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ADOLESCENZA 1 - Lo studente in tuta


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
28.12.2022    |    14.120    |    8 9.7
"- Non l’ho mai fatto a un altro..."
Indossava sempre la tuta da ginnastica. Non si parlava ancora di bullismo, ma era consuetudine che quelli dell’ultimo anno, specie dei professionali, prendessero di mira, durante il viaggio in treno, i ragazzi più piccoli in particolare del liceo. Sottraevano merende, li sottoponevano a sfottò pesanti o, in primavera, perfino a secchiate d’acqua.
Uno, non sapevo come si chiamasse, aveva preso di mira me: diciassette anni e ancora senza quasi alcun segno di barba o peluria, se non nella zona inguinale e un po’ sotto le ascelle. Mi sembrava un gigante, alto, pieno di barba, adulto. Peli ricci gli venivano fuori dallo scollo della felpa e il pacco premeva vistosamente nei pantaloni elasticizzati che, a mio avviso, aveva scelto volutamente aderenti. Magari avrà avuto non più di diciannove anni. A quell’età la distinzione era tra chi l’aveva già fatto e chi era ancora vergine, ma nel suo caso non sarebbe servito neppure chiederlo per l’accesa virilità con cui si atteggiava. L’avevo sentito raccontare ai compagni che con la fidanzata avevano da poco cominciato a toccarsi intimamente, senza però fare penetrazioni perché voleva arrivare vergine al matrimonio. Gli sparava solo delle gran seghe che, sommate a quelle che si faceva da sé, arrivavano spesso a quattro o cinque al giorno.
Poi c’era un’altra, non la fidanzata ovviamente, ma una cameriera della pizzeria in cui lavorava nel fine settimana, una “sgaglja” che era veramente brava a succhiare il cazzo. Diceva che le piaceva vedere come godeva e lo sperma che schizzava. Le veniva naturale ingoiare e certe volte, quando non riusciva a segarsi durante la giornata, lo faceva venire dopo poche pompate tra una portata e l’altra. L’ultima volta si era quasi strozzata perché aveva buttato fuori davvero tanta roba, ma non se ne era lamentata. Le aveva più volte chiesto la figa, ma diceva di non voler tradire il marito fino a quel punto, tanto che gli aveva dato il numero di una signora inglese che abitava in campagna. A vederla non era molto attraente, ma lei traeva beneficio dai suoi colpi e lui si svuotava senza tante storia. Andava più che bene, perché se lo prendeva senza impegno ogni qualvolta che ne ha voglia e gli dava pure un rimborso “per la benzina”.
Alzandosi dal sedile e simulando colpi di bacino ben assestati, aveva imitato la vocina della donna: Oh, fuck me! Fuck me, please! Il cazzo gli sballonzolava nella tuta e delusione non avesse le mutande. Ne ebbi conferma dal fatto che, a fine simulazione, l'asta Barletta e la capocchia sagomavano chiaramente il pacco del pantalone.
Da quel giorno cominciai a sognarlo. Eravamo a casa sul letto dei miei. Io a carponi e lui che mi scopava, tenendomi per le spalle: Ti piace? Lo senti tutto il mio cazzo? Immaginavo mi dicesse, finché non mi svegliavo bagnato di piacere.
Una mattina in treno, nell’intento di sollevarmi lo zainetto per farlo ricadere pesantemente sulle spalle, spostò il bacino e mi sfiorò il culo con il cazzo. Andai in uno stato confusionale e, molto probabilmente, la cosa fu evidenziata dal mio rossore. L’impossibilità di controbattere mi catturò.
Il mattino dopo mi chiamò: Ehy tu, vieni qua!
- Che vuoi?
Fece qualche passo per avvicinarsi. Indossava la solita tenuta ginnica. Mentre camminava i miei occhi andarono istintivamente sul cavallo per ispezionare la mercanzia. Lo notò, ovviamente.
- No, tu che vuoi da me!? - mi chiese stringendosi il pacco - Sei ricchione?
Rialzai lo sguardo e, rimproverandomi, lo guardai: Ma che dici?
Il gruppo di complici ci circondò, facendo da sipario:
- Ah, ho capito: vuoi la ciola! Questa?
Sagomò lo spessore del suo sesso, facendo aderire il tessuto elastico della tuta. Rimasi qualche secondo sotto shock, guardandolo immobile.
