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L’UNIVERSITA’ - IL FIGLIO DEL PRIMARIO


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    2.356    |    1 10.0
"Senza battere ciglio, chiese: Ehi, figliolo…è bravo? Porgendomi i testicoli da leccare: Papà…è da non crederci! L’uomo, in camice bianco, si tolse gli..."
Dopo l’esperienza con i due fratelli e i loro amici, avevo ripreso l’università. Fabio aveva lasciato Roma, accettando di lavorare in un cantiere di Latina, e il fratello mi aveva detto che non voleva mettere in pericolo in matrimonio. In poche parole, avevano avuto ciò che volevano e proseguire avrebbe messo in discussione la loro “eterosessualità”. Fatto sta che i due bastardi avevano riempito la facoltà di scritte sul mio conto e lasciato ovunque il mio numero di cellulare.
In un baleno la mia più o meno chiara propensione sessuale, mi rese estremamente desiderabile agli occhi dei colleghi che non avevano aspettato molto prima di cercare d’approfittare della situazione. Alcuni immediatamente avevano iniziato a girarmi attorno, desiderosi e audaci. Avevo retto un paio di mesi facendo finta di non capire e accelerando il passo quando ero solo nei bagni. Però, dovevo ammetterlo che, quando li vedevo uscire dai cessi, mentre ancora si stavano abbottonando sfacciatamente i pantaloni, senza rendermi conto, abbassavo gli occhi.
Infine, avevo ceduto….sempre con più trasporto, sempre con maggiore disponibilità.
Approfittando della sordità e della scarsa vista dei docenti, la mia mano era stata regolarmente afferrata e posta sul pacco eccitato del vicino. Smettevo di prendere appunti, mi appoggiavo completamente allo schienale e spingevo il bacino in avanti. Divaricando le cosce, fingevo di seguire il lavoro e aprivo la patta del fortunato di turno il cui volto era sempre contrassegnato da un’espressione nervosa. Mai come allora si era verificata una crescita nel numero dei frequentatori della sala mensa. Il responsabile, tra sogghigni e maliziosi sguardi d’intesa, si era congratulato (stranamente) con me per il considerevole aumento della richiesta di buoni pasto.
I diversi colleghi, pur potendo disporsi liberamente lungo le file di tavoli, si sedevano al mio fianco. Puntualmente, dopo pochi minuti di convenevoli, alcuni mi chiedevano, accovacciati su scomode sedie, di andare sotto il tavolo. Io mi accoccolavo, mentre il collega di turno allargava le cosce, appoggiando i piedi tra le gambe della sedia, incastrandoli. Provvedevo a tirar fuori il loro sesso, osservando dal basso il volto sornione e vittorioso dei favoriti.
I mesi erano passati così sempre più velocemente fino a che non conobbi Antonio, figlio di un ricco primario. Il nostro rapporto iniziò in un pomeriggio di ottobre con la scusa dello studio.
Timidamente suonai il campanello. Antonio, fattomi entrare, mi strinse alla vita con un braccio, trascinandomi con forza nella sua stanza, in modo da non far notare nulla alla madre, impegnata in cucina dove giocava anche la sorellina.
Libri, scartoffie, dispense, tutto era disposto, tutto era apprestato, anche le due sedie strette tra i piedi della scrivania. Fattomi sedere al suo fianco, Antonio mi mise un braccio sulla spalla, poi mi chiese: - Allora, me la dai una mano?
- Sono qui apposta! In cosa vuoi essere aiutato?
- A tirarmelo fuori!
Il tono era scherzoso, cameratesco. Avrei potuto svincolarmi facilmente da quella situazione rispondendogli a tono o semplicemente ridendo a quella che avrei potuto semplicemente considerare una battuta. Avevo fame di sesso, di quel sesso maschio che desideravo provare ancora e ancora…
Mi limitai a bleffare giusto per un altro attimo: Ed io cosa ci guadagno?
- Questo! – mi rispose stringendosi il pacco con due mani.
Da lì il passaggio è stato immediato. Cominciò a baciarmi, a schiudere le labbra agitando la lingua, a darmi dei piccoli morsi ai lobi, sul collo; mentre mi chiedeva - Sei vergine? Di culo intendo…- sentii il suo respiro farsi affannoso mentre si accostava sempre più insistentemente al mio volto e mentre afferrava il mio palmo, protetto dalla scrivania, per posarselo discretamente sul pacco già eccitato.
Non gli risposi (ovviamente) e portai le dita sul primo bottone dei calzoni. Con calcolata rilassatezza continuai con gli altri, fino in fondo. Scostati i pantaloni, posai la mano sul cotone delle sue mutande. Antonio non batteva ciglio. Continuò a baciarmi con passione mentre sentivo aumentare la consistenza del suo membro. A quel punto infilai la mano all’interno dell’elastico e, facendo scivolare le dita sull’asta, afferrai il suo bel glande caldo e umido.
