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CLAUDIO 1 - SFONDARE IL MERCATO!


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    4.516    |    2 9.8
"Io, senza voltarmi e restando immobile, le risposi di sì, mentre il dirigente mi sorrideva e mi chiedeva di andare a fare ancora due chiacchiere, con molta..."
Sapevo che Claudio, figlio di amici di famiglia, era considerato da qualche tempo un affermato enologo che seguiva molte aziende sparse per l’Italia. L’avevo perso di vista dai tempi del liceo, quando un giorno, la mia compagna mi chiese di accompagnarla da una sua amica il cui marito gestiva l’azienda vinicola nei pressi del centro in cui vivo. Loro avevano vissuto per anni a Milano, ma erano rientrati più che altro per curare gli interessi aziendali.
Me lo ritrovai lì, dopo anni. Sin da quando l’avevo conosciuto, mi faceva morire. Da ragazzo girava per casa in shorts o in costume da bagno. I miei sguardi gli facevano la radiografia, e lui che se ne accorgeva. Mentre mi chiedeva se avessi la ragazza, quante ne avessi avute, del tempo, della musica e varie, si metteva sempre in posizioni come per dire: “Che aspetti? Succhiami!” O almeno così pensavo, masturbandomi come un pazzo e pensando a lui. Non avevo mai avuto il coraggio di chiederglielo, ma ero sicuro che anche lui, all’epoca, avesse fatto su di me qualche pensierino. Lo costatavo in tante mezze frasi, in ammiccamenti vari e grazie a qualche carezza sul sedere non proprio casuale.
Una volta mi aveva beccato in terrazza con un telo da bagno e con la bottiglia di olio solare. Si era disteso al mio fianco e aveva iniziato a spalmarsi l’olio. Chinatosi, mi aveva massaggiato le spalle, i fianchi, insinuando la mano dentro la mutandina e infilandomi un dito dentro l’ano. Visto il mio assenso, liberando il suo uccello in piena erezione, già scappellato, si era disteso su di me, reggendosi sulle braccia. Credendomi vergine, dopo avermi tranquillizzato, aveva infilato il cazzo lucido di olio tra l’elastico dello slip e le natiche e aveva cominciato a spingere.
Eccitatissimo, ero entrato in estasi, godendo mentre lui mi sussurrava: “Ti piacerebbe essere la mia donna?”
Avevo risposto di sì, ovviamente. Quindi la sua verga turgida e pulsante, strofinandosi sul mio buchetto ormai bagnato dai suoi umori, aveva eruttato il suo piacere caldo e biancastro. Si era sollevato senza proferir parola, alquanto turbato all’apparenza. Avevo temuto il peggio, ero stato preso dai sensi di colpa e le visioni più catastrofiche avevano iniziato ad accumularsi. Finita la sua doccia, Claudio si era vestito per uscire, dicendomi che si era accordato per una mattinata di sesso con un paio di amiche. Da allora non si era più avvicinato a me.
Pazienza.
Erano passati anni e le cose erano sicuramente cambiate. Io non ero più un liceale e lui uno scapolo arrapato. Ciò nonostante, come dice il proverbio: il vino invecchiato è sempre il più buono. Se in gioventù Claudio aveva essenzialmente l’attrattiva del suo cetriolo, con il passare degli anni aveva acquistato un fascino innegabile del quale era evidentemente consapevole. Pur cercando di concentrarmi altrove, lo immaginai mentre faceva sesso con sua moglie con quella che si torceva sotto i suoi colpi. Probabilmente, conoscendolo, pretendeva di incularla e certamente la chiavava di forza.
Inizialmente Claudio fece finta di ricordarsi appena di me, poi indugiò pigramente davanti ad un caffè, sdraiato sulla poltroncina della scrivania in modo quasi indegno. Infine, cominciamo a parlare molto tranquillamente.