- Vedi com’è grossa? Pensi di farcela? Quella lorda scassata di tua sorella ce l’ha fatta!
Il cuore mi stava esplodendo dal petto: Io non ho sorelle.
- Allora era quella "sfonnata” di tua madre che si scopa mezzo quartiere, che gliel’ho messo pure in culo mi pare!
Replicò, tre le risate degli amici, mentre tenendomi per le spalle mimava una penetrazione anale: Moh, come l’ho fatta! Mi diceva di spaccare tutto, di metterlo dentro fino alle palle, finché non l’ho riempita!
Io non commentai, ma lo spinsi lontano agitatissimo. Mi girai di scatto pronto a scappare, ringraziando il cielo che le porte si stessero aprendo alla fermata. Lui scese dopo di me, tenendosi le mani in tasca. Pur dovendo procedere per la scuola, mi tirò tenendomi per lo zaino verso i cessi della stazione, mentre i compari ci salutavano con grasse risate, pensando volesse farmela pagare. Giunti sul retro, dove erano situati i servizi igienici, mi resi conte che la zona era molto trascurata, con erbacce e rifiuti buttati ovunque. Magari era uno di quei bagni sporchi, che non vedono una pulizia da giorni, eppure mi stuzzicava l’idea di quel posto in cui i maschi sfoderavano la loro virilità. A dire il vero più di una volta avevo appositamente finto di sbagliare scompartimento spinto dalla mia curiosità perversa.
Mi spinse in uno scomparto: Oh, quanti anni hai?
Mentii: Diciotto.
- Quelli manco di cazzo ce li hai, secondo me.
- Quasi, tra pochi mesi.
Mi informò che quel posto spesso lo usavano per certi giochetti con le ragazze dell'Istituto Magistrale e la conferma erano i buchi realizzati sulle porte dei due scomparti con la complicità del capostazione. Avevano scelto quello stratagemma così restava l’anonimato e le ragazze si potevano lasciare andare e lavorare sui loro uccelli, compreso quello del funzionario delle ferrovie. - Da ieri sono maggiorenne e posso fare quello che voglio - gli aveva detto pochi mesi prima una studentessa mentre lui faceva il cameriere in un noto locale da quelle parti. Così l'aveva invitata a seguirlo in diciotto, uno dopo l'altro, camerieri, guardie del corpo, cuochi, inservienti, alternandosi al servizio della discoteca, le avevano offerto da bere.
- Ed è venuta fin qui?
- E mica in discoteca danno certe bevande!
L'avevano riaccompagnata, ma si era sentita male. Per fortuna avevano dato colpa all'alcool.
- E tu li fai ‘i bucchini? - mi chiese studiandomi negli occhi e tastandosi l’uccello barzotto ancora intrappolato nella tuta.
Ero stordito. La voce mi tremava dall’imbarazzo: No, non faccio certe cose!
Evitò di prendere in seria considerazione la mia affermazione, si scrollò il pacco e si fece serio: Inginocchiati e fammi un trimone allora, che sto “a ferro” oggi.
- Non l’ho mai fatto a un altro.
Poggiato sulle mattonelle ricolme di scritte e disegni osceni: Beh, c’hai l’età per cominciare pure a fottere! Hai detto diciotto, no? Se lo hai detto tu, mica dici cazzate! Io ventuno?
- Ventuno?
- Bocciato due volte e un anno al riformatorio...Oh, veloce che quello di chimica alla prima ora rompe i le palle se entro tardi.
Si calò rapidamente i pantaloni della tuta e le mutande facendo emergere un siluro nervoso e circondato da una foresta di peli neri.
- E i tuoi amici?
- Sono dei coglioni che si fanno le seghe sulle cazzate che gli racconto. Stai tranquillo.
Senza aggiungere nulla, mi ritrovai con la sua lingua dentro la bocca, mentre mi baciava dannatamente e mi morsicava il labbro inferiore. Preso dall’enfasi, mi lasciai andare. Mi inginocchiai. La testa mi girava, non potevo credere a cosa stesse succedendo. Cercai di alzarmi ma, rapido, mi mise una mano sulla spalla, costringendomi di nuovo in ginocchio. Era forte e questo mi fece paura e mi eccitò al contempo.
Ormai avevo il suo cazzo a pochi centimetri da me. La pelle gli ricopriva il glande e i testicoli penzolavano pesanti come se fossero dei sacchetti pieni. Con una spinta cercai di allontanarlo: Lasciami andare, ti prego.
