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Il FASCINO BURINO DI ROMA 7 - LO STADIO


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
30.06.2023    |    2.966    |    2 9.4
"Mi scopò in bocca, mugolando in modo sommesso..."
Da lì a poco si sarebbero dovute affrontate allo stadio “Meazza” il Milan e la Roma, pretendenti allo scudetto. Ne parlai con la mia fidanzata che non fece storie, tanto che giorni dopo partimmo io con due altri dipendenti aziendali. Ci sottoponemmo ai controlli della polizia e ci indirizzammo verso i posti. La platea era già stracolma di gruppi esaltati impegnati in cori, urla, grida di incitamento. Eravamo stravolti dal viaggio, ma la visione dello stadio esaurito e l'energia che emanava ci rincuorarono.
Partì la Roma con un’involata sulla sinistra. Gabriele, magazziniere nell’azienda in cui lavoravo, gridò contro un giocatore, fidanzato di una nota presentatrice. Scherzosamente commentai: "Ci credo che non ce la fa! Quella, secondo me, lo prosciuga!"
- "Io me alzo alle cinque de mattina per anda’ a lavora’ e torno alle sei de sera! E la forza per fottere lo trovo sempre..." - commentò seriamente Gabriele, smuovendosi il pacco ballonzolante nei jeans.
Belloccio, con un pò di barba incolta che rendeva il suo viso intrigante, tutto sommato il mio collega era un tipo simpatico anche se sempre sboccato ed esagerato nei modi.
- " Eh, vabbé, ma mica giochi per lo scudetto!"
Mi si accostò, abbracciandomi sulla spalla, con la scusa di farmi sentire cosa volesse comunicarmi fra i lazzi dei tifosi: "Se me metti in campo, tiro come un toro...Faccio un lavoro de fisico, mica come voi negli uffici che state a fa’ i pompini come gli juventini!?"
- "Io non sono della Juve!"
Mi si accostò all'orecchio: "Beh, ma se dice che le pompe le fai lo stesso".
E mimò un gesto vicino alla bocca che non lasciava dubbi.
Avrei dovuto saltargli al collo o rispondere a tono, invece quella risposta mi fece sorridere in modo malizioso: "Fanculo! Sei uno stronzo!"
E quello, sghignazzando, mi rispose sottovoce: "So' più porco che stronzo. Nu’ sai manco quanto. Lo voi vede'?"
Mi disse che sapeva dove portarmi e che, quindi, se non avevo remore, potevamo andarci.
Abbassando lo sguardo, finsi di pensarci ancora sopra, dicendogli di sentirmi in colpa per Francesca. Ma avevo voglia, tanta voglia, di fare un pompino a un bel maschio, prendere un cazzo e ciucciarlo, farmi inculare selvaggiamente. Mi ero masturbato più volte immaginandomi nell’atto di sparare a Gabriele un gran pompino con ingoio. Nelle mie laide fantasie avevo già assaporato e ingoiato la sua sborra a tutto spiano, ingordo e goloso. Avevo immaginato situazioni luride, sporche, la mia bocca bavosa che ciucciava una grande cappella dura e gonfia, i suoi coglioni da leccare fino all’esplosione finale. Avevo anche immaginato quel gran maschio che mi inculava alla grande. Ora mi stava capitando di mettere in atto tutto, mentre guardavo Gabriele che, divaricando le gambe, si serrava le mani ai fianchi: "Te piace solo da vede' il Colosseo? Se vuoi te faccio gioca' col gladiatore!"
Mi fece cenno con la testa di seguirlo, dopo aver detto all’altro: "Oh, Lu' dovemo annà a fa’ piagne ‘r drago".
Ci dirigemmo alla base delle scale dell’uscita. Non essendoci anima viva, forzò la serratura e andammo a infilarci nei cessi fuori servizio, adocchiati quando eravamo entrati. Si calò pantaloni e mutande, dandomi le spalle, e mostrandomi il suo gran bel culo bruno e pelosetto. Pisciò, si sputò sul palmo, si ripulì alla meglio la capocchia e si smanettò. Si voltò di scatto e la sua bestia svettò prepotente. Mi guardò, spingendo in avanti il bacino e porgendomi il suo cazzo immerso in una foresta di pelacci densisssimi: "Dai, movete…"
lo presi con la mano e iniziai a muoverlo piano.
"Oh, e che c'hai quattorci anni? Succhia, che oggi sto carico e pure incazzato.
Piegai il busto in avanti, impugnai al meglio il suo cazzone e la mia bocca gli circondò la grossa cappella. La mia lingua non perse un centimetro della verga. Volevo farlo godere. Quel gran bel pezzo di maschione aveva bisogno di me e io ero disposto a tutto. Sapevo che era l’uomo più porco dell’azienda e volevo soddisfarlo al massimo. La mia bocca scorse lungo l'asta mentre serravo le labbra e lo risucchiavo. Poi lo mollai di colpo con uno schiocco.
Sentendolo ansimare, levandomi il cazzo di bocca, ironicamente domandai: “Allora? cosa te ne pare?"