Quello, sorridendomi, appoggiata la penna tra le pagine del libro, si addossò alla spalliera della sedia. Mentre lo strattonavo velocemente, mi fece: - Bravo! Sei davvero bravo… - poi mi ansimò sottovoce, - Fattene una pure tu se vuoi…Però fai in fretta perché mia madre può entrare da un momento all’altro.
Io cominciai a strattonarmi l’uccello ancora imprigionato nei calzoni, quando, a un certo punto Antonio mi fermò dicendomi - Molla! Ti faccio io.
Liberatomi dalla morsa degli indumenti, iniziò a masturbarmi.
Ero in estasi, alternavo piacere a imbarazzo, impaccio a incredulità. Antonio si fermò e senza tanti preamboli mi chiese di succhiarglielo. Io annuii e lo ingoiai in un sol colpo, assaporandolo per intero, toccandogli con la lingua il filetto, intrattenendomi sul prepuzio. Mugolando, Antonio ebbe il coraggio di andare oltre e mi stuzzicò con un dito l’ano, muovendolo dolcemente sulla stoffa dei calzoni.
Con la testa leggermente chinata all’indietro, poi non si mosse più e chiuse gli occhi mentre io, sfregandogli le palle, continuavo a fargli un gran pompino. Incominciai ad andare su e giù con la bocca, lentamente. Antonio, però, mi mise una mano dietro la testa e cominciò a spingerla avanti e indietro, facendo aumentare il ritmo delle pompate. Poi, presomi per la testa con tutte e due le mani, cominciò a scoparmi in bocca. Continuò con lo stesso ritmo per altri dieci minuti, poi quando non poté più resistere: - Sto per sburrare...
Continuai tranquillamente a succhiare, finché non mi sentii inondare la bocca. Il primo spruzzo, potentissimo, mi finì dritto in gola, tanto che tossii strozzato. Antonio non mollò la presa, ma sborrò così tanto che non riuscii a trattenere tutto, e dello sperma fuoriuscì dai bordi della bocca, per poi scivolare lungo il viso e ricongiungersi sul meno, con una goccia lunga e viscosa.
Antonio: Che professionista! I ragazzi avevano ragione. Sei proprio un marchettaro!
- Che cazzo dici?
- Allora non è vero che batti in stazione?Che sei un ciuccia sborra a pagamento?
- Smettila!
- Che c’è? Non sono mica tutti generosi come me con i froci… Di solito mi prendo il culo! Un bel culo, stretto e sodo. Un culo da fottere. Mi hanno detto in facoltà che non lo dai…Se vuoi, ti faccio un assegno. Quanto ti prendi per certi lavoretti in esclusiva? Allora? Quanto?
All’improvviso i passi della padrona di casa risuonarono nel corridoio.
Un attimo di panico ebbe il sopravvento. Un passo, un altro... quell’incedere in pochi secondi divenne un conto alla rovescia per superare una gara piuttosto seria. Se ci avessero scoperti, sarebbe stato un casino. Riuscimmo a ricomporci, arrossati in volto e con gli occhi strabuzzati. La donna spalancò la porta e con la sua aria severa si accostò alla finestra per portar via una pianta poggiata sulla mensola. Senza dire una parola andò via, ma prima di uscire ci guardò come un giudice severo e disse che non era necessario chiudere la porta.
Il figlio non ebbe modo di obiettare ed io, in fondo, pensai che quell’interruzione forse era stata una fortuna. Non era il caso di ricominciare.
Per un po’ mi rifiutai di vederlo, finché non mi chiamò il padre.
Il primario, visti gli scarsi risultati del figlio viziato mi chiese di aiutarlo: Se per te è troppo lento, devi farlo accelerare con gli ultimi esami…Ti pagherò le ore di disturbo e starò io nell’altra stanza, dove visito per assicurarmi che tutto vada bene. - Poi aveva concluso - Anche se Antonio mi ha detto che sei molto bravo nella materia, devi dargli la giusta soddisfazione, devi procedere con calma. E’ nelle tue mani!
Mi lasciai convincere. Mi serviva mettere su un po’ di soldini per l’affitto e per le ultime tasse universitarie. Il giorno successivo ci tornai e questa volta Antonio mi confermò ch c’era il padre che visitava nella stanza a fianco alla nostra.
Rimasti soli nuovamente nel suo studio, Antonio mi chiese con un sorriso beffardo: Ora vuoi lavorare o no?
- Sei uno stronzetto viziato.
- E anche un po’ porco…
- Senti, dobbiamo studiare.
- Sì, per ora studiati il mio cazzo, poi vediamo…
Non fu necessario parlare di più, bastarono pochi gesti eloquenti, gli sguardi lascivi e scostumati. Nei miei occhi Antonio capì subito che avrebbe potuto approfittare di me. Intanto lo sentivo già eccitarsi mentre mi si sfregava contro con una leggera aggressività. Sentivo il suo membro, ormai ingrossato, strusciarsi, attraverso i pantaloni, con il mio. Una mano veloce, automaticamente infilatasi nel cinto, mi carezzò l’ano. Sobbalzai, sospirando a lungo.