- “Beh, per gli assemblaggi ci vuole intuito. Ho una prima struttura del vino in mente e poi la messa a punto. Ti parlo chiaramente, un po' come ai vecchi tempi. Ne abbiamo combinate parecchie insieme, no? beh, il vino è come una scopata. Uno deve avere in mente la scopata, il buco da fottere. Insomma, immaginare il vino, e poi” – sorridendo – “pensare a come realizzarlo al meglio, ma senza farsi troppe seghe mentali prima.”
Cercai di cambiare tono alla chiacchierata: “Secondo te, quindi, la conoscenza tecnica è importante quanto l’esperienza?”
- “La tecnica, alla mia età, è ormai ben conosciuta. Si sa cosa si deve fare se si vuole raggiungere lo scopo. Giocando con fantasia tra i vari accorgimenti si arriva a fare un vino originale o…” – accendendosi una sigaretta – “una buona scopata!”
Con le rispettive consorti alle mie spalle che parlottavano di cose loro, continuai sul mio copione ufficiale: “Lavori con vitigni autoctoni o internazionali?”
- “Dipende: se quelli internazionali si offrono al palato, perché rinunciarvi? Tu ne hai provati molti in questi anni?”
- “Preferisco i nazionali di qualità.”
- "Ti piacciono i primitivi se ricordo bene."
- "Sì, meglio se corposi, spessi."
Entrò un dipendente che gli fece firmare un documento, ma lui continuò con disinvoltura: “L’importante è sfondare il mercato! Sfondarlo a fondo! Sfondare tutto il possibile!
Sempre più imbarazzato e incredulo, continuai nel gioco dei non detti: “Immagino… Ma lavori in barrique o con la botte grande?”
Si tastò il pacco. Accompagnò con la mano il suo cazzo eretto e imprigionato dai jeans: “Bisogna usare ciò che uno ha a disposizione. Nessuno si è mai lamentato e ciò che esce da me. Il prodotto finale, voglio dire, è sempre abbondante e di ottima qualità. Almeno così dicono.”
Ebbi un soprassalto, un groppo in gola. La mia compagna mi si affiancò, chiedendomi se stessimo chiacchierando dei tempi passati. Ebbi un senso di vergogna. Erano mesi che tentavamo di avere un figlio e avevo deciso di smetterla con certe trasgressioni. Ero pronto ad alzarmi quando Claudio scivolò con la sedia sotto il tavolo della sala riunioni. Io, senza voltarmi e restando immobile, le risposi di sì, mentre il dirigente mi sorrideva e mi chiedeva di andare a fare ancora due chiacchiere, con molta naturalezza, in cantina.
Imbarazzatissimo, ma onestamente molto voglioso, invitai anche lei. Speravo di salvarmi dal mio desiderio, ma Claudio affermò che, essendoci in corso diverse lavorazioni, non era uno spazio adatto a donne con i tacchi. Mi poggió la destra sulla spalla e sorrise: “Ti faccio assaggiare il mio miglior prodotto direttamente dalla barrique”.
Mentre la mia compagna cercava di convincermi, affermando che magari, senza averglielo mai detto, erano anni che desideravo provarlo, lui allungò una mano sotto il tavolo e mi palpò il ginocchio. Mi sentii quasi svenire.
La mia donna fu chiamata dalla moglie di Claudio il quale, rapidamente, mi prese la mano e se la mise sul cazzo duro.
- “Spostiamoci un po’.”
Si alzò, e giacché il jeans bianco non copriva l'erezione, si mise una mano in tasca dicendo di cercare le chiavi della cantina privata.
Mi condusse in un piccolo box, all’interno del quale c’erano alcuni scaffali con del vino. Appena chiuso l’uscio, avevo già la sua lingua in bocca. Mi poggiò una mano sul culo, dicendomi di sbrigarmi e che avevamo una questione in sospeso da anni.
- “Andiamo a farci vedere in cantina. Se mi chiede, poi cosa le dico?”
- “Che te l'ho fatto assaggiare direttamente dalla bottiglia! Dai, sbrigati o ti violento!”
Scesi e gli baciai il cazzo bello gonfio sopra i jeans.
Sentivo il suo profumo, l’odore della sigaretta che ancora aveva in bocca, vedevo il suo petto trasparire dalla camicia bianca puntellata dai capezzoli duri.