- "Di certo sei mejo della collega tua. Ma nu so sicuro sicuro..." - e mi afferrò dal collo per infilarmelo di nuovo in bocca fino a sentire le tonsille.
Il sorriso lascivo divenne un ghigno nauseante, eppure mi affascinava. Mi staccai, tossii, ripresi respiro: "Sei veramente uno stronzo!"
"E che t’aspettavi? A coso, sto ar magazzino, mica a Vaticano. Te devo sta’ a chiede’ per favore?"
Appoggiai le mani sulle sue cosce, serrai le labbra sulla cappella e con la lingua la titillai dall’interno. Iniziai a succhiarlo con passione, strinsi tra le labbra la cappella e poi la leccai fino a scendere nelle palle per poi risalire e riprendere a succhiarlo con forza. Iniziai ad accompagnare il movimento con la mano, segandolo con la cappella in bocca lui cominciava a gemere di piacere e a insultarmi. Continuai a spompinarlo, lo leccavo, lo succhiavo, lo segavo con le mani, lo ingoiavo tutto fino quasi a soffocare. Aumentai il ritmo.
- "Lo pigli n'culo?"
- "Certo!"
- "Vviè cqua, fijo de 'na mignotta! Giuro che te sfragno."
Chiusi gli occhi mentre lui, fattomi poggiare a novanta sul cesso, faceva scorrere un dito nel solco delle natiche fino alla rosetta anale. Infilandomi un dito inumidito nel buchetto: "Così! Porca, maiala, allarga sta fregna".
Si chinò a leccarmi. La lingua scorreva fra il solco delle natiche, sbavandomi il buco del culo, inumidendolo ampiamente. Dopo avermi allargate le chiappe con il pollice e l'indice, cominciò ad accostare la cappella. Diede una spinta. Mi agguantò per i fianchi e mi tenne fermo: "Ummh…Cazzo, sììì!"
Sentii il mio ano stingersi intorno alla cappella e poi il potente cazzo conficcarsi in me, di nuovo duro, deciso. Contrassi istintivamente i muscoli anali come a voler espellere il voluminoso intruso, ma lui spinse con più intensità: "Ti piace eh? Ti piace il cazzo!?"
In campo la Roma intanto era praticamente assente. L’arbitro sanzionò un fallo e la squadra si ritrovò con dieci giocatori.
- "Ma che stronzi! Pure l’espulsione mo’…ma vaffanculo! Vaffanculo!"
Incazzato di brutto mi assestò un paio di colpi profondi. Mi abbracciò da dietro, ansimando. Infilando le mani sotto i miei pettorali, intensificò le spinte.
- "Dimmi la verità, lo volevi proprio così, no? Nel cesso, come una puttana!" mi disse mentre mi tirava a sé tenendomi per i fianchi- "Ti piace essere trattata come una puttana?”
In preda alla libidine reagii: "Siiih...spingilo tutto, fino in fondo! Fammi sentire come un vero maschio mi scopa!"
Cominciò a tirarmi indietro, agitandosi in modo violento.
Lo provocai: "Dai, ti prego, non farmi aspettare... Mi piace, sono la tua puttana".
Mi afferrò i capelli e con l'altra mano mi serrò la bocca: "No, tu non sei la mia puttana. Tu sei una puttana ed anche una Troia!"
Mi scopò con fare selvaggio, come se non facesse sesso da mesi. Lo sentivo riempire ogni spazio tanto era grosso e quando ricominciò a pompare il piacere salì vertiginosamente. Accertatosi che non avrei potuto levarmi da quella posizione andò a fondo:" Troia e maiala vogliosa..."
Mi lasciai cadere in avanti. Gabriele mi cadde sopra.
Con un movimento interminabile sentii il suo attrezzo uscire centimetro dopo centimetro dal mio foro anale.
Mi stava trattando come un oggetto, fregandosene del mio piacere. Uscì da me e, rapido, mi fece inginocchiare.
Mi scopò in bocca, mugolando in modo sommesso.
Era arrivato il momento di togliermi, ma il bastardo - "Bona! Do' cazzo vai?" - mi prese la testa tra le mani e la spinse verso il suo cazzo, facendomelo arrivare fino in gola.
Avvertii una resistenza al movimento della lingua. Sentii il sapore dello sperma caldo che mi inondava. Ingoiai il possibile, ma un rivolo raggiunse la mia mano. Affondai la bocca fino a raggiungere la mano per risucchiare ciò che avevo perduto.
Gabriele si sistemò il cazzo nei jeans. Io rimasi a guardarlo muto, con la bocca impastata di sperma e insoddisfatto. Passandosi la maglietta sul torace scolpito da manovale e sotto le ascelle pelose per detergersi il sudore: "Andemo va, che non me voglio perde tutta la partita."
Uscimmo e si guardò attorno: Oh, nu me rompe’ le palle a lavoro. Non voglio passa’ per frocio".
- "Io non ti ho chiesto niente."
- "E certo, mo me dirai che t'ho violentato..."

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