzo! Sto ancora co' la voglia!" - mentre si passava lascivamente la mano sul pacco, dapprima stringendosi i coglioni e poi accarezzandosi il cazzo in tutta la sua grossezza. Improvvisamente mi chiese, quasi sfrontatamente, se pensassi che fosse troppo grande e se quello potesse essere il motivo del rifiuto.
Rimasi senza fiato, distolsi lo sguardo, mentre lui continuava: "Forse la prossima volta ne becco una e riesco a famme fa’ ‘na pompa! Magari non sarà brava come te, però..."
Lo fissai a dir poco perplesso. Quindi, mi confidò che il fratello, quando aveva saputo che stavamo uscendo insieme, gli aveva raccontato tutto del nostro incontro con dovizia di particolari e che, al solo pensiero di ciò che gli avevo fatto: "Senti, io non so' mai annato co' n'omo, ma so’ così eccitato che ‘è mutande c’hanno er naso. Che? Me lo vuoi fa tu ‘n tirante pure a me?"
Cazzo. Voleva una sveltina di bocca lì, un pompino veloce in mezzo al traffico e ai passanti? Ma era una fissa di famiglia?
- "Non credo sia il caso."
E quello, con uno sguardo sicuro, dritto, aveva aggiunto che si trattava solo di un piacere: "Perchè no? Fabio mi ha detto che te piace proprio pesca’ er cefalo chiapparolo. Pure lo sburro mio è dolce! Se non ci credi, te devi solo infila’ sotto ar bancone e…"
Si sollevò in punta di piedi, si allontanò dal bancone e, sporgendo con il bacino, si strinse l'uccello che, stretto nelle mutande, gli arrivava sul fianco destro: "Oh, sto duro e carico!"
Accettai, pensando a Fabio e alla sua linguaccia pettegola: "Va bene. Stronzo lui, puttana io!"
Mi abbassai, coperto dal bancone e, al solo pensiero, l’eccitazione di Massimo diventò ancora più visibile sotto i calzoncini consumati.
Scesi velocemente verso il suo ombelico e, afferrata con i denti la stoffa dei suoi pantaloncini, diedi qualche gradevole morso al rigonfio pulsante che stava sotto.
Massimo mi fermò, aumentò leggermente il volume della radio -"Questa me piace! - si sfilò i pantaloncini, tenendoli tra le cosce brune e divaricate. Mi mostrò i suoi slip bianchi e, in tutta fretta prendendomi la mano, me la mise sul suo cazzo.
Cominciai a leccarlo attraverso gli slip, a mordicchiargli la capocchia, facendo fuoriuscire un po’di liquido seminale che, subito, creò una piccola macchia sul cotone.
Mi chiesi cosa aspettassi. Tirai fuori il cazzo dal bordo laterale delle mutande. Mi apparve giusto all’altezza degli occhi. Era stupendo. Peli ricci e neri, appena arruffati coronavano un monumento. Divaricò ancora di più le gambe pelose per trovarsi alla giusta altezza e, lasciando ciondolare i testicoli, se l’afferrò, sbattendomelo più volte sul viso: "Bono che te sporvero la faccia cor cazzo!
Mi fermai un istante per ammirarlo. Poi lo annusai, lo leccai e ne ingoiai la capocchia: "E bravo! C'ha ragione mi' fratello. T’atteggi, t’atteggi ma sur cazzo t'appoggi come na’ mignotta."
Gli squillò il cellulare, mi fissò incazzato: "E’ mi’ moglie. Tu intanto succhia! Succhia!"
Rispose. La mia lingua correva lungo l’asta, leccava la cappella, le labbra succhiavano. Speravo che un gemito tradisse la mia presenza. Lui sudava sulla fronte, sotto le ascelle, tra le cosce e la moglie intanto gli parlava, urlando, del figlio che non voleva studiare al che lui: "Ah oh…Ma che te credi? Che sto qui a farme ‘na svertina?"
Sempre più incazzato, mi bloccò la testa contro il bancone e cominciò a spingere con piccolissimi movimenti. Chiuse il telefono e aumentò il ritmo, bestemmiando: "Li mortacci tua e de quella sviolinata marchettara de tu madre!"
La gente, intanto, continuava a passare e lui sembrava stare lì a muovere un piede a ritmo di musica. Un cliente si avvicinò. Massimo sgusciò fuori da me e mi fermò la testa sul legno del bancone: "Dottore buongiorno! Il solito quotidiano?"
Massimo si piegò e, nel prendere la rivista porno ai sui piedi, mi leccò velocemente le labbra e il volto, godendo del suo stesso sapore. Mise la rivista nel quotidiano, prese i soldi: "E' sempre un piacere dottore. Ci vediamo."
Il cliente si allontanò e lui riprese subito a scoparmi in bocca.
All’improvviso sentii la voce di Fabio che chiedeva al fratello se fossi arrivato.
Massimo, sghignazzando, gli rispose che ci mancava poco e ironicamente io, fottuto in bocca come una troia, godetti giusto in quell’istante, lasciando che il mio schizzo caldo colasse sulle le gambe aperte del negoziante.
Massimo non mi lasciò respirare, mi tappò il naso e ricominciò a fottere, invitando il fratello ad sporgersi oltre il bancone per vedere. Fabio commentò come prevedibile: "Li’ mejo mortaci tua. Che frocio de merda che sei!"
Massimo sussurrò: "Ummhh… Sì! Frocio, mo’ te bevi n’ovetto fresco!" - e mi riversò in gola un inarrestabile schizzo di sperma appiccicoso, obbligandomi a ingoiarlo.
Si sistemò il pacco, guardò il fratello, si accese una sigaretta e mi disse: "Devo torna’ da quella rompicoglioni de mi’ moglie! Pe’ stasera t’ho già offerto da bere. La prossima volta te sondiamo l’ano insieme io e mi' fratello o diciamo alla tu’ ragazza che ‘o piji ‘n culo!
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