Staccatomi, m’inginocchiai e gli tirai fuori il cazzo. Fermandomi un attimo davanti al suo membro, a quel punto del tutto eretto e con il glande svestito, gli alitai sopra, lasciando che il ventre eccitato di Antonio si contraesse ansiosamente. Improvvisamente, però, proprio quando ero pienamente padrone del gioco seduttivo, sentii le mani del compagno sulla mia testa che m’infilò quel nerbo in bocca. Ma per poco...
Antonio mi fermò dicendomi che stavolta avrei dovuto meritarmelo. Quindi, mi calai i pantaloni e le mutande, poggiandomi al muro, di spalle a lui. Fissando la poltroncina, che era sotto il mio viso, divaricai le gambe in modo che Antonio potesse vedermi perfettamente mentre giocavo con il sesso, stuzzicandomi i testicoli. Sì, mi stavo masturbando per quello stronzetto, pur sapendo che l’avrei potuto avere comunque, ma l’idea di fare la troia a pagamento mi piaceva, e non poco. Con la coda dell’occhio vidi l’eccitazione sempre più robusta di quello, mentre con il medio avevo iniziato a tormentarmi l’ano. Antonio, avvicinatosi, mi strizzò il sesso, quasi a farmi male. Giratomi, pensai di dover sostenere incredibilmente un ruolo attivo. Così, aperta la camicia, iniziai a leccargli e a mordergli i capezzoli. Antonio, masturbandomi, m’infilò due dita della sinistra nell’ano, facendole andare alla stessa velocità con cui stava portando avanti la masturbazione. Cazzo! Quanto era bravo.
Lasciata la presa, mi spinse in basso. La mia bocca salì e scese su quella stanga, annaffiandola di sputo, passandola con la lingua, straziandone il filetto e riprendendo a succhiarne l’estremità.
Un cigolio e la porta della stanza si aprì. Antonio mi teneva stretto, ma io con la coda dell’occhio lo vidi entrare. Senza battere ciglio, chiese: Ehi, figliolo…è bravo?
Porgendomi i testicoli da leccare: Papà…è da non crederci!
L’uomo, in camice bianco, si tolse gli occhiali e si avvicinò. Si sbottonò solo la parte centrale del camice, tirando fuori un bel cazzone spesso e nodoso. Mentre io continuavo a stimolare il figlio, mi prese la mano portandosela a sé. Ben presto i membri che a turno cercavano di entrare e uscire da me divennero ben presto due, mentre io, allargando le gambe, continuavo a masturbarmi.
Un terzo uomo entrò nella stanza. Era sulla quarantina. Un bel tipo dal fisico sportivo, alto, brizzolato. Impallidito, lasciò cadere ciò che aveva in mano. Forse era un cameriere, forse un familiare, forse un paziente…Comunque non c’entrava nulla con i due, tanto che sia Antonio che il padre, cercando di ricomporsi, gli dissero di sparire e di impicciarsi degli affari suoi.
Ma il tipo, commentando – E’ tutto a posto.
Si avvicinò e, messosi tra i due, mi offrì un terzo palo da soddisfare. A quel punto le mie labbra passarono maldestramente da uno all’altro, senza tregua.
Antonio, sottraendosi a quel caotico lavoro di bocca, si sedette sulla poltroncina. Afferratomi per i fianchi, mi fece sedere sul suo membro teso, entrando in me, progressivamente, fino ai testicoli. Prima piano e poi sempre più bruscamente iniziò a sbattermi con colpi secchi e violenti, dandomi della troia sfondata. Profondamente scosso da quelle spinte, penetrato oralmente dagli altri due, persi una prima volta il controllo e sborrai.
Soddisfatti, visto lo sgorgare del mio piacere, i tre vollero più volte cambiare posto, facendomi provare un’indistinta successione di verghe che, alternativamente, entravano e uscivano dal mio corpo, spaccandomi l’ano e facendomi dolere le mandibole. I tre continuarono a dilatarmi l’ano, a sputarci dentro, mi affondarono i loro sessi in gola fino a farmi avvertire conati di vomito; mi leccavano, offendendomi con oscenità. Luccicante di sudore, con i capelli appiccicati a ciocche, scosso da sussulti, venni una seconda volta, mentre, senza capire a chi appartenessero, stavo leccando indistintamente i testicoli di due e l’ano di un terzo. Alla fine, porgendomi tutte e tre le verghe ormai pronte, m’invitarono a darmi da fare per il gran finale. Dopo pochi colpi di lingua, mi riversarono un fiume di sperma nella bocca spalancata. Riuscendo a ingoiarla in buona parte, ricominciai a leccare tutti e tre, ripulendoli alla perfezione.
Non ho mai saputo chi fosse il terzo.


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