- Non ci credo che nessuno a scuola ti ha chiesto un servizietto di mano sotto al banco o in palestra. Che? Al liceo non intosta il cazzo?
Afferrandosi l’asta, diede inizio a movimenti lenti e ripetuti. Potevo vedere parte del suo glande mostrarsi e scomparire sotto la pelle, mentre i testicoli ondeggiavano leggermente. La mia mente vagliò diverse opzioni per cercare in qualche modo di giustificare la situazione e ciò che avevo voglia di fare, ma il flusso dei pensieri fu interrotto dalla sua voce: Bagnati le labbra. C’hai proprio una bocca da pompinara.
- Co… Cosa?
Con un sorriso che non riuscì a decifrare: Hai sentito.
I suoi occhi erano fissi su di me, mentre continuava a masturbarsi.
- Posso denunciarti per questo, lo sai? Lasciami andare.
Sollevò entrambe le mani, lasciando l'uccello duro e sospeso a mezz'aria: E chi ti tiene!? Sei tu che mi stai guardando.
Si afferrò il sesso e ricominciò. Il suo sorriso si fece più marcato: …Uno, due… uno, due… Guarda come esce ed entra la capocchia!
Smise un attimo, stringendo la mano sul cazzo turgido, evidenziandone le spesse vene che lo percorrevano. Con la sinistra si massaggiò i coglioni: Sai che alle ragazze piace leccarli? Fai quello che ti dico e te li faccio leccare pure a te.
Mi passai la lingua sulle labbra.
- Bravo. Sei pure fortunato che stamattina mi sono lavato.
Il pene era aumentato di dimensioni. Deglutì e mordendosi il labbro inferiore spostò lo sguardo al mio viso: Dai, mò prendilo tu!
Non sapevo quanto potesse misurare, ma era nettamente superiore rispetto a quello dell’unico ragazzo che avessi mai visto nudo ed eccitato negli spogliatoi dopo l’ora di educazione fisica. Non ci credevo, stavo toccando il mio primo cazzo. Ero come in trance mentre ne sentivo l'odore. Ne scoperchiai del tutto il glande e procedetti con movimenti decisi: avanti e indietro, avanti e indietro. Lo fissai in volto e lui, ruotando la testa, mi rimproverò: Continua a guardarlo.
I movimenti della mia mano iniziarono a diventare più veloci. Una vena più spessa delle altre percorreva il dorso del pene, mentre la capocchia violacea veniva scoperta e ricoperta… Scoperta e ricoperta… Scoperta e ricoperta dai miei movimenti sempre più veloci.
- Ti sta piacendo, eh?
Il petto mi stava esplodendo. Ansimavo, come ipnotizzato. Non mi ero mai sentito cosi. Iniziai ad aumentare il ritmo.
- Sì, dai, che stai andando bene. Continua… Vuoi vedermi sborrare?
Candidamente gli risposi: Sì.
- Mica mi basta con una sega! Ora vai giù di bocca e lucidalo. Hai voglia di farmi un pompino?
- Sì...
- Ah, bene... Dimmelo allora.
- Te l’ho detto.
- Dimmelo di nuovo!
Pronunciò quelle parole tutte d’un fiato: Voglio succhiarti il cazzo!
Mi tolse la mano dal suo uccello. Con le ginocchia leggermente piegate, se lo afferrò alla base: Mi devi pregare.
Decisi di assecondarlo in preda all’eccitazione: Ti prego. Voglio succhiarti il cazzo! Ti prego!
Si poggiò alla parete con le spalle. Il suo bacino si spostò in avanti. Vidi il suo cazzo ormai paonazzo e la sua mano rallentare gradualmente i movimenti fino ad afferrarne di nuovo la base.
Accolsi la punta del suo cazzo odoroso tra le labbra e poi la feci scorrere lentamente verso il fondo della mia bocca. Lo sentii sospirare e in quel momento mi misi al lavoro, muovendomi avanti indietro. Lui, intanto, mi carezzava la testa. Quando cominciai a ciucciarglielo sul serio, mi accompagnò tirandomi dalla nuca. Ad un certo punto, mi afferrò per i capelli e mi spinse con la faccia ancora più in basso, così da poter sentire il cazzo sbattere contro la parete della gola. Avevo difficoltà e quasi soffocavo, ma la cosa non sembrò preoccuparlo un granché: E' cosi che deve prendere l’uccello in bocca una troia come te. Tutto in gola, fino in fondo.