Si sbottonò la patta. Aveva una nerchia veramente superba, dura e paonazza, pronta per me. La robusta testa scappellata del suo membro vibrava nella mia direzione. Il sapore e il profumo di cazzo mi riempirono bocca e narici, respiravo e bevevo sesso.
Lo leccai sulla cappella e infilai la lingua nel buchino. Lui continuava a fissarmi senza un’ombra di emozione. Solo il suo grosso pene fremeva dalla voglia mentre lo prendevo in bocca, centimetro dopo centimetro, ingoiandolo tutto fino sopra alle palle.
- “Sei fantastico” sussurrò, accarezzandomi i capelli ed invitandomi con delicatezza ad accelerare il ritmo. poi improvvisamente divenne arrogante, irriverente. Lo assecondai, mentre mi infilava l'uccello in bocca perché ero su di giri. Mi teneva ferma la testa mentre me lo ficcava in gola senza pietà, senza farmi prendere respiro. Io non replicavo. Era lui che comandava il gioco. Non ero io a fargli un pompino, era lui che mi fotteva in bocca. Mi limitai ad allungare la mano verso lo scroto. Mentre mi fotteva in gola, le mie dita gli accarezzarono le palle che, sode, accompagnavano la durezza venosa del suo batacchio.
Si fermò. Lo estrasse. Mi diede dei colpi al viso e poi lo mise di nuovo dentro, con più violenza e voglia di prima. Rimasi incastrato contro il suo addome peloso, mentre avvertivo che la nerchia bruna scivolarmi fino all’esofago. Mi venne qualche conato, ma lui continuò a spingere senza alcun problema. Finalmente lo levò.
- “Ti voglio!”
Lasciandomi vestito, mi calò solo i pantaloni e gli slip, mi mise alla pecorina, lasciando che mi appoggiassi sullo scaffale. Aprì per bene il culo con le mani, lo leccò in abbondanza e tastò il terreno con due dita. Trattenni il fiato, anche se non era certo il primo cazzo che prendevo. Mi sputò sul buco, appoggiò la capellona sullo sfintere, poi spinse con un unico movimento deciso.
Fu bellissimo, il dolore sparì quasi subito. Sentivo il suo cazzo aderire perfettamente alle pareti del mio intestino. Claudio mi faceva impazzire! Cominciai a muovere anch’io le reni; aumentando il ritmo: Oooh, Dio! Come ti voglio! Mugolai di piacere.
Senza freni ci sbattevamo, anzi, mi sbatteva cambiando continuamente ritmo, estraendolo e infilandolo più volte, con colpi decisi e potenti, senza alcuna pietà. Ed io, io godevo come un maiale. Finche lo sentii avvisarmi: Ci sto... Ci sto! Cazzo! Cazzo!
Cercai di divincolarmi, ma Claudio mi fermò, mentre rantolava e gli schizzi mi riempivano le viscere, fino allo stomaco. Dopo quella pioggia di sperma, ancora eccitato, continuò a scoparmi lentamente per qualche istante: Cazzo! Che cazzo sei...!
Ansimò un'ultima volta, poi estrasse il suo bastone e me lo sfregò sulle natiche. M’inginocchiai davanti a lui, come fosse stata una divinità virile, e mi masturbai come un pazzo. Il momento in cui venni, la sua sborra mi uscì dal culo. Una sensazione indescrivibile.
Claudio si sistemò, mi carezzò il mento e mi sussurrò: “Andiamo, amico mio!”.
Lo vidi allacciarsi i pantaloni, fermandoli con la cintura, a gambe larghe. Si scrollò il sacco scrotale che gli si incollò agli slip, e, veloce, aprì l'uscio.
Uscimmo. Salimmo negli uffici e la mia compagna mi disse che sarebbero tornati per Natale e che sicuramente ci saremmo rivisti. Claudio, con sguardo malizioso, mi disse che gli avrebbe fatto piacere presentarmi a diversi amici che operavano nel settore. Tutti “pezzi grossi”.
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