Quando mi lasciò libero di respirare, mi disse: Troietta, hai visto che ti piace? Impegnati.
Non capii più niente. Desiderai farlo ancora con maggiore intensità. Mi mossi con passione e lo succhiai, lo leccai, lo baciai, lo menai velocemente, tenendone la capocchia in bocca, conscio di essere ciò che lui pensava di me.
Ormai iniziava ad avere il fiato corto: E meno male che non l’avevi mai fatto prima!
Deglutì. Iniziò a sbattermi velocemente, come per masturbarsi ancora più velocemente di quanto avessi fatto io con la mia bocca. Le parole gli si mozzarono in gola: Cazzo, cazzo...Sburro!
Non ebbi tempo di rispondere. Sentii la cappella gonfiarsi e spargere il suo seme nella mia bocca. Era salato, caldo, buono, ma troppo. Non riuscii ad ingoiare e, temendo di soffocare, mi spostai. Lo sperma schizzò ancora con irruenza. Ne aveva talmente tanto che un fiotto denso e pesante mi colpì la guancia, mentre gli altri mi imbrattarono il volto e la sciarpa.
Il ragazzo sbuffò, come se si fosse liberato di un peso. Tirò su con il naso e rimase un secondo a fissarmi. Con due dita, spostò lo sperma dal mio volto e me lo infilò in bocca: Ingoia che sono proteine.
Ciucciai le sue dita e ingoiai. Il sapore era un pochettino acre, ma non dispiacque affatto.
Quello rimase lì in piedi, sornione. Non ancora contento, mi chiese di ripulirgli il cazzo e io terminai il servizio iniziato, lucidandogli pure il buchino in cima e facendolo nuovamente eccitare.
- Sono stato bravo?
Il suo cazzo faceva quasi fatica ad ammosciarsi, mentre se lo strizzava per infilarlo nelle mutande: C’hai un futuro! Devi fare esperienza, però. Se vuoi, lo dico a certi amici miei. Quelli del locale che ti ho detto prima. Ti metti qua dentro in ginocchio, nessuno sa chi sei, noi lo infiliamo nel buco e in due o tre mesi diventi un professionista, meglio di una troia.
Infuriato e imbarazzato con me stesso per quell’ultima affermazione, mi scostai: Mi hai sporcato tutto!
Mi scaraventai contro di lui, cercando di colpirlo, ma con uno scatto mi afferrò le guance e mi spinse di forza sbattendomi contro il muro: Oh, ma che cazzo vuoi? Sei impazzito? Me lo potevi dire che non sai fare nu’ bucchine completo! Se ingoiavi, non ti sporcavo. Tu non parli? Che cazzo ne so?
Ero esasperato, non sapevo più cosa pensare non tanto di lui quanto di me stesso. Stringendomi delicatamente il volto con la sinistra, mi diede un buffetto sulla guancia: Stasera. Qui alle sette e mezza.
- Perché?
- Vengo con la macchina di mio padre.
Lo guardai un istante con gli occhi lucidi, pensando a una sorta di corteggiamento.
- Porta il burro, che finiamo il lavoro e ti apro il buco alla ciambella!
Gli risposi a voce alta: Io queste cose non le faccio.
- Ah, è vero, che sei piccolo e ch’hai ancora la bocca piena di latte!
Sogghignando, imitò con il pugno della mano e con la lingua il pompino che gli avevo detto non avrei mai fatto: Ah, no, non è latte!
Ridacchiando, aggiunse: Esco prima io, meglio non dare nell’occhio. Conta fino a trenta e poi esci anche tu!
E uscì.
Sentivo qualcuno che parlava sotto voce all’esterno mentre me ne stavo immobile a contare come un cretino, seduto sul cesso. Preso in contropiede dalla mia eccitazione, afferrai lo zaino e anche io uscii, ripulendomi alla meglio. Mi ritrovai di fronte il capostazione, poggiato sul lavandino e con l’uccello duro in mano. Che potevo fare? L’unica cosa che mi venne in mente fu di spalancare la bocca e cacciare fuori la lingua, mentre quell’altro urlava dall'esterno: Oh, non fare tardi, che dopo devo uscire con la ragazza mia